Pubblichiamo oggi le testimonianze di alcuni amici praticanti del settimo anno, che, giunti quasi al termine dell’itinerario Darsi Pace, hanno voluto farci dono della loro esperienza.
I nostri tre amici hanno età, esperienze e stati di vita diversi.
Possiamo assaporare le testimonianze di tutti e gioire del fatto che siano rappresentate generazioni così distanti tra loro, ma così vicine nell’esperienza avuta grazie allo Spirito.
Non anticipiamo altro per non togliervi il gusto della scoperta.
Ringraziamo Giovanna, Francesco e Filomena e auguriamo una piacevole lettura..
Giovanna
Sono Gianna nei documenti, ma il mio vero nome di battesimo è Giovanna (ci tengo).
Ho 83 anni, vedova da 7 anni, 3 figli e 5 nipoti.
Chattando sul computer mi ha incuriosito la notizia di un corso telematico: “Darsi Pace”.
Senza pensarci mi sono subito iscritta.
Ero alle prime armi nell’usare il computer e ho pensato: “Che ho fatto!
Ho passato una vita a mettermi in discussione, fare corsi, a meditare, fare volontariato, sono anziana, piena di acciacchi di protesi, sono totalmente bionica.
E’ veramente necessario? Non è meglio mettersi tranquilla? ”
Ora posso dire, dopo circa 7 anni, che è stata una scelta necessaria, entusiasmante, molto stimolante; ma anche molto dolorosa.
Darsi Pace, Marco Guzzi e tutto il gruppo mi hanno aperto una voragine e la mia vita è stata illuminata a giorno.
I primi due anni ho lavorato con esercizi di conoscenza e di dolore sulla mia infanzia.
Gravidanza non voluta, non accettata, quinta figlia e con la guerra alle porte. Madre piena di rancore, molto severa.
Non avrei voluto nascere e speravo di morire sotto i bombardamenti. Sempre criticata, per lei ero una bella mela fuori, ma marcia dentro, ero brutta, perché piangevo sempre, ero ritenuta poco intelligente e a scuola ero un disastro.
I pianti sotto le coperte erano la mia consolazione.
Mio padre, disegnatore tessile, mediava tra noi figli e la mamma, di lui ho bei ricordi.
Quando tornava alla sera, disegnava su un grande tavolo di marmo delle storie e quando siamo stati più grandicelli, ci raccontava storie. E’ stata veramente dura prendere coscienza che i comportamenti, vissuti nella vita, venivano dalle ferite dell’infanzia ed erano dettati dalla ricerca dell’amore che mi è mancato.
Ho sempre cercato di accontentare tutti anche persone estranee alla famiglia e ho forzato il mio corpo fino a ridurmi a muovermi solo con le stampelle. Cercavo l’unità e speravo di trovarla con mio marito, ma mi sbagliavo. Ora so che dovevo trovarla dentro di me. C’è voluta una vita e Darsi Pace per cogliere che non è così che si ottiene l’amore. L’amore si ottiene solo se si è se stessi dicendo dei “NO”.
Dal terzo anno all’inizio del settimo, ho lavorato sull’educazione religiosa.
Vengo da una famiglia cattolica, dove i preti erano presenti.
Mio padre era prefetto di un Oratorio molto prestigioso della città e noi figli, eravamo rimasti in 4, dovevamo dare il buon esempio. Tutto era peccato e tutto era proibito, eravamo controllati a vista. Ho sposato un ragazzo dell’oratorio senza conoscerlo veramente. Sono stata fortunata, perché mi ha lasciata libera nella mia ricerca personale iniziata all’età di 49 anni, fuori dai canoni della chiesa ufficiale.
Poi, grazie all’incontro con Darsi Pace e con Marco, ho finalmente scoperto la vera spiritualità, soprattutto ho conosciuto il vero Dio, il vero Gesù e lo Spirito (emerito sconosciuto nella mia educazione religiosa).
Ho lavorato parecchio sulle mie ferite e, tutto quello che ho vissuto, mi è servito per essere quella che sono ora. Il lavoro fatto su di me è servito a tutta la mia famiglia d’origine, ai miei fratelli, che come me hanno subito il clima famigliare, ma, soprattutto, alla mia famiglia attuale.
So quanto i miei figli, 2 maschi e una femmina, e i 5 nipoti mi vogliono bene e hanno di me una grande stima e considerazione. La mia casa è sempre aperta e vi si trova sempre l’ascolto.
Una volta alla settimana ci riuniamo: siamo nove donne, tutte anziane, facciamo meditazione, ascoltiamo Marco Guzzi.
Non sono presente fisicamente, ma porto le tue conoscenze, il tuo sapere e il cambiamento, anche se, data l’età e il vissuto religioso, non è facile e ci sono resistenze.
La meditazione e contemplazione giornaliera è la migliore medicina.
Un grandissimo ringraziamento e un grandissimo abbraccio a tutti, soprattutto a Marco e a sua moglie.
Francesco
Ho conosciuto Marco otto anni fa, nel pieno di una grave crisi della mia vita. Era il primo anno di università, mi ero appena lasciato con la mia ragazza dopo una relazione di due anni e mezzo, e i miei genitori si sono separati nello stesso periodo.
Improvvisamente ci siamo trovati io e mia madre in casa, perché mio fratello si è trasferito con la sua ragazza. È stata come un’esplosione improvvisa. All’università non trovavo quello che cercavo, mi sembrava tutto freddo e insensato. Tutto questo accompagnato dall’ansia e dalla stupidera dei vent’anni.
Cercare qualcosa che non sai nemmeno cosa sia, e sprecare una marea di tempo, nel vortice furioso di questo momento storico, nel quale una strana angoscia pervade il cuore e le menti delle persone.
Frequentai un corso su Heidegger, e cercando un video su youtube mi imbattei in uno di Marco. Mi ricordo che guardai tutti i suoi video nell’arco di qualche settimana. Letteralmente me li bevvi, ed è come se fossero parole che avevo atteso da sempre, come se le conoscessi. Finalmente ascoltavo ciò di cui avevo bisogno, qualcosa che avevo dentro ma che non riuscivo ad esprimere.
Gli scrissi inviandoli un mio poema di venti pagine, una mattonata abbastanza noiosa.
Marco mi rispose subito, e la cosa mi sorprese tantissimo. Iniziai a scrivergli, chiedendogli informazioni riguardo ai corsi, e a settembre 2013 mi iscrissi.
Nel frattempo la mia crisi giunse ad un estremo, dopo il quale decisi di ricominciare.
I primi anni di corso furono un rinnovamento totale della mia vita, decisi di uscire da tutta una serie di atteggiamenti che non mi facevano stare bene. Gustai i primi passi verso una rigenerazione del mio essere. La pratica meditativa, l’autoconoscimento.
Iniziai anche a conoscere altri ragazzi e persone dei gruppi, e fu una gioia inestimabile.
Parlavamo da cuore a cuore, condividendo la verità di noi stessi senza paura.
Mi sono laureato, ho avuto tante soddisfazioni, mi sono preso molte rivincite, e lentamente sono andato nella direzione che ho sempre desiderato.
Una strana felicità diveniva l’atmosfera sempre più avvolgente della mia vita.
Una fiducia incrollabile che emergeva dalla trama dei giorni.
Una nuova dimora.
Poi nell’estate del 2017, al quarto anno di cammino, ho avuto un’altra crisi che sto iniziando a comprendere soltanto ora. Un malessere fisico si è accompagnato ad un generale disorientamento della mia vita. È come se a questo punto del percorso dovessi reintegrare ciò che avevo rimosso di me proprio per iniziare il percorso.
Il “me” di prima. Ciò che per paura di ricadere nell’oblio degli anni precedenti avevo rinnegato. Ciò che per un ideale di perfezione, che si è nutrito del percorso stesso,
avevo rifiutato dentro di me.
È iniziata una fase nuova. Di realismo. Dove ogni squilibrio e astrazione venivano alla luce senza più via di scampo. Dove l’unica via è la verità di quello che sento e non di quello che mi piacerebbe sentire. Di quello che sono e non di quello che vorrei essere,
anche se non è sempre piacevole o idilliaco.
Non so dire quanti doni abbia ricevuto in questi anni. È straordinario tutto ciò che è accaduto. Iniziare a vivere veramente, ad assaporare il gusto del tempo, della bellezza di questo scorrere nel quale siamo implicati.
Questi sei anni per me sono una rivoluzione radicale della mia intera esistenza.
Sono un piccolo ma reale inizio. Sono la storia di una ripartenza,
di una integrazione che incomincia ad avere il sapore
della semplicità, delle arance, del pesto,
e della pioggia. Sapore di vita.
Filomena
Ho conosciuto il gruppo Darsi Pace nel dicembre 2011, mentre ero a Roma per un’esperienza di trimestre sabbatico. Ero in un momento difficile della mia vita:
- provata per il distacco affettivo da tante persone che mi erano care;
- triste perché sapevo cosa lasciavo, ma non a che cosa andavo incontro;
- stanca per il lavoro eccessivo, per il peso di una responsabilità opprimente, per la fatica nelle relazioni comunitarie;
- sofferente per una relazione con il Signore, sempre più debole e frammentaria.
Sentivo il bisogno di silenzio interiore, di un accompagnamento spirituale per discernere dove stavo andando. Desideravo abbandonarmi senza paure e nella pace a ciò che il Signore voleva da me e credere, nonostante tutto, alla bellezza della vita fraterna. Non volevo più avere rimpianti per il passato; cercavo di vivere in pienezza il presente e di nutrire nuova speranza per il futuro.
Ho seguito il primo anno partecipando fisicamente agli incontri e anche se a fatica, riuscivo ad essere fedele alla pratica meditativa e agli impegni di studio; sentivo che quanto mi veniva proposto rispondeva a quella domanda di senso che da tempo mi portavo nel cuore. Riconoscevo senza vergogna i limiti del mio essere, comprendevo le ferite della mia anima e ne scoprivo le ragioni. Ma soprattutto mi stupivo di vedere tante altre persone, diverse da me per esperienze, per età, per vocazione, che si ponevano gli stessi interrogativi, provavano le mie stesse sofferenze e che, il condividerle nel gruppo, ci aiutava tutti ad andare avanti e a continuare il cammino con un po’ di pace in più.
L’anno successivo sono stata trasferita a Milano e il poter seguire il percorso “Darsi pace” telematicamente è stata per me una grande opportunità. Capivo che continuare il lavoro interiore su me stessa non giovava solo a me, ma a tutti coloro che incontravo nelle mie giornate. Più andavo avanti e più sentivo il bisogno di sperimentare in profondità quella luce che mi nasceva dentro quando “lo spirito perdeva la nozione del proprio io e naufragava nell’oceano di pace e di luce che è Dio”.
Certamente in questi sette anni, il cammino ha conosciuto incertezze e discontinuità, ma ogni volta che ricominciavo sentivo una nuova speranza di guarigione.
Ancora oggi, sul piano psicologico non mancano i momenti di depressione e di scoraggiamento, ma ho imparato a non averne paura.
Prima mi sentivo “schiava delle circostanze”, ora con lo sguardo rivolto a Dio e con la certezza che Lui mi ama in modo incondizionato, ho ritrovato il mio giusto posto, che è quello di “essere libera”, capace di dare un senso alla mia “piccola storia” personale, di usare delle situazioni e degli incontri per crescere nella verità e nella giustizia.
Ma soprattutto mi affascina il poter donare quella pace interiore, faticosamente raggiunta in questi anni, a chi incontro ogni giorno sulla mia strada; desidero ardentemente essere una “piccola luce radiante di Cristo”.
E quale giorno migliore di questo (2 febbraio: Presentazione di Gesù al tempio) per poterlo chiedere in dono al Signore? Quale occasione migliore per rendergli grazie di come ha guidato fin qui la mia vita? E ora mi interrogo su cosa vuole il Signore che io faccia del mio avvenire, di come posso esprimere, nella realtà che sta tra le mie mani, che Lui è l’Unico Signore, Amore eterno e incondizionato!
Prego per farmi voce dello stupore di ogni uomo, che riconosce di non essere solo e sperduto in un universo cieco e senza direzione, ma sa di essere molto amato e di avere nelle mani una grande responsabilità per questo mondo e per questa storia.
Un GRAZIE grande a Marco, guida attenta e incoraggiante, e a tutti voi amici del Gruppo Darsi pace per la vostra fraterna e rasserenante compagnia.
Grazie per queste bellissime testimonianze.
In tutte e tre ritrovo un filo comune che le pervade e le annoda in qualche modo alla mia vita: l’esperienza della crisi e del dolore.
In questa fase della mia vita sto attraversando un periodo ormai lungo un anno e mezzo di grave crisi, che sta travolgendo la mia vita, ma stranamente proprio in questo periodo per me di grande dolore sto riuscendo a stabilizzare la pratica meditativa e contemplativa come mai in sette anni ero riuscito a fare.
Mi stupisce il fatto che l’esperienza della sofferenza in qualche modo riesca a ripulirmi interiormente e che probabilmente è proprio nel dolore che l’essere umano riesce più facilmente ad entrare in contatto con quella Dolcezza Infinita capace di asciugare le lacrime degli occhi e del cuore.
Forse il dolore è davvero in qualche modo misterioso maestro dell’abbandono, forse solo lui può davvero insegnare all’uomo a cedere le armi ed a fidarsi dello Spirito.
Forse solo passando dalla disperazione si arriva alla Fede.
Un abbraccio a tutti.
Riccardo
Bellissime testimonianze !
Ma perche’ scriverle in un sito pubblico, sono testimonianze private, personali e di sofferenza non da condividere con il mondo. Intravedo l’ombra della pubblicità per Darsi Pace, non va bene.
Testimonianze di questa “portata” vanno “vissute” in modo riservato .
Un abbraccio a tutti
…scusate rettifico ….sono esperienze non da buttare in “pasto al mondo ” in un post pubblicato dalla redazione di Darsi Pace …. sono esperienze di vita che sprigionano stati d’animo di sofferenza “calandosi” nella profondità più nascosta del nostro cuore e della nostra anima. Per questo, secondo il mio modesto parere, dovrebbero essere conoscenze condivise in modo riservato all’interno dei gruppi tra noi praticanti, uniti in nostro percorso comune grazie agli insegnamenti di Marco.
rinnovo il mio saluto
Sono stato molto toccato da queste profonde testimonianze dei tre praticanti “anziani”, che giunti al loro settimo anno di percorso, hanno voluto condividere pubblicamente la loro preziosa esperienza, con “cuore pensante”, trattando con delicatezza, garbo ed eleganza vissuti anche travagliati. Se fossi giunto oggi per la prima volta sulla pagina di DP, questo post mi avrebbe aiutato, pure per il suo stile, a orientare la mia ricerca esistenziale, tanto quanto ora mi è di aiuto, (sono alla seconda annualità), a proseguire con più determinazione il cammino intrapreso.
Li ringrazio moltissimo, così come ringrazio la redazione per l’instancabile e sapiente cura profusa per il buon ordine del sito. E poiché i ringraziamenti sono un po’ come le ciliegie, che una tira l’altra, ringrazio anche l’anonimo commentatore per aver espresso a due riprese il suo pensiero, che rispetto pur dissentendo dalla sua severità. A suo modo, mi richiama personalmente a una maggiore prudenza nel condividere esperienze e riflessioni, quando a volte, trascinato da un incontenibile entusiasmo, non valuto con il dovuto amorevole discernimento le situazioni e gli interlocutori. Al contempo, però, non vorrei sacrificare la libertà di espressione animata dallo “Spirito” in nome di un criterio strettamente personale; piuttosto preferisco riflettere sul perché io sia eventualmente disturbato dal modo in cui gli altri decidono di esprimersi. Potrei così scoprire molto su di me, su certi tratti alquanto rigidi e giudicanti del mio modo d’essere e lavorarci sopra per superarli.
Caro Anonimo, ho letto le testimonianze alla luce delle tue perplessità, e davvero non ho trovato alcun motivo di negatività. Sono scritti limpidi e sinceri, che raccontano un’esperienza importante, sono storie personali che possono essere di aiuto per molti, credo invece che altre storie dovrebbero rimanere riservate, storie poco edificanti, che ci vengono sbattute in faccia tutti i giorni. E poi perché pensare alla pubblicità, perché pensare sempre male. Noi non abbiamo bisogno di pubblicità, siamo gruppi gratuiti in tutti i sensi, casomai siamo felici di condividere esperienze positive, e questo non solo è lecito, ma direi che, in un’ottica cristocentrica, è doveroso. Ciao, e la prossima volta firmati pure, qui non c’è proprio nulla da temere. Marco Guzzi
Sette anni… un tempo lungo ma brevissimo allo stesso tempo per me che appena raggiunti i 60 si sente ad un tempo affascinato e preoccupato. Affascinato dal fatto di essere giunto fin qui con l’essermi dato questa opportunità offerta dal lavoro appena intrapreso e che sebbene “giudichi” ancora insufficiente almeno non mi provoca frustrazione, che è un piccolo passo verso l’accettazione. Poi c’è la preoccupazione per il tempo che scorre e l’ansia che a volte mi prende… avrò forza abbastanza, supererò le resistenze che mi porto dentro, il giudizio di me? Sento forte il richiamo per la ricerca di un essere autentico che abbia un senso di ritrovamento ed una relazione con la scoperta. Perché sento che durante la vita mi sono smarrito, per difesa e per paura, ed ora è il momento per ritrovarsi. Non è facile fare gli esercizi specie quando disagio e dolore e spavento ti bloccano. Intanto la pratica mattutina della meditazione è sempre più un momento atteso e questo fa già parte di un processo di cambiamento che va nutrito e curato nonostante appaia ancora lontano, molto lontano. Grazie
Buongiorno Marco,
ritengo, a mio modesto parere, che sia sempre utile un confronto, una critica, bisogna avere l’umiltà di saperla accettare; la Sua risposta invece assume evidenti sfumature di agressività e di difesa.
Un saluto
Caro Anonimo ti racconto:
..ero da 3 anni in missione e la sera facendo un cammino telematico di conoscenza di sé con un coach che incoraggiava alla resilienza… Quando rientrai in Italia lo contattai subito x fare un corso, mi informai, costava 600 e per una settimana. Non avevo i soldi ma pensai di chiamare il coach che sicuramente mi avrebbe fatto uno sconto conoscendo la mia situazione che venivo dalla missione. Non riuscii a contattarlo, la segretaria mi disse che avrei potuto dilazione il pagamento. “Ma come? gli scrissi, lei mi ha insegnato che la strada x la riuscita non ha ostacoli insormontabili mi ha parlato tanto di resilienza ed ora mi esclude dalla possibilità di crescere xche’ non posso pagare ? Questo è un doppio messaggio, io non ci sto.”
Passarono alcuni mesi e sentii un video di Marco Guzzi. Gli scrissi subito x saperne di piu’. Mi rispose quasi subito (Quando Dio chiude una porta e’ per aprire un portone! ) a fine del nostro comunicarci gli dissi: “Quest anno però non posso iscrivermi (200 e x 12 lezione più accompagnamento dei toutor e inserimento in gruppo con materiale consultativo) perché sonoun po’ in difficoltà. ..’
Marco mi rispose: – Tu sei la benvenuta da subito, i soldi sono le ultima cosa a cui pensare ! –
Il mio cuore scoppio’ di gioia e mi dissi – Qui ci siamo ! –
Caro Anonimo, ti assicuro che Darsi Pace non ha bisogno di pubblicità si diffonde per trapianto vitale !!
Tanti auguri
Bianca
Grazie di aver reso pubbliche le vs belle testimonianze, Giovanna, Filomena e Francesco. Anch’io come l’anonimo ho pensato,alla privacy…o cmq al fatto che delle cose così personali vengano messe in pubblico. Poi però riflettendo ho capito, che fanno bene anche agli altri. Raccontando le ns debolezze, non ci sentiamo soli. La maschera che ci mettiamo facendo finta che vada tutto bene, gronda sangue a volte…dolore…quanto invece dopo sette anni…o anche prima è bello ripulire con le ..lacrime..con il confidarsi nei ns gruppi..e guardare il mondo con la faccia pulita. Abbassando la ns superbia, mettendo il ns cuore a nudo..noi non ci togliamo nulla, se non la …polvere dei ns condizionamenti, che col tempo è diventata una fogna…ma piano piano..possiamo ripulire….risalire…Se mettendo a disposizione questo, altre persone capiscono che il percorso può essere utile anche a loro, allora non è un…farsi pubblicità…ma semplicemente …mettersi a servizio.un abbraccio a tutti i gruppi darsi pace.
Caro Anonimo, non pensi ci sia stato il consenso degli interessati nel pubblicare i post di cui stiamo parlando?
E poi, francamente, dove trovi nella risposta di M.Guzzi “evidenti sfumature di aggressività e di difesa”?
Ciao a tutti, mcarla
Caro anonimo,
ho deciso di pubblicare
questa condivisione con piena consapevolezza.
Comprendo i timori
rispetto ai rischi di spiattellare
la propria vita personale in pubblico.
Non capendo come possa
essere per fini pubblicitari
(e anche se fosse?)
resta solo il dubbio
relativamente ad una condivisione
essoterica di un cammino esoterico.
Personalmente ritengo
che sia molto importante
questo punto.
Non vedo perché nelle modalità
idonee non ci possa essere
occasione per parlare
a partire dal cuore.
È proprio la rivoluzione
di cui stiamo parlando.
La nostra società sta morendo
di privacy, di diritti d’autore,
mentre ognuno si abbarbica
per condividere i propri
momento felici
su facebook.
Ma non vediamo che stiamo
distruggendo il pianeta
e forse non abbiamo
più tempo per rimediare?
La mia è solo una condivisione
reale di un percorso che mi sta
aiutando ad esistere dando un senso
alla mia vita esattamente ora.
Questa credo sia la cosa
più importante che esista,
e se posso solo anche un minimo
condividerla con altri,
se posso gettare luce
nell’oscurità di questo tempo,
tutto ciò mi realizza.
Un saluto
Francesco
Ho concluso, la prima volta, il settennio Darsi pace scoprendo che gli esseri umani sono accomunati dallo stesso dolore, quello della separazione dalla Fonte della vita. Dentro storie e contesti diversi questo dolore si manifesta in vari modi e ci spaventa. Condividere il dolore significa cominciare a guarire.
Imparare a contattarlo e a guardarlo senza paura, ad accoglierlo e attraversarlo nell’abbandono confidente è stato ed è per me il passaggio cruciale del cammino iniziatico, la scoperta del Vero Uomo che lo attraversa insieme a me per dirmi che non sono sola e che con Lui non c’è nulla da temere.
Ha significato e significa lasciare andare il pensiero di essere sbagliata perché sofferente, lasciare andare il pensiero che quel dolore è solo mio, e imparare a guardare il dolore dell’altro anche quando l’altro non sa o non vuole riconoscerlo.
E’ impossibile tacere questa scoperta perchè è liberazione, riconoscimento di incrostazioni che possono essere purificate, sanate per vivere meglio, per essere più umana, più vera, più libera.
Nelle condivisioni di Giovanna, Francesco e Filomena sento la libertà di chi attraversando il dolore non ne viene annientato, ma al contrario scopre nuova vita, vita fresca e vera. Per questo li ringrazio.
Abbiamo tanto bisogno di ascoltare parole che nascono dal cuore.
Giuliana
Grazie a tutti,
…per questa “reazione a catena”…
Un saluto
Stiamo “morendo di privacy ” (e di sofferenza interiore) ” lasciare andare il pensiero che quel dolore è solo mio” e non sentirci sbagliati perché sofferenti…
concordo in pieno con voi, Francesco e Giuliana !
Buon cammino di liberazione a tutti, ciao, mcarla
Liberazione significa anche accettare anche un confronto, un parere diverso, uno scontro, una visione diversa …..in questa ottica si possono scorgere segni di arricchimento ne sono sicura; ….invece cosa succede qui …tutti concordiamo con tutto….perchè…
…. perchè sono gli insegnamenti di Marco.
Marco tu mi dici di non aver paura … tu “in quanto essere umano e in onore del ruolo che rivesti all’interno del gruppo DP” sei il primo a temere di perdere “terreno”; tutto deve esser sotto il tuo controllo ….
E’ statisticamente documentato , direttamente proporzionale, più alta è la carica che una persona riveste e maggiore è la paura della perdita di potere…..
Ecco ….questa è una forma di paura, paura della perdita del potere …… paura che noi praticanti riusciamo a camminare da soli…. ad agire staccandoci un po’ dal “tuo brevetto”….
Per motivi di privacy e rispetto non espongo le situazioni che mi hanno indotto a scrivere questo post……
Io non guardo se Marco Guzzi è più o meno intelligente, colto, generoso, abbastanza di sinistra, in felpa o cravatta: se guardassi questi aspetti sarei come quello che guardava l’indice invece della luna.
A me interessa che Marco Guzzi mi sta indicando la luna, anzi il sole e il firmamento: riconosco per mia liberissima scelta che Marco è per me una guida.
So che non è lui che conta perchè lui è solo un canale, e il suo merito è lasciare che attraverso lui scrosci acqua di vita per tutti: perciò sono molto grato a lui e allo spirito che lo usa evangelicamente come “servo” fedele.
E posso tranquillamente avere gusti diversi dai suoi su aspetti importanti ma contingenti della vita: la politica, l’economia, le donne, lo sport, l’arte, le diete e così via.
Possiamo tutti seguire il percorso iniziatico mantenendo la nostra leggerezza, dignità, libertà.
E sono molto grato a quanti hanno aperto il loro cuore e condiviso il fruttuoso cammino del settennio.
Un abbraccio a tutti, GianCarlo
E’ sempre interessante leggere i commenti degli Anonimi, a volte molto più di quelli che dichiarano il loro nome, me compreso ovviamente. Per questo spero che la possibilità di postare senza nome sia sempre garantita qui, anche se ovviamente a volte la pazienza può essere messa alla prova.
Io penso che non ci sia niente di male nel pubblicare, con l’ovvio consenso degli interessati, testimonianze di questo tipo. Mi pare pertinente che Marco Guzzi specifichi che “siamo felici di condividere esperienze positive, e questo non solo è lecito, ma direi che, in un’ottica cristocentrica, è doveroso.”
Il cristianesimo si è sempre diffuso per testimonianza. Soprattutto per quello.
La gente stupìta per certe cose, certi volti, è invitata ad un cammino di verifica, che dovrà comunque essere poi personale (questa fatica non ce la leva nessuno). Dice Don Carron, con una battuta rubata a Don Giussani, che <>
Riguardo il fatto del potere, ho in mente – fuori ambito DP – almeno due esempio che smentiscono il fatto che chi è in alto è sempre interessato al potere. Uno per me è appunto Don Juliàn Carron, e guida un movimento ecclesiale abbastanza diffuso, come alcuni forse sanno.
L’altro si fa chiamare Francesco, e di mestiere fa il Papa.
Scusate, per qualche motivo incomprensibile nel pubblciare è stata rimossa la citazione di Carron, nel mio precedente commento. Sembra eccessivamente sintetica, dunque (solo le virgolette). Provo a riportarla qui di seguito.
“Quando ero insegnante dicevo ai mie alunni che il cristianesimo si comunica per “invidia”, perché una persona che vede un’altra vivere con gioia, intensità e soddisfazione, desidera quella vita per sé”
Grazie della pazienza.
Caro anonimo grazie per la tua testimonianza anche se sento un certo rancorino verso Marco. Lui e’ il leader, senza dubbio ; ha fondato DP, ci ha speso una vita, con rigore e molta responsabilita’ guida il cammino che anche lui ha percorso e percorre insieme a noi. DP è un luogo serio di ricerca, libero, ma molto duro e rigoroso, lo stesso rigore che un maestro di sci o di nuoto o pianoforte richiede a chi si rivolgesse a lui per imparare seriamente. Qui nessuno e ‘obbligato a stare o deve aderire a teorie o a capi, non è un partito politico ma un associazione di persone libere di diverse sensibilita e cultura, animata da un profondo spirito di unita’. Ma ovviamente per starci responsabilmente devi condividerne il percorso che ci viene offerto. I percorsi iniziatici ovviamente non sono oggetto di discussione e si devono praticare con rigore non si tratta di discutere una linea politica o una mozione quando si ha a che fare con una tradizione millenaria. Io comunque non mi sento forzato in nulla, ho 53 anni una famiglia vivo nel mio tempo con sofferenza ma anche con la voglia di cambiare, sono un uomo libero e pensante, se continuo da sei anni a starci è perché ogni volta riconosco in DP un cammino di trasformazione reale di me stesso , di aiuto alle persone che stanno male, sono sole nel loro dolore e non hanno riferimenti oggi, un gruppo di riscoperta di verita profonde con obiettivi ambiziosi di cambiare anche il mondo in cui siamo. Questo lo dobbiano a Marco ” una persona seria, preparata, ispirata, che ha avuto il coraggio di fondare e guidare questi gruppi in questi anni di chiacchere vuoto pneumatico umano culturale e politico. Poi i risultati del lavoro fatto si vedono strada facendo, si misurano su quanto ciascuno riesce a strappare alle sue paranoie quotidiane, alle sue incazzature paure. Se vuoi ci sono tanti altre offerte, se ti piace la polemica non hai che da scegliere chat social instagram talk politici bla bla bla. Ciao se hai delle idee VERE allora giù la maschera e in spirito di unità dicci chi sei cosa ti ha veramente deluso e cosa faresti tu
Cari amici,
trovo assai brutti e spiacevoli i commenti anonimi (a prescindere dal contenuto) e mi chiedo se sia giusto offrire spazi di libertà di espressione a chi ne abusa per abbassare notevolmente il livello animico e spirituale del discorso. C’è purtroppo chi non comprende la bellezza e la libertà che viene costruita con grande fatica e pazienza in questo luogo e forse si nasconde dietro l’anonimato perché è consapevole della confusione e della bassezza dei pensieri che lo/la abitano. Che in genere mirano quasi sempre, più o meno consciamente, a togliere agli altri la libertà di esprimersi….
La critica costruttiva è una cosa diversa: si entra nel merito e si dialoga con obiezioni precise e puntuali. Si accetta anche di essere contraddetti e confutati. Si è positivi e solidali. Abbandonando, con un espiro, ogni forma di sterile malevolenza.
Buona serata.
Paola
Perché una persona decide di esprimersi in anonimato? Forse dovremmo porcelo come domanda ed andare a vedere e sentire le nostre reazioni, i pensieri indotti, le sensazioni provate. Qual’e per me il significato di chiedermi se quanto ha scritto anonimo corrisponde al vero oppure è una semplice paura o addirittura un falso problema? Proverò a confrontarmi con queste domande come in un esercizio di autoconoscimemto e, una volta fatto, mi piacerà condividerne il risultato con voi tutti. Grazie
Ciò che mi addolora maggiormente nel leggere i commenti anonimi è che fanno sì che l’attenzione si sposti e che perdiamo la concentrazione sulle bellissime testimonianze scritte che hanno a mio avviso lo scopo di elevare le frequenze dell’anima e sintonizzarci sul cuore.
Ritengo che le testimonianze vogliano proporre i felici esiti del lavoro interiore, cui conduce il percorso di Darsi pace, affinché tutti ne possiamo godere.
Il tentativo quindi di abbassare il livello della ricezione dell’esperienza, invischiandosi in polemiche sterili, mi sembra un atto oltremodo distruttivo e non credo che questo sia né giusto né rispettoso, in questo difficile viaggio che è la vita dove è tanto raro trovare l’accoglienza che luoghi come Darsi pace offrono.
Secondo me non è giusto postare interventi in maniera anonima, perchè questi interventi non sono per nulla costruttivi,
non portano a niente e fanno solo stare male.
Silvia
Da qualche giorno sto anch’io silenziosamente meditando sul commento di Anonimo, e gli interventi di Paola e Gennaro mi provocano a esternare, pur se “a caldo”, il senso di questi miei pensieri. Mi pare che la risposta di Marco Guzzi, nella sua semplicità, essenzialità e pacatezza, sia quanto di meglio si potesse dire in proposito. Più la leggo più la trovo ispirata, saggia, direi quasi olimpica: niente di più e niente di meno di quanto si dovesse dire. Con riferimento al commento di Paola, aggiungerei che interventi anonimi del tipo di quello in parola non mi pare abbassino di molto il livello spirituale del discorso, ma diano conto piuttosto di una fatica, si spera temporanea, di chi li pone in essere, e che può ben essere aiutata a convertirsi in senso di responsabilità dal clima arioso, positivo e LIBERO di questo blog. Mi verrebbe da dire che in ognuno di noi c’è (o c’è stato) un Anonimo che, a momenti, ha sentito il bisogno di dire qualcosa alla classe da “sotto il banco”, prima di scoprire la bellezza dell’alzare la mano e parlare vis-à-vis. Infine, non sottovaluterei la funzione “vaccinale” di interventi anche un po’ fastidiosi, che in qualche modo ci costringono a ripensare continuamente le modalità di questo nostro aprirci parlandoci, rinnovando ogni volta lo stupore e la gratitudine per lo Spirito che si fa misteriosamente Parola in/attraverso noi.
Vi abbraccio tutti. Buona giornata.
Benigno
Buongiorno,
senza voler innescare polemiche di cui non c’è certo necessità, io sarei in risonanza con Benigno nella valutazione complessiva dei post anonimi; possono esprimere una fatica, una difficoltà temporanea, rappresentano comunque un canale espressivo che non sono certo andrebbe chiuso. Regolamentato, ovviamente sì. Togliere sicuramente i commenti offensivi o ripetitivi, è doveroso. Ed è anche giusto invitare, come ha fatto Marco stesso, l’Anonimo a palesarsi: postare come anonimo è accettabile più che altro per un commento singolo, poi però diventa un rapporto “asimmetrico” (io non so chi sei, tu sai chi sono) che non favorisce il vero dialogo.
Ma credo che rivesta, con tutti i possibili limiti, una funzione preziosa. Anche per noi, una palestra per accogliere pensieri a volte “rustici”, fuori dal coro (e non in senso necessariamente positivo), eccentrici. A volte, anche, fastidiosi (ma chi l’ha detto che il fastidio non abbia anche un suo ruolo, nel nostro cammino? E se il fastidio tocca un tasto per noi irrisolto? Perdiamo questa occasione per lavorarci?).
Mantenere abbastanza aperta questa frontiera informatica, credo servirà a noi, per maturare.
Grazie, un abbraccio ad ognuno.
Marco
Concordo con Silvia che il primo risultato negativo di ” Anonimo” è stato di distrarci un po’ dal forte significato delle testimonianze, preziose, di Giovanna, Francesco, Filomena.
Trovo accettabili le riflessioni di Marco Castellani, che chiede di lasciarci interpellare proprio da ciò che è fastidioso.
Ma Anonimo dei primi 4 interventi è lo stesso del quinto o sono persone diverse ?
o è persona con più personalità, o che una volta si firma e una no, o che si diverte?
Non sono psicologo e quindi non mi esprimo, però confrontarsi con ologramma/i è brutto, e concordo con la motivazione di Castellani sull’asimmetria che mi porta a dire che i commenti anonimi non fanno bene né all’anonimo sofferente né al dialogo.
Un saluto a tutti, anonimi compresi/e.
GianCarlo
Grazie per i resoconti dei tre diversi vissuti del settennio, addirittura leggendo il primo mi è venuto il pensiero di voler conoscere personalmente la signora,per l’empatia che mi ha stimolato!
Grazie anche alla persona che non si palesa, ma che certo anela, come tutti noi, ad essere sempre più libera(da pregiudizi e dannosi timori) e qui potrà trovare una rara accoglienza senza doversi camuffare.
Anni fa conobbi una ragazza che lasciò D.P. dopo il primo anno e rispondendo alla mia domanda” sul perché” mi disse di essere disturbata dal fatto che molti nei riguardi del prof.Guzzi avevano un atteggiamento “ipse dixit”.
Questo può essere vero per certe persone o in certe fasi di crescita, ma non va confuso il comportamento dei nostri compagni e il lavoro onesto serio e illuminato che il nostro fondatore fa.
Certo vorremmo che sempre più gente seguisse il nostro percorso, per la pace di tutti e del mondo( non confondere divulgazione e marketing!).
Buon percorso a tutti
Ringrazio di cuore Giovanna, Francesco e Filomena che con coraggio e libertà testimoniano con semplicità e nella verità la concretezza dei frutti della propria trasformazione interiore. Una realtà maturata e conquistata giorno con giorno durante sette anni di ricerca, un percorso fatto di scalate e discese dentro la carne della propria vita.
Sento in loro tanta umiltà, un forte coraggio per affrontare la grande sfida per Darsi Pace e aprire un varco vitale nella piena libertà. E’ ciò che ognuno di noi spera di poter realizzare nonostante le fatiche, i dubbi, le turbolenze che la vita ordinaria ti propone.
Mi addolora sentire in anonimo resistenza per la pubblicazione di testimonianze vere e profonde, perché disturba tanto constatare quanto faccia bene all’uomo sofferente questa precisa proposta di cammino spirituale?
Conquistare un reale spazio di libertà interiore per iniziare a riconoscere in se stessi la propria vera identità è sentire veramente la gioia e la forza di volerlo gridare dai tetti, tutti i tetti senza paura!
Chi inizia a riconoscersi in sintonia con il proprio nome non sente la necessità o la paura di rimanere nell’anonimato perché scopre che all’origine del suo nome è racchiuso il dono e la grandezza del suo vero volto e anche questo è un altro bel lavoro di ricerca.
Vanna
Caro anonimo,
anche io sono allergico alle “autorità’, ai “capi”, ai dogmatismi, ed è inevitabile avere una certa struttura organizzativa ma la bellezza di queste 3 testimonianze sono oasi nel deserto che avanza. In mezzo a tanta disperazione di miei amici, vorrei veramente che queste parole potessero raggiungerli.
Grazie quindi a Giovanna, Francesco e Filomena.
Possiamo anche non condividere certe modalità di espressione e di organizzazione dei gruppi, ma tutto è migliorabile in questo mondo. Possiamo fare proposte e vedere cosa succede.
Dario
Ringrazio profondamente coloro che si sono prestati a questa bellissima condivisione di un cammino che anche per me, sin da prima di iniziarlo, è stato decisivo per il corso di tutta la mia vita. In particolare mi hanno colpito molto le testimonianze di Francesco e Filomena, che sento risuonare molto vicine alla mia esperienza più reale.
Per quanto riguarda il problema posto dall’Anonimo, ascoltando le corde che le sue obiezioni toccano dentro di me, mi pare questo: che la grande luce di autenticità incarnata che le tre condivisioni manifestano dia molto molto fastidio a quella parte del nostro Ego che è più disperata, rancorosa, diffidente rispetto al dono infinito che può offrirci lo Spirito risanandoci radicalmente. Ciò significa che testimonianze come queste sono il segno tangibile di una vittoria della Luce sulla separazione dell’Ego: una Luce che si fa strada a confutare una volta per tutte, di generazione in generazione, il dominio dell’odio e della paura su questo mondo, fin nella nostra storia più intima.
Grazie ancora per questo, e un caro saluto a tutti.
Luca. –
Un paio di settimane fa mi sono trovata in una situazione in cui mi era chiesto di rispondere a domande tipo quelle che ha fatto anonimo, sul fatto che in Darsi Pace tutto ruota attorno ad una persona, che così tiene per sè un grande potere, e altre cose di questo genere.
Come praticante di Darsi Pace vorrei dire ad anonimo quello che ho risposto in quell’occasione.
Tutti i movimenti che hanno un fondatore con una profezia e un carisma così evidente prima o poi devono confrontarsi con queste domande.
In un mondo cosí cinico, in cui siamo tutti orfani di senso e di verità, in cui tutti ci guardiamo le spalle per difenderci dall’aggressore di turno, crediamo che la libertà consista nel non avere regole e maestri.
Io credo che non sia così. “Dai loro frutti li riconoscerete” era scritto in una lettura del Vangelo di qualche giorno fa: credo sia questo l’unico criterio per vigilare, prima di tutto su noi stessi e sulle nostre scelte.
La modalità anonima di interagire è apparentemente molto libera, ma in realtà è una maschera che ci toglie responsabilità, non aiuta chi scrive nè chi risponde, in un mezzo come quello telematico che già sconta il problema della distanza temporale e spaziale.
I dubbi dei vari anonimi secondo me si dissolvono solo entrando dentro questo lavoro, facendolo fino in fondo, mettendoci l’anima, giocandosi tutto. E verificando se tiene, se stiamo meglio, se i frutti maturano.
A questo livello il problema non è più il potere, ma l’accettare o meno la responsabilità di una grande libertà, che sovverte i nostri calcoli, e ci apre strade di autentica rinascita, come le testimonianze di questo post ci ricordano in modo commovente.
Antonietta
Cari amici, sì, a volte le interferenze, anche quelle distruttive, possono essere utili, ma fino ad un certo punto.
Qui mi pare che abbiano solo distolto dalla bellezza delle testimonianze, portando inutile scompiglio emotivo.
Perciò abbiamo deciso nella redazione di non ammettere più commenti anonimi.
Noi lavoriamo qui in Rete per educarci ed educare alla relazione personale.
Noi spendiamo la nostra vita per educarci ed educare ad una nuova umanità più relazionale, e quindi capace di esporsi personalmente. Fa parte della nostra missione pedagogica fondamentale.
La rete è già troppo piena di insulti, aggressività, e chiacchiere di ogni tipo, non sta a noi fomentarle.
Noi anzi dobbiamo funzionare da disinfettante.
Ed educarci ed educare ad intervenire sul tema specifico proposto dai singoli post, senza vaneggiare o parlare di tutt’altro.
Chi viene in casa nostra è perciò pregato almeno di presentarsi, poi potrà ovviamente muovere ogni critica o proporre qualsiasi riflessione, sempre nel rispetto delle persone e del gruppo.
Un abbraccio.
Marco
Peccato, caro Marco.
Non condivido interamente la scelta, secondo me stiamo, in questo modo, in qualche modo perdendo qualcosa.
Proprio per il lavoro di educazione che facciamo.
Ovviamente capisco che ci sono motivi per farlo, ci mancherebbe.
Nel complesso, però, non mi sembra un vero passo avanti, ma una chiusura.
Un abbraccio.
Buon giorno a tutti,
frequento la seconda annualità del percorso e vorrei dirvi che sono una persona molto riservata ,
mi rendo conto che la riservatezza é stata e lo é ancora una strategia per me difensiva che affonda le sue radici nel passato familiare ,educativo ,sociale …..ma ho anche sperimentato che quando certi vissuti sofferenti della mia vita sono stati metabolizzati e finalmente attraversati mi viene naturale raccontarne senza più nessuna perplessità o necessità di nascondere ….e penso allora che la serena capacità di raccontare diviene segno della guarigione avvenuta ..e questa è una cosa meravigliosa !
Caro anonimo forse possiamo pensare alla condivisione dei nostri tre compagni di cammino come ad una guarigione avvenuta …e questa è una cosa meravigliosa ! ….e che auguro a tutti noi !
Caro Marco, a volte chiudere è un atto positivo, come aprire.
Chi si illude di poter sempre e solo aprire, semplicemente ignora la realtà, e la sostituisce, rovinosamente, con sogni adolescenziali, che, come sappiamo e vediamo, provocano solo reali e brutali chiusure.
La maschera e l’ipocrisia, infatti, producono l’ombra, che credono di contrastare.
Marco Guzzi
Su questo concordo, caro Marco.
Non si può sempre aprire, su questo hai ragione.
Su dove aprire e dove chiudere, c’è tutta l’umana libertà,
la possibilità di sbagliare (e magari ora sbaglia lo scrivente).
Un abbraccio
Voglio condividere un piccolo episodio risalente a qualche anno addietro, a quando presi a scrivere su un periodico locale, nella cittadina in cui allora vivevo. Tutto ebbe inizio quando avendo voglia di manifestare il mio,pensiero sulle vicende cittadine decisi di inviare una lettera a quel periodico. Avevo però paura, paura del giudizio altrui, senso di inadeguatezza per me stesso perché, pensavo, se scrivessi col mio nome manco mi prenderebbero in considerazione. Tutto ciò inizialmente mi dava un senso di sicurezza, di forza e am he un po’ di potenza in quanto non potevo essere attaccato. Poi però decisi di darmi un nome e dopo qualche numero capii che le persone credevano veramente nell’esistenza di quell’anonimo che aveva poi,preso un nome. La cosa in principio mi divertiva molto e me la ridevo quando qualche lettore si rivolgeva a questa persona inesistente chiamandola per nome, relazionandosi ad essa come fosse vera. Ma ad un tratto qualcosa si ruppe e cominciai a sentire un certo disagio per il fatto che persone che conoscevo, anche amici, venivano in quel modo giocati ma, intanto, il periodico continuava a pubblicare le mie lettere e allora…allora decisi di svelare l’anonimo e che io avevo poi interpretato il ruolo del personaggio inventato con uno pseudonimo. Forse in questa storia hanno giocato diversi aspetti: l’insicurezza, la difficoltà ad assumersi le proprie responsabilità ma anche, forse, piano piano, dopo aver compreso che a volte noi riusciamo ad esprimere parole che vanno oltre noi stessi e che forse è più che altro ciò che di,noi stessi pensiamo a frenarci. E così infine cominciai a sentire questo gioco quasi come un inganno o meglio compresi di non aver bisogno di una maschera (in questo caso almeno o solo) e quindi l’inutilita’ di,proseguire in quella finzione. Infine, le restanti riflessioni che avevo in animo di condividere qui le condividerò con il mio gruppo. Sento che questa è la cosa giusta da fare. Grazie