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La vecchia rivoluzione e quella sempre nuova
La radice della crisi attuale sta, come osservato per esempio da diversi filosofi e scrittori, nel razionalismo che svuota, omologa, le persone in un percorso consequenziale che è passato tra l’altro, come se nulla fosse, dalle grandi ideologie rivoluzionarie al dominio della finanza e dei potenti di internet sotto l’ombra di un astratto civismo che spoglia di ogni libera ricerca identitaria e di un solo allora autentico scambio.
I tanti fantocci del sistema possono essere guidati dai propri interessi di prestigio e di guadagno ma anche possono essere essi stessi tra gli inebetiti frutti dell’intellettualismo. La tecnica alfine domina poi gli stessi burattinai della finanza e di internet di cui sopra. Essi portano al crollo la società di cui fanno parte anche i loro figli.
Bisogna tornare all’uomo e all’uomo non credo si potrà tornare coi programmi alla fine intellettualoidi, perché troppo soggettivi, di qualcuno. La via mi pare la partecipazione di tutti perché lì, nella ricerca personale e nella condivisione, si supera l’intellettualismo e si matura nella vita concreta. Dunque non un intellettualistico programma comune -, stabilito da chi? Ma proprio la libera ricerca e il dialogo tra tutti, nella più grande diversità degli orientamenti e nel desiderio comune, questo sì, di liberazione da tutti quelli che vogliono pensare il bene degli altri al posto degli altri stessi. Ecco le astrazioni, lo svuotamento, la dittatura, la riduzione a contrapposizioni tra bianco e nero, senza le mille sfumature della vita, il fanatismo.
Solo la più varia partecipazione di base potrà suscitare una rinascita personale e sociale che non sia una nuova illusoria ideologia. Da questo fermento potranno uscire di volta in volta guide che siano in mezzo alla gente e non fasulle avanguardie nelle loro torri d’avorio. Le pseudoelites vecchie e nuove hanno alcune caratteristiche distintive che segnano già un destino: ascoltano poco, vogliono primeggiare, si credono chissà chi. Sono ancora una volta frutti dell’ubris, della stolta superbia, alla fine astratta, intellettualista.
Vediamo per esempio che al tempo di Gesù la rivoluzione non la fecero le élites del tempo, farisei, sadducei, scribi, né le aspiranti nuove élites come gli zeloti o gli esseri ma i piccoli del vangelo, la gente che cercava di accogliere con cuore semplice la luce che gli veniva donata. «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!» (Lc 17, 21).
Ho scritto il testo sopra perché attinente al tema della ricerca delle vie di resistenza ma non è una risposta diretta all’intervento di Marco Guzzi. Né dunque vi sono nel testo riferimenti a lui. Per puro caso dunque sperimento un sito dove il padrone di casa accetta un (qui da me non voluto) contraddittorio. Qui a mio parere è la vera speranza di rinascita: la libertà di dialogo che va del tutto sparendo. https://gpcentofanti.altervista.org/la-premonizione-del-prestigio-calante/