ASCOLTARE LA LINGUA MADRE per reimparare a parlare e ad essere persone di Parola

Commenti

  1. giancarlo salvoldi dice

    Questo canto in lingua madre sarda è una eco secolare evocativa della storia di un popolo, nel cuore del Mediterraneo, che anche nelle difficoltà della vita è sempre stato pieno di forza e di dignità.
    La parola semplice e pulita, cantata a cappella, è espressione di una identità che i sardi amano e che li accompagna sempre anche sul continente e nei continenti dove sono emigrati.

    Io ho sangue friulano nelle vene, e il Friùli è terra la cui parlata è anch’essa riconosciuta come lingua, ed è fiorita in un’infinità di poesie e di canti, canti “dongje il fogolar”: vicino al focolare.
    In molte regioni italiane si parlano lingue che sono amate con affetto e nostalgia, e sono un po’ come il cibo affettivo dell’infanzia, sono nutrimenti materiali e spirituali incancellabili.

    Queste lingue sono il primo antidoto contro una globalizzazione che appiattisce ed omologa.
    Sono l’humus in cui spuntano le identità che sono amate e sono amanti delle altre identità.
    Ad esempio dagli USA all’Australia sono vivaci i gruppi di siciliani e abruzzesi, di veneti e marchigiani o lucani che non si odiano affatto e che vivono come identità aperte alle altre identità.

    Esse sono poi il motore di quella solidarietà che ha permesso a decine di milioni di italiani nel mondo di sopravvivere ed affermarsi in mezzo a enormi sacrifici non esenti da fallimenti.

    Vorrei fare altre riflessioni costruttive, ma concludo accennando a “fortza paris”.
    Nella ex italiana valle del mio amato Friùli, la valle dell’Isonzo, ragazzi come tuo padre, cara Giuseppina, hanno scritto una pagina di dignità ed eroismo insuperabili.
    Si tratta di gesta militari, ma io ne posso parlare perchè la mia legge contro le mine antiuomo testimonia che non parlo da militarista ma parlodi dignità.
    La Brigata Sassari ha avuto l’incarico sacrificale di proteggere l’esercito italiano nella disfatta di Caporetto, che oggi si chiama Kobarid.
    Quei ragazzi sardi avevano il compito di far saltare i ponti e permettere a tanti ragazzi di salvarsi. Quando hanno finito le munizioni, invece di scappare strisciando come topi, hanno messo le armi a bilanciere e si ritiravano in piedi, con passo di marcia a “fortza paris”, falcidiati dalle mitragliatrici.
    Quelle gesta hanno fatto il giro di tutte le cancellerie europee e hanno ridato dignità all’Italia intera.
    Ti ringrazio, Giuseppina, e mando un caro saluto alla varietà di tutte le lingue del mondo.
    GianCarlo

  2. Molto bello questo tuo testo, grazie, cara Giuseppina! Marco

  3. Un saluto dal Friuli con “une cjantade par furlan: Sisilute: Je tornade primevere” (una cantata in friulano sul ritorno della primavera),
    di seguito il link: https://youtu.be/yir1T1B3Rsk
    Je tornade primevere
    cui soi mìl e mìl odôrs
    dut il mont a mute siere
    duc’ a tornin i colôrs

    Ancje tu, tu sês tornade
    sisilute ti vuei ben
    vorês dati une bussade
    e tignìti sul gno sen

    Dula vastu sisilute?
    No sta lâ luntan luntan
    Fas culì la tô cjasute
    di stecùz e di pantàn

    Reste pûr, reste pojade
    sisilute, su chel len
    vorês dati une bussade
    e tigniti sul gno sen

    Traduzione
    È tornata la primavera
    con i suoi mille e mille odori
    tutto il mondo muta colorito
    ritornano tutti i colori

    Anche tu sei tornata
    rondinella, ti voglio bene
    vorrei darti un bacio
    e tenerti sul mio seno

    Dove vai rondinella?
    Non andare lontano lontano
    fai qua la tua casetta
    di fango e di fuscelli

    Resta pure, resta appollaiata
    rondinella, su quel legno
    vorrei darti un bacio
    e tenerti sul mio seno

    Un saluto e un abbraccio di buona primavera a tutti

  4. Mariapia Porta dice

    Grazie, Giuseppina, per questa tua esperienza di ” bilinguismo ” ! A me è mancata! Sono genovese, ma in casa mia si è sempre parlato in italiano, solo una mia nonna mi insegnava parole ed espressioni dialettali, che ancora ricordo e rievoco con tenerezza e nostalgia! Come ricco ed espressivo anche il canto!

  5. ivano caminada dice

    Vorrei unirmi con piacere , al fascino del dialetto che questo Post di Giuseppina ha risvegliato in me, per il ricordo delle mie origini spirituali più terrene che rivivono in me nel linguaggio della mia infanzia e giovinezza: un misto di milanese doc, ancora parlato in Canton Ticino, di bergamasco cadenzato veneto , e di valtellinese imprintato della cultura austriaca e dei Grigioni Svizzeri. Insomma un bel caso creativo, che spiegherebbe le mie incertezze personali nel definire la mia personalità.
    Qui vorrei partecipare a quello che mi piacerebbe fosse un nuovo Festival dei dialetti, a quanto mi è piaciuto ascoltare, per via sonora, del sardo di Giuseppina , del Friulano di Fabio e nelle riflessioni di Giancarlo. Dirò di un proverbio che fin da bambino sentivo ripetere dai nonni, quando raccontavano dell’avventura di un pastore che volle recarsi al mercato di Gravedona, per vendere al mercato il suo becco ( ol Beck ) , un bel caprone, grande e grosso, con tutti gli attributi con i quali i preti e la Chiesa avevano sempre descritto il diavolo per spaventare la gente , credendo di farla avveduta delle sue lusinghe e malizie.
    Il proverbio che risuona ancora in me dalla mia infanzia consiste nella morale che si apprende, dall’ avventura di quel pastore e del suo becco che qui sintetizzo: il pastore in questione, giunto al mercato di Gravedona, dopo un lungo viaggio per discendere la Valvarrone dal paesello di Pagnona, decide di farsi una bevuta prima di passare dal mercato e per questo lega , malamente, il suo caprone ad una staccionata sotto il sole cocente. Il caprone riesce a slegarsi e se ne va in giro per il paese , finendo dentro il fresco della chiesa di Gravedona, dove trovò comodo sdraiarsi sull’altare, tra l’orrore dei fedeli presenti in quell’ora . Arrivò il parroco e altri preti che, riconoscendo in quel caprone le fattezze del diavolo, si attivarono con esorcismi, implorazioni e fumigazioni di incenso che riempirono tutta la chiesa , ma il caprone che continuava a ruminare imperterrito, non scendeva dall’altare , come alle capre piace sostare in postazioni alte. Fu solo quando il pastore, alla ricerca della sua capra, lanciò il solito fischio del capraio, che il caprone saltò giù dall’altare recandosi da lui per ricevere in cambio qualche granello di sale, come d’uso che , il diavolo fu sconfitto!
    Da qui il proverbio : “ Al val pisèe el ziful del cabrèe de Pagnone che tu:cc i scongiurament del prét de Grauedeone ! “ – ovvero , “ vale di più il fischio del capraio di Pagnona, di tutti gli scongiuri del prete di Gravedona “ .
    Un proverbio che ricordo, veniva poi usato fino a tempo addietro, per canzonare tutti coloro che per risolvere un qualsiasi problema pratico o mentale, lo rendevano sempre più complesso, mentre la soluzione era la più semplice, bastando saperla riconoscere , o lasciando agire chi del mestiere !
    Grazie Giuseppina.
    Ivano

  6. Giuseppina Nieddu dice

    Grazie di cuore per le vostre riflessioni e risonanze che rinforzano la consapevolezza della forza radicale e indelebile della Lingua Madre.
    Grazie particolarmente a Giancarlo e a Fabio, due friulani DOC che ho avuto modo di conoscere e apprezzare in diverse iniziative di D.P. Entrambi i vostri interventi, per motivi diversi, mi hanno commosso fino alle lacrime ricordandomi che mio padre che a 17 anni parlava a malapena l’italiano,diceva che, fra i diversi commilitoni, i sardi si intendevano particolarmente con i Friulani e con i Toscani. Leggendo quanto scrivete ho risentito presente in voi la grande forza di un altro Friulano ( Padre Davide Maria Turoldo) da sempre uno dei miei Poeti del cuore.
    Che bello sapere che la legge delle mine antiuomo è stata proposta da Giancarlo … ricorderò gioiosamente anche la cara SISILUTE dei versi di Fabio e il sapiente ironico proverbio sul caprone ( ol BECK ) di Ivano.
    Un caro saluto di Buona primavera anche a Mariapia e BUONA PASQUA a tutti gli amici di D.P. e…alle varietà linguistiche del mondo intero.
    Giuseppina

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