La cultura laica, razionale e moderna, che rappresenta una delle conquiste più alte della nostra società occidentale, ha radici cristiane, cioè nasce dalle speranze messianiche di liberazione e salvezza che la tradizione ebraico-cristiana ha custodito e tramandato.
Questa affermazione, che è una delle tesi culturali più importanti nei libri di Marco Guzzi, se la leggiamo bene, è di una portata straordinaria. Finché restiamo sul piano dell’analisi storica sono molti gli autori che la sostengono. Guzzi cita per esempio Habermas, Moltmann, Vattimo, e altri. Ma se cerchiamo di tradurla in conseguenze pratiche e in una visione concreta per il futuro, le cose cambiano.
La cultura moderna e il cristianesimo storico, che si sono profondamente allontanati nel corso della modernità, attraversano oggi una crisi profonda, forse terminale. Per ripartire è necessaria per entrambi una vera e propria conversione, che non significa ritornare al passato, ma convergere in modo nuovo alle sorgenti di speranza che hanno in comune. Per la modernità si tratta di una conversione alle proprie radici spirituali, cristiche e messianiche; per il cristianesimo di una conversione alle conquiste di libertà ed emancipazione della cultura moderna. Integrare cristianesimo e modernità è ancora un’operazione incompiuta e controversa. Invece è proprio in questa direzione di nuova e profonda coniugazione che possiamo trovare la chiave per uscire dalla crisi culturale e politica di questo nostro passaggio d’epoca.
Questo è il pensiero che Marco Guzzi sostiene da anni nei suoi libri e questo è uno dei cardini del livello culturale su cui lavoriamo nel movimento Darsi Pace. Ho provato a riassumere i tratti principali di questo pensiero in riferimento ad una parola chiave di tutta la cultura moderna: laicità.
Buona lettura!
UNA STORIA DI SEPARAZIONI
Il termine laicità ci parla di un’autonomia legittima, quella dei soggetti singoli e collettivi rispetto a ogni condizionamento della morale e della religione. Spesso si fa riferimento al principio di laicità dello Stato per indicare la netta separazione tra sfera politica e sfera religiosa, una separazione che è stata raggiunta attraverso una lunga storia di guerre. Se nel Medioevo la Chiesa aveva ancora una sostanziale gestione di vasti ambiti della società, con l’epoca moderna e con la nascita degli Stati nazionali iniziò una lunga fase di conflitti che portò la politica e la cultura occidentale moderna a rivendicare la propria assoluta laicità.
I principi di questa laicità possono essere a mio avviso riassunti così:
- l’autonomia della ragione critica rispetto a ogni forma di fede
- la tolleranza religiosa dello Stato unita al rifiuto di ogni dogmatismo.
- la natura non confessionale dello Stato, in cui l’ambito della politica è separato da quello della religione, nel rispetto dei reciproci, distinti, campi di azione.
Dal canto suo anche la Chiesa ha una lunga storia che la lega a tutto ciò che chiamiamo “laico”.
La Chiesa alle origini nasce con un carattere assembleare e quindi laicale (da laos = popolo). Comincia ad assumere una struttura religiosa e sacrale solo con il suo affermarsi all’interno dell’Impero Romano nel IV secolo, diversificando al suo interno tra laici e chierici. La lunga storia del rapporto tra Chiesa e laicità ha un versante interno (il rapporto tra la gerarchia ecclesiastica e i fedeli) e un versante esterno (il rapporto con gli Stati dentro cui opera). Dopo secoli di chiusure alternate a timide aperture su entrambi questi fronti, solo con il Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica opera una svolta decisiva, aprendosi al mondo moderno e alla centralità dei laici dentro la vita della Chiesa.
Però, al di là dei documenti ufficiali, molto sembra incompiuto. I laici dentro la Chiesa sono ancora impegnati per lo più come supplenti al clero, mentre fuori, quindi nella politica e nei rapporti con lo Stato, spesso si è promossa la mentalità del favorire persone vicine alla Chiesa nei luoghi di potere, per far penetrare norme della religione cattolica dentro le leggi e l’amministrazione dello Stato. Da questo versante quindi la Chiesa, almeno quella cattolica, non essendo una religione intimistica ma votata all’annuncio e alla missione, ha in sostanza subìto la laicizzazione dello Stato, adeguandosi ma conservando la coscienza della propria alterità.
La storia della laicità quindi, sia sul versante della politica moderna che su quello della Chiesa mette in luce una storia di separazioni: tra pubblico e privato, tra clero e popolo di Dio, tra ragione e fede.
Del resto la storia di questo tipo di laicità è la storia del divorzio, tuttora in corso, tra cultura moderna e cristianesimo storico. Questo divorzio è stato salutare e necessario, perché ha consentito lo sviluppo di un’autonomia e libertà dell’uomo prima impensabili. Oggi però i tempi sembrano maturi per una ricomposizione della frattura secolare tra Chiesa e sviluppo storico-culturale dell’Occidente.
Questa ricomposizione, che deve essere del tutto nuova, può partire da quel grande terreno comune che è la speranza di liberazione dell’uomo da tutte le ingiustizie e oppressioni, che limitano la sua esistenza e la piena espressione della sua libertà e creatività. Queste speranze non sono altro che quelle messianiche rivelate da Cristo e che solo dopo la sua vicenda storica iniziano a germogliare segretamente dentro la storia. Infatti, è proprio questa spinta messianica quella che ha fecondato e rinnovato le precedenti culture greca e romana, costituendo così il fondamento di tutta la nostra civiltà occidentale.
In comune esiste anche l’esperienza di una crisi profonda.
La cultura moderna assiste alla smentita storica dell’autosufficienza della sola ragione per la liberazione e il progresso dell’uomo: questa crisi ha spalancato le porte al pensiero postmoderno, nichilista e disperato, su cui sta prosperando lo sfruttamento tecno-mercantile di oggi.
Sul versante della Chiesa la crisi si manifesta attraverso due segnali contraddittori: da una parte il drastico diminuire dei fedeli e dell’alfabetismo religioso, dall’altro un bisogno crescente di senso e di trascendenza delle persone. Tutto questo sembra indicare una profonda inadeguatezza dei modi attuali di trasmettere la fede: il linguaggio e gli strumenti utilizzati non riescono a intercettare in modo credibile il bisogno di una spiritualità profonda, incarnata e realmente comunitaria che avvertono le donne e gli uomini di oggi.
Questi nostri tempi caotici e frenetici sono anche tempi finali: stanno, infatti, crollando tante ambiguità del passato, cioè figure storiche in cui elementi di unificazione dell’essere umano ed elementi di disgregazione riuscivano ancora a convivere. Tutto questo sta accadendo nella cultura moderna e nel cristianesimo storico, contemporaneamente.
Rileggere e purificare la propria storia alle comuni radici, alle sorgenti della speranza di liberazione di ogni persona è il primo passo per immaginare il futuro, e per costruire una laicità che abbia un sapore nuovo, una laicità che nella distinzione dei ruoli sappia non separare più.
UNA DUPLICE CONVERSIONE
Per ripartire e superare il blocco di pensiero e di immaginazione della nostra epoca occorre quindi ripartire umilmente dalla consapevolezza di una storia comune, e convertirsi. Questa conversione non significa ritornare al passato e ai suoi errori, ma convergere in modo nuovo alle sorgenti di speranza che cultura moderna e cristianesimo storico hanno in comune.
LA CONVERSIONE DELLA CULTURA MODERNA
La laicità della cultura e della politica moderna deve diventare ancora più radicale, nel senso di utilizzare la propria razionalità critica per riconoscere le radici ebraico-cristiane delle proprie stesse speranze. Questa operazione di estrema onestà consente il recupero della forza originaria di azione trasformativa sul mondo, per renderlo più libero, giusto e umano. E’ pienamente laico, infatti, riconoscere che questa è la forza rivoluzionaria che ha agito lungo tutta la modernità, forza che oggi sembra in gran parte anestetizzata.
Ma questo è solo il primo passo.
Quello successivo è capire che questa azione rivoluzionaria non può più essere portata avanti da un uomo bellico, che vuole unificare il mondo ma è profondamente separato e in guerra dentro di sé. Per evitare gli errori del passato occorre che la cultura e la politica siano agite da persone più relazionali, che sanno accedere a stati di coscienza più ampi, in cui sperimentano di essere naturalmente aperti a una dimensione di infinito.
Questo tipo di soggettività è profondamente laica, perché ha il coraggio di verificare in modo del tutto razionale, e sganciato da ogni ingerenza religiosa, che noi umani siamo esseri in ascolto, aperti alla relazione con gli altri e con un Assoluto, che abbiamo bisogno di una speranza e di un senso per salvare il percorso terreno della nostra vita, che ci realizziamo solo se impariamo a dare e ricevere amore, che siamo protesi verso una gioia che desidera l’eternità del suo godimento.
Il senso della vita e della morte, la ricerca dell’amore, della gioia e dell’eternità: queste sono le cosiddette domande ultime, che la modernità ha rifiutato e relegato alla dimensione religiosa. Invece è proprio questa la profondità del problema della cultura e della politica moderna, un problema quindi di natura spirituale, e solo a questo livello può esserci anche la via d’uscita. Aver semplicemente rimosso queste domande dalla vita pubblica ha portato a esiti catastrofici.
“E’ finito il tempo in cui ci si poteva illudere di costruire una società esiliando dalle ragioni della sua fondazione l’elemento più propriamente umano, il bisogno cioè di un senso radicale della vita stessa. Questo divorzio, tipicamente moderno e finora anche evolutivo, tra senso ultimo delle cose e senso penultimo della vita sociale è finito. I problemi del presente sono e saranno sempre più evidentemente spirituali e politici, psicologici ed economici, mistici e tecnici indissolubilmente, ma non per ripristinare un qualche integrismo di tipo medievale, ma tutto al contrario in un orizzonte di radicale laicità, orientata solo alla crescita e alla liberazione concretissime delle persone e dei popoli.” (M. Guzzi, La nuova umanità, pag. 133)
A questo livello di radicale laicità, intesa come autonomia della ragione critica rispetto a qualsiasi condizionamento o imposizione, i confini di separazione tra gli ambiti della cultura e della vita sociale vacillano. Riflettere seriamente su un nuovo modo laico di essere uomini e donne porta una profonda contaminazione tra politica, cultura, psicologia e spiritualità. Questa contaminazione è feconda, e ci può dare la spinta necessaria per iniziare a immaginare un futuro veramente laico e allo stesso tempo pienamente umano.
LA CONVERSIONE DEL CRISTIANESIMO STORICO
Anche per il cristianesimo storico è tempo di conversione.
Il primo passo è una rilettura della storia moderna e del presente, riconoscendo che i grandi cambiamenti di questi tempi terminali non sono qualcosa di esterno rispetto alla Chiesa. Al contrario sono una crisi drammatica tutta interna alla storia del cristianesimo stesso, cioè una crisi delle forme storico-culturali con cui la Chiesa ha incarnato la propria vocazione e la propria missione. L’esigenza di rinnovamento storico espressa dalla modernità si è scontrata con l’incapacità della Chiesa di corrispondervi e di orientarla in senso cristico, lasciando così spazio a tutti gli esiti ambigui e distruttivi che oggi riconosciamo.
Dal lato della Chiesa quindi il problema è culturale, cioè di incarnazione della fede. Lo Spirito dell’umanità nascente, cioè lo Spirito di Cristo che preme per manifestarsi in noi a nuovi livelli di profondità, sembra non essere tradotto dalla Chiesa in forme conoscitive, linguistiche e comunitarie adeguate agli uomini e donne della nostra epoca, che sono profondamente autonomi, liberi, laici. La tradizione ecclesiale è quindi chiamata a convertirsi in modo sempre più profondo alla sensibilità, cultura e psicologia dell’uomo moderno, anche perché è proprio grazie allo spirito cristiano insito nella modernità che questa nostra umanità contemporanea è definitivamente liberata da ogni soggezione di tipo medievale.
Questo grande processo di revisione culturale ha preso avvio nella Chiesa Cattolica con il Concilio Vaticano II, e ora prosegue con la Nuova Evangelizzazione, ma il lavoro è appena all’inizio.
Non si tratta di perdere il patrimonio della Tradizione, ma di purificarlo e renderlo più vero proprio riconoscendo fino in fondo l’intima parentela con le conquiste evolutive della modernità.
La cultura moderna non può procedere se non purifica i suoi progetti alle proprie vere sorgenti, che sono cristiche e messianiche, se non recupera cioè la natura profondamente spirituale dell’uomo e della sua azione. Il cristianesimo storico non può procedere se non incarna l’incarnazione, cioè se non realizza e relativizza nel tempo e nella storia la Rivelazione di Dio, assimilando tutti gli impulsi evolutivi e liberatori della modernità, riconoscendoli nella loro valenza evangelica, decretando la fine dell’assoggettamento a qualsiasi ordine sacrale.
Dalla crisi della modernità e del cristianesimo storico se ne esce solo in avanti, creativamente e insieme.
LA GRANDE RIFORMA
Marco Guzzi chiama così il progetto di reciproca fecondazione cui la cultura moderna e il cristianesimo storico sono oggi chiamati.
La sua visione è fatta di passaggi concreti e laici, ma di una laicità nuova, in cui cristianesimo e modernità imparano a dare e a ricevere reciprocamente, partendo dal proprio distinto ambito di azione. Questo tipo di laicità coniuga la ragione, purificata dalla sua esasperata autonomia e onnipotenza, alla forza di una speranza, di una spiritualità e di una fede che è verificata continuamente nella vita reale, e proprio in questo modo rende le persone più libere e pro-creative, e quindi più felici.
Questi passaggi sono ben spiegati nella terza parte del libro “Fede e Rivoluzione”. Provo a riassumerne così i tratti principali:
All’interno di questo grande processo di rinnovamento della Chiesa e del pensiero politico moderno dovrà nascere poi un movimento politico nuovo, democratico, moderato e laico, ma allo stesso tempo cristiano, e messianico, che abbia il compito di sostenere questa visione dell’uomo e della storia.
Un movimento politico di questo tipo potrebbe ridare forza al meglio della democrazia moderna, raccogliendo i grandi filoni politici liberaldemocratici, socialdemocratici e cristianodemocratici, nella rinuncia definitiva a ogni tipo di integralismo, fondamentalismo e arroccamento in vecchie identità ormai del tutto fuori dalla storia.
Il recupero di questa eredità democratica però deve avvenire con due importanti novità:
- Il principio del dialogo con tutti, la politica dei piccoli passi possibili, la consapevolezza della fatica del tempo devono essere saldamente radicati in una visione apocalittica, messianica ed escatologica di fine di questo mondo, cioè di questo modo umano-bellico di essere nel mondo. Piccole azioni dentro la grande visione del Regno di Cristo, futuro ma già operante nel qui e ora della storia. Non è una contraddizione, ma una coniugazione nuova, che distingue i piani del tempo, ma non li separa.
- Questo movimento dovrà essere guidato da uomini e donne che vivono, loro per primi, proprio nel cuore della loro esistenza, il processo di iniziazione alla nuova umanità relazionale di Cristo. E’ proprio questa loro continua trans-figurazione personale che può sostenere e illuminare le necessarie competenze politiche e specialistiche.
UNA RIFLESSIONE FINALE
Mentre riassumevo queste idee, e capivo sempre meglio la novità di questo pensiero, mi sono venute molte domande.
Questa nuova laicità è veramente “laica”? Non è un po’ troppo “cristiana”? Come faccio a spiegarla a qualcuno che non crede in Cristo, e che sente subito puzza di bruciato appena le parole della fede escono dalle mura delle nostre chiese? Come faccio, in fondo, a spiegarla a me stessa, a quella parte di me che considera la cultura e la politica come fenomeni che hanno leggi proprie, da capire, da studiare, ma non certo da convertire?
Gli errori, forse inevitabili, di secoli di egoità cristiana, come pure di egoità laica e progressista, li stiamo ancora pagando tutti: sono automatismi di pensiero che sembrano assoluti, che dividono senza appello.
Inoltre c’è anche un problema di linguaggio: è difficile usare parole così appesantite dalla storia per indicare qualcosa di nuovo.
Laico, cristiano, ragione, fede, Cristo: c’è tutto un vocabolario da costruire daccapo, prima di tutto dentro di noi. E’ questo uno dei compiti della nuova umanità nascente, cioè di ognuno di noi che vuole prendere sul serio la propria storia e il proprio futuro.
La laicità non è il frutto di una ragione astratta e fuori dal tempo, ma nasce sul terreno della rivelazione cristiana, e dell’io libero e sovrano che Cristo ci ha rivelato, al di là di ogni deformazione egoica e storica.
Essere cristiani non è tanto l’appartenenza a una religione, ma l’essenza profonda della nostra cultura.
La fede non è una dottrina o una serie di regole morali, ma la condizione antropologica di base del nostro esistere. Senza una fiducia di base, una fede in qualcosa che non possiamo dimostrare e controllare, ma che ci sostiene, la nostra esistenza quotidiana crollerebbe. Il problema quindi non è la fede ma quale fede, cioè diventare consapevoli della fede o delle fedi su cui stiamo costruendo la nostra vita e la nostra società.
E infine Cristo: di tutte le parole è ancora, dopo duemila anni, quella più scandalosa, la pietra d’inciampo di tutti i nostri ragionamenti. Cristo non è un crocifisso appeso dentro l’abside di una chiesa, ma è un modo di essere me stessa, un’esperienza di integrità e di pienezza che sembra essere la parte più vera e realizzata di me. E’ il ricordo profondo di un affidamento filiale a questa vita potente che chiamiamo Dio. Ed è la forza di continuare a trasmetterla questa vita, e a crearla anche dentro le pieghe più umili della quotidianità. Questo è già così, prima ancora che qualcuno mi spieghi cosa vuol dire essere cristiana. Devo solo imparare, ogni giorno, a farne l’esperienza.
Da qui può ripartire il viaggio della nostra cultura e della Chiesa. Nessuno ha il monopolio del nome di Cristo e di questa speranza di salvezza. Tutto quello che possiamo fare a partire da qui, è progresso evolutivo dell’uomo, percorso iniziatico, nuova umanità nascente.
Mi sembra che nel movimento Darsi Pace e nei gruppi di creatività culturale che qui sono nati si stia sperimentando un laboratorio di questa nuova laicità, che coniuga cultura e fede senza svendere o manipolare nessuna delle due. Paradossalmente proprio rivelando il messaggio di Cristo in tutta la sua sconvolgente speranza di salvezza dalla morte, in tutta la sua dimensione divina (che si manifesta solo attraverso la nostra umanità) il confronto con la cultura laica diventa più credibile. Perché alza la posta, sposta il livello del gioco sul terreno esistenziale ed esperienziale, cioè sulla nostra vita reale, sui nostri bisogni, aspirazioni, desideri, prima di qualsiasi ideologia o appartenenza religiosa.
Questo è il luogo da cui comincia la conversione reciproca, questa è la profondità in cui costruire la nuova umanità, che è in Cristo.
La nuova laicità, per la Chiesa e per la cultura forse è questo: prendere ancora più sul serio il proprio ambito di azione, realizzarlo fino in fondo e così, nella reciproca autonomia le strade si avvicinano, perché a questa profondità siamo tutti uguali, siamo tutti esseri umani bisognosi di salvezza e di gioia.
Xeres, Chiesa e Laicità, conferenza tenuta a Fossano (CN) il 24.10.2018 (trascrizione di Iside Fontana)
M. Guzzi, La nuova umanità. Un progetto politico e spirituale, Ed. Paoline, 2005
M. Guzzi, Dalla fine all’inizio. Saggi apocalittici, Ed. Paoline, 2011
M. Guzzi, Dodici parole per ricominciare. Saggi messianici, Ed. Ancora, 2011
M. Guzzi, Fede e Rivoluzione. Un manifesto, Ed. Paoline, 2017
Sì, un seme di grande grazia che sta germogliando segretamente nella storia. Perché segretamente? Perché sono esperienze, doni, che maturano nella vita concreta e non facimente percepibili a tavolino proprio perché si va oltre un mero intellettualismo. La profezia germoglia dove Dio vuole e non dentro percorsi prefabbricati e codificati in ogni particolare. Nel testo qui sotto ne parlo con riferimento alla ricerca cristiana. Ma il problema, come evidenzia qui sopra A. Valentini, è al fondo per certi aspetti comune ad ogni uomo, cercare, trovare, la via dell’autentico sé stesso, liberata dalle riduttive strutturazioni delle culture e anche sviluppando di queste, pure in un reciproco scambio, tutto il buono. Per noi cristiani ciò significa trovare noi stessi e comprendere gli intenti positivi dei contributi altrui in avanti, nel Gesù reale. Nel quale mettere in discussione anche il nostro Gesù. https://gpcentofanti.altervista.org/ritrovare-il-contatto-col-proprio-cuore-semplice/
Grazie cara Antonietta: che posso dire, sono piacevolmente sbalordito. Non è un post ma un saggio, articolato e ragionato in modo compiuto e completo. La cosa bella – la differenza tra questo e tanti saggi di cui abbonda la rete – è che la prospettiva di speranza si sente, si avverte “palpabile” man mano che ci si avvicina al termine della lettura. Penso per contrasto a quanto sfoggio inutile di erudizione che ci viene addosso da chi, ultimamente (e non per sua colpa, per colpa delle cose) non crede più a niente.
Mi viene in mente, al proposito, una vecchia canzone di Guccini, “Via Paolo Fabbri 43”, dove il nostro amico lucidamente cantava
“Gli arguti intellettuali trancian pezzi e manuali,
poi stremati fanno cure di cinismo,
son pallidi nei visi e hanno deboli sorrisi
solo se si parla di strutturalismo.”
Cioè, rivivere appena un filo di emozione, un “debole sorriso”, nell’esile e divertita declinazione del niente.
Qui invece c’è gusto, c’è sugo, c’è una prospettiva ragionata di speranza, perché questa separazione tra cristianesimo e modernità è anche una separazione dolorosa interna al nostro cuore, e lavorare per la riunificazione, per un “nuovo inizio”, è anche farci del bene, essere amici di noi stessi. Le tue sono parole poetiche e (per questo) precise, ed hai ragione, “c’è tutto un vocabolario da costruire daccapo, prima di tutto dentro di noi”.
E quando si riformula un vocabolario, è come se nascesse una cosa di nuovo, è come nascesse il Sole per illuminare tutto, in modo diverso e certamente più dolce, più morbido, più amichevole. Quel modo che abbiamo sempre avvertito in un angolo del cuore, come sommamente corrispondente.
Grazie.
Grazie, cara Antonietta, per questo lavoro che è un programma di vita per tutti noi. Bisognerebbe portarlo nelle sedi dei partiti, che non rifiutano il Cristianesimo e nelle Parrocchie, dove spesso il discorso politico crea diffidenza e imbarazzo.Occorre essere cristiani del tutto nuovi negli ambienti di lavoro e nella Chiesa! mariapia
Grazie Antonietta per aver rinnovato il pensiero creativo che è il punto di riferimento dei nostri gruppi di Darsi Pace.
“Sorella Modernità”
La luce messianica ha illuminato prima il Cristianesimo storico e poi anche la Modernità.
Nel tempo il suo bagliore è stato potente, ma nel processo di incarnazione a volte quella luce si è annebbiata, tanto nel Cristianesimo quanto nella Modernità.
Quando si è affievolita ci sono stati danni in ciascuna delle due sfere e tra le due sfere.
Il Cristianesimo, millenario, ha fatto errori più antichi, e la Modernità è stata conseguenza di quelli, ed è stata anche evolutiva.
Come nella stessa famiglia, c’è stato un processo di emancipazione che però è finito in divorzio.
Col Vaticano II la Chiesa ha fatto i primi passi verso l’altra parte che aveva ripudiato.
Ha riconosciuto umilmente gli errori ed ha chiesto perdono, e spero che lo conceda anche a sè stessa.
Con dispiacere mi sembra di vedere che l’Occidente della Modernità abbia visto i suoi errori, ma da un lato fatichi ad accettarli perchè dovrebbe mettere n discussione alcuni suoi fondamentali, e dall’altro teme che se li esplicita e ne tira le conseguenze crolli il suo impianto.
Ma col solo senso di colpa disperante ed autodistruttivo cade nel nihilismo senza prospettive.
Oltre ad un nuovo linguaggio è necessaria una nuova lettura della storia.
Non possiamo fingere di non vedere che Cristianesimo e Modernità vedevano il colonialismo come portatore di civiltà : lo dimostrano le campagne d’Africa dell’illuminista Napoleone e dei governi della sinistra storica europea.
Cristianesimo e Modernità dovrebbero entrambi prendere atto umilmente della loro crisi e mettere a rischio i loro schemi abituali con la consapevolezza di farlo contemporaneamente, perchè stando dove sono, e standoci male, l’Occidente messianico è molto debole.
La Modernità scissa dal Cristianesimo riesce a combatterlo con la passione di chi ha una missione da compiere.
Tocca al Cristianesimo mandarle la “buona novella” che con l’odio, a volte ben comprensibile, mentre distrugge il suo nemico distrugge anche sè stessa.
E invece la cultura e la politica della Modernità hanno il dovere di preservare la loro vocazione di culla della libertà e della democrazia perchè sono un bene comune per tutta l’umanità.
Il laboratorio di Darsipace può sperimentare momenti di integrazione delle due sfere, con i praticanti che cominciano a viverli in loro stessi.
Condivido le valutazioni di Castellani e ti ringrazio, cara Antonietta, per il tuo contributo lucido e sintetico.
GianCarlo
Grazie Antonietta per questo tuo lucido intervento. Un’analisi chiara ed attualissima che dovremo tutti far propria nel nostro pensiero perché di una urgente necessità.
Andando incontro alle indicazioni sulla “nuova evangelizzazione” e
citando Marco Guzzi dovremo tener presente
《gli errori fatti nel passato. Non possiamo tralasciare il problema dell’errata interpretazione dei rapporti della Chiesa con il mondo scientifico. Alcune vicende dei secoli passati (Vedi quella di G.Galileo) hanno avuto un ruolo cruciale
nella storia.
Per rimanere al secolo scorso si è cercato a più riprese di dare risposta agli interrogativi che scaturivano dalla necessità di una nuova evangelizzazione.
Una tappa importante è senz’ altro rappresentata dal Concilio Vaticano II proclamato nel 1962 da l’allora Papa Giovanni XXIII che ha dato avvio ad un grande ma altrettanto ambiguo processo evolutivo.
Tale processo, inteso come fermento delle idee cristiche nella storia che mettono in fibrillazione la Chiesa, ha avuto un passaggio importante, potremo dire una nuova sintesi ed un nuovo inizio.
Si è configurato come la presa d’ atto che non si poteva andare avanti con delle ambiguità del passato, ma bisognava mettere dei nuovi punti fermi.
Essenzialmente riconoscere che alcuni elementi fondamentali dello sviluppo della storia moderna appartengono alla storia cristiana :
L’Illuminismo non poteva nascere che nel mondo cristiano. (Cit. Ratzinger discorso di Subiaco).
Ratzinger ci ha insegnato che nella Chiesa il progresso è la dinamica della vita della tradizione.
La contrapposizione tra progresso e tradizione quindi è solo una cattiva interpretazione sia della tradizione che del progresso.
Essere fedeli alla vita della Chiesa quindi è da intendere come progresso in quanto questo è la dinamica della sua vita.
Tutte le libertà ed i valori come libertá di stampa, la libertà di coscienza, di religione, il rispetto delle persone, non torturare, non bruciare vivi i filosofi : questo è “cristiano”.
Questo andava detto con chiarezza senza mezze misure. Questo è il Concilio.
Ecco perché
Il Concilio Vaticano II non ha avuto finalità dogmatiche ma si trattava solo di rivedere le interpretazioni di secoli per rinnovarne la pastorale, il modo in cui parlare alla gente.
Non si poteva e ancor oggi non si può andare nel mondo con delle ambiguità sui punti indicati.》
Non contrapporre quindi il sistema razionale del mondo tecnicistico con la realtà spirituale e psicologico dell’uomo ma favorirne l’ integrazione ed i riavvicinamento agevolando l’ intuizione della loro complementarietà. Questi sono anche i presupposti teorici dei nostri laboratori DP.
Sì Antonietta, grazie davvero per questo tuo post ricco di pensiero e stimolante x tutti noi !!!
Arrivare a coniugare modernità e Cristianesimo nella cornice della Grande Riforma di cui parla Marco di sicuro e’ e sarà un’ impresa straordinaria, e soprattutto appassionante…che ci chiama in prima persona !
Grazie, un caro saluto,
mcarla
Trovo molto utile e interessante questo scritto, in quanto chiarisce alcuni punti che difficilmente comprendiamo a fondo. Altrettanto belle e centrate le riflessioni finali, in cui esprimi anche quanto la realizzazione di questi passaggi metta prima di tutto in difficoltà ognuno di noi, che vorremmo essere promotori del messaggio di Cristo in quanto lo sentiamo vero.
Anch’io penso che oggi più che mai sia importante partire dall’esperienza e che non si possa dare per scontato nulla. Le parole, come scrivi, hanno forti significati influenzati dalla loro (e nostra) storia. L’esperienza invece è sempre nuova e concreta, ognuno poi sceglierà come raccordarla al messaggio, che a quel punto non è più un dogma a cui credere diligentemente, ma diventa il punto di apertura e contatto con lo Spirito.
Penso che ci sia stato un tempo travolgente, attraente nella chiesa degli anni 60′. Qualcosa di folgorante, io allora ne ero fuori e non ne ho partecipato direttamente ma ne sentivo l’odore dei racconti. Eppure proprio quella sfolgorante laicità della chiesa che si liberava dalle pesanti corazze del passato è rimasta invischiata dal “compromesso storico” ed oggi accetta un linguaggio che ha perso la forza cristiana, la grinta, la radicalità …..e ciò che è grave è…che non se ne rende conto….è stato un’ amore così grande, da cui è impossibile staccarsi…
Grazie Antonietta i tuoi post sono sempre uno studio approfondito da approfondire che sempre mi suscitano qualcosa come quanto espresso sopra…
Grazie per i vostri commenti.
Non è stato facile riassumere queste idee, ma non perché siano particolarmente complesse. Credo semplicemente perché si tratta di un pensiero che è ancora nuovo e rivoluzionario per il nostro assetto mentale.
Il mio contributo voleva essere un aiuto per capire meglio questa grande visione storica, sono contenta se per qualcuno è stato così.
Un caro saluto a tutti!
Antonietta