Tanto per cominciare, a nessuno di noi è richiesto di darsi pace. Quando mai qualcuno ce lo chiede? Chi mai, tra le voci che ascoltiamo quotidianamente, è davvero interessato alla nostra pacificazione e guarigione autentica? … Noi invece crediamo che sia possibile e persino urgente darci pace. Noi, come umani, possiamo sempre darci pace, se solo impariamo a comprendere il linguaggio della pace, il senso della pace, che ci viene necessariamente da un piano di ascolto più profondo, più radicale del nostro essere.
Darsi pace si presenta anzitutto come una gentile offerta, un atto di misericordia e riguardo che si fa al genere umano del XXI secolo, il quale – lo abbiamo visto quest’anno in modo eclatante – è casomai indotto in tutti i modi a vivere in uno stato più o meno cosciente di disperazione, paura e isolamento. Darsi pace è quindi prima di tutto un luogo di libertà possibile da tante forme (soprattutto invisibili) di schiavitù, ossia un luogo di liberazione interiore, graduale, paziente, ma anche di accoglienza, in cui si inizia un’avventura di ricerca, di conoscenza e di crescita che, per chi se la sente, va avanti tutta la vita.
Ecco perché Darsi pace, nella sua vasta proposta trans-formativa, è anche un luogo estremo, in cui impariamo a confrontarci con i nostri scheletri nell’armadio, con le ombre nostre e della storia umana in genere, nutriti da una speranza di Salvezza raggiungibile a piccoli passi, di cui però si può fare esperienza già subito con semplici pratiche.
Col molto realismo che ci è proprio, va pure detto che è difficile portare avanti questo cammino se non si ha una rara mescolanza di umiltà e insofferenza radicale per questo mondo. Per scegliere Darsi pace, qualche problema serio con l’assetto complessivo di questa realtà dobbiamo pur averlo, altrimenti la motivazione che ci spinge al cambiamento è troppo debole. Occorre scegliere di amare la pace e la guarigione per potersi guarire e pacificare davvero. Chi crede che amare la luce e rigettare le tenebre sia cosa facile, probabilmente da questo cammino avrebbe molto da imparare. L’umiltà è sempre un mettere in discussione il proprio assetto di vita e di mente, riconoscendo ciò che in esso non è più sostenibile, scegliendo liberamente ogni giorno che quella nostra vecchia condizione non ci piace e che vogliamo sovvertirla.
E questo semplice, ma molto difficile atto di coraggio non riguarda (ovviamente) solo la nostra vita personale, ma – come ormai vediamo – la vita dell’intero pianeta. La pandemia globale di quest’anno non fa che confermare, da molti punti di vista, quello che Darsi pace ha sempre affermato: che ci troviamo in tempi apocalittici, cioè rivelativi, senza ritorno, dai caratteri imprevedibili e sempre più radicalmente ambigui. L’ambiguità è data dall’approfondirsi di un bivio. Ma il bivio è una domanda: quale tipo di umanità vogliamo essere, quale mondo voglio che subentri nei prossimi decenni e secoli per me e i miei figli? Chi sono “io” e in cosa vorrei veramente credere?
Darsi pace significa: che queste domande non spettano più a pochi illuminati o politici, ma hanno a che fare con lo stato mentale di ogni persona abitatrice sulla terra. Proprio qui sta l’Apocalisse, la condizione inaudita e specifica dei nostri anni. Del resto, le grandi menti pensanti dello scorso secolo ce lo hanno fatto capire in molti modi.
Darsi pace consiste proprio in questa buona notizia: che una via di salvezza c’è ed è all’altezza di tutti noi, di tutti coloro che la vogliono e ci credono. Ma questo Annuncio è adesso, risuona in questo momento storico con grande urgenza.
Ecco perché, con questo spirito, siamo tutti convocati il prossimo 11 ottobre, alle ore 10.00, a partecipare al primo incontro della prima annualità di Darsi pace, che si svolgerà nell’Università pontificia salesiana di Roma, e che si potrà seguire in diretta sulle pagine Facebook di Darsi Pace e di Marco Guzzi-pagina-personaggio pubblico.
La partecipazione fisica a questo incontro, come anche al secondo (1 novembre), è aperta a tutti e prevede la prenotazione obbligatoria sul sito dell’Università Salesiana tramite una dichiarazione sul proprio stato di salute, secondo le indicazioni su questo sito. Dati i posti limitati (max 200 nell’aula Paolo VI) si darà la precedenza alle persone nuove che vogliano conoscere il metodo dei gruppi.
La dichiarazione andrà inviata in prossimità della data dell’incontro specifico, non prima di 14 giorni e almeno tre giorni prima dell’evento. E’ obbligatorio portare la mascherina, rispettare le distanze e osservare tutte le norme e le procedure prescritte dalla legge ai fini della sicurezza sanitaria a motivo del COVID19.
NON SARA’ POSSIBILE ACCEDERE ALL’UNIVERSITA’ SENZA TALE AUTOCERTIFICAZIONE, da compilare e scaricare, e mostrare all’ingresso del campus in formato cartaceo o anche sul proprio cellulare.
Le persone sono invitate a prenotarsi solo se sono certe di poter partecipare, in modo da non togliere posto ad altri. In caso di sopraggiunta impossibilità a venire fisicamente, si può comunicare la circostanza a: segreteriaredazione@darsipace.it, in modo da consentirci di invitare chi è in lista d’attesa.
Per iscriversi ai Gruppi Darsi Pace potete consultare le istruzioni su questo sito.
Vi aspettiamo. Buon inizio a tutti i praticanti!
Heidegger, un paradosso attuale?
Ottobre 2, 2020 / gpcentofanti
La cosificazione dell’uomo ad opera della ragione astratta viene colta con una certa lucidità da Martin Heidegger. Quando l’uomo ritiene di potersi salvare da solo si chiude in meri ragionamenti astratti, in mere prassi. Diviene schiavo della tecnica che scatena i suoi meccanicismi che irreggimentano i popoli, rendendoli vuoti automi manipolati dai prestigiosi fantocci dell’apparato al servizio di pochi veri potenti. Ma questi stessi non sono che schiavi di tali ingranaggi. Il mondo infatti procede così verso il crollo ed i loro figli non potranno venire esentati da ciò.
Il citato filosofo comprende che non sarà facile uscire da tutto ciò, un salto di qualità può essere solo dono di una qualità diversa, spirituale, di un Dio. Ma qui potrebbe emergere, domando da profano, non specialista di Heidegger, un singolare punto di contraddizione. Pur consapevole delle cosificazioni della ragione astratta e del bisogno dello svelarsi dell’oltre, dell’essere Heidegger cosifica anche tale essere finendo per considerarlo distinto ma immanente agli enti. Ogni cosa dunque resta senza senso, senza causa esplicativa. In realtà l’essere, la vita, è Dio stesso, Amore, ecco il vero salto di qualità che può spiegare sempre più ogni cosa. Non è magari un caso che egli parli di “un” Dio, ossia di un ente e non della vita stessa, di Dio.
Forse però questa è la sua possibile in quel momento apertura allo Spirito e va colta anche nel suo senso positivo, di accoglienza della Luce che viene a ispirare una ricerca. Unica via per la rinascita delle persone e della società. Ma rimane che il nostro pare giunto ad un passo dalla chiave di scioglimento dei nodi di questa epoca e poi finisca inconsapevolmente per vedere la stessa chiave come un nodo. Non è per certi aspetti ciò che accade oggi quando alla tecnica si oppone il falso senso di un omologante, appunto pragmatico, solidarismo invece della libera formazione, fin dalla scuola, nella identità ricercata e nello scambio con le altre?