Il messaggio è chiarissimo. Tanto chiaro che (come spesso capita) non lo vogliamo leggere. Ma è comprensibile, quando il messaggio è così scomodo, quando non è appena un abbellimento concettuale, ma ti richiede una sorta di revisione globale, ti impone di alzarti da dove (felice o non felice) ormai ti sei accomodato, è facile che tu scelga di non leggerlo. C’è un attrito di primo distacco, comunque in opera, anche se dove stai non stai bene. Accade, quando quello che assimili non lo puoi semplicemente aggiungere per accumulazione al framework che hai già definito, ma punta direttamente alla revisione di quello stesso quadro.
Questa è anche una storia personale (come tutte le vere storie). Il contatto con il carisma di Darsi Pace, in maniera lenta ma inesorabile, ha interrogato e lavorato in profondità il mio assetto di scienziato, imponendomi una revisione graduale ma profonda del modo in cui vedo la scienza, il ruolo di quest’ultima nella società, il suo rapporto con le cose ultime. Soprattutto, Marco Guzzi mi ha insegnato questo, a prenderla sul serio. Non mi ha mai detto così, e in effetti non c’era bisogno: è stato infinitamente più persuasivo che se queste parole le avesse realmente pronunciate.
Allora, che vuol dire prenderla sul serio? Principalmente, iniziare a sottrarsi all’inganno ordinario, alla strategia ipnotica portata avanti dai media: strategia di depotenziamento delle parole della scienza, di annacquamento della implicazioni filosofiche e sociali (ed economiche) delle sue scoperte. Prenderla sul serio equivale a non scansare il messaggio (anche scomodo) che questa, oggi, ci porta. Perché è una faccenda molto concreta, che può sollevare più di qualche fastidio.
Il sistema, direi quasi fisiologicamente, si organizza per una sua conservazione: è ipotizzabile che non gradisca essere scosso alle fondamenta da bordate filosofiche di notevole impatto, come quelle che la meccanica quantistica, per esempio, lancia a grappolo (ormai da diversi decenni) verso tutto il nostro sistema di pensiero ancora – nel suo assetto ultimo – irresistibilmente ottocentesco. Bordate destinate a mettere profondamente in crisi le stesse sue fondamenta! Quando mi riferisco a sistema non immagino necessariamente un board di uomini determinati a tutto pur di conservare lo status quo (anche se a vari livelli questo non può essere nemmeno escluso) ma mi riferisco innanzitutto a tensioni e rapporti di forze, a giochi di dinamiche fisiche che sorgono spontaneamente, proprio per autoconservazione dell’assetto esistente.
Come fa ben notare il noto fisico Carlo Rovelli nei suoi testi più recenti, lo sconquassamento teorico più efficace del mondo moderno e di tutto il suo assetto è opera di un manipolo di ragazzetti, che investono la perenne ricerca della radice profonda del reale con l’ardore rivoluzionario tipico della loro età. Infatti questi rivoluzionari del pensiero, Heisenberg, Jordan, Dirac e Pauli sono tutti ventenni. A Göttingen la loro fisica viene chiamata «Knabenphysik», la fisica dei ragazzi.
A loro – nelle fondamenta del secolo così tormentato ma al contempo così audace verso il nuovo, come il Novecento – il compito di svelare il segreto, di denunciare che il re è nudo, che il modello di realtà borghese che ha eletto la fisica classica dell’ottocento a modo privilegiato di vedere il mondo, nel malinteso tentativo di controllarlo, di dominarlo, è irrimediabilmente deprivato di ogni consistente radice che voglia affondare nell’ordine profondo delle cose, ovvero in quel mondo subatomico che sorprendentemente si rivela tanto elusivo quando rivoluzionario, capace cioè di liquidare le strutture ormai imputridite del senso comune, corrodendone le stesse fondamenta.
Questa è la verità. Il mondo si ribella dalla parte più nascosta e lascia esplodere questa granata che – a volerne seguire l’onda d’urto – ci destruttura totalmente nelle nostre più sedimentate convinzioni, richiedendoci potentemente di aprirci ad un nuovo ordine, più elastico, morbido e relazionale. Non violento, alla radice. Il crollo della vecchia struttura ha invece una sua intrinseca violenza, è vero: ma è pari e contraria all’ostinazione con la quale tenta di opporsi al flusso, di restare in gioco oltremisura.
Ed è in fondo anche questo, un problema linguistico.
Infatti, è la grammatica stessa della nostra comprensione della realtà che dobbiamo accettare di modificare. Nello stato di bassa energia non solo mi percepisco isolato, ma erigo barriere per difendere il mio isolamento. Uno sforzo sovrumano, ma non posso fare altro (o così mi pare). Mi guardo da tutti, non mi fido di nessuno. Faccio mio il motto, fidarsi è bene ma…, vivo costantemente per mettere in sicurezza me stesso e le cose a cui sono legato, per trattenere in orbita stretta un mondo (che vedo come dominio su oggetti e su persone) che ironicamente, mi sfugge via ogni giorno di più, devia su orbite che mi sorpassano, si muove ormai su ben altre ampiezze. Allora devo difendermi, innanzitutto. Il mondo è pericoloso, non riesco a trattenere nulla, ogni cosa mi può danneggiare. Il vuoto cosmico con cui interpreto tutto, alla fine vorrà anche me, lo sento. Disgregato in particelle elementari in urto pazzo e fuga scombinata in direzioni casuali: questo mi aspetto come destino ultimo, conclusione logica del mio assetto mentale. In breve, non vivo. Difatti (ci dice la nuova scienza) non si vive fuori dalla relazione.
Il punto (la buona notizia) è che c’è altro. L’uomo vecchio è rimasto indietro. Il suo modello di universo fisico non cambia nel tempo, è rigido come il marmo. Un universo di oggetti isolati che si relazionano tra loro tramite rapporti di forze, sostanzialmente urti. Insieme con i campi vettoriali (dinamica di attrazione/repulsione) non esiste altra realtà, per tale uomo. Ogni sinergia, ogni cooperazione è vista come una sovrastruttura, non pertiene all’ambito fondamentale della realtà. Ogni finalismo è ripudiato, non possiede realtà linguistica in questo angusto universo, orientato alla dissipazione e ultimamente, alla autodissipazione.
La fisica è importante perché ha qualcosina da dire, qui. E questo l’ho capito meglio assecondando il mio percorso in Darsi Pace, che mi ha parlato anche in un registro lessicale scientifico. Meglio, mi ha parlato su tutto lo spettro di linguaggi che io sento importanti. Ogni vero percorso trasformativo, mi pare, ha qualcosa da dirti non tanto in generale, ma là dove tu sei e dove operi. Ogni percorso iniziatico ha la pretesa di dire qualcosa riguardo al modo in cui ti relazioni al reale. Altrimenti non è autentico. Darsi Pace tocca il modo in cui penso e faccio scienza, in me. Altrove, può toccare il modo in cui si cucina una buona amatriciana (caritativamente superiore al fare scienza, a mio avviso) o si disegna un edificio veramente a misura d’uomo (idem).
La fisica è importante perché – in quanto scienza dura – non ti lascia ambiti di scappatoia dialogica. Tutti i maestri lo insegnano, l’ego è assai bravo nell’arte del parliamone un po’, vediamo, analizziamo con calma… quando il parlare è funzione del non modificare nulla, nel mantenere statico il proprio sistema linguistico, come si è strutturato nel tempo. Anche per questo Darsi Pace non è una appena serie di lezioni, ma un cammino reale con esercizi e pratiche meditative. Un cammino esperienziale.
Vedete il salto? E’ pazzesco. Rimaniamoci sopra un attimo. Rovelli si spinge a dire che è necessario pensare che ogni cosa è solamente il modo in cui agisce su qualcos’altro. Quando l’elettrone non interagisce con alcunché, non ha proprietà fisiche. Non ha posizione, non ha velocità. Ora fermatevi un attimo, non proseguite subito la lettura. Vi prego: il tempo di due o tre respiri. Fermatevi sulla incredibile pazzia di questa cosa, e la (benefica) violenza che fa al nostro usuale modo di percepire il reale. Quando una particella non interagisce con niente, non ha proprietà fisiche. Non è che non le conosco, tali proprietà: semplicemente non ci sono.
Brutalmente: la fisica mi dice che se non mi relaziono, non esisto. Continuo a volermi definire staccandomi da tutto, per dire ecco, questo sono io, ma così facendo lentamente deperisco, mi faccio inesistente, evanescente.
Non ci sono mattoncini che, per progressiva aggregazione, costituiscano la realtà di cui abbiamo esperienza: questo semmai è il modo di vedere dell’uomo “vecchio”, ma è il modo di vedere di ognuno di noi, per la maggior parte del tempo! La realtà mirabolante veicolata dalla nuova fisica è molto chiara, molto netta. Io da solo non sono nulla. Letteralmente. Fuori dalla relazione, io non esisto più, nel senso esatto che non mi si può definire. L’inganno settecentesco ed ottocentesco è finalmente svelato. Un mondo di oggetti che si scontrano, un cosmo di dominio semplicemente non esiste. Meglio, non esiste più, è sorpassato dall’evoluzione del pensiero umano (il cosmo è come lo pensiamo, in un certo senso). Questo non è senza conseguenze. Voler testardamente rimanere in un cosmo esausto (come spesso facciamo tutti) è faticoso, ed è sempre più faticoso ogni giorno che passa.
Eccola, la rivoluzione dei ragazzetti di cui stavamo parlando, gli indispensabili della nuova fisica. Non è appena una interpretazione filosofica, bensì la decriptazione rigorosa dei messaggi che ci arrivano dall’intelaiatura subatomica del mondo stesso. Cavalcare questa rivoluzione, seguirla nelle sue estreme conseguenze, non è facile, non è immediato. Chi pensi di poter facilmente sostituire le sue categorie mentali con questo nuovo vocabolario (che la fisica traccia in mirabile consonanza temporale con la letteratura, l’arte, la psicologia del profondo e le altre autentiche espressioni umane), è destinato ad una amara disillusione.
Soltanto un percorso ci può guidare nella lenta e paziente opera che è innanzitutto un dissodare il nostro terreno, prepararlo a questo nuovo seme, predisporlo ad una inedita fioritura, che accolga benevolmente tutti i segnali che il cosmo ci porta, per partecipare a questa rivoluzione globale, e non subirla. In tempi che non sappiamo: perché anche il tempo è relativo, ovvero morbido, flessibile, ampio e soprattutto benevolo per chi accoglie l’attitudine del cammino (Beato chi trova in Te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio, dice il Salmo 84).
Un gioco da ragazzi, in fondo. Qualcosa che ha a che vedere con il fatto che siamo in questo universo. Perché alla fine basta starci, dire di sì, affidarsi. Facendo questo nostro lavoro, rientriamo in armonia con le più segrete leggi che informano questo incredibile, meraviglioso, sorprendente mondo, in una interlocuzione continua che pare richiamarci adesso ad una nuova audacia, rivoluzionaria nell’azione e nell’immaginazione.
grazie per questo bellissimo articolo, riprendendo le parole di Giuliana Martina, è proprio così che si abita il tempo. grazie al percorso Darsi Pace possiamo abitarci e stare nel mondo con occhi diversi e menti più libere e aperte che possono intercettare il nuovo che è poi “l’inizio” che ci abita. come dici tu ci alziamo dalla comoda poltrona e proviamo ad attuare la trasformazione di oggi per essere artefici del tempo che è e che verrà.
complimenti per tutto, buona giornata
Grazie cara Loretta; in effetti la fisica ci aiuta, se la comprendiamo bene, in questo nostro lavoro di “riposizionamento” continuo che poi le tradizioni sapienziali ci hanno sempre insegnato. E’ forse un segno del “cambiamento d’epoca” che la scienza sveli nella sua profondità un accordo con le antiche sapienze, un allineamento mirabile dove fino a pochi anni fa sembrava ci fosse una aspra collisione. Siamo qui, ora. E’ un tempo particolare, fecondo.
Un abbraccio!
Articolo molto interessante, mi ricorda una lettura fatta molti anni fa, “Il Tao della fisica” di Fritjof Capra, quando ancora non conoscevo il pensiero di Marco Guzzi. Sarei curioso di sapere se Marco Castellani conosce questo libro ed eventualmente che opinione ne ha, da fisico e alla luce dell’esperienza dei gruppi Darsi Pace.
Che Gioia poter leggere questo gioco da ragazzi come un gioco antico e sempre nuovo che uno scienziato-poeta, compagno di un percorso iniziatico senza fine, ci/ mi rivela in maniera semplice e chiara.
Si, il compito di svelare il potere segreto e liberante col denunciare che il re e’ nudo, consente di percepire e sperimentare che “io da solo non sono nulla. Se non mi relaziono non esisto.”
La Beatitudine è mettersi in cammino per darsi Pace e per-Donarsi, è scoprire che la Gioia non invecchia, la Gioia non ha età: è un gioco da ragazzi in cui giovani e vecchi insieme danzeranno.
Grazie di cuore ai due Marco che ci richi-amano adesso a metterci in gioco con una nuova audacia rivoluzionaria.
Un abbraccio areospaziale a tutti i compagni di viaggio.
Giuseppina
Caro Marco, ti ringrazio per questo tuo graditissimo ed illuminante contributo. Approfitto per ricordare alcune affermazioni del prof. Marco Guzzi che mi sembrano calzare.
“L’era della ragione, della ragione egoica, che crede di “controllare” il gioco, cioè di sapere e conoscere tutto sta per essere sostituita dall’era dell’empatia, cioè da un modo di conoscere sapendo che siamo tutti correlati empaticamente e connessi tutti col tutto, sempre.
Questo ci fa entrare in un campo diverso dell’ azione, dove non è che noi siamo passivi ed impotenti, ma la nostra creatività si svolge in un modo diverso che è più recettivo per essere più creativo. Quindi una creazione che non presume di essere autogena (sono io che che faccio tutto quello che mi pare !!) Questa libertà è un’illusione egoica.
La libertà consiste più nel lasciar essere quello che è e, nel lasciarlo essere, mi rivela chi sono.”
È questo l’ atteggiamento da coltivare. Essere un seme deposto in un terreno dai giusti “componenti” chimici, Marco.
《Aprirci ad un nuovo ordine, più elastico, morbido e relazionale…》 Mi sembra l’ atteggiamento giusto ! Quello che mai si ferma davanti alle sfide. Conviviamo con queste due tendenze. Una distruttiva che, convincendoci che stando lontani e separati ci proteggeremo da tutti pericoli, l’altra positiva che con un pensiero sempre rinnovato possa affiorare in noi quell’ esile stelo ad increspare appena il seme, la visione anche baluginata dell’intima essenza delle cose, essenza chimica e sub-atomica, come riporti te, il senso nascosto della vita misteriosamente coniugato con l’ apparente freddezza della materia.
E il cammino di Darsi Pace è questo tempo. Quest’orologio cosmico che sta facendo vibrare in molti i rintocchi cadenzati dei passi dell’Uomo Nuovo.
Grazie Fiorenzo, Giuseppina, Pasqualino per i vostri graditissimi commenti!
Per Fiorenzo, sì conosco il “Tao della Fisica”, l’ho letto qualche anno fa e mi ha molto colpito. E’ un libro ambizioso e coraggioso, in certe parti esaltante, in alcune un po’ forse difficile a prima lettura. Inoltre alcune considerazioni soprattutto cosmologiche risentono forzatamente degli anni passati dalla stesura e andrebbero rivisitate (la cosmologia ha fatto molti passi avanti). Ciò detto, resta ancor oggi un libro appassionante, fondamentale per la profondità delle connessioni che svela tra la scienza e la sapienza orientale, è un’avventura attraverso la quale si comprende come la scienza sia appena un modo di conoscere, che cammina parallelo e in amicizia con modalità antichissime e differenti nell’approccio. Ritengo che il libro abbia forse qualche difetto ma senz’altro molti più meriti, tra i quali certamente quello di non svendere il “rigore” scientifico e allo stesso tempo di non aver paura di “osare” con analogie e correlazioni, anche molto fuori dalle orbite usuali.
Un saluto carissimo!
Il canto di Maria
Tutto e niente.
Niente senza di voi,
senza la gente.
Il canto che sento
è un canto che sente.
Shema’ Israel.
Si scienza e filosofia, spiritualità, tendenzialmente convergono e si aiutano nella ricerca del vero: https://gpcentofanti.altervista.org/i-fondamenti-spirituali-culturali-di-un-nuovo-discernimento-in-gesu-dio-e-uomo/
Dove si può svolgere il percorso a cui alludi nell’articolo?
Grazie
Ciao Claudia, grazie intanto per l’interesse.
Nel nostro ambito, il gruppo culturale AltraScienza (www.altrascienza.it) si propone di lavorare proprio in questo senso. Si può seguire il lavoro come dettagliato dagli articoli del blog, intervenendo con commenti e iscrivendosi alla newsletter, ma anche si può entrare a farne parte attivamente, se si desidera (così si può partecipare alle teleconferenze periodiche e allo scambio di messaggi). Non è necessaria una specifica preparazione scientifica ma l’attitudine a mettersi in gioco e portare i propri specifici talenti in questa opera comune. Nella pagina del sito DP dedicata ai Gruppi di Attività Culturale trovi il manifesto del gruppo e le modalità per contattarci, se ti fa piacere.
Un saluto!
Marco
Davvero davvero bello, lo scenario che rappresenti, lo condivido appieno. Mi vengono a mente le connessioni del nostro cervello, le sinapsi che esistono solo se si è fatto un determinato “passaggio”, con il pensiero, con i sensi,… Queste diventano la forma, la consistenza e la sostanza aggiungerei, del nostro cervello, del nostro essere, di fatto. Non so entrare bene nel dettaglio scientifico dei quanti, ma credo che si stia scoprendo che anche la forma organizzativa vitale della cellula rispecchi questa visione. Il macrocosmo che si riflette nel microcosmo. Davvero eccezionale!