Difficile oggi definire la comunicazione una possibilità di relazione, le nostre parole sgorgano spesso da parti di noi scisse ed alienate, si sfaldano lungo la via e arrivano distorte, depotenziate da ogni potere comunicativo, muoiono come nascono dalla parte morente, dai rigurgiti dell’ego.
Parole che s’infiltrano nelle nostre menti angosciate e convulse, come detonatori di un’esplosione che vorremo avvenisse per liberarci e di cui abbiamo paura.
Parole che non ci raggiungono, non ci informano, non ci nutrono, non ci uniscono.
Tratteniamo parole sfinite, svuotate, approssimate, confuse, parole incondivisibili e sono tante.
Ci aggrappiamo ad informazioni infondate, che convincono per un attimo quella parte di noi che resiste, vanamente abituata a sedarsi con il nulla, alimentando così la contrazione costante che ci attanaglia, la paura che diviene angoscia per un nemico invisibile.
Abbandonare l’ascolto di queste parole è già una liberazione, sospendere il pensiero, non permettere che si infiltrino nelle nostre menti, impregnandoci, non è necessario afferrarle, trattenerle, le parole necessarie sono pochissime e siamo in grado di distinguerle.
Parole che producono pensieri convulsi continui, sappiamo che tra poco svaniranno e ce ne saranno altri, parole che inducono pensieri impermanenti durano un attimo, inconsistenti senza sostanza, insoddisfacenti ci lasciano inappagati, senza aver alimentato nulla se non l’angoscia e la confusione.
Cerchiamo la verità, lei non è nella cronaca giornaliera, esercitiamo il digiuno della parola e silenziamo la mente, l’indispensabile lo vedremo e lo capiremo in un attimo…dopo.
La verità c’è già, ed è nel “già e non ancora” di ognuno di noi.
Ricordiamoci che Cristo ha elevato per noi una preghiera potente “Consacrali nella verità”…e così è.
Silenziamoci, abbandoniamoci al fluire dell’effusione dello Spirito che vive in noi e conosceremo tutto, ricorderemo tutto, progrediremo nella sapienza e nel discernimento, la lucidità aprirà squarci di verità nascoste, intuiremo la via, avremo la fortezza dell’animo, entreremo nella pace che Dio ci ha promesso, riposeremo nel palmo della Sua mano, avremo la certezza della ricapitolazione delle nostre vite e di tutta la Vita Creata.
Saremo consolati nel profondo, sostenuti e abbracciati di un amore immenso e infinito, sentiamoci uniti in questa certezza e sentiremo rifiorire la Vita in noi, un’energia vitale che ci permetterà di aiutarci e sostenerci reciprocamente.
Grazie cara Patrizia.
Stamattina ho letto con calma, varie volte,
lasciando le tue parole agire in me,
lavorando per realizzare,
almeno in minima parte,
quello che dicono.
Facendolo, adesso.
Specialmente la promessa finale,
“Saremo consolati nel profondo…”
è quel fiotto di speranza lieta
che sorpassa ogni esitazione,
bypassa ogni costrizione.
Che bella speranza indomita, saremo consolati nel profondo!
Come ci si può accontentare di sperare meno di questo?
Questa è la vera, più grande volgarità: sperare di meno…
Ci aiuti l’Amore, a non essere così volgari!
Un abbraccio.
Grazie. Le parole che hai scritto sono da salmodiare come una preghiera.
Le unisco a queste, che spesso rileggo cercando di darle stabile dimora nella mente
Questa è la Fede:
Credo che c’è un Amore che ci avvolge
da cui veniamo, verso cui andiamo
fondamento e senso della nostra vita
“Le parole necessarie sono pochissime”.
Grazie.
Riporto le parole del Vangelo: “il vostro parlare sia sì sì, no no. Tutto il resto viene dal maligno.“ San Paolo ci ricorda che è Cristo che abita in noi Pertanto nel nostro dire ricordiamo sempre: “non ego. Cristus’!”
Il passo più difficile da farsi è sempre il primo ed è forse quello di diventare consapevoli del potere della parola, della sua ambiguità, dell’essere carcere e carceriera, o espressione della vita che in noi, per suo tramite, diventa autocoscienza, manifestazione riconosciuta di verità. E poi, quale potrebbe essere il passo successivo? Forse quello della decisione di quali parole seguire, di quali farmi incarnazione e se in parole vere voglio vivere, o se preferisco quelle – quanto affascinanti – della cattività.
Leggo le tue di parole, cara Patrizia Bianco, e mi dico quanto sono belle. E poi? Quante altre volte ne ho lette di altrettanto belle, che mi sono scivolate sulla pelle e subito evaporate. Dai commenti al tuo scritto mi viene una risposta precisa. Aldo mi dice che esse sono da “salmodiare come una preghiera” e Marco Castellani mi mostra come: non basta leggerle con la sola ragione, ma bisogna averne cura e metodo, perché non evaporino sulla pelle, ma scendano in profondità. Occorre un lavoro mio, non basta la pioggia benefica, l’aiuto dell’amore. Salmodia la preghiera, fallo adesso, mi dicono Marco e Aldo; non è poi così difficile, perché le “parole necessarie sono pochissime”, mi ripete Cristina. Io sento, e per me non è poco, che queste vostre, di autrice e commentatori, sono parole buone e sane, rivolte (anche a) me, e tutti voi ringrazio.
Grazie, cara Patrizia, ho provato ad immaginare che potessimo far scorrere le tue parole come sottotitoli nello schermo della televisione durante i talk show che imperversano, e credo che anche quelli che si bevono tutto concorderebbero, e si sentirebbero sollevati.
Parole vuote confuse stanche, che esprimono il nulla sottostante.
Mi preoccupa che su La Stampa del 7 maggio anche Massimo Recalcati, dopo aver detto cose vere sulla necessità di convivere col rischio e con la paura, abbia confermato lo stato di inebetimento in cui ci troviamo.
Infatti fa appello alla politica che, ispirandosi all’arte e alla poesia, dovrebbe portarci nella fase 2 con la forza della creatività per superare la burocrazia tentacolare e le nostre vecchie abitudini mentali.
E chiede alla politica di non arrendersi alla scienza come si è già arresa all’economia e alla magistratura.
La politica sarebbe lo strumento salvifico? Ma non è quella che fa il rombo di parole vuote che tu descrivi bene?
Ma è proprio quella politica che è in confusione e genera confusione, e divisioni che “vengono dalle parti di noi scisse ed alienate” e passano dalle persone ai partiti.
Come dici noi cerchiamo la verità, perciò questo è tempo di digiuno di parole, e di silenzio.
un caro saluto, GianCarlo
Parole… Quante volte mi ritrovo a meditare sul mistero di questo strumento che, anche da solo, misura l’immensa distanza che separa l’umanità dall’animalità! Strumento potentissimo e sommamente ambiguo, come ben sa anche il diavolo, maestro nell’usarlo per generare somma ignoranza e, ultimamente, morte.
Ma qui voglio parlare del buon uso delle parole, della loro funzione di veicolo dello Spirito. “Fides ex auditu” dicevano gli antichi, intendendo con ciò il fascino misterioso di una narrazione in cui uno si ri-conosce, piuttosto che l’ascolto di argomentazioni logiche inoppugnabili a dimostrazione dell’esistenza di Dio. E ormai sappiamo anche che questa cosa misteriosa che definiamo “fascino” è sommamente dipendente dallo stato interiore di chi parla, dal fatto se lo fa “in verità” e, soprattutto, in profonda umiltà. Allora la parola è potente, contagiosa, creatrice di vita e libertà!
Per venire a noi, mi ritrovo spesso affascinato, sia dai post che dai commenti di questo blog, cui do così poco per riceverne così tanto! Vi ringrazio tutti di cuore e provo goffamente a sdebitarmi indicandovi il link di un articolo che parla ancora di…parole. http://www.simmetria.org/sezione-articoli/articoli-alfabetico/89-editoriali/1162-poni-domine-custodiam-ori-meo-di-c-lanzi
Vi saluto tutti cordialmente.
Benigno
Grazie a voi tutti per le belle condivisioni.
Un caro saluto
Ho vissuto tutti i passaggi da Lei citati nello scritto, più e più volte.
Confermo tutto.
A me piace portare tutto questo in una sintesi esperienziale nell’acqua del mare o della piscina in cui si arriva persi ed impauriti e in cui si può fare esperienza di quel sostegno amorevole di cui la vita è intrisa.
Complimenti, e grazie.
Pensavo, ma tutta quest’analisi Delle parole, questa introspezione dialettica ci fa poi Cosi bene? Non so agli altri, ma quando mi aggroviglio mentalmente non mi sento per niente bene. Il problema esiste: questa mente e’ distorta e ne siamo coscienti! Aiutiamola a rilassarsi e risparmiamole l’impossibile analisi!!!
Mi viene in mente una scena di Puerto escondido, grande film iniziatico di Salvatores, nella qual’e’ Diego abbatantuono dice a Bisio: ‘nella Vita c’e’ un problema col frigo vuoto o col frigo pieno. Il problema resta,ma e’ meglio avere il frigo pieno: ovvero aver preso coscienza della separazione.