Negli ultimi decenni stiamo assistendo a un passaggio decisivo da una società di tipo repressivo/coercitivo, centrata sulla dicotomia permesso/vietato, a una di tipo permissivo, la cui dialettica fondamentale è quella invece fra possibile e impossibile, fra funzionale e disfunzionale.
La nevrosi, intesa come conflitto fra pulsioni biologiche ed esigenze sociali, lascia il campo, fra le patologie del nostro tempo, alla depressione, quale sintomo sempre più diffuso di una costitutiva percezione di burnout e di deficit del soggetto, nei confronti dell’incremento di opportunità e di richieste del sistema.
Si illude infatti chi pensa che la fine della morale, quale forza capace di regolare i rapporti sociali, implichi l’esaurimento di ogni tipo di normatività generale. Quella che in modo più difficile da cogliere, quasi entrando nella nostra intima costituzione, vince invece come normatività in(conscia) nella società contemporanea, potremmo chiamarla individualistico/performante.
I. Il ritorno del rimosso capovolto
La nostra personalità si struttura, essenzialmente, identificandosi con delle parti di noi che sono giudicate idonee per esistere nel mondo sociale, e rinnegando tutte quelle che invece non lo sono. Nella società di tipo repressivo erano ben accetti per esempio controllo ed equilibrio interiori, coerenza, forza, resistenza, e venivano posti ai margini della coscienza l’emotività, la debolezza, il sentimento, la follia.
«Dall’epoca dell’illuminismo l’umanità ha rinnegato tutte le energie “più oscure” – la passionalità, l’irrazionalità, il misticismo, il dubbio, il paradosso – ed ha ammirato, quasi venerato, la razionalità, il distacco, l’obiettività scientifica, la chiarezza. In tal modo abbiamo negato gran parte dell’informazione che era accessibile a noi in quanto esseri umani».[1]
Per sintetizzare potremmo dire che la personalità tipica delle società repressive si strutturi attorno ad una sub-personalità, nel nostro linguaggio una “strategia difensiva”, quale è il “protettore/controllore”, costituito da perfezionismo, attivismo, criticismo e accondiscendenza:
«In effetti uno dei primi aspetti a svilupparsi nella nostra personalità è il sé che ci protegge. È come una guardia del corpo, costantemente in cerca dei pericoli che possono stare in agguato intorno a noi e dei modi per meglio salvaguardarci. Incorpora le ingiunzioni parentali e sociali, e controlla il nostro comportamento, in gran parte stabilendo un insieme di regole che esso ritiene garantiranno la nostra sicurezza e l’accettazione da parte degli altri».[2]
Le sub-personalità rinnegate e rimosse sono perciò quelle legate alla spontaneità, al principio di piacere, all’esplorazione, alla creatività, all’emotività. Ebbene nella società permissiva, la nostra, assistiamo letteralmente al processo inverso, ovvero:
I sé rinnegati divengono primari, e viceversa i sé primari vengono rinnegati.
I sé primari della società dello spettacolo sono perciò quelli della forza istintuale, dell’emotività, della passione, del dubbio, del paradosso, che così bene vengono mostrati nell’arte e nella musica contemporanea. “Vietato vietare” era lo slogan in voga nel 68’, e “We don’t need no education”, cantavano i Pink Floyd.
Bene, la mia tesi in questo articolo è che così come l’ombra rimossa agisce con più forza nelle società repressive, così la maschera rimossa sta agendo segretamente in quella permissiva.
II. La società del fitness
Quali sono perciò le parti che vengono rimosse nella nostra società? Non sono forse quelle legate alla morale, alla forza di volontà, ad una certa sobrietà, alla capacità di darsi un limite, la normalità e la noia del non raggiungere per forza risultati? Non è forse rimosso e rinnegato tutto ciò che è intelletto, capacità della mente di astrazione e di contemplazione? Non viene forse rinnegata una certa lentezza, una pazienza, e assieme la possibilità di dare un valore definitivo sulle cose? Di dire questo fa bene o fa male, questo è giusto o ingiusto?
Non ci viene mostrato forse continuamente ciò che è stravagante, insolito, alternativo, fuori dagli schemi? Non è forse sempre un puer, una ideologia dell’eterno adolescente a convincere nei vari ambiti? Non vediamo forse conduttrici, attrici e attori, soubrette, che si mostrano come vent’enni a tutta birra? Questo è un sistema perciò che ci vuole individui ma tutti uguali-nell’essere-diversi, speciali, unici e alternativi obbligandoci però al rifiuto della normalità. Tutti diversi perché in fondo tutti tremendamente uguali, ovvero costretti ad essere “unici”.
In questi anni ho visto sempre più persone “egoicizzarsi”, divenendo sempre più schiavi di una mentalità individualistica che però è quella richiesta dal sistema, introiettando come una sorta di personalità impersonale.
Sotto l’apparenza della libertà, in realtà la nostra società costringe ad aderire alla logica performante, funzionale all’instaurazione di una società neoliberale fondata sulla produzione e sul consumo totali e ubiqui.
Quel controllo, quel perfezionismo, quell’attivismo che abbiamo apparentemente rinnegato negli ultimi decenni, in realtà ritornano con più forza non più come imperativi categorici, ma come vere e proprie modalità di funzionamento della psiche. In realtà la nostra potrebbe essere tra le società più conformistiche, più assoggettate e maggiormente bigotte della storia.
III. L’integrazione è la guarigione
Quello che vedo perciò, sotto le mentite spoglie di un laissez faire etico ed educativo onnipervasivo, è il ritorno di personalità molto rigide, perfezionistiche e attivistiche. Di griglie di giudizio oggettive che valutano le performance dei lavoratori, degli insegnanti, degli alunni, dei genitori, e delle relazioni.
Di società del controllo assoluto di ogni nostro comportamento, di una normatività globale regolata da entità e organismi sovranazionali perlopiù ignote ai cittadini, che usano i mezzi di informazione in modo sapiente e capillare. Una società di profili che si scambiano carezze nel virtuale e sono incapaci di relazioni e progetti autentici e duraturi nella realtà.
La legge del desiderio infatti, della verità personale, del sentire immediato, se non è integrata in un Sé Adulto e in ascolto dell’Alterità che lo abita e lo rovescia, si richiude in se stessa, nella comunicazione lacerante di sé. È la patologia dell’ego liberato: si scopre solo e disperato, al governo di un mondo che non ha più significato, perché è stato tutto assorbito dal suo Io-Puer.
Dopo tanti decenni di critica sacrosanta del patriarcato, credo che siamo chiamati a re-integrare quelle qualità insite del nostro Sé Protettore/Controllore. Io non controllo ma guido il mio sé. La persona che vive in modo trans-egoico non rinuncia ad ogni forma di controllo-protezione, di attività/lavoro duraturo, ma a quella difensivo/distorta.
Il Sé Adulto ha in sé il Genitore/Senex e il Bambino/Puer liberati, guariti, trasformati e purificati da quelle distorsioni egoiche che li sclerotizzano. Il Sé Adulto perciò utilizza queste energie al servizio della crescita della vita, della creatività e dell’amore, in un processo costante di scoperta del mistero di Dio.
[1] Hal e Sidra Stone, Il dialogo delle voci, P.48.
[2] Ivi, p.26.
Interessanti spunti di Marabotti
http://gpcentofanti.altervista.org/domande-che-significa-rivelazione-virtualmente-piena-di-gesu/
Molto interessante questo post.
Viviamo in una società in cui tutti i nostri comportamenti sono controllati minuziosamente, una società di profili che si scambiano carezze nel virtuale e sono incapaci di relazioni e progetti autentici e duraturi nella realtà.
Sono d’accordo. Grazie Francesco
Di qua “il senso” e di là “la vita”:due beni meravigliosi quando vivono integrati.
Ma quando vivono separati e dis-integrati si distorcono e perdono tutta la loro potenza e bellezza.
Il mondo della fede ha cercato “il senso” della vita, ed il mondo della ragione ha cercato il piacere della vita.
Nella storia dell’umanità i due mondi si sono scontrati e combattuti aspramente.
Io li amo entrambi, tanto il senso quanto il piacere, ed il mio spirito ha esultato quando Guzzi ci ha fatto capire che possono essere integrati e che potevo uscire dal dilemma tra l’uno e l’altro.
Il senso mi è stato proposto nell’educazione cattolica con una morale necessaria ma distorta dal moralismo disastroso.
Il piacere che scoprivamo nelle battaglie sessantottine era sacrosanto ma poi abbiamo cancellato il trascendente per affidarci alla politica come unica speranza: ed il disastro l’abbiamo sotto gli occhi.
Buttati a mare sia la fede che l’illuminismo, col soggettivismo ed il relativismo siamo precipitati nel XX secolo delle guerre e dei totalitarismi.
Ora siamo esattamente nella situazione illustrata in questo post, invivibile e deprimente.
Il cammino iniziatico di Darsipace ci fa sperimentare che “l’integrazione è la guarigione”.
Buone ferie a tutti e poi buon lavoro nel nuovo anno iniziante.
GianCarlo
L’ effetto di questo lassaiz-faire che mi colpisce di più è quando espresso in questa frase: ” Una società di profili che si scambiano carezze nel virtuale e sono incapaci di relazioni e progetti autentici e duraturi nella realtà.”
Dal mio luogo fisico e storico-geografico di osservazione del mondo, un piccolo paesino alpino in via di spopolamento come migliaia di paesi e borghi delle Alpi e degli Appennini, verifico questa realtà tragica e ascolto il dolore interiore di questo abbandono di luoghi che lasciano ancora tracce evidenti di un passato vissuto da uomini diversi da noi, certo egoici, ma non del tutto, certo più coraggiosi e forti delle nostre anime alimentate prevalentemente dalla virtualità .
Da qui, vedo pascoli enormi, dove un tempo si nutrivano centinaia di migliaia di armenti ( non come oggi nelle stalle che producono metano e Co2) , vecchi mulini che testimoniano di campi di avena e di grano saraceno, di castagneti , di terreni terrazzati a viti e campi, dal fondo valle fino alle pendici dei monti, territori ricchi d’acque e sorgenti testimonianze di una natura ancora viva e resiliente, di sublimi opere dell’ingegno di uomini e donne, in tempi difficili ma creativi e sorprendenti, in cui piccole comunità di uomini e donne diversi da quelli oggi virtuali, erano ben consapevoli della necessità di un impegno solidale, uniti da un comune destino di dipendenza filiale dai segni delle stagioni e dalle voci sussurranti della natura.
Vedo un immane lavoro di secoli , in cui sono stati costruiti interi paeselli, in rete fisica tra loro, uniti da canti e feste a cui tutti partecipavano, nei brevi momenti di rilassamento dal lavoro, grati ai loro santi protettori, invocati sia per la salute dei loro malati che dei loro armenti.
Personalmente, conservo giovanili ricordi del passaggio da questa agricoltura di montagna, partecipata socialmente, alla vita moderna e industriale, con le illusioni della società del benessere che richiamava i contadini nelle fabbriche e nelle città, lasciando a sé stesso questo patrimonio straordinario , oggi sempre più invaso e distrutto da cinghiali a migliaia, seminati inizialmente da cacciatori criminali, ma oggi divenuti persino necessari a tutela della stessa e fondamentale idrogeologica locale e dalle loro invasioni sempre più anche urbane.
Penso a tutto questo patrimonio abbandonato e sprecato, ma che oggi potrebbe diventare motore di un nuovo sviluppo agricolo, turistico, culturale e spirituale ,come alcuni resilienti paeselli di montagna, stanno scoprendo e a cui mi sto avvicinando curioso anche della storia dei miei e nostri antichi avi.
Scopro nel loro resistere allo spopolamento, intelligenze non comuni, un sapiente uso dei mezzi tecnici oggi disponibili che eliminano le disumane fatiche del passato, ancora presente nei ricordi di chi rimane a vivere in montagna, nell’isolamento, nel silenzio , ma non in solitudine, poichè ancora in contatto con gli spiriti antichi.
Penso a progetti sociali e culturali, attraverso appositi corsi per giovani, disoccupati, migranti, sostenuti come progetti di vita possibile, da cui può sorgere quel Nuovo Umaniesimo dei piccoli paesi oggi abbandonati all’incuria e al disfacimento delle loro bellezze storiche, culturali e spirituali, che per esempio, Franco ARMINIO solitario ma relazionale poeta locale, profetizza tra quaranta anni. Serve infatti, un rilancio di vita, con una nuova Alleanza tra uomo e natura, più liberi dalle schiavitù e dalle tristezze urbane .
La speranza è particolarmente nelle giovani generazioni, come negli esempi di quei nipoti che ritornano nei campi abbandonati dai loro nonni e formano cooperative di lavoro intelligenti eco-compatibili anche economicamente, a volte di successo, anche solo per il coraggio che ti fa più uomo.
Serve risvegliare le giovani generazioni , gratificarle nella conoscenza della realtà fisica dei loro territori , attivandolo o con un sistema di Servizio Civile, integrato nei percorsi scolastici, capace di sopperire alla positività che un tempo aveva il servizio militare obbligatorio – facendo la dovuta tara alla cultura militarista , fascista, golpista degli anni 70, messa in un angolo, dalla critica anti-militarista degli obiettori di coscienza e dello spirito anti-autoritario del68.
Ovviamente proporre una nuova responsabilità collettiva alle generazioni virtuali di oggi, come un tempo lo era, pure se distorto , il servizio militare che facilitava l’incontro dei diversi mondi e culture d’Italia, non è facile, ma resta il grave compito della scuola , della politica, di un popolo intero e che dovrebbe risaltare di più anche nei social.
Vedo infatti , un grande potenziale di arricchimento culturale e spirituale, per chi si prendesse davvero cura dei propri territori e del proprio ambiente locale, a partire dall’ascolto degli insegnamenti del passato, a noi offerti come possibile redenzione e riscatto reale dell’ambiente , del clima, delle bellezze naturali, non solo dichiarato nei social ma poi rese inefficaci dal nichilismo imperante sfruttato dalla cultura distruttiva del sistema neo-liberista e neo-totalitario dominante.
Trovo pertanto utile questo post di Francesco , che mi richiama ad un risveglio dalle illusioni telematiche di un neo-liberismo che ti fa propone solo divertimenti , facili consumi e tristi piaceri , convincendoti che l’opera della mani umane non conta niente, poiché tutto sta nel riuscire a mostrarsi agli altri come soggetti strani , originali, tanti bei narcisi uno più bello dell’altro, ma vuoti di quei desideri vitali, necessitati dalla vita, che te la rendono degna di essere vissuta, avverso ogni stanca lamentela e disperanti insensatezze.
E’ davvero un tempo in cui si avverta l’assenza di uomini più veri e solidi , capaci prima di tutto di mettersi in contatto con la propria realtà, i propri vuoti, le proprie illusioni, cercare in sé la propria verità esistenziale di figli delle generazioni passate, poiché senza questa memoria… che mondo vogliamo inventare ?
Solo se ci costruiamo uomini nuovi, potremo concepire anche una nuova umanità e in questo l’opera di Darsi Pace che lavora sulla nostre trasformazioni mentali e del cuore, mi è sempre più fondamentale, anche se ormai, arriverò dove potrò.
Un caro saluto a tutti i pensanti e grazie a Francesco che mi ha ispirato queste riflessioni mattiniere.
Ivano .
Grazie Francesco, un articolo molto denso e interessante. Mi sono soffermato su queste due frasi:
“La mia tesi in questo articolo è che così come l’ombra rimossa agisce con più forza nelle società repressive, così la maschera rimossa sta agendo segretamente in quella permissiva.”
e
“In realtà la nostra potrebbe essere tra le società più conformistiche, più assoggettate e maggiormente bigotte della storia.”
Frasi molto vere. Ad esempio in Italia migliaia di persone hanno come cognome la parola “negri” e fino a qui nessun problema; ma usare quella parola riferendosi a persone di colore è diventato tabù.
Il bigottismo, il severo controllo sociale sopravvenuti in questi anni arrivano a manifestarsi anche in dettagli obbiettivamente insignificanti.
Un caro saluto
Interessante riflessione di Marabotti; condivido i sentimenti e le riflessioni di Ivano Caminada forse perchè io vivo in collina, in realtà agricola, dove mi fondo il cervello per immaginare come utilizzare le colline e i boschi in modo produttivo per ridurre la disoccupazione e inventare un nuovo stile di vita. I giovani avranno un bel lavoro per creare nuovi modi per produrre cibo.