In verità, in verità io vi dico:
chi ascolta la mia parola
e crede a colui che mi ha mandato,
è passato dalla morte alla vita.
(Gv 5, 24)
I.
Nei gruppi Darsi Pace proviamo a realizzare un’esperienza dei misteri che abbia a che fare con la nostra esistenza concreta.
Proviamo quindi a chiederci: quale potrebbe essere il significato della Pasqua rispetto alla mia vita?
Il lavoro interiore, illuminato dalla relazione con lo spirito, ci aiuta a comprendere come la parola del Vangelo vada sempre letta in rapporto con la mia esperienza di vita. Ancora più a fondo: nei gruppi Darsi Pace proviamo a intendere e a sperimentare il messaggio di Cristo come la rivelazione progressiva del mio essere umano.
Gesù dice: Io sono la via, la verità e la vita(Giovanni 14,6).
Nel nostro cammino proviamo a concepire la dinamica battesimale come una trasformazione del mio stato interiore ed esistenziale. A seconda di come configuro la mia coscienza, intesa come totalità psico-fisica, sono perciò posizionato in diversi stati dell’essere.
Lo stato dell’Io in Cristo è la direzione che Gesù ci rivela.
Aperta, integra, libera, creativa, luminosa, terapeutica, sovrana e gioiosa.
Potremmo tradurre perciò: L’io in-Cristo è la via, la verità e la vita.
Gesù infatti ci rivela una nuova possibilità evolutiva per la specie umana.
L’io umano, ciascuno di noi è Figlio di Dio.
Dio cioè non ci ha donato la libertà, perché una libertà consegnata sarebbe un controsenso. Dio si è rivelato come Io umano in Cristo. Nella misura in cui incarno la nuova umanità di Cristo, divento Figlio di Dio. Posso capire perciò il Vangelo solo nella misura in cui lo vivo.
II.
Posso capire la Pasqua nella misura in cui la vivo.
E che cosa ci dice questo mistero?
Che la verità più profonda del nostro essere viene crocifissa e messa a morte.
Propongo perciò di leggere la dinamica pasquale attraverso questa domanda:
come crocifiggiamo la vita dentro di noi? Come la mettiamo a morte? Per quale motivo la verità più profonda del mio essere è ciò che mi terrorizza di più?
Il Cristo infatti ha contro tutti quanti. Il potere sacerdotale, quello politico, e quello popolare. Perfino i suoi discepoli più intimi lo tradiscono. Se interpretiamo questo in un’ottica anche interiore, potremmo dire che tutte le varie dimensioni del nostro essere(cognitiva, affettiva e comportamentale) si coalizzano per impedire che la verità ultima si realizzi e si incarni nella nostra vita.
III.
La verità infatti è che la vita reale ci fa paura. Abbiamo terrore di essere veramente vivi, di giocarci per davvero l’esistenza, di esistere sul serio.
Abbiamo una tendenza istintiva a bloccare la vita, a dissimularla in mille modi, attraverso maschere, scuse, lamentazioni, accordi con noi stessi per soffrire meno e non vedere quanto stiamo sacrificando la nostra felicità per un po’ di sicurezza, come dice Freud.
In ultima analisi, siamo noi gli omicidi della vita, e quindi del Cristo.
L’assassinio del Cristo è nella chiusura estenuante che poniamo nei confronti del suo avvento rigeneratore. È nella reiterazione costante del nostro carcere pestilenziale nel quale ci recludiamo per non sentire la voce squillante dello Spirito che ci chiama a rischiare l’unico dono che abbiamo.
IV.
Il mistero della Pasqua ci dice che nella misura in cui la Verità inizia a incarnarsi nella storia e dentro di noi, incontra ostilità, rifiuti, denigrazioni e la morte.
La Via, la Verità e la Vita vengono crocifisse.
Questo momento storico non è altro che la manifestazione escatologico-apocalittica della Pasqua. Una umanità che non vuole convertirsi, che non vuole ascoltare, e che quindi sta distruggendo l’eco-sistema stesso che la sostiene.
Siamo noi gli assassini del Cristo: questa è la verità. Con le nostre prediche, le nostre illusioni, le nostre resistenze impenetrabili, con le nostre corazze di cemento armato e i nostri gusci vuoti, siamo noi che odiamo il Cristo perché significherebbe rinunciare al nostro potere mortifero.
Non vogliamo morire, e perciò moriamo giorno dopo giorno, ora dopo ora. Una tristezza sempre più pesante avvolge i nostri cuori, i nostri discorsi e i nostri volti.
La sera porta con sé delle voci che ci dicono continuamente che abbiamo sprecato l’ennesimo giorno. Per questo siamo tutti luccicanti di fronte ai bambini, perché manifestano la vita che abbiamo perduto, perché hanno ancora in loro le potenzialità che noi abbiamo sprecato.
V.
Ma l’insegnamento ultimo della rivelazione di Cristo è che la verità e la vita risorgono. Non importa cosa possiamo mettere in atto per impedirlo, la rinascita dello spirito avviene comunque, solamente che noi non vi partecipiamo.
Possiamo decidere se schierarci dalla parte della morte, della chiusura difensiva, del non ascolto e quindi del congelamento. Oppure da quella della vita, della circolazione, dello svelamento che giunge improvviso solo se ti ci affidi e ti ci abbandoni.
Queste non sono chiacchiere o moralismi. Ognuno di noi sa di cosa sto parlando. Su queste cose ci giochiamo il destino della nostra esistenza. Non possiamo barare o truccare le carte.
Se vivo allora accade. Altrimenti non succede nulla. È matematico.
VI.
Vorrei concludere con due citazioni. Una di Oswald Spengler che dipinge bene la prima ipotesi, e una di Mario Luzi che ci aiuta a sentire la seconda.
Da “A me stesso” di Oswald Spengler:
Non è la “fortuna” che mi è mancata. Sarei grato per qualsiasi grande sfortuna mi avesse colpito, purché fosse stata vita. Ma fino a oggi non posso raccontare né di amici né di esperienze né di azioni né di gioie né di dolori, bensì solo del mio io, io, io incapsulato dentro di me come in un carcere, amaramente consapevole della sua prigionia, che si è tormentato senza mai riuscire a stabilire un contatto con l’esterno.
Invidio chiunque viva. Io ho solo rimuginato, e ogni volta che ho avuto a portata di mano la possibilità di vivere realmente, mi sono tirato indietro, l’ho lasciata passare e, non appena ero troppo tardi, venivo preso dal mio amaro rimorso”.
Da “Graffito dell’eterna zarina” di Mario Luzi:
Il bambino nel grembo. Il bambino che si prepara a nascere
e spreme le vene di letizia
e di dolore diffuse in tutto il brulichio stellare.
Il futuro, ne reca il sigillo
dei suoi pugni chiusi l’imprevedibile potenza-
sorrido con frenesia e con ansia
abbagliato da lui
e più ancora dal mare trepidante dell’origine che lo
trapunge e lo incalza.
Uno scritto che per me è molto chiarificatore e benefico. Direi benissimo! Chiarisce , illumina e presenta vie nuove e che troppe volte non riesco a vedere in nessun modo. Devo perciò ringraziarti davvero molto perchè, ritrovandomi in un corpo gravato da impedimenti fisici importanti, leggendoti, sono sollecitato a rendere viva quella vita che sembra continuamente svanire e invece, nella fede del Cristo vivente e presente in noi, risorge, riappare e costantemente continua.
Grazie, un abbraccio
Fabio
Grazie. Come sempre i tuoi scritti mi aiutano ad approfondire meglio ciò che si fa pressante ed esige delle risposte. Risposte che non vogliono venire alla luce, si nascondono nelle pieghe del corpo di dolore che veste la mia anima. Allora mi chiedo, cosa voglio gettare nella fiamma violacea della trasmutazione, quale lavoro alchemico cerco di rimandare ad un futuro che non si fa mai presente? Il personaggio che metto in scena deve imparare sempre nuove battute, l’Autore è instancabile e scrive per me costante-mente nuovi copioni. Così mi ritrovo a rispondere alla vita sempre allo stesso modo, nell’instancabile tentativo di crocifiggerla. E’ vero…”ognuno di noi sa di cosa sto parlando”. Nell’attimo in cui provo l’emozione di un’insight, dello svelamento, ecco che nel tentativo di aggrapparmi a questa speranza la sua forza rigeneratrice si disperde. Tuttavia la fiamma è accesa, va protetta giorno per giorno in modo che diventi sempre più viva. Così che illumini finalmente quella notte oscura che sembra non finire mai. Questo spiraglio verso la liberazione è accuratamente camuffato, da qualcosa che W. Reich ha definito “la peste emozionale dell’uomo”, l'”evasività” umana nei confronti della Vita vivente. Nel suo libro “L’assassinio di Cristo” dice…”cinquant’anni di tecnologia, più duecento cinquant’anni di scienza naturale hanno portato l’uomo dalla carrozza a cavallo ai missili. Ottomila anni dedicati ai gravi problemi della natura umana non hanno avvicinato l’uomo di un millimetro alla comprensione di se stesso”.
Grazie Francesco, solo 2 chiarimenti: quando dici “L’io umano, ciascuno di noi è Figlio di Dio.” è una potenzialità, perché alcuni, ma anche alcune parti di noi sono più figli delle tenebre che di Dio.
Come infatti dici sotto: “Nella misura in cui incarno la nuova umanità di Cristo, divento Figlio di Dio”.
Inoltre, in che senso dici che “Dio cioè non ci ha donato la libertà, perché una libertà consegnata sarebbe un controsenso”?
Grazie e ciao
In verità, in verità io vi dico:
chi ascolta la mia parola
e crede a colui che mi ha mandato,
è passato dalla morte alla vita.
(Gv 5, 24).
Da questa sorgente di fede si rinasce alla vita , dopo aver creduto di morire.
Da questa fede sono nate e nascono tutte le rivoluzioni della storia, per la libertà e la verità di ogni essere umano, figlio della creazione e del suo Creatore, unico vero potere al quale piegandosi non ti sfrutta, ma ti libera e rendere figlio erede del suo potere , creatore di mondi .
Da qui inizia ” il vero dramma di chi si dice cristiano “, come in questa preghiera di Padre Davide Maria Turoldo – che nasce da un fatto veramente avvenuto nella storia – un avvenimento che ha per protagonista Gesù salvatore, morto e resuscitato dai morti . Da qui trarre una conseguenza pratica: SI DEVE SCEGLIERE E DECIDERE SE CREDERE O NON CREDERE, pro o contro , fidarsi o restare nelle proprie tenebre credendo di poter bastare a noi stessi, con la nostra sufficienza o supponente cultura.
Preghiera
“Signore, inizia il vero dramma del cristiano
RIUSCIRE A CREDERE che tu sei risorto,
testimoniare al mondo che tu sei vivo,
l’unico tornato dal regno dei morti.
Perchè credere alla resurrezione
significa cambiare ogni cosa,
cambiare il modo di pensare, modo di vivere,
perchè diverse sono le stesse cose:
Signore, donaci di credere ! ”
Amen.
Grazie di cuore, Francesco.
Questo post bellissimo nella sua sinteticità, nella sua asciuttezza anti-retorica (o meglio, post-retorica), chiarisce la drammaticità della nostra scelta, della nostra attitudine in ogni minuto, in ogni secondo del nostro tempo di vita. E’ resa finalmente chiarissima la natura dell’opposizione che Cristo si trova di fronte, la conosco bene: è nella mia carne e nelle mie viscere, ogni volta che cerco di “non vivere”, di ritrarmi indietro (paradossalmente, ma non troppo, molte volte con tante giustificazioni “morali” o “cristiane”).
E’ un’opposizione gigantesca, misteriosamente gigantesca. Verrebbe da disperare a volte se non ci fosse la rassicurazione che le forze del bene – del vivere – hanno vinto: e possiamo invocarle.
Capisco ancora meglio la frase di Giussani, “L’unica condizione per essere sempre e veramente religiosi, cioè uomini , è vivere sempre intensamente il reale.” In fondo, mi pare che nel post – e nei significativi brani finali – si parli di questo.
“Se vivo allora accade. Altrimenti non succede nulla. È matematico.”
Averlo di nuovo capito è già un soffio d’aria pura.
Grazie Francesco per questa chiara visione delle cose. Ed ora il mio intento è che rendermi conto di quanto dici mi faccia stare bene e mi dia la spinta per evolvere, piuttosto che farmi fermare dal senso di colpa, dalla paura, dalla pigrizia.
Caro Dario,
diciamo che la mia vuole
essere anche una provocazione.
Mi sembra infatti che abbiamo
troppo insistito, come cristiani,
nel porre l’accento su ciò che Dio
ci dona, come se fosse qualcosa
di esterno a noi, nei confronti
del quale ci troveremmo
in un rapporto di sudditanza.
Dio si è incarnato come uomo.
La libertà, l’essenza divina
che siamo non ci è stata
perciò elargita, perché altrimenti
dipenderebbe da un’entità esterna.
Sarebbe una libertà condizionata.
Invece siamo della stessa sostanza
del Padre, e perciò liberi in quanto figli.
Un caro saluto
Francesco
Caro Francesco,
grazie per il tuo chiarimento,
un caro saluto anche a te.
La tua riflessione, Francesco, si dimostra vera perchè si sente che l’hai passata al vaglio della tua vita, l’hai incarnata.
La prima volta che ho letto sono rimasto stupefatto di come mi risuonavano nuove le tue parole: la novità è al tempo stesso nel tuo dire e nel mio sentire, perchè è vita, vissuta e non schiacciata.
Quando ci si fa canali aperti, come fai tu, lo Spirito scorre scintillante e variegato in ciascuno di noi.
“Non vogliamo morire e perciò moriamo ogni giorno”. “Siamo omicidi della nostra vita”.
Hai favorito la confessione a cuore nudo di Castellani, in cui mi ritrovo.
Allargando lo sguardo all’umanità concordo che questo momento storico è manifestazione apocalittica della Pasqua.
L’umanità sta ancora resistendo all’ascolto e alla conversione e tratta a calci non solo il suo ecosistema ma anche il mondo spirituale che la sostiene: anche se ancora non l’ha ben chiaro, ha fame di “resurrezione”.
Devo ascoltare, quindi convertirmi, quindi essere me stesso: per poter vivere, e vivendo salvarmi.
” Se vivo allora accade. Altrimenti non succede nulla. E’ matematico”
Grazie di cuore, GianCarlo
Grazie Giancarlo,
in questo cammino
sto imparando che la relazione
con Dio è una corrente alternata.
La fede è sempre un bene scarso,
precario, che spesso sembra
svanire e cancellarsi.
E quanto più ti apri
nella tua verità
tanto più ti si dona.
E ci aiutiamo assieme.
Un abbraccio
Francesco