Anche il secondo evento dell’Indispensabile, S.O.S. – Lavoro o morte?, è stato un successo!
Grazie dunque a tutti quelli che sono venuti e a chi, pur non potendo venire, ci è stato vicino con il pensiero. Quasi 200 persone hanno riempito il Monk in una domenica pomeriggio nonostante il blocco delle auto e il clima di allarme indotto dalla martellante ossessione per il coronavirus! Per che cosa sono venuti? Per che cosa eravamo lì, tutti quanti? Per parlare di come trasformare il mondo del lavoro, criticando questo sistema ingiusto e opprimente e immaginando nuovi scenari più umani, più giusti, più creativi.
Parlare del lavoro oggi è veramente rivoluzionario perché da un lato consente di smascherare questo sistema di potere quasi invisibile che continua a dominare proprio grazie a uno svuotamento di senso del lavoro e a una sua riduzione a schiavitù opprimente – mentre dall’altro è anche il luogo in cui possiamo spostare la questione su altri piani (non solo quello socio-economico) per chiederci che tipo di umanità vogliamo costruire attraverso il lavoro, quale senso avrà il lavoro per l’uomo del XXI secolo, verso dove vogliamo andare come civiltà.
L’evento è iniziato con un’introduzione di Gabriele Guzzi sul progetto #10ToSurvive che stiamo portando avanti: dieci idee per i prossimi dieci anni; dieci punti cruciali su cui elaborare un pensiero nuovo per ripartire come generazione e come umanità: la prima è appunto una nuova idea di lavoro. Diego Cianfanelli poi ha aperto il campo di riflessione parlando della precarietà, che non è solo una questione sociale ma anche una condizione esistenziale, una fragilità dalla quale dobbiamo partire per riconquistare la dignità che spesso non ci viene ancora riconosciuta. Il cuore del problema sta nell’alienazione ormai pervasiva, ha spiegato Francesco Marabotti: questa oppressione è divenuta possibile perché un’idea filosofica ha vinto e ha plasmato la nostra società. È l’idea della competizione spietata e del profitto, della riduzione di qualsiasi cosa alle logiche di un’azienda, come diceva già Foucault negli anni ‘70. Ma che cos’è il lavoro? Qual è il senso dell’opera che contribuiamo a realizzare con il nostro lavoro? Queste sono le domande che si è posta Adriana, che ha provato a rispondere anche con la sua canzone “ratti”. È evidente che bisogna scendere ancora di più nel profondo della nostra realtà esistenziale, andando oltre la critica socio-economica, per affrontare queste domande. Perciò anch’io (Andrea Bellaroto) sono intervenuto parlando di come questo “mercato del lavoro” riduca tutti noi a semplici ingranaggi, cose sostituibili, mentre dobbiamo ripartire dalla ricerca della nostra profonda vocazione umana per costruire nuove forme di lavoro e di civiltà più giste e più libere. In questa direzione anche il dialogo che Gabriele Guzzi ha guidato con Pasquale Tridico (Presidente dell’INPS) ci ha mostrato in quale situazione ci troviamo, in Italia e in Europa, nella lotta alle disuguaglianze sociali: stiamo andando nella direzione di una maggiore liberazione dell’uomo o di un suo crescente asservimento a logiche disumane? Parlando anche di misure concrete – come il Reddito di Cittadinanza, il Decreto Dignità, le proposte di salario minimo – Tridico ci ha mostrato un grande pathos sociale e una visione per il futuro che è ancora in gran parte da realizzare. La lotta per l’uguaglianza e la dignità umana deve permettere all’uomo di esprimere a fondo la propria irriducibile creatività: come ci ha ricordato Luca Cimichella infatti l’essere umano è quell’essere che si realizza attraverso una continua comprensione e realizzazione della verità, superando continuamente l’orizzonte del già dato, creando mondi nuovi. In chiusura è intervenuto Marco Guzzi, sottolineando che la rivoluzione è già presente nella creazione di nuovi linguaggi, nell’atto sovversivo di rompere il monolinguismo della cultura dominante che protegge e legittima questo sistema. Per ripartire infatti c’è bisogno di mettere insieme piani diversi: la politica e l’interiorità, il pensiero e l’azione.
Stiamo iniziando a pubblicare sul canale youtube Darsi Pace tutti i video degli interventi. Per ora trovate l’introduzione di Gabriele Guzzi, e a seguire arriveranno anche tutti gli altri. Vi invito dunque a iscrivervi al canale e a condividere i video con i vostri amici!
Aiutateci a diffondere questa novità piccola come un germoglio appena nato ma fresca e viva e carica di futuro.
Cominciavo a lavorare agli inizi degli anni settanta, avevo avuto la fortuna di studiare e di introdurmi in ambito lavorativo al termine degli studi, avevo avuto la fortuna di scegliere la professione che desideravo fare e di poterla esercitare per più di quarant’anni. La realtà sociale di allora era diversa da quella attuale, c’era fermento, voglia di cambiare, i giovani come me correvano a prendersi la vita.
Verso la metà degli anni ottanta cominciavo a respirare un altro clima sociale e a soffrire nel vedere sbriciolarsi la scuola che avevo sognato e i diritti per i quali avevo lottato. Mi mancavano gli strumenti per leggere e interpretare la trasformazione in atto standoci dentro.
Oggi urge ed è indispensabile farlo.
Ci aspetta e ci chiama un immenso lavoro interiore e storico-culturale che purifichi le parole, i concetti e li riporti al giusto significato, una rivoluzione culturale che rianimi la politica.
Servono menti lucide, nervi d’acciaio e molto coraggio per una rivoluzione culturale, come dice Bauman; per me significa diventare puri come colombe e astuti come serpenti.
A vent’anni non lo capivo, ora comprendo che astuzia e purezza di sguardo sono connesse.
Grazie Gabriele e grazie ai giovani de L’Indispensabile per farmi respirare la freschezza di un nuovo inizio che voglio vivere insieme a voi.
Giuliana
“… la rivoluzione è già presente nella creazione di nuovi linguaggi, nell’atto sovversivo di rompere il monolinguismo della cultura dominante che protegge e legittima questo sistema. Per ripartire infatti c’è bisogno di mettere insieme piani diversi: la politica e l’interiorità, il pensiero e l’azione.”
…e la poesia, e la scienza, aggiungerei alla giustissima frase di Marco. Dal linguaggio nuovo nasce la percezione di nuove possibilità, balugina la eventualità di uscire dalla gabbia, con probabilità finalmente nonzero. Grazie ragazzi, siamo con voi e partecipiamo con voi nella costruzione da zero di un inedito spaziotempo, con moto di rivoluzione (che poi è una garanzia, astronomicamente parlando), perché passando da un nuovo modo di vedere le cose, di guardare le stelle, ci vestiamo di un nuovo modo di essere uomini, di essere presenti qui ed ora. Di essere vivi.
E costruire un universo in espansione, un universo vivo.
Confesso l’imbarazzo nel non avere strumenti di confronto su questi temi.
Condivido solo alcuni desideri profondi che affiorano dalle mie inquietudini e dissipazioni.
Vorrei smonetizzare la politica, l’economia, il lavoro, l’uomo, me stesso.
Vorrei capire e far capire che l’uomo (io) non è monetizzabile, non è asservibile a nessuno, tanto meno al denaro.
Capire e far capire che “io… (come essere in cui l’Umano abita)… sono il valore!”… perché abitato dal Pensiero.
Ciò che dà valore (anche al denaro) è l’uomo… L’io.
Il denaro è solamente una intelligente rappresentazione di ciò che vuole significare, cioè…. potere.
Fino a quando ne avremo ancora bisogno?
Il potere che i soldi rappresentano… è il potere del PENSIERO, dal quale l’uomo è contattato, creato, e che solo l’uomo può ascoltare in sé stesso.
L’uomo ha inventato il denaro ed ha il potere di dare al denaro il valore che merita.
Per me Il lavoro prima di tutto, non è un problema esterno, ma interno… Io sono il luogo del lavoro! il lavoratore e il lavorato …
devo Continuamente lavorare per liberarmi di me per accogliere il Sé dicente, nella speranza di sentirmi dire nuovo.
Per questo o io divento il lavoro, od ogni mia attività, da creativa (cioè vera novità) diventerà proiettiva delle mie distorsioni e della mia alienazione, come per altro sperimento quotidianamente in me, nella mia vita.
Buon lavoro a tutti