Ho sentito il bisogno, assieme a Luca, di realizzare un dialogo
nel quale parlare di quello che stiamo attraversando
come giovani generazioni.
Siamo partiti dai dati economici drammatici, acuiti dai mesi del “Covid”.
E abbiamo cercato di mettere in luce come questa crisi
provochi in noi due risposte specifiche:
da un lato il conformismo, l’adeguarsi “a come si dovrebbe essere”,
e dall’altro la fuga, ovvero “il ritirarsi in una solitudine depressiva”,
come mostra per esempio il fenomeno “Hikikomori”
anche in Italia,
dove sono diagnosticati 100mila casi
di ragazzi e ragazze che non escono di casa perché
avvertono il mondo esterno come pericoloso e privo di stimoli.
Come possiamo rispondere perciò evolutivamente a questa fase?
Esiste una via che non sia né quella del conformismo
né quella della fuga?
È forse proprio l’esperienza continua del contatto con la nostra verità
a poter procreare un luogo di relazionalità autentica e terapeutica
con gli altri e con il mondo?
È cioè la rivoluzione, intesa proprio come rovesciamento inesausto
di una modalità di esistere in proprio, di tenermi in disparte,
oppure di indossare una maschera,
a poter fondare una cooperazione fra persone
in via di guarigione, che finalmente si vedono per quello che sono:
esperimenti viventi di un processo di rinascita collettivo.
Buona visione!
Che si possano diffondere tra i giovani dialoghi come questo, che cercano risposte autentiche in una società dove i poteri forti fanno di tutto per spegnere le coscienze. La rivoluzione nasce dal basso, il sistema tira su chi fa il suo gioco, anche nella cultura.
https://gpcentofanti.altervista.org/spiritualita-cultura-politica-il-problema-di-fondo/
Grazie, ho ascoltato con piacere, molto piacere.
Concordo con la direzione dello sguardo, e ne farò tesoro quando andrò nel mio studio oggi a fare terapia con i miei 2 prossimi pazienti, a cui ho inviato questo video da discutere.
La mia terapia si chiama Psicoterapia Integrativa “Relazionale”, ossia in 2 parole mette in risalto l’aspetto relazionale del confine in cui operare il cambiamento del paziente ma del terapeuta insieme. È un’esperienza d’incontro a 2 dove si rappresenta la dinamica metaforica di un contesto di sofferenza che è poi quello riprodotto da ciascuno nel mondo. Dico ciò perché ho sempre l’idea in mente che oltre alla terapia in gruppo, ci sarebbe bisogno di luoghi e spazi per incontri comunitari relazionali in cui fare 2 chiacchiere ma essenzialmente stare insieme in modo integrativo e soddisfacente. E questi luoghi non possono essere solo quelli telematici, diciamo.
Chissà cosa potremmo inventare, a riguardo, cioè gruppi di incontro e di crescita comune…
Un abbraccio e avanti così.
Michele
Grazie Michele delle tue parole
e della tua risonanza.
Un abbraccio,
Francesco
Bellissimo dialogo: semplice e profondo, immagine proprio di come dovrebbero essere le relazioni! Grazie Maria Rosaria
Dalla metà degli anni Ottanta in poi ho visto frantumarsi la scuola per la quale avevo lottato, ho visto sfumare l’idealità che aveva spinto me e i miei colleghi a ricercare, a progettare, a dialogare tra noi e con i genitori per realizzare una scuola aperta a tutti e capace di far nascere nei bambini la voglia di esplorare e di conoscere.
Soffrivo lo stare dentro una fine senza capire cosa stesse accadendo, mi faceva male non riuscire più a dialogare con i colleghi e tanto meno con i genitori, non sopportavo una progettualità fatta di paroloni che, a mio parere, non avevano alcuna ricaduta educativa sulla classe, era frustrante la richiesta di seguire protocolli onerosi e noiosi constatando che i problemi aumentavano anziché risolversi.
Senza accorgerci, ora mi è chiaro, stavamo chiudendoci nel privato rinunciando alla lotta politica, stavamo passando, come dite voi, cari Francesco e Luca, da una energia espressiva ad una energia tendenzialmente depressiva.
C’è un nesso tra la crisi del sistema e il disagio che soffriamo personalmente.
Il cambiamento avviene all’esterno se lo crediamo e lo sentiamo possibile dentro di noi, se lo percepiamo accadere nel nostro essere. Il lavoro che stiamo facendo nel laboratorio Darsi pace va in questa direzione.
Il processo è lento, ora lo so, la vera rivoluzione non avviene in dieci anni, come pensavo da giovane, va realizzata attraverso il pensiero distillato goccia a goccia e la fede che, ancor prima di essere adesione ad una rivelazione, è abbandono fiducioso e confidente all’Ignoto che apre al nuovo Inizio.
Grazie!
Giuliana