Accolgo l’invito di condividere alcune esperienze del mio percorso iniziatico, ringraziandovi per l’opportunità.
Una delle difficoltà che ho incontrato è quella della meditazione delle Letture del giorno, a cui Marco ci invita come completamento delle nostre pratiche. Difficoltà incomprensibile, considerato che, avendo fatto parte di vari gruppi spirituali, era per me cosa abituale.
E’ ascoltando il video di Francesco Marabotti, nel quale commentava la nota parabola del mare in tempesta e della paura che avevano chi, sopra la barca, non percepivano la presenza di Gesù, che ho avuto modo di riflettere.
Questo ascolto è fluito dentro di me come espressione di una esperienza che vivevo nella pratica meditativa: non serve essa a passare dal mare in tempesta delle nostre difficoltà quotidiane alla fiducia tranquillizzante di uno Spirito che ci parla confortandoci?
La mia difficoltà era nel metodo: consideravo le Letture come narranti di eventi storici accaduti millenni fa che riattualizzavo per trarre da esse dei principi morali, su cosa è bene fare o meno, e questo modo si è rivelato insufficiente, quasi stridente con la mia nuova esperienza spirituale.
Porre la Potenza dello Spirito che adesso, in tutta la sua carica Creativa, parla a me con una Totalità Nuova e Coinvolgente, è la dinamica che mi richiede la meditazione delle scritture.
Per verificare questa nuova necessità interpretativa ho confrontato parti di scritture.
“Ogni volta che avete fatto queste cose al più piccolo dei miei fratelli, le avete fatte a me” Mt 25,40
“Così risplende la vostra luce davanti agli uomini, perchè vedano le vostre opere
buone” Mt 5,16
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore “.Lc 18, 9-14
Volendo commentare da un punto di vista solamente razionale, le opere buone sono state fatte dal pubblicano, cui versamento delle decime erano utilizzato dal Tempio per fare beneficienza.
Buon cittadino, rispettoso delle leggi.
Buon religioso, osservatore di precetti.
Buon marito, fedele alla moglie.
E con un senso della giustizia.
E credo che questa correttezza abbia comportato un buon dominio su sè stesso e sulle proprie passioni.
Il lamento del pubblicano non è meramente formale. Certamente avrà compiuto del male. E la dimensione del male è ferita al fratello.
Quale insegnamento moralistico possono dare questi passi?
Perchè valorizzare il male compiuto invece del bene compiuto, sebbene non in una dimensione di comunione e fratellanza?
E ancora, il disprezzo del fariseo non era forse comprensibile dalla consapevolezza che il comportamento del pubblicano aveva creato danno, disonore, disordine nella società e negli altri?
Avrà forse rubato al povero, o rinnegato la moglie lasciandola nella indigenza, praticato l’ingiustizia, o tutte queste cose assieme, considerando il paragone che il fariseo fa con il pubblicano. Io sono giusto perchè ho fatto queste cose. Lui no.
Ma cosa è l’Opera, il Vero Bene?
Degli atti i cui effetti sono limitati nel tempo e nello spazio, o qualcos’altro?
Qualunque bene avesse compiuto il pubblicano, le conseguenze sarebbero state estemporanee, non risolutive delle gravissime ingiustizie che nel tempo venivano praticate. Ed in questa autocelebrazione comunque aveva già ricevuto la sua soddisfazione, era stato ripagato.
Differente è la dimensione interiore del pubblicano.
Tutto è crollato dentro di sè.
Vi è la consapevolezza che il male compiuto è anche distruzione di sè stesso.
Non sono più. Cosa sarà di me!
Abbi pietà! Spero nella tua misericordia.
E’ in questo vuoto di sè che tutta la Potenza dello Spirito può manifestarsi.
Potenza Nuova, Creatrice, capace di far rifiorire il deserto e di rischiarare il cielo.
Nuova Creazione dell’uomo, della sua e altrui storia.
Potenza cosmica in atto, potente, rivoluzionaria.
Scintilla creatrice del Tutto in essere.
In quest’uomo dimentico di sè vi è una capacità di ricevere che cambierà radicalmente sè stesso e ciò che lo circonda.
Nessun atteggiamento moralistico, quindi, nella interpretazione delle Scritture!
Ma Verità che ci si propone, nelle nostre pratiche meditative, in tutta la sua misericordiosa amorevole armonia.
Grazie per avermi letta.
Lia
Sì, potremmo dire che cercare il sereno e autentico sé stessi è cercare, dove si riceve questo dono, Dio. Gradualmente liberati da forzature, moralismi, sensi di colpa, risposte meccaniche, da, magari per reazione, inutili sbrachi… La Parola di Gesù non è un concetto da comprendere con la mente e applicare con le proprie forze, secondo il razionalismo imperante ma Gesù stesso in modo rivoluzionario dice che Essa è un dono di grazia, come l’eucarestia, un seme donato a tempo opportuno e che, quando si cerca di accoglierlo, matura in noi secondo i percorsi della personalissima, ben al di là degli schemi, crescita di ciascuno.
Da qui, amati, compresi, liberati, la via di una semplice e serena rinascita personale e anche della società.
https://gpcentofanti.altervista.org/bufalo-bill/
Bellissima ? Grazie per la lettura e una ricomprensione del fatto bene
Cara Lia, davvero molto bello il tuo scritto. Grazie!
Grazie Massimo e grazie Francesca!
Caro Giampaolo, con il tuo commento hai reso più profondo il mio scritto.
La dimensione del dono della grazia è esperienza liberante e liberatoria. Attraverso lo Spirito, Dio stesso si dona nelle parole, che noi accogliamo, del Figlio.
È la riconoscenza nella grazia che dà significato alla quotidianità della nostra vita, trasformandola in dinamica portatrice e fattiva del Regno.
Grazie!
Lia
Ho confermato la tue parole. Un caro saluto
Ho riportato questo intervento su un sito di dialogo tra cristiani. Libero dialogo come contributo al salto di qualità così necessario in questa epoca.
https://cercogesu.altervista.org/lia-riggi-la-parola-ed-io/