INIZIARE A VIVERE
(DA ORA)

Commenti

  1. Sergio Fabbri dice

    Caro Francesco,
    stasera avevo deciso di scrivere in questo spazio anziché meditare. Non so perché. O meglio: avevo deciso di scrivere qui come se stessi… meditando. E’ possibile? Non so. Ma è che durante quei brevi attraversamenti di inauditi stati di grazia provati (raramente) durante le meditazioni, talvolta mi è sembrato di intuire che meditare non dovrebbe essere una pausa, una medicina da prendere due volte al giorno o secondo prescrizione medica, bensì qualcosa che dovrebbe diventare la nostra vita in toto. Insomma, per farla breve, è così che preda di uno stato simile di “euforia” sono incappato nel tuo intervento…
    E ho fatto subito un salutare errore: non ho potuto leggere in sequenza il tuo scritto, in bell’ordine, perché contiene moltissime idee, moltissimi spunti. Mi sono messo a saltare avanti e indietro come un ranocchio per capire o carpire la frase e l’espressione più attraenti, più coinvolgenti per me… E’ la stessa cosa che fa il pensiero quando tentiamo il rilassamento, l’abbandono, la rinuncia agli attaccamenti, il morire alle separazioni, giusto? Saltare di palo in frasca nell’attesa di…
    Così, ho fatto qualche respiro più profondo, mi sono calmato (ma l’agitazione era più di cuore che d’intelletto) e ho pensato che fosse un’impresa immane cogliere il senso profondo di ogni riga o di ogni citazione, perché su ciascuna di esse ci sarebbe da scrivere un saggio (se ne avessi le capacità) o dialogare con te fino alla notte dei tempi, se ne avessimo il tempo…
    Nelle meditazioni che faccio (normalmente con mia moglie, ma stasera è fuori e da qui la trasgressione!), il momento per me più piacevole è lo “stato di presenza”. Ecco allora che, decidendo di lasciarmi ispirare, aspetto le parole “magiche” o quei pensieri che, comunque, sono scatenanti e trascinanti. E non sto a chiederti quelle cose che mi frullano da tanto tempo e che sono in qualche modo presenti più o meno sotterraneamente nelle tue stesse parole. Per esempio: E’ possibile parlare di scienza oggi senza essere linguisticamente succubi dei paradigmi scientifici di ieri, quindi alla mercé di strumenti necessariamente frutto di un io altro che egoico e altro che bellico? E’ possibile in assoluto parlare di qualunque cosa senza essere metafisici? E’ possibile esprimere un concetto animico rinunciando alla grammatica giudicante del verbo essere? Eccetera eccetera…
    Niente di tutto questo. Stato presenza, invece: leggere le tue parole senza giudizio, Francesco, aspettando che il battito cardiaco si acquieti, cogliendo la chiamata là dove essa si palesa, si fa avanti… E mi sono fermato prima delle frasi finali, dove in un certo qual modo si annidano le tue risposte. Ma siccome io personalmente le trovo al momento, per me personalmente, troppo… risolutive, troppo delineate, ecco che sono attirato più in alto, dove il magma è ancora non solidificato, dove l’incertezza resta più umile proprio perché senza àncore di salvezza: «(…) un ascolto vigile della trasformazione costante dei processi che si plasmano nel momento stesso in cui accadono. La realtà stessa è un processo creativo e inafferrabile concettualmente, in cui noi siamo coinvolti.»
    Lì mi sono rispecchiato! Perché mi intrigano molto, emotivamente parlando, la sensazione che tutto nel momento stesso in cui accade si trasforma e si è già trasformato, la percezione che vivere sia “semplicemente” un processo creativo e la verità qualcosa di inafferrabile e che, infine, al di là di tutto, di qualunque credo o teoria, ciò che conta è appunto essere “coinvolti” o, per dirla con Heidegger, “esserci”.
    E la mia meditazione finisce qui. Grazie.
    Sergio

  2. Maria Carla dice

    Calma ragazzi …un bel respiro…atterriamo !
    Personalmente (e non per arrivare a un ‘dunque’ a tutti i costi) sento di essere d’ accordo con la parte finale del commento di Sergio, cioè di essere “attirata” la’ dove si dice che la realtà stessa è un processo creativo e inafferrabile concettualmente, in cui noi siamo coinvolti”…ci siamo!
    Ne sono attirata perché sento che mai niente a questo punto puo’ essere dato per scontato…ma un po’ mi spaventa perché il desiderio/bisogno di avere una terra ‘sicura’ sotto i piedi si fa sentire, intriso com’ è da un’angoscia del vuoto strisciante e sempre presente !!!
    Ma forse è proprio in questa sfida funambolica che si decide il nostro “esserci” !
    Grazie a Francesco e un saluto a tutti, mcarla

  3. giancarlo salvoldi dice

    Francesco dice: “Ascolto vigile della trasformazione dei processi che si plasmano mentre accadono”.
    Nel post di Iside avevo letto: “L’ascolto di sè è il terreno di coltura per imparare l’ascolto dell’altro”.
    Prima del mio percorso iniziatico pensavo addirittura che era mio dovere grave tacitare l’ascolto di me, perchè nella mia educazione cattolica questo era egoismo e nella militanza di sinistra non serviva alla liberazione degli oppressi.
    Dovevo annichilire me stesso e mettere al primo posto la politica.
    Per fortuna ho scoperto, seppure tardi, che negare me era la via più sicura per rendere irrilevante me stesso e il messaggio messianico, e di conseguenza rendere inefficace la politica che è buona solo se ha una fonte cui attingere.
    Infatti essa non è autosufficiente, come magistralmente ha dimostrato Benedetto XVI nel discorso di Westminster.
    Quindi per i praticanti di DarsiPace essa non può essere la priorità.
    Chi tiene molto all’impegno politico deve mettere la politica al suo posto, cioè in un ruolo importante ma secondario
    ( e non solo nella realtà oggettiva ma, soprattutto, nella propria mente e nel proprio cuore).
    Perciò, siccome tutti i sondaggi prevedono che a giorni lo sconvolgimento del quadro politico italiano farà un salto di qualità perchè Salvini espugnerà l’Umbria, io spero che chi di noi è del PD o di M5S o di LEU, non si disperi, e che chi è leghista non si esalti: i risultati elettorali sono fenomeni importanti ma sono movimenti superficiali e passeggeri.
    Esempio: Chi si ricorda del Presidente Goria? Chi si ricorderà del governo giallo-verde o di quello giallo-rosso?
    Darsipace lavora in profondità e per le generazioni dei secoli futuri: non guardiamo alle elezioni ma agli eoni.
    Il 27 per me è importante sì, ma perchè c’è il secondo incontro della prima annualità nel XX° di DarsiPace.
    Un caro saluto a tutti, GianCarlo

  4. Vorrei rispondere giusto due righe all’intervento di Sergio (non certo perché il post di Francesco non meriterebbe anch’esso tutta l’attenzione possibile, e spero infatti di tornarci) ma perché in una certa misura interpella proprio la “mission” del gruppo AltraScienza. Segnatamente, quando scrive “E’ possibile parlare di scienza oggi senza essere linguisticamente succubi dei paradigmi scientifici di ieri, quindi alla mercé di strumenti necessariamente frutto di un io altro che egoico e altro che bellico?”

    La prima cosa che direi, è possibile anche se non è certo facile. Ma di più, è possibile ed è diventato necessario: lo diventa ogni giorno di più. Ogni giorno che passa, ogni minuto che trascorre, parlare di scienza con i paradigmi di ieri risulta insensato, e come tale insopportabile per l’uomo in cerca di significato, in ogni cosa che vive. Guzzi in diversi libri e vari interventi ci ha spronato al lavoro di ripensare l’impresa scientifica alla luce della ricerca di un senso, per l’uomo preso nel travaglio di un “cambiamento d’epoca”, e devo dire, ci ha insegnato a leggere nella stessa scienza i segni certi di questo sconvolgimento epocale. Questo per qualsiasi scienziato “in ricerca” è qualcosa di prezioso, su cui lavorare.

    Nel gruppo AltraScienza (www.altrascienza.it) ci interroghiamo esattamente sul modo “operativo” con cui si può rispondere a questa esatta domanda, posta da Sergio in maniera molto chiara e per noi totalmente impegnativa. Non oso dire in che misura ci riusciamo, dico appena che questo è proprio il nostro focus. E grazie per averlo ricordato in maniera così stringente, diretta, onesta. Insieme, con l’aiuto di tutti, speriamo di riuscire almeno in piccola parte.

    Grazie!

  5. Sergio Fabbri dice

    Caro Marco,
    grazie delle tue considerazioni. Cerco di riassumere in poche righe il troppo che ci sarebbe da dire…
    Per pura informazione, sappi che la mia preparazione culturale è stata prettamente scientifica e che ho insegnato fisica nelle scuole superiori fino all’anno scorso (ora sono in pensione); eppure, grande è stato il (salutare) disincanto (perché tutti i disincanti sono salutari) che ho provato, sviluppato scientemente, nei riguardi della cosiddetta “scienza occidentale” in questi ultimi decenni. Sia a causa dei suoi approcci metodologico-conoscitivi che dell’uso che coloro che ne detengono in qualche modo le briglie ne fanno liberamente. Perché il dubbio centrale è se il problema risiede all’interno degli stessi paradigmi fondanti della scienza o – banalmente – nel suo uso. La risposta non è semplice: molte volte mi sono chiesto che cosa stessi realmente insegnando! E, dunque, sono curioso di vedere come ve la caverete in questa ardua impresa di “rispondere” alla domanda se un’altra scienza sia, appunto, possibile.
    Vorrei, tuttavia, consolarti-mi, dicendo che non è che gli altri settori del sapere siano messi tanto meglio. Spesso mi sono chiesto se anche le più grandi opere d’arte, le più belle cattedrali, i più bei poemi, le sinfonie più trascinanti, non siano in qualche modo da rimettere in discussione. Per non parlare della filosofia… C’è qualcosa da salvare in quei meandri, nascosto sino dalla fondazione del mondo, oppure no? Perché se tutto sommato si tratta, in questa crisi attuale, di crisi del linguaggio, beh allora… nessuno può scagliare la prima pietra contro la scienza – che perlomeno sta producendo nel suo folle progresso qualcosa di totalmente folle come la fisica quantistica…
    Insomma, se non fossimo “troppo umani”, che linguaggio parleremmo, Marco? Ma essendo, ahimé, “troppo umani”, quale linguaggio potremmo fondare?
    Ciao.

  6. Caro Sergio,
    grazie per quello che mi dici, della tua formazione e parimenti grazie per le tue considerazioni realmente interessanti.

    Immagino non sia congruo deviare troppo, nei commenti, dall’impianto del post (dopotutto dovremmo riferirci a questo) così appunto solo un paio di cose e magari rimando al sito o agli account social di AltraScienza per continuare il dialogo, se sei interessato ad approfondirlo, in una direzione o l’altra. Ricordo che c’è sempre la possibilità di aderire al gruppo per entrare nel vivo dei lavori, compatibilmente con il tempo e la preparazione specifica di ognuno.

    Ma tu dici, c’è qualcosa da salvare? E capisco la provocazione, sanissima provocazione.

    C’è infatti (penso) da riformulare da zero il modo di rapportarci al reale, di guardarlo. Fondamentalmente, di riaprirci ad un “cosmo incantato” (come si diceva tempo fa, http://www.darsipace.it/2017/12/11/un-mondo-incantato-di-nuovo/).

    Ma ci sono già segni importanti, ci precedono e ci istruiscono, ci sono cose da non dimenticare, che portano il nuovo anche in forma embrionale, lo portano e lo fanno risplendere, in modo pressoché perfetto (cioè, sporchissimo di umanità vera): la Nona sinfonia di Beethoven, la Settima di Bruckner, la Quarta di Mahler (ma anche, perché no, “Abbey Road” dei Beatles), e poi l’Ulisse di Joyce, “Sogni ricordi e riflessioni” di Jung, il Diario di Etty Hillesum.. tutto questo risplende anche oggi e anzi sopratutto oggi, perché lo iniziamo a comprendere davvero, a comprenderlo meglio.

    Questo è tutto totalmente da salvare. Anzi, è proprio questo che (collegandosi e collegandoci alla Fonte), ci salva.

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