Darsi Pace in Campania
La stazione di Napoli. Il primo tentativo di incontro di una realtà regionale campana, avvenne lì. Tentammo, con alcuni praticanti, di trovare una saletta adatta, nei pressi della stazione, per favorire me che sarei arrivato in treno. L’indagine, su alcune sale degli alberghi della zona, non portò frutto; ci ritrovammo, perciò, nella grande area di ristoro della stazione, intorno ad un tavolino, poche persone, a raccontarci il come, il perché, la realtà di Darsi Pace avesse cominciato a scuotere le nostre menti, le nostre coscienze, e ci avesse messi in questo imperituro movimento di ricerca e di incontro. In quello sparuto gruppo vi era Carmela, praticante, che segue il cammino tutt’oggi e che, ancora, conferma: <<Nel gruppo ho trovato la sintonia di obiettivi comuni, accoglienza e disponibilità fraterna>>.
Quelli furono gli albori. Le prime mosse, laddove tutti gli scambi e gli incroci delle strade ferrate e frastagliate degli uomini hanno luogo di sosta, di incontro. Alla stazione.
La realtà del gruppo regionale della Campania, prese forma successivamente.
E’ il 2016. Nel mese di aprile, Marco Guzzi, tiene una conferenza nel Monastero di Sant’Anna,delle Suore domenicane, a Nocera Inferiore. L’occasione è propiziata dal fatto che ben tre suore del Monastero, sono praticanti dei gruppi di DP; in quella cornice, di silenzio, di accoglienza discreta, leggera, nascono i contatti originari, utili ad avviare l’esperienza dei gruppi. Cominciamo a ritrovarci con una frequenza mensile, che non sempre riusciamo a rispettare. Il luogo che ci accoglie è bellissimo, come le persone. Lo dico con le parole di Alessio, altro praticante:
<<Gli incontri a Nocera nel silenzio del Monastero di S. Anna , sono un ulteriore dono che ricevo con entusiasmo ogni volta che si presenta l’occasione, e vi sono infinitamente grato. Dall’accoglienza, alle condivisioni dei praticanti, gli esercizi di autoconoscimento, e la pratica meditativa e contemplativa, sono una medicina per l’anima mia, ritorno a “casa” sempre più consapevole della grandezza del lavoro che stiamo facendo, e la pace e la libertà che sempre di più sento crescere in me sono la conferma che mi trovo nel posto giusto>>.
E’ così. Le Suore ci accolgono con una semplicità sempre lieta….Cecilia, Claudia, Maria Francesca…ci introducono lievemente nella loro realtà semiclaustrale…ci regalano accessi all’antichità dei luoghi del monastero: la chiesa, le sale antiche, la foresteria, il chiostro. Con loro meditiamo al mattino; poi ci riuniamo per un pranzo sempre allegro…scambiamo chiacchiere, ci conosciamo, raccontiamo storie, gustiamo delizie e specialità locali buonissime (memorabile, ‘o casatiello). Poi, al pomeriggio, condividiamo un esercizio di autoconoscimento…apriamo i cuori e le storie delle nostre vite… a volte, le lacrime solcano i nostri visi…Carmine ci racconta della moglie, Nuccia, che è stata con noi i primi anni ed a noi ha regalato la sua presenza discreta, amabile, il suo sorriso accogliente, familiare, finché ci ha lasciati per un male incurabile che l’ha portata via in pochi mesi. E Silvana, che ha perso in poche ore il marito, Raffaele, che accompagnava la moglie agli incontri e si intratteneva con noi, diceva di trovarsi bene e, magari, avrebbe cominciato presto il suo percorso in DP. Altre volte, invece, sappiamo gioire, sentiamo la forza sempre nuova di una incarnazione che irrora le nostre arterie e raggiunge e rianima ogni nostro anelito.
La realtà attuale della Campania, prevede una trentina di persone iscritte; non tutte partecipano alle attività regionali; in genere, quando ci si incontra, non siamo mai oltre la dozzina di persone. C’è un gruppetto stabile, consolidato, nonostante le diverse annualità che le persone seguono; non dimentichiamo mai, però, di ricordarci che da noi “la ripetizione è una virtù” e, dunque, diversi degli iscritti hanno ritenuto opportuno riprendere il triennio di base dopo averlo concluso o ripetere una annualità per assaporare ed entrare meglio nelle tematiche e nella vita che vengono proposte.
In questo periodo, anche se, come dice Sandra, ciascuno di noi <<non ama molto l’attivismo da tastiera>>, le condizioni ci costringono a dover considerare una ripresa delle attività anche nella sola forma online. Vedremo. I cuori sono pronti all’incontro.
Darsi Pace in Calabria
Anche la realtà dei praticanti della Calabria, comincia con la fermata ad una stazione. In questo caso è quella di Lamezia Terme. Scelta non casuale giacché Lamezia è situata un po a metà tra i centri maggiori delle province calabresi (Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria).
E’, più o meno, lo stesso periodo -l’anno 2015- e riesco a fissare un incontro con le poche persone interessate al movimento. Ci ritroviamo in tre; insieme a me, c’era Adele, che poi abbiamo incrociato in altre esperienze e Felice, che adesso vive a Roma, per lavoro, e che continua la sua pratica di vita in DP. Questa volta riusciamo a trovare una saletta nell’albergo prospiciente la stazione e svolgiamo il nostro piccolo incontro…in semplicità, riusciamo anche a meditare prima di introdurci e conoscerci un pò. Di seguito, trascorrono alcuni anni nella difficoltà di creare una realtà regionale; sia per le poche iscrizioni al percorso, sia per una sorta di “timidezza” dei pochi iscritti, nel farsi carico di nuove iniziative…conosco, da calabrese, quella inerzia che ci domina, la difficoltà di partire, per primi e, magari, da soli…
Le cose, comunque, pian piano, sono andate prendendo la loro forma…grazie al contributo di una praticante “anziana” come Suor Maria, che ho conosciuto a Roma e che si è trasferita in Calabria per il suo servizio ministeriale, prendiamo contatti con il Parroco di una chiesa di Lamezia, vicina alla stazione, all’aeroporto e allo svincolo autostradale da dove, la maggior parte di noi, arriva. Otteniamo una saletta per i nostri incontri che cominciano con poca regolarità, con rimandi, assenze…ma cominciano.
Abbiamo bisogno di “spinte interiori” per muoverci, come ci ha testimoniato Francesca di Reggio Calabria, che aggiunge: <<So che non è un cammino semplice né voglio che lo sia, sento il bisogno di arrivare alla “monnezza” come dice Marco, per provare a liberarmene, mi incoraggia il rispetto dei miei tempi e il poter contare su suggerimenti che nascono dall’esperienza di chi mi precede>>. Abbiamo tutti bisogno, per restare, ancora, con le sue parole, di <<approfondire la conoscenza per sentire di appartenere>>.
Dal 2018 in poi, il gruppo comincia a consolidarsi. Attualmente gli iscritti sono circa venti persone; ciononostante, gli incontri a Lamezia vengono vissuti da un gruppetto piccolo, al massimo sette/otto, e non sempre gli stessi; riusciamo a vederci, più o meno una volta a bimestre. Gli incontri sono pomeridiani e in circa tre ore, riusciamo a vivere la pratica spirituale, e condividere un esercizio di autoconoscimento. Ci sono alcuni, tra noi, fortemente motivati, che mettono, da subito, sul terreno della propria vita, le risonanze vitali che il cammino DP suscita. Giuliana, che abita nella mia città, e che non perde occasione per raccomandarmi amorevolmente: “Incontriamoci, incontriamoci di più, in maniera più stabile!“, Gianpaolo, assiduo e pacifico meditante, Francesco e Cristina, intimi cercatori di amore e di verità e tutti gli altri, nessuno escluso, anche se non cito direttamente. Giovanna, dice: <<Le mie esperienze e il mio percorso in DP si sono intersecate e immediatamente messe alla prova con il mio lavoro, il mio rapporto con me stessa e con gli altri. Una vera rivoluzione. Incominciare a vedere il mio abisso, le ingiunzioni, la mia maschera, “vedere” le dinamiche che sottostavano ai miei comportamenti, vederle e riconoscerle negli altri, mi permettono di agire oggi, praticamente nel solco già tracciato ieri ma con una consapevolezza e l’autenticità che mi fanno arrivare a sera stanchissima ma non più dolorante anzi in realtà gioiosa e divertita>>.
Concludo, ancora, con le parole di Francesca, che sento vere per tutti i praticanti di Darsi Pace, sia calabresi che campani:
<<Sento che per me è arrivata l’età di rendere chiaro e concreto ciò che apprendo di me stessa e di ciò che mi circonda, che mi è necessario tradurlo in esperienza viva dentro di me in modo che possa trasformarmi e rendermi testimone credibile; so di essere parte di un progetto ben più grande ma non ho ancora chiara quale debba essere la mia parte>>.
Consolidamento e apertura. Per andare.
Caro Aurelio, grazie per la tua testimonianza. Sei un mio tutor (mi sono iscritta al terzo anno del triennio di base) e mi sembra di conoscerti come se fossi un amico. Io sono di Palermo, e riconosco le tue parole, da meridionale del profondo sud come te, quando ti riferisci a quell’inerzia, quella timidezza, che ci blocca il movimento fisico e mentale. Ma sappiamo bene quante meravigliose risorse abbiamo dentro, nascoste da secoli di inconsapevolezza e basterebbe decidere, “rilanciare e ricominciare” come dice Marco, per “RITORNARE A CASA”.
Il lavoro di Darsi pace è meraviglioso e molto difficile ma è una tra le poche cose che nella vita andrebbero fatte per guadagnare la vita stessa.
Io ringrazio Dio ogni giorno che mi ha posta sul cammino di DP e anche se mi piacerebbe avere la possibilità di uno scambio personale con gli altri compagni di cordata ( per adesso non c’è ma lasciamo fare al tempo), mi basta sapere che esiste questa realtà e persone come te che siete un faro in questo mare in tempesta delle nostre storie personale e del mondo.
Grazie
Grazie Aurelio per questa bella condivisione.Sono molto emozionato mentre scrivo, sabato 17 ottobre c’e’ il primo incontro della terza annualità’ a Roma, e partiro’ propio dalla stazione di Napoli.Le stazioni sono punti di incontro per più’ vie, gente che va, gente che viene, ogni uno con la sua storia, un po’ come accade a Darsi Pace, a Roma,e nelle piccole realta’ regionali come a Nocera e non finirò’ mai di ringraziarvi-ti per il servizio che offrite. Mi auguro di rivedervi presto per condividere il nostro stupendo lavoro…… un abbraccio grande.
Programmati per il crollo
Ottobre 14, 2020 / gpcentofanti
L’intellettualismo tende a considerare una parte riduttiva ed in quanto tale in fondo inesistente dell’uomo, la sua astratta ragione. Restano dunque in vario modo fuori la sua anima, così disincarnata e l’emozionalità, la vita concreta, della persona. Non a caso possiamo spesso osservare nella cultura tre tendenze fondamentali, magari variamente giustapposte: il razionalismo, lo spiritualismo, il pragmatismo.
Vi è dunque una relazione tra le impostazioni riduttive del discernimento e l’autentica umanità dell’uomo. Ma queste settorializzazioni tendono a chiudere in gabbie la conoscenza. Le persone, specie di cultura, si strutturano secondo modi di vivere spesso inconsapevoli e poco disposti ad un oltre. Osserviamo che sulle suddette scie giudizi e orientamenti possono risultare per certi versi largamente pre-programmati.
Al tempo stesso il fuoriscire per alcuni aspetti dal razionalismo da parte dello spiritualismo e del pragmatismo mostra che l’umanità tende ad una piena espressione. Solo l’uomo autentico ed integrale, solo la coscienza spirituale e psicofisica nella Luce serena, a misura, è sempre più aperta al pieno ritrovarsi e anche al continuo oltre del mistero divino, umano, cosmico.
Le gabbie sopra indicate tendono a costringere in schemi e dunque a ridurre la vita della persona ad un fare più che ad un sempre più profondo e libero essere. Siamo alle radici dello svuotamento attuale che sta conducendo la società al crollo sotto la guida di apparati come teleguidati dalla fatalità della tecnica.
Molti, persino tra le gerarchie ecclesiastiche, sono nella morsa di queste strutturazioni. Così per esempio si finisce in fondo per ritenere meno determinante la formazione scolastica alla luce della propria identità e nello scambio con le altre. Il razionalismo spegne e appiattisce. Nelle scuole cattoliche si possono trasmettere le stesse astrazioni nozionistiche di quelle statali.
Per tali motivi quando parliamo di un sistema telecomandato da pochi potenti e sopra ad essi dalla tecnica certo consideriamo il bisogno di lavorare o la smania di successo e guadagno di alcuni dell’apparato ma dobbiamo tenere conto anche della possibile inconsapevolezza di molti. Magari brava gente che decenni orsono sperava in un miglioramento sociale per tutti, specie per i più oppressi e ora si ritrova orientata dalle dinamiche svuotanti sopra accennate a pensare secondo le convenienze della finanza e dei padroni del web. In una apparente eterogenesi dei fini che in realtà era prevedibile ed è stata ben presto prevista, appunto perché strutturalmente programmata.
Ormai solo un Dio ci può salvare, ha sostenuto persino un filosofo come Heidegger. Si deve diffondere la consapevolezza del bisogno di un salto di qualità, il passaggio dal razionalismo e dagli altri citati orientamenti ad esso opposti e da esso dipendenti alla libera maturazione di tutta la persona. Il mio cuore immacolato trionferà.
Caro Aurelio, complimenti per la tua relazione, che non solo coglie gli stati d’ animo, le aspettative, l’ ansia di ricerca e di senso dei vari partecipanti, ma usa anche una forma narrativa accattivante .Mi piace molto il titolo che hai dato: “Stazioni di pace” , e’ molto significativo per I nostri progetti di vita e li esprime con una prosa da romanzo. Chissa’ che un giorno non potremo scrivere una storia di vita collettiva del gruppo campano ” Darsi pace” ! Grazie per il tuo prezioso servizio fraterno e grazie alle Suore domenicane che ci ospitano con generosita’ ,levita’ e cura materna.