Motus in fine velocior: lo stringersi dei tempi nella fase finale della storia costituisce un’evidenza nelle considerazioni che Marco Guzzi ha proposto nel secondo incontro della prima annualità dei Gruppi Darsi Pace (27 ottobre 2019), e che riproponiamo in parte in questo breve video.
La consapevolezza che storia umana è sottoposta a una straordinaria accelerazione e che, approssimandosi la fine di un’era, si intensifica e si velocizza il processo di distruzione di ciò che ha richiesto millenni per essere creato (ambiente, suolo, aria e altri equilibri fisici e psichici….) dovrebbe essere un invito pressante al cambiamento e alla ricerca del senso della esistenza umana sul pianeta.
E non è vero che non riflettere su queste cose ci fa vivere più spensierati e sereni: l’esperienza dei santi, dei filosofi e degli artisti di tutti i tempi ci mostra che pensare in modo banale e superficiale accresce il dolore, mentre allargando lo sguardo e la coscienza per pensare nel profondo ci fa diventare più vitali, più creativi, e, alla fine, più felici.
Buona riflessione e, dalla fine, l’augurio di un buon inizio!
Tutto questo è un disegno divino? Dio la massima potenza ,conosce il passato ed il futuro, come la ha concepita?
Caro Pietro, come sai, noi riteniamo che un disegno certamente sussista, ma che esso sia posto nelle mani degli spiriti liberi, che Dio crea affinché il gioco della creazione non sia una sorta di meccanismo automatico, ma un mistero di relazioni reali…. ciao. Marco
E’ proprio così, che cioè allargare “lo sguardo e la coscienza per pensare nel profondo ci fa diventare più vitali, più creativi, e, alla fine, più felici”. Come scrive la redazione.
Ricordo ancora lo stupore che provavo le prime volte quando, accorgendomi di quanto fossi prigioniero dei soliti schemi e di come la “realtà” fosse (all’apparenza, in certe apparenze) orribile, mi sentivo inopinatamente più leggero, più allegro, più energico. Anche se dovevo smontare a mano a mano le più consolidate convinzioni nelle quali fino a quel momento avevo beatamente pascolato.
Non solo. Ma quanto spazio potevo creare dentro di me, man mano che buttavo via il vecchio “mobilio”, trovando così posto per oggetti dell’arredamento interiore alquanto più adatti, interessanti, coinvolgenti, luminosi!
E credo che qui stia la forza del messaggio di Marco Guzzi: dal momento che il cambiamento di me stesso diventa una mia precisa urgenza e responsabilità, e potendo al contempo notare con chiarezza gli effetti dei “ribaltamenti” più o meno significativi che hanno iniziato a scuotermi, capisco, prendo coscienza che… “tutto” può cambiare, non solo il mio piccolo cuoricino. TUTTO! Ecco che allora posso recuperare dagli scantinati polverosi dell’anima quella tensione verso l’utopia che, forse, è ciò che davvero può trascinare senza condizioni e condizionamenti il nostro spirito umano.
Trovare questo, questo giusto e necessario ingrediente di “follia”, nelle parole dei tanti pensatori odierni o anche del passato, è cosa dal mio punto di vista alquanto rara.
E se il nostro passaggio non dura che una misera manciata di nanosecondi, beh, cerchiamo di godercelo al meglio.
Sergio
Caro Marco,
è indubbiamente assai efficace la traslazione della storia dell’universo nello spazio più “comprensibile” a livello umano, di un secolo appena. Veramente ci fa capire come le cose si stiano muovendo con una furia di accelerazione impressionante. Come giustamente dici tu in apertura del video, questo lavoro di ricomprensione è possibile soltanto adesso: appunto, solo da pochissimi anni, da quando abbiamo scovato (andando a vedere le “pieghe” impercettibili dell’eco primordiale del Big Bang) questo valore, i fatidici 13,7 miliardi di anni che rappresentano l’età dell’universo.
Tutto questo tuo interessante discorso, sarebbe stato semplicemente privo di senso financo per il giovane Einstein, cresciuto nella percezione – allora incontestata dagli scienziati – di un cosmo esistente da sempre, e sempre uguale a sé stesso. Incomprensibile, per lui. E non parliamo certo di un uomo del settecento!
E’ incredibile. Ancora da bambino, ricordo come fossi sicurissimo che domande come “quanto è grande l’universo” oppure appunto “quando è nato” non appartenessero all’ambito della scienza, né vi sarebbero mai potute appartenere, semplicemente perché terribilmente refrattarie ad ogni indagine empirica.
La storia della scienza ha dimostrato, in pochissimi anni, come domande che erano rimaste – praticamente da sempre – appannaggio del mito o della religione, abbiano inaspettatamente trovato una risposta pienamente scientifica. Ovvero, falsificabile, perfezionabile, verificabile a piacere. Ha spazzato via in pochi decenni convinzioni ed architetture di pensiero (come quella dell’universo stazionario) che duravano da millenni interi, che hanno permeato il sentire di generazioni e generazioni.
Una rivoluzione più epocale, forse non è pensabile. Ed è avvenuta, praticamente, adesso.
Non i nostri nonni, non i nostri padri. Non gli antichi, o gli uomini del secolo scorso. No. Siamo esattamente NOI- voi che leggete queste righe – nel punto preciso di svolta della storia umana, nel punto esattissimo in cui l’universo si osserva e “dice qualcosa” su di sé. Prende coscienza, in un certo modo. Perché noi, perché siamo nati adesso? Viene il capogiro a cercare di capirlo, a cercare soltanto di figurarcelo.
C’è un’altra cosa, ancora più generale, che si innesta sorprendentemente bene in questa catena di evidenze. Non solo la storia dell’uomo sulla Terra è in furiosa accelerazione, ma anche, come abbiamo scoperto da pochissimi anni (e che è valso un premio Nobel, come si legge qui https://www.media.inaf.it/2011/10/04/nobel-per-la-fisica-all%E2%80%99universo-che-accelera/ per esempio), l’universo stesso è impegnato – a livello globale – in una espansione accelerata, che pare non conosce né fatica né ostacoli.
Fino a pochissimi anni fa si pensava ad un Universo in fase di rallentamento, che magari si sarebbe avviato verso una contrazione, avrebbe esaurito la spinta iniziale. I dati, come spesso accade, si sono fatti largo prima di tutto forzando la mente degli stessi scienziati, increduli di fronte a quanto stavano scoprendo essi stessi.
Una misteriosa “forza” – qualcosa che indichiamo come “energia oscura” – agisce spingendo ogni cosa lontana da ogni altra, accelerando a ritmo furibondo questa espansione già impressionante.
E dunque. Perché scopriamo solo adesso (e di conseguenza, lo”viviamo” solo adesso) il fatto che l’intero universo sia in accelerazione? Pensiamo ancora che sia casuale?
Dobbiamo proprio fare il lavoro che ci suggerisci, innestare queste considerazioni cosmologiche proprio nella percezione di vita dell’uomo di oggi, nella sua carne, nel suo respiro. Perché un cosmo che ci parla è il segno di una ritrovata tensione verso l’unità di noi stessi, è un segno – strano ma vero – di un ritorno verso la sanità mentale e l’apertura della coscienza.
Grazie.
Caro Marco, ho dei dubbi sull’aspetto dei cambiamenti climatici provocati dall’uomo, è una teoria troppo appoggiata dai grandi media.
Non vorrei che fosse utilizzata per giustificare, come altre in passato, ulteriori impoverimenti e soppressione di diritti.
Comunque, probabilmente siamo si alla fine di un grande ciclo storico. Tutto quello che normava la vita degli uomini è in crisi e sta cessando di opporsi al caos.
Spero in quello che affermi: che quando qualcosa finisce è perché sta iniziando qualcosa di nuovo.
Un caro saluto