Purtroppo ogni mattina
mi sveglio
è ovvio, sto già incominciando a odiare
un po’ il mondo.
La luce mi nuoce
c’ho male alle ossa
tra l’altro
ho la pressione bassa.
(..)C’ho l’ansia. C’ho l’ansia. C’ho l’ansia. C’ho l’ansia.
C’ho anche un sacco di cose arretrate
devo fare di tutto
quasi quasi la cosa migliore
è tornarsene a letto.
Giorgio Gaber, “Pressione bassa”
I.
L’ansia è una di quelle cose con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, ma che non sappiamo bene cosa sia. Ci svegliamo, magari siamo in vacanza, ma comunque “siamo in ansia”, proiettati immediatamente nelle cose da fare durante la giornata.
Essere-in-ansia è una condizione sempre più comune, tanto da divenire una delle patologie più diffuse nelle forme acute dell’attacco di panico, delle sindromi da stress, esaurimento nervoso e nelle depressioni.
L’ansia ci ricorda che la sfera integrale del nostro esserci è molto più complessa e profonda di quanto possiamo immaginare. Per la nostra epoca è dotato di realtà solo ciò che è misurabile, ovvero ciò che può essere manipolato e controllato dalla ragione calcolante. L’economia e la tecnologia sono dunque le vere teologie del nostro tempo, assieme alla pubblicità, che funge quasi da collante fra queste due sfere interconnesse.
Tuttavia, nonostante, o forse proprio per questo, ovvero per il fatto di essere nell’epoca storica in cui tutto è subito disponibile, “a portata di click”, in cui in meno di un giorno possiamo avere qualsiasi cosa a casa tramite internet, siamo comunque in preda all’ansia. Siamo, da questo punto di vista, una società in “burnout”, una società della stanchezza, come dice Byung Chul-Han.
Il fatto che esista qualcosa che non possiamo controllare, prevedere, che ci supera e che non possiamo contenere, ci manda in ansia.
II.
Vorrei cercare di entrare brevemente dentro l’ansia, di sentirla, di lasciarla parlare, di darle un’immagine e una forma, perché forse ha qualcosa di importante da dirci.
In un bell’articolo su Internazionale[1], è scritto quanto segue:
“L’ansia è una condizione di disagio psicologico. Ed è una condizione ambientale: si riferisce a una indistinta, ma pressante, sensazione di allarme. C’è dentro preoccupazione, paura, la tensione fisiologica del corpo che, in vista di un potenziale pericolo, si prepara ad attivare la reazione di attacco o fuga.
David Spiegel, docente di psichiatria alla Stanford University, dice che tra ansia e stress c’è una differenza fondamentale: mentre lo stress è riferito a un fatto specifico, ed è associato a nervosismo e frustrazione, l’ansia è riferita a una più generale situazione di vulnerabilità”.
In questa citazione ci sono due indicazioni importanti:
- L’ansia è collegata ad una sensazione pressante e indistinta di
- Non ha un contenuto specifico, un oggetto definito, ma è riferita a una situazione/percezione di vulnerabilità.
È un cane che si morde la coda: la vulnerabilità produce allarme, che a sua volta produce ansia, la quale produce vulnerabilità
L’articolo prosegue:
“L’ansia è uno stile di vita per le nuove generazioni. In un mondo insicuro, è una sorpresa? Copland elenca una serie di cause possibili: insicurezza del lavoro, difficoltà di trovare una casa, instabilità dell’economia e del reddito individuale, cambiamento climatico. Aggiunge che diverse ricerche evidenziano come l’insicurezza (sul lavoro o la casa, per esempio) sia ancor peggiore, in termini di ansia generata, di una perdita reale.
A pensarci bene, la cosa ha un senso: se qualcosa di brutto capita effettivamente, ci si può attivare per reagire. Ma il permanente timore che qualcosa di brutto possa capitare è più difficile da gestire”.
III.
Heidegger, da un punto di vista filosofico, ci dà un’altra indicazione importante, in quanto ci ricorda che:
«L’Esserci trova “se stesso” innanzi tutto in ciò che sta facendo, in ciò di cui ha bisogno, in ciò che si aspetta, in ciò che evita, cioè nell’utilizzabile intramondano di cui innanzi tutto si prende cura».
L’essere umano, sta dicendo Heidegger, è innanzitutto presso le cose del mondo. Dal primo minuto in cui si sveglia, fino all’ultimo in cui va a dormire, è pre-occupato dalle varie faccende della sua vita. L’ansia è cioè la dimensione dell’essere-preoccupati-costantemente-dal mondo in quanto fonte costante di allarme.
Il doversi occupare costantemente del mondo, la necessità sempre impellente di prendersi in carico delle varie cose con cui abbiamo a che fare, è un primo sguardo sull’ansia come condizione esistenziale.
Ma perché siamo-in-ansia? Il semplice occuparci della vita di per sé non la produce. Siamo in ansia perché abbiamo paura di perdere la nostra vita.
Abbiamo paura di non farcela. Abbiamo paura che se non ci occupassimo del mondo, questo ci potrebbe crollare addosso.
Abbiamo paura che il mondo ci crolli addosso. Ecco che l’ansia inizia a risuonare, abbiamo toccato un punto caldo.
IV.
Ecco perché Gesù, che conosceva bene l’ansia dei suoi contemporanei, e quanto fosse decisiva per la loro salvezza, innanzitutto psichica, dice:
“Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”. (Mt, 16,25)
“Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?” (Mt 6,24)
Che cosa sta dicendo Gesù? Che il nostro patologico preoccuparci di ciò che è al servizio della vita, invece che della vita stessa come mistero che rimanda a Dio, è la fonte della nostra perdizione, ovvero dell’essere smarriti.
L’ansia cioè è lo stato di ossessiva concentrazione sulle cose del mondo, nel quale dimentichiamo la dimensione più ampia del nostro essere nel mondo in quanto tale.
L’ansia è un effetto del nostro esserci scordati che siamo un mistero.
È il mistero che richiama a sé, perché invece di essere nella tensione rigenerante di apertura con l’assoluto, stiamo a domandarci quante scatolette di tonno abbiamo in frigo. Per carità, niente di male, basta che non diventi uno stato abituale, che lentamente ci toglie energie, e potrebbe portarci a sprecare molte possibilità.
V.
Per concludere, vorrei dire quanto segue. L’ansia è negativa nella misura in cui chiude la nostra coscienza, nella identificazione ossessivo-compulsiva verso gli oggetti e le cose da fare e le relazioni da mantenere. È patologica quando i fattori di stress superano le nostre risorse.
Paradossalmente l’ansia diviene positiva nella misura in cui si fa qualitativamente più profonda. L’ansia è un allarme rispetto a una condizione di incertezza, che comunque chiede una nostra risposta. L’ansia chiede una nostra risposta. Ma questa assunzione di responsabilità è realmente efficace solamente all’interno di un nostro divenire consuonanti con il mistero dell’eterno che ora illumina l’essere. L’ansia è terapeutica nella misura in cui viene lasciata decantare, in cui ci riporta nel grembo della nostra verità, lasciandoci, dopo averla attraversata, in uno stato sereno di attiva vigilanza.
La meditazione, così come il lavoro psicologico, non servono a scacciare l’ansia, ma a starci dentro. Consentirci di essere veramente dentro l’ansia, di sentire la sua tensione nervosa nello sterno, e di non proiettarla all’esterno, nelle fibre muscolari, nelle gambe, nella relazione costante con il mondo, è l’unico modo per accoglierla nello spazio più dilatato della con-sapevolezza.
Imparare a respirare, a stare con l’ansia senza ansia, a stare nell’ansito del mare come dice un verso di Marco Guzzi, è allora una pratica salutare che ci apre ad un modo di essere nel mondo diverso, molto più libero.
E allora anche questo sistema, che si fonda sull’instillare quotidianamente dosi di ansia crescente, in modo da renderci vulnerabili e schizofrenici, e quindi facili prede del mercato globale, avrà molta meno forza.
L’ansia insomma, tutte le volte che viene, è un ospite prezioso, dal quale possiamo trarre grandi insegnamenti. L’età dell’ansia potrebbe essere l’età in cui finalmente impariamo ad ascoltare noi stessi, a lavorare su di noi, e quindi a liberarci di pesi secolari che opprimono la nostra anima.
E a procreare una realtà completamente nuova.
[1] https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2017/11/27/eta-ansia
che grande verità……..Grazie
Un chicco di grano si trovò dentro una gran fragore , tutt’attorno , con altri chicchi di grano che gli saltellavano addosso, in modo assurdo . Ma dove sono? Cosa succede qui? Dov’è la mia spiga in cui stavo comodo a maturarmi al sole ? Qualcuno gli rispose che erano dentro una mulino e che stavano per essere triturati , ma non temere gli disse quella voce tra il rumore dei rulli, diventeremo tutti buona farina. Così, quel chicco di grano che si era posto la domanda, affidato a quel messaggio salvifico, si calmò pensando a quante cose buone , quella farina, avrebbe donato al mondo.
E’ una storiella messianica, con la quale mi sono svegliato stamattina, a me piace, perchè in quel chicco di grano mi ci vedo, sempre spaventato del mondo che può cadermi addosso, nonostante i miei sforzi per tenerlo in piedi, cosa possibile, lavoro utile, quello della sopravvivenza, per portare alla consumazione le nostre vite biologiche, con dignità, ma solo quando si trova un senso, come Cristo Singnore della Vita ce lo dà: stiamo costruendo, nella nostra ansia, il mondo che verrà, una fatica utile, da vivere con serentià, come la saggezza della vita, lei lo sa.
Buona vita.
Ivano
Quanta ansia!!!!
Quando lavoravo l’attribuivo al ritmo incalzante delle tante cose da fare, ora sono in pensione,….ma l’ansia non scompare, anzi aumenta!
Si, caro Francesco, perchè sto sperimentando, ed è vero, tutto quanto preziosamente da te scritto/riportato!
La mia ansia/precarietà scaturisce fondamentalmente dalla paura di dovere crescere, di dover affrontare il mondo – nemico/ostile- da sola, di dovermi differenziare, per essa totalmente me stessa e, affrontando la terribile angoscia di separazione, da quell’ Uno, prima, da mia madre successivamente, che mi davano amore e sicurezza!
E proprio ora che ho più tempo e la fortuna di poter stare con le mie emozioni, sperimento che l’unica via di uscita è proprio “lo starci dentro” confidando nell’aiuto dello Spirito che la illumina e la trasforma in Forza/Vita!
Un grazie e un abbraccio Maria Rosaria
Grazie dei commenti e delle risonanze.
Conoscere i moti della nostra anima
è un lavoro serio, umile, terribile
ed entusiasmante.
Condividerne le esperienze
arricchisce la nostra percezione.
Grazie
Francesco
Delle volte l’ansia si manifesta nel perfezionismo. A tal proposito vorrei far notare che il tonno non va in frigo.
Non sei stanca, anima mia, del tuo penoso, inutile sforzo di sfuggire al dolore che ti avvolge nella sua oscurità? Non senti come pesa l’ombra che ti trascini appresso? Più la sfuggi, più quella si fa spessa e greve e dappresso l’angoscia t’incalza.
Guarda: c’è una panchina verde laggiù. Sedetevi lì, tu e quell’ombra: una accanto all’altra, anche senza parole, come per caso sfiorandovi le mani, e abbiate riposo e un po’ di pace.