La metamorfosi: perché ci trasformiamo in scarafaggi (e come guarirne)

Commenti

  1. Shiann Mun Lou dice

    –LA METAMORFOSI:
    -È Possibile Trasformare (Il Proprio Fango IN ORO CIOÈ TRASFORMARE)/SE STESSI (L’Amore È Una Forma DI CONOSCENZA)..”LA MIA STESSA MENTE (Si Trova Infatti Sia Dentro Che Fuori” DI SE’)-

  2. Grazie Andrea per queste righe. Le ho lette e rilette e mi ci sono rispecchiata in pieno. Quanto difficile tuttavia il percorso per uscire dalla dimensione descritta !

  3. Bellissimo testo! e ottimo strumento per interpretare la nostra società …. Radio Tre organizzò nel 2015 sette puntate sulle Metamorfosi, e io intervenni nell’ultima, la settima, dal minuto 13 in poi…. troverai molte cose simili…. ciao. Marco http://www.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-744a0946-134a-45d5-b9ce-a9c59049aef7.html

  4. Andrea Bellaroto dice

    Grazie a te, Anna. Sì, ho scritto questo testo proprio perché sentivo che la lettura del libro di Kafka mi aveva profondamente toccato, mettendo in luce una verità che per quanto dolorosa (per l’ego) può essere l’inizio di un bel cammino di crescita. Il Novecento è stato veramente impietoso, da questo punto di vista, verso tutte le maschere, scagliandosi con una potenza distruttiva e con una durezza contro ogni cosa, e portando la critica verso esiti a volte nihilistici. Ci vuole forza per affrontarlo accettando tutti i giusti smascheramenti e lucidità estrema per discernere i limiti di questa critica e andare oltre. È esattamente come nel nostro percorso di conversione e realizzazione!

    Grazie, caro Marco! Pensa che avevo trovato e ascoltato questo tuo intervento ancora prima di leggere il libro. Ovviamente mi ci sono ritrovato. Ci vuole una nuova critica e un nuovo uso di questi testi fondamentali.

  5. Rosanna Sacchetto dice

    Grazie Andrea è la lotta che sto combattendo da tempo, sgominare le maschere radicate da troppo tempo è difficile e doloroso ma la perseveranza e l’abbandono del nostro percorso mi aiuta e leggere le tue parole mi conforta un abbraccio

  6. Elisabetta dice

    Grazoe del testo interpretato e fatto calare nella realtà dell’ uomo che non ” sente ” più se stesso se non che in virtù dei bisogni altrui . Triste come triste fu Kafka. VORREI rivolgermi al bambino che è in noi con un ‘ immagine diversa anche dello stesso insetto nella realtà delle scienze naturali , per quanto piccolo ed apparentemente insignificante l insetto collabora alla fecondazione dei fiori, al trasporto del polline, alla vita dei pesci e delle rane, protegge dai patogeni le piante . DUNQUE anche l’ umano e pesante smarrimento che talvolta ci annichilisce può celare nella Grazia di uno Spirito che guarisce, la bellezza della metamorfosi ….E dunque in una visione colma di forza e fede , la trasforma zione da bruchi a farfalle !

  7. Elisabetfa dice

    Concludo con un secondo commento. Riconoscermi nel dramma Kafkiano mi strazia l’anima, forse alcune sfumature del vivere fraterno ed in genere della vita affettiva andrebbero scoperte e trasmesse in quei momenti cruciali dell infanzia e dell’ adolescenza …ma spesso non accade . Allora mj appare la metamorfosi come un passaggio obbligato per me e per molti , un inevitabile sentirsi sconfitti ed annullati per poi togliersi la vecchia forma costruita innaturalmente e rinascere scoprendosi ” liberi di amare” per – donarsi ….come spesso il cuore insegna ! Donarsi libera-mente .

  8. “vorremmo difenderci dal senso di inadeguatezza e di rifiuto che sentiamo dentro, da quella ferita cocente che ci fa sentire perennemente inadeguati o colpevoli , come se dovessimo cercare di meritarci l’amore e l’accettazione degli altri cercando di compiacerli e aiutarli.”

    Molto lucida ed efficace questa descrizione; la sento davvero reale, sulla mia pelle. Nel passato – e in parte minore oggi, in certi dolorosi riverberi – ho sofferto in modo lancinante, preso e perso in questo meccanismo, dal quale non scorgevo alcuna porta di uscita, ma la cercavo. Il superamento di questa condizione, capisco, esige in primo luogo la “fede”: letteralmente, credere che questa liberazione sia possibile, prima di tutto.

    Ogni cammino di liberazione consapevole e concreto, che non nasconde le difficoltà ma indica una strada, ogni cammino cioè come Darsi Pace, è una benedizione, in questo senso. Il passo più difficile, ma estremamente liberante, è credere che la liberazione sia possibile. “Dobbiamo decidere di guarire”, dice Marco. Ogni giorno, decidere. Di nuovo.

    Dirsi, confessare e confessarsi questo: sì, sono malato, ma posso guarire.

    Ecco, l’opera. Anzi, l’Opera.

    Grazie.

  9. Parole forti e sintesi perfetta di quello che succede al nostro piccolo ma incallito ego che vuole piacere a tutti i costi senza sapere… a quale prezzo ! Facciamo quasi tenerezza x come ci tiriamo addosso cose terribili per avere solo delle briciole…

    Indubbiamente la metamorfosi in ognuno di noi è un sentiero obbligato. E questo rende appena meno doloroso entrare nella sola via d’uscita della conversione del cuore e della mente, con tutto quello che queste parole sottintendono.

    Nel percorso ci sono, poi, degli spazi di verde illuminato che la vita non ci nega mai, Darsi Pace ad esempio.

    Ve ne sono grata, così possiamo vedere l’aspetto buono dello scarafaggio…

    grazie ad Elisabetta, Andrea, Marco… e tutti quelli che condividono l’Opera .

  10. Angela Plaisant dice

    Grazie Andrea per questa interpretazione a cui non avevo pensato. Mi ha colpito il fatto di vedere la stessa immagine che ho scelto per i miei studenti che quest’anno faranno la maturità. Abbiamo affrontato il testo kafkiano ma questa visione così incarnata del nostro percorso, del percorso dell’essere umano mi pare fondamentale da trasmettere. Ho sempre pensato che la trasformazione di Gregor in “Ungeziefer”che non è precisamente uno scarafaggio ma un insetto dipendesse dal rapporto problematico che Kafka aveva col padre che aveva definito “insetto” un suo collaboratore. Dal padre dunque, dal rapporto con quest’uomo che non amava il figlio, che lo faceva sentire un “inetto” nasceva secondo me e secondo le interpretazioni che leggevo quel senso di inadeguatezza e di solitudine che traspare dal racconto delle vicende di Gregor. Ma la tua visione è più profonda, il disgusto che nasce dall’insopportabilità di portare una maschera che deve inesorabilmente esplodere distruggendo la vita di un intera famiglia. Ma è una vita ordinaria e completamnte ego-centrata. Ho sempre pensato che in questo racconto ci fosse un ribaltamento emotivo e sentimentale. Mi pareva che man mano che Gregor prendeva coscienza della sua nuova forma, molto bello il momento in cui scopre il gioco, diventasse più “umano” e proprio al culmine di questo processo si lascaiasse morire in un gesto di estremo altruismo. La sua morte libera la sua famiglia dal peso del mostro. Kakfa conclude il racconto con una gita in cui si parla allegramente del futuro di Grete, Eppure questo senso di leggerezza, questo gioire della morte di Gregor, quest’indifferenza alla sua solitudine mi sembravano così ingiuste. In fondo mi ero affezionata al povero Gregor. ma questa tua interpretazione mi ha indotto a pensare diversamente. Gregor sceglie di morire, è consapevole che la sua vita mostruosa deve andare incontro alla morte, noi dobbiamo scegliere consapevolmente di morire sia come maschere che come ombre. E’ doppia la morte di Gregor, lui muore due volte e forse le ha scelte entrambe. L’insetto orribile è capace di pensieri più profondi del commesso viaggiatore e secondo me in questa morte rivela la sua vera umanità.

  11. Andrea Bellaroto dice

    Cara Angela, che bello affrontare questo testo al liceo! E’ molto difficile, ma sicuramente può tirare fuori tante emozioni e esperienze vissute.
    Ho letto la lettera al padre e capisco a cosa ti riferisci sull’interpretazione dell’immagine dell’insetto. Kafka sicuramente rielabora moltissimo la sua esperienza esistenziale nei suoi romanzi (anche il personaggio “K.” del Processo non potrebbe essere lui stesso – K. come Kafka – proiettato in una realtà immaginaria?) però credo che il personaggio Gregor Samsa e l’uomo reale Franz Kafka non siano del tutto sovrapponibili, e che comunque la Metamorfosi abbia un valore profetico che va ben oltre la biografia dell’autore: arriva a prefigurare un processo di emersione dell’ombra che nel 1912 era appena iniziato!
    Per quanto riguarda la morte dell’insetto, che ristabilisce un’apparente serenità nella famiglia, io la vedo così: mi sembra come una di quelle fantasie della nostra parte disperata che pensa che morendo e levandosi dai piedi farà finalmente felici gli altri (da cui si sente odiata) e finirà di soffrire. Mi sembra che questo pensiero sia alla base di molti comportamenti autolesionistici e di tante tendenze suicidarie, specialmente di giovani che non riescono a vivere la metanorfosi positivamente, ma in reltà è sempre un pensiero che nasce da un profondissimo disprezzo di sé e forse inconsciamente da un desiderio di vendetta verso chi ci ha feriti (se mi ammazzerò ti farò finalmente soffrire e ti punirò per tutto il male che mi hai fatto).
    Insomma, la morte dell’insetto a me pare solo il fondo di una spirale discendente, di un circolo vizioso di autodistruzione. Il problema è: come vivere la metamorfosi senza autodistruggersi?
    Vedo che hai tantissimi spunti di riflessione per le tue lezioni! Auguri!
    Andrea

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