E’ con piacere che pubblichiamo un altro contributo dell’economista Lea Cassar.
Lea è titolare della cattedra di Economia Empirica all’Università di Regensburg (Ratisbona) ed è anche una praticante dei Gruppi Darsi Pace.
In occasione della gara nazionale di Enactus Italia, la Prof.ssa Cassar risponde ad alcune domande legate al tema della responsabilità sociale d’impresa, Covid-19 e cambiamento climatico. Il messaggio e’ chiaro: dobbiamo farci operatori del processo di trasformazione del mondo, un processo che è già iniziato!
Nel video che vi proponiamo trovate l’intervento della professoressa .
Oppure potete leggere l’intervista che riportiamo di seguito
Buon ascolto e buona lettura a tutti !
B corporation? Responsabilità sociale d’impresa, quanto è moda, quanto è sostanza?
Direi che come per qualsiasi situazione, dipende dal soggetto in questione. C’è chi è vegano perché va di moda, e c’è chi è vegano perché crede veramente nella protezione degli animali. Allo stesso modo, ci sono aziende che investono nel sociale e nell’ambiente perché credono profondamente in questi valori, mentre per altre aziende questi investimenti sono solo una strategia di marketing per attrarre clienti e lavoratori soprattutto il top talent, e quindi aumentare il profitto. Il cosiddetto “greenwashing”.
Come si distingue tra i due? Un modo è quello di valutare le decisioni e le azioni dell’azienda nel suo complesso. Ecco il ruolo dei certificati, come per esempio, “B corporation” sicuramente perfettibili, ma comunque molto utili. Per darvi un esempio estremo: è chiaro che aziende che sfruttano il lavoro minorile nei paesi in via di sviluppo e poi devolvono il 2% del proprio profitto in iniziative sociali ed ambientali, non sono molto credibili. Mentre è chiaro che imprese sociali come Ecosia, un motore di ricerca come gli altri ma che devolve l’80% del proprio profitto alla piantagione di alberi sono genuinamente interessate all’ambiente. Ora la maggior parte delle imprese risiede nel mezzo … le motivazioni non sono sempre o bianche o nere.
Però diciamo che nell’insieme, io ritengo questo fenomeno di “responsabilità sociale d’impresa” un dato molto incoraggiante. Perché sebbene alcune di queste iniziative sociali ed ambientali rappresentino l’ennesima ipocrisia da parte di molte imprese, è anche vero che queste iniziative nascono in risposta ad un bisogno forte ed autentico dei consumatori e lavoratori, quindi nostro, della società civile, di creare un nuovo equilibrio economico-sociale e un nuovo modo di relazionarci con la natura. Io credo che questo fenomeno di “responsabilità sociale d’impresa” sia solo un primo passo verso una trasformazione molto più profonda e radicale, non solo della nostra economia, ma io direi, del nostro modo di essere umani su questo pianeta.
Virus covid-19 e cambiamento climatico sono aspetti della stessa medaglia. Un suo parere di ciò che ci aspetta.
Si mi piace molto l’analogia tra virus covid-19 e cambiamento climatico. Quando è scoppiata la crisi, una delle prime cose che ho pensato è stata: ecco un assaggio di quello che ci aspetta. Covid-19 e cambiamento climatico hanno, a mio avviso, almeno 3 fattori in comune:
1) entrambi sembrano nascere da un rapporto malato con la natura e l’ambiente.
2) Entrambi dimostrano quanto siamo tutti interconnessi ed interdipendenti. L’idea che una persona o un popolo possa sopravvivere o addirittura essere felice indipendentemente dagli altri e dall’ambiente che lo circonda, è una folle illusione.
3) Entrambi richiedono uno stravolgimento della nostra vita. A mio avviso, la crisi covid-19 rappresenta un evento storico unico, senza precedenti, perché per la prima volta il mondo si è fermato.
Per un breve periodo, abbiamo perso abitudini e sicurezze fondamentali della nostra vita che tipicamente diamo per scontate, come appunto poter andare al lavoro, fare una passeggiata al parco o vedere i propri cari.
Ecco, la crisi climatica che ci aspetta andrà a mio avviso ad impattare ancora più drasticamente le nostre vite e richiederà una trasformazione radicale del mondo come lo conosciamo oggi.
Sarà un’esperienza dolorosa? Tutto dipende da come reagiremo, sia a livello personale che globale. Se assecondiamo e collaboriamo con questa spinta di cambiamento, io credo che questa potrà essere un’esperienza di gioia, di scoperta, di rinnovamento.
E come direbbe Marco Guzzi: “Anche divertente! Senno sai che noia sempre la stessa vita!”
Se invece resistiamo o ancora peggio ci opponiamo a questa spinta, senza dubbio affronteremo un enorme sofferenza.
Io credo che questo periodo di trasformazione, che come dicevo prima, è già iniziato, richieda grandi visioni, molta onestà intellettuale, sincera introspezione personale, e molta immaginazione. Credo che dobbiamo ripensare seriamente tutto il nostro mondo, sia a livello macro che a livello micro: dobbiamo ripensare il modo in cui facciamo business, e questo evento Enactus lo sta dimostrando, quindi un business che non punta al profitto, ma punta ad avere un impatto sociale positivo, facendo un profitto, ma questo è uno strumento per la società a livello globale e non solo per gli shareholders. Dobbiamo cambiare il modo in cui lavoriamo, per esempio riconoscendo l’importanza dello smart working, del lasciare il controllo e di dare fiducia, il che è parte di una visione dell’essere umano diversa: non si tratta più della visione dell’Homo Eoconomicus, secondo la quale il lavoratore lavora solo per fare I soldi, ma è una visione del lavoratore che cerca un significato nel proprio lavoro, una realizzazione personale, che quindi richiede fiducia. Dobbiamo cambiare anche il modo in cui comprendiamo, acquisiamo e trasmettiamo la conoscenza, il modo in cui organizziamo la società, il modo in cui ci relazioniamo con la natura, con noi stessi e con gli altri.
Insomma c’è molto da fare! Ma come dimostra l’evento di oggi e più in generale l’iniziativa di ENACTUS, non c’è a mio avviso niente di più stimolante e gratificante che partecipare attivamente alla creazione di questo nuovo mondo.
Quindi buon lavoro e divertimento a tutti!
Responsabilità di impresa. Una locuzione che contiene appena delle parole che confliggono. Essere responsabili oggi giorno vuol dire in senso lato “sposare” una causa, mettendo tutto sé stessi nel realizzarla, ed essere pronti a subirne le conseguenze a volte anche negative. Impresa in un’ accezione restrittiva indica già uno sforzo intorno ad un “progetto” e quando questo progetto coinvolge tanti lavoratori coordinati da un imprenditore, la responsabilità si fa ancora più urgente. E’ vero l’ indirizzo dato nella conduzione imprenditoriale per quello che attiene alla destinazione degli utili nel sociale a volte è così ambiguo, volutamente rappresentativo ed ipocrita e quindi, sono d’ accordo con te, ha bisogno di un nuovo modo di intendere la relazione sia con i lavoratori che con la natura, un nuovo equilibrio economico-sociale appunto. Questo bisogno è stato risvegliato proprio da un evento eccezionale come quello pandemico, nel quale se nella fase della pausa iniziale abbiamo avvertito forte dentro noi il sentimento di “comunione” con il Creato ( io metto in parallelo questa fase a quella che nel pranayama nella tradizione orientale viene indicata come khumbaka dove sospendiamo l’ atto respiratorio per permettere al sangue di irrorare ed ossigenare il cervello) in seguito, siamo ritornati col pensiero e nei fatti a “separarci” coltivando ancora il proprio orticello.
Intanto, personalmente, l’ insegnamento forte che ho avuto è stato quello della necessità di un graduale e radicale cambiamento dell’ atteggiamento da tenere verso la Natura (lettera grande !!) E spero tanto anche per chi ancora non avesse già sviluppato questo sentimento di unità questa sia stata un’ occasione decisiva !!
Successivamente credo che fermarsi spesso su questi interrogativi, rimanere sulla domanda : cosa significa per me ? costituisca una possibilità di discernimento profondo, un aprirci alla nostra coscienza spirituale e psico-fisica ch e vive nello Spirito. Qui, nella nostra coscienza concreta, matura e trova collocazione ogni aspetto dell’ uomo. invece di frammentarlo in ragione, sentimenti, spirito arrivare ad una varia armonizzazione di questi aspetti, evitando da una parte spiritualità senza incarnazione e dall’ altra una vita concreta senza armoniosi e ben integrati riferimenti. Grazie Lea per gli ottimi spunti.
Lea Cassar: “Io credo che questo fenomeno di “responsabilità sociale d’impresa” sia solo un primo passo verso una trasformazione molto più profonda e radicale, non solo della nostra economia, ma io direi, del nostro modo di essere umani su questo pianeta”.
https://gpcentofanti.altervista.org/domande-sul-tema-dello-sviluppo-gentile-di-p-benanti/
Ti ringrazio per il tuo articolo pieno di informazioni poco conosciute.
In questi anni giungono, da più parti, inviti a cambiare radicalmente il nostro modello di vita, inviti che mi fanno sempre nascere molti dubbi.
Cerco di sintetizzarli in questo modo:
1) Chi, in questi ultimi decenni, ha deciso la direzione che dovevano prendere le nostre vite?
2) Questa direzione, per la maggioranza delle persone, è stata verso il meglio o verso il peggio?
3) Chi ha il controllo dei grandi “Mass Media”?
4) I grandi “Mass Media” sono concordi nel definire un grave problema il cambiamento climatico e un grave problema l’epidemia Covid-19 e annunciamo che per risolvere questi gravi problemi occorre un radicale cambiamento del nostro modello di vita.
5) Questo cambiamento che direzione avrà?
6) E si ritorna al punto 1
Dove sta la via di uscita?
Una possibile risposta alle pregnanti domande di Aldo. E perché no gruppi Darsi pace possono contribuire ad aprire piste nuove.
https://gpcentofanti.altervista.org/media-liberi-e-media-di-sistema-scoprili-da-solo/
Correzione refuso: Perché i gruppi Darsi pace possono contribuire ad aprire piste nuove
La professoressa Lea Cassar avanza con saggia prudenza l’ipotesi che i cambiamenti climatici e il Covid siano correlati e che entrambi nascano da un rapporto malato tra l’essere umano e l’ambiente.
Fa bene a porsi un interrogativo la cui risposta è aperta, e che noi cerchiamo con mente aperta.
Per questo desidero sottoporre a tutti noi un fatto concreto, un dato empirico, che ho constatato nella pandemia.
Si tratta del caso di Rovetta, un paese della martoriata Valseriana, che è diventato luogo di villeggiatura perchè immerso nel verde delle pinete che lo circondano ed è caratterizzato dal clima salubre e dall’aria fresca e buona.
Dei suoi 4000 abitanti, 40 sono morti nei mesi scorsi classificati come di Covid: un numero enorme.
Allora ho pensato a Taranto che sembra essere un inferno di tossicità, e mi è venuto spontaneo il confronto.
Devo dire che i conti non tornano.
Se in un oasi di salubrità ambientale c’è stato un così alto numero percentuale di morti, a Taranto la loro già alta percentuale avrebbe dovuto moltiplicarsi: ma questo non è stato rilevato.
Credo che solo da studi comparativi di questo genere potrebbero venire risposte credibili.
Trovo interessanti gli interventi di Cassar e spero che possa trattare ancora di impresa sociale, profitto, ambiente, e mi interesserebbe molto una riflessione, in questi tempi difficili, sul rapporto tra occupazione e volontariato.
Concordo appieno con Aldo e con i suoi dubbi sui grandi mass media: non mi fido per niente della loro vocazione ambientale perchè sono concentrati solo sugli aspetti economici e politici della questione.
Per essi esiste solo “homo oeconomicus”, e le loro analisi di conseguenza sono superficiali, e non sanno, o peggio non vogliono sapere, che la direzione verso cui andare dipende dal profilo antropologico che proponiamo.
Per il quale occorre tener conto anche del cuore e dello spirito umano, perchè diversamente, come ci ricorda Dostoevskij, se non ha una motivazione forte per cui vivere l’uomo si sopprimerà.