Reimparare a fare la Storia

Commenti

  1. Ottimo scritto, caro Luca, davvero illuminante.
    Il punto è proprio questo: iperstoricizzazione/mancanza di senso storico, o se vuoi: eccesso di memoria/carenza di creatività (e siamo ancora all’Inattuale di Nietzsche sulla fecondità della storia rispetto alla vita).
    E la via di uscita dalla strettoia dell’insensatezza crescente è l’atto creativo: comprendere che la storia sta a noi di crearla, e di procrearne un senso nuovo. Un abbraccio. Marco

  2. Leggendo quanto hai scritto ad un certo punto ho pensato che “oggi l’uomo ha paura di avere paura”. Sappiamo che abbiamo paure ancestrali derivanti dalla condizione primitiva in cui abbiamo vissuto (Marco Guzzi l’ha descritta molto bene, quindi non starò qui a ripetere). È possibile che l’alienazione umana abbia potuto toccare questo impensabile picco? Il sistema sociale in cui ci troviamo a vivere sembra fare di tutto per favorire la paura della paura. Ne scaturisce una pazzia collettiva, una schizofrenica tendenza alla negazione. Credo che, paradossalmente, i più impauriti di tutti siano i Bezos, i Zuckenberg, i Gates, i Rothschild e tutti i loro servi ossequiosi che opprimono ed accumulano vagheggiando di improbabili trasferimenti su altri pianeti, dove sarebbero abitati dalla stessa medesima paura. Forse la nostra specie si riscoprirebbe più umana se le venisse consentito di lasciarsi andare a questa paura, se avessimo l’umiltà di portarla alla luce e manifestarla, anziché nasconderla. Almeno questo alla luce della mia personale esperienza. E così accarezzare la possibilità di una ri-velazione che ci abita (che mi abita) e che solo attende di essere conosciuta. Grazie

  3. giancarlo salvoldi dice

    Caro Luca,
    la storia andrebbe sottratta alle ideologie dominanti e ai dominanti vincitori delle guerre.
    Invece oggi più di prima essa viene brandita dalle élites dominanti attraverso il “politicamente corretto” che solo nel suo nome è un concentrato di relativismo e di non senso.

    I migliori oggi potrebbero provare ad essere razionali, a fare ricerca scientifica, a cercare il dato di fatto oggettivo e vero, che sarebbe già una conquista rispetto ai manipolatori e ai distorsori.

    Ma sarebbe un lavoro di scarsa utilità.
    Sarebbe come descrivere in gastronomia un piatto elaborato e gustoso con tutti i dati chimici e fisici degli ingredienti, con tutti i pesi e le misure, coi valori calorici e nutritivi, ma senza scrivere dei profumi, dei colori, del gusto, delle trasformazioni, del passaggio dallo stato quantitativo a quello qualitativo.
    Si descriverebbe una cosa morta e che non servirebbe a rendere l’idea.

    Penso che sia così anche la narrazione storica, che se si nutre solo di razionalità arida, senza le domande esistenziali di fondo circa un senso e un significato, dice poco e serve a poco.

    La storia esprime la speranza o la disperazione dello storico e dei suoi tempi: e concordo che oggi “è vietato” dare un senso e un valore alla presenza dell’uomo sulla terra, e che chi si interroga lo fa solo per dare risposte da brivido, di paura e di terrore: l’ambientalismo che ho vissuto io nelle mie battaglie sia nei movimenti che in quelle istituzionali era animato da speranza ed entusiasmo per la salvaguardia del Creato.
    Oggi vedo soprattutto culture da Radicali e nichiliste che credono e vogliono far credere che l’uomo è il “cancro del pianeta”, la causa dei mali della terra, per cui meglio i cani e i gatti.

    Questo è vero in parte, e riguarda la realtà antropica dominata dall’io egoico, ma per Grazia esiste anche un “antropocentrismo redento” che ha avuto i suoi fondatori luminosi in san Benedetto e san Francesco.

    Mi piace molto la citazione di “Scrivere il futuro” di Bauman.

    La questione è di carattere prima spirituale che razionale, e io aggiungerei che è di carattere spirituale prima che politico.

    Ti ringrazio per questo scritto illuminante,
    GianCarlo

  4. Grazie caro Luca,

    veramente molto stimolante questo tuo post.

    E dici assai bene, quando proprio in apertura, affermi che oggi (mai accaduto prima!), abbiamo una conoscenza dell’età dell’Universo e – grosso modo – della sua intera evoluzione. Tutto sembra nato 13,7 miliardi di anni fa, in un evento intrinsecamente misterioso ma fisicamente abbastanza definito, da cui tutto ha avuto origine. Il fatto stesso che si adotti come modello dominante quello del Big Bang, abbandonando i modelli stazionari (dunque, squisitamente “astorici”) per molto tempo prediletti e coltivati da tutte le persone di cultura (il cielo delle “stelle fisse”, per intenderci), ha delle implicazioni “esplosive” (perdona il gioco di parole) alle quali forse non abbiamo ancora fatto debitamente caso. Ma tant’è, affermare che vi sia stato un Big Bang vuol dire per sé stesso affermare che l’Universo ha una storia, è dentro una storia. Tutt’altro che scontato, perché per millenni si è pensato diversamente (in curiosa frizione con la narrazione biblica, se vogliamo, per la quale l’Universo ha esattamente una sua storia, che si sviluppa nel tempo, sia pur raccontata in termini che ora sappiamo, non scientifici).

    Questo insistere sulla cosmologia non paia ozioso. Come scritto nel “Tao della liberazione”, “la cosmologia condiziona profondamente la nostra concezione della realtà, ivi comprese le nostre ipotesi sulla natura stessa del cambiamento. Inoltre, le sue implicazioni per la prassi trasformativa sono fondamentali”.

    Come poi dice Louise Steinman, sempre citato nel medesimo volume, “In Occidente, non c’è più una sola Grande Storia a cui tutti crediamo che ci dica come è stato fatto il mondo, come ogni cosa è diventata quel che è, come dovremmo comportardi per mantenere l’equilibrio in cui coesistiamo con il resto del cosmo”.

    Mi sembra cogliere il punto, come del resto il tuo post. La mancanza di una Grande Storia favorisce lo spezzettarsi in miriade di rivoli di micro-storie, tutte parziali e molto specialistiche, tutte specializzate nell’eludere, in fondo, la domanda di senso che ci configura come umani.

    Forse, ritornare – ma con sensibilità moderne – a questa Grande Storia, ci potrebbe consentire, di nuovo, di sentirci uniti con l’Universo e, cosa ancora più importante, con noi stessi.

    Grazie.

  5. Ludovico Ercoli dice

    Grazie! Proprio in questi giorni comprai “Storia dell’Europa” di Benedetto Croce e ho assaporato la sua capacità di dare alla storia un sapore di illuminata libertà. Ecco, abbiamo bisogno di dirla noi la storia, di scriverla, amando.

    Un saluto

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