Pubblichiamo con piacere il testo dell’amica Claudia Vignati, praticante dei Gruppi Darsi Pace, linguista, acquarellista, insegnante, strumentista, cantante lirica e genitore, che descrive le derive estetiche delle tendenze musicali attuali e, nella contrapposizione tra la visione e l’ascolto, rimette al centro quest’ultimo, come cammino iniziatico di conoscenza di sé.
Le abbiamo chiesto, e lei ci ha regalato, l’esecuzione di un brano molto noto della tradizione spirituale degli schiavi neri nordamericani, un testo che riecheggia l’anelito universale di ogni uomo a fare ritorno alla vera patria al termine della breve vita sulla terra: la lunga la strada verso casa si colora di momenti di acuta nostalgia come quella che prova un bambino orfano che ha perso la madre.
La redazione, e il nostro filmmaker Emanuele, hanno voluto offrire a Claudia nel video un piccolo “omaggio alla carriera”.
L’era post-Covid sarà assuefatta ad un mondo musicale e culturale ben diverso da quelli precedenti, un vero e proprio cambio d’epoca per i musicisti e per i fruitori.
Ciò che negli ultimi decenni aveva mostrato costantemente la punta delle corna, ora salta spudoratamente su tutti i palcoscenici: sempre meno musica acustica (ossia senza microfoni) e sempre più importanza alla manipolazione tecnologica e all’aspetto visivo.
Musica globalizzata, pout pourri per un pubblico di “allargato” consumo, eventi che dagli stadi si trasferiscono nei teatri di tradizione; mentre al contempo negli ultimi anni abbiamo assistito ad opere liriche profondamente violentate e banalizzate con il pretesto di “interpretarle” con modalità circensi, televisive e cinematografiche, per guadagnare nuovo pubblico (col risultato reale di perdere pubblico).
La nostra vita di artisti classici è sconvolta.
Si continueranno a incrementare principalmente gli streaming e le registrazioni che, al contrario degli spettacoli dal vivo, e vivi, si possono vendere ovunque nel mondo. I guadagni dei pochi venditori salgono così a cifre incredibili, ma viceversa il numero degli esecutori tenderà a diminuire (le stesse agenzie che ingaggiano gli interpreti decreteranno sempre di più il gusto corrente, sbaragliando ogni alternativo concorrente) riducendo quindi il numero complessivo dei “lavoratori dello spettacolo” ed il numero degli artisti, a favore del “management”, uffici alla riscossa dei palcoscenici dei teatri-azienda.
Inoltre guadagneranno tantissimo di più, ma in pochi: stesso identico fenomeno di quanto già chiaramente visibile in altri settori, tipo supermercati che decretano le chiusure dei piccoli negozi.
E miti che si costruiscono con tam-tam pubblicitari vari!
Al momento fra noi musicisti sta lavorando una minoranza, e lavora poco; chi lavora realizza un’unica ripresa del repertorio preparato, e quindi non esistono repliche, come invece sarebbe dal vivo: l’opera viene fissata per sempre, senza le variabili che occorrono nello spettacolo dal vivo ripetuto nelle varie repliche per pubblici diversi!
Il mercato si allarga al mondo, ma gli artisti sono sempre più ridotti.
Credo che questo porterà conseguenze anche nel diminuire il numero di chi deciderà in futuro di studiare la musica classica, acustica, con i suoi percorsi più strutturati e vari rispetto a quelli degli altri generi musicali, che sono da sempre inglobati nei mass-media e più chiaramente dipendenti da logiche di mercato.
Personalmente so di avere un marcato anelito alla purezza e alle verità artistiche, seppur libero da certe rigidità ideologiche degli studi di conservatorio, ma non arrivo a sentire tutte queste forzature e contaminazioni (artisti pop che utilizzano artisti e luoghi classici) come un arricchimento culturale.
Continuo invece a considerare il fare attivamente musica acustica come una forma di approfondimento del senso della vita e della conoscenza di sé, come un percorso che iniziai a poter vivere dopo il Conservatorio, studiando “ferocemente” con il tenore ungherese Lajos Kozma, grandissimo interprete e non mero esecutore ripetitore.
In Conservatorio non avevo affatto trovato risposta ai miei aneliti, né sufficiente formazione, feci quindi come chi, nutrendosi con cibo troppo “morto”, non si sente mai sazio e finisce ad abbuffarsi per non avvertire quella insoddisfazione, e in questo mio percorso musicale compii molti tragitti “in ricerca”!
È ovvio comunque che apprezzo anche la funzione di intrattenimento socializzante, che è una delle funzioni della musica, che ci fa vivere e sviluppare quello che si chiama in musicoterapia “ISO musicale”, ossia tutto il musicale che ognuno di noi ha nel proprio retaggio culturale e varia a seconda delle culture (direi che faccia parte del “nucleus” culturale di cui scrive Maurice Bellet nel suo libro “Il pensiero che ascolta”).
In campo musicale le contaminazioni di generi e luoghi si avvicendano ormai da decenni.
Ricordo anni fa, trovandomi per lavoro a Zurigo sulla via del festival di Lucerna, mi capitò in mano un opuscolo di “viaggi musicali”, dove si leggeva che per ascoltare Claudio Monteverdi si doveva andare a Salisburgo, per Richard Wagner invece si doveva andare a Milano e per Verdi a New York: ai miei occhi fu semplicemente chiaro che era una spinta ad un “viaggiare-fast”, inquinando ulteriormente i nostri cieli.
La velocità a cui ci porta la tecnologia tocca spesso rive di inquinamento globale esterno (ci fa viaggiare superficialmente) e mentale (non sentiamo più la magia dei diversi stili ed epoche, perdiamo la coscienza della nostra identità culturale).
Se dal quarto secolo d.C. la religione iniziò a facilitare la diffusione dei propri messaggi affiancando ai contenuti semantici immagini che facilitavano l’attenzione e l’interesse della gente, il fenomeno che vedo imperante oggi riguarda un abnorme preponderanza del canale visivo; e questo lo sento, a livello artistico,estetico e poetico, non come un arricchimento, quanto piuttosto come una regressione e un impoverimento, che sembra tendere ad omologare tutto in unico canale percettivo, quello visivo!
Ricordiamo che la luce è più veloce e rapida del suono (pensiamo a quanto arrivi in ritardo il tuono rispetto al fulmine caduto lontano da noi): se la velocità ottica colpisce e spesso ci fa reagire anche con reattività incontrollate, il suono ci dà forse più possibilità di riflettere e mettere anche in moto altri canali recettivi?
Nel campo della musica lirica, già negli ultimi decenni, c’è stata una grossa spinta alle registrazioni delle opere in DVD, con enorme cura dell’aspetto visivo, perché possano essere “visibili” in tutto il mondo, e non solo dal pubblico presente in teatro (pubblico che pur avendo la buona libertà di guardare anche ciò che la telecamera non inquadra e sentire i suoni dal vivo, si trova però una regia organizzata in funzione della ripresa e non del pubblico-pagante-in sala).
Per cui succede che i giorni delle registrazioni arrivi una cantante mai vista prima, che non ha fatto prove con il cast attuale, quasi fosse una tessera che si incastri con il puzzle già preparato, e fondamentalmente esteticamente coerente con lo standard di bellezza femminile attuale.
Quindi a livello di risonanze emotivo-spirituali l’attenzione dei “produttori” è prossima allo zero.
Un esempio molto semplice di come la ripresa filmica cambi lo stesso allestimento in teatro: anche il trucco teatrale, quello che serve a vedere i visi espressivi ad occhio nudo da lontano, non si usa quasi più, perché le telecamere richiedono make-up estetico, cinematografico/televisivo ed inoltre abbondano allestimenti con abiti moderni, invece che costumi, quindi tanta magia sparisce non solo per il pubblico presente, ma anche per chi sta in palcoscenico!
I “nuovi” registi hanno grossa voce sullo svilimento della tradizione, sicché succede che l’allestimento sia così improprio che ostacoli anche il buon ascolto, con coreografie per “riempire” gli spazi che il regista sente vuoti, benché la regola base della struttura di un’opera lirica era: durante l’aria del solista l’azione scenica è ferma (per ascoltare la sua voce!).
Un vero e proprio terrore del “vuoto” (visivo/scenico) di certi registi che, non ascoltando la musica, avvertono la mancanza di movimento visivo solo come mera angoscia.
Parallelo interessante sul modo umano di funzionare che approfondiamo con il nostro percorso Darsi Pace.
Per quanto mi riguarda penso che la musica, ed il canto in particolare, sia come una energia che mi aiuta anche ad esplorarmi, ogni volta in modo diverso (trovo interessante che noi Italiani diamo una sfumatura linguistica in più rispetto ad altre lingue tipo Francese, Tedesco , Inglese, che non hanno un lessico specifico per “suonare”, ma usano lo stesso termine per indicare “suonare/giocare/recitare” con i verbi “jouer” , “spielen”,“to play”).
La musica d’arte comunque, secondo me, non ha bisogno di essere sostenuta dal visivo, anzi, se proprio non può essere fruita dal vivo, preferirei sentirla tramite canali esclusivamente audio!
Ricordo che in un suo saggio Thomas Nagel poneva l’accento sui modi diversi che i vari esseri viventi hanno per contattare la realtà esterna, partendo da una domanda di fondo: “cosa si proverebbe ad essere un pipistrello?” ed ipotizzava con grande chiarezza e lucidità che, per esempio, gli extraterrestri potrebbero non possedere affatto il senso visivo, ma magari altri sensi di cui noi terrestri non abbiamo affatto conoscenza/esperienza, ipotesi molto convincente e uno sprone ulteriore per ampliare la nostra sensibilità e non, al contrario, schiacciarla.
L’attenzione estetica, l’ascolto, la capacità di consonare con l’essere sarà sempre più decisiva sulla via di un’umanità nuova antropocosmica, l’alternativa sarebbe solo un impoverimento complessivo ed incessante di una umanità sorda, distratta e in fondo disperata e soffocata dal proprio materialismo.
Cara Claudia, buon viaggio in questo nuovo tempo, difficile e complesso ma colmo di inedite scoperte.
Un augurio per vivere in ogni istante il RI torno verso la casa che aneli profondamente. Noi in cammino con te.
Un caro abbraccio, Vanna
Cara Claudia,
grazie, la tua riflessione è estremamente stimolante.
Mi è subito corsa la mente ad un libro molto interessante, ‘La scomparsa della musica’, di Antonello Cresti e Renzo Cresti, a cura di Stefano Sissa (Novaeuropa edizioni), che potrebbe essere un testo utile per ragionare ulteriormente sul problema musicale come questione antropologica e sociologica.
In questo testo gli autori si interrogano sul ruolo della musica nel mondo contemporaneo. Dalle note di copertina: ‘Sembra che il medium musicale oggi sia onnipresente, eppure mai come oggi, in tempi di industrializzazione progressiva e privatizzazione completa del settore, la musica ha perso le sue fondamentali funzioni di collante sociale, narrazione di gruppo, epica collettiva. La musica non sembra più una sostanza viva, non è più la stessa. Preda delle spinte uniformanti del mercato e delle norme egemoni della società liberale, la musica è scomparsa per quello che era ed è sempre stata’.
Dalla prefazione di Donella Del Monaco: ‘L’artista ha la stessa natura del mistico: percorre la sua via da solo alla ricerca di una verità nella musica che forse non gli si svelerà mai appieno, ma che non può fermarsi dal cercare, e chi lo ascolta non può non avvertire la dignità dell’essere profondamente umano’.
Un abbraccio caro
Silvia
Cara Claudia,grazie del regalo bellissimo,ci hai messo tutto il tuo amore in questa voce caldissima e meravigliosa.A me ha fatto entrare dentro,come se fosse una meditazione profondissima,nei visceri…La musica che hai scelto è bellissima e tu la interpreti in modo superbo e meraviglioso.Grazie,grazie,grazie,ti auguro ogni bene in questa nuova fase della tua vita,sei una grande!!!
L’ ascolto è una condizione primaria della nostra esistenza. Lo dicono le grandi tradizioni sapienziali che sapere ascoltare è un atteggiamento primario.
Basta pensare all’ udito come primo senso che compare nel feto nel grembo della madre e come l’ ultimo a lasciare la persona al termine della sua vita per rendersene conto.
Già nei primi mesi di gestazione al bambino, grazie anche alla risonanza dell’acqua del liquido amniotico, arrivano i suoni rassicuranti della voce della madre.
Nella religione indù una tra le divinità più amate, Ganesha, viene raffigurata rappresentando una testa di elefante su un corpo umano.
In videnza sono le orecchie grandi ad indicare che chiunque desideri ottenere la conoscenza dovrebbe parlare meno ed ascoltare di più.
La tua analisi Claudia è molto interessante, perché fa emergere le criticità di questa attitudine all’ ascolto, mostrandoci la sua tendenza al “tramonto”. Così come nelle altre categorie sociali in cui nelle relazioni non sappiamo ascoltare ed aspettare prima di dire la nostra, anche nel “mondo” dell’arte e dello spettacolo notiamo un evolvere delle rappresentazioni che privilegiano gli altri sensi ( in primis quello visivo) più immediatamente coinvolgenti.
E questo, come hai sottolineato te, Claudia, sta conducendo in un processo continuo di omologazione, verso una dispersione del contenuto poetico dell’arte che invece ha bisogno di trovare sempre nell’improvvisazione e nella sua unicità la vera sua essenza.
Sono d’accordo con te che a lungo andare la cultura musicale e l’arte in genere perderanno la loro ricchezza per ridursi e mera forma di intrattenimento.
Dovremo ciascuno nel proprio ambito fare ritorno su questa strada dell’ ascolto a partire dalle nostre relazioni più private.
È vero la vista, l’ immagine sono più accattivanti e la luce con la sua velocità contribuisce a stimolare la nostra attenzione. Anche se è al suono pare che dobbiamo l’ origine del nostro Universo.
Un noto studioso francese Alfred Tomatis, medico otorinolaringoiatra, in un suo libro dal titolo “Ascoltare l’ universo” elabora il suo pensiero in proposito. La vita sarebbe iniziata con questo potente suono (Big Bang) e poi sviluppata ed espansa infinitamente. Secondo lui microcosmo e macrocosmo si uniscono nel segno del suono, la cui storia culmina nella musica di Mozart.
Grazie Claudia
.. una bella finestra su un mondo musicale che sta degenerando e si sta depauperando della sua ricchezza fondante ….
…preziose , Claudia , le tue osservazioni sull’ ascolto , che in Darsi Pace impariamo a riattivare ed allenare , ascolto come esplorazione del se e del proprio consonare con la realtà che ci sta intorno … ascolto come veicolo primario che nella musica lirica si ritira sempre più dinanzi alle nuove logiche che hai ben descritto ….
Personalmente auspico che con la fine della pandemia si possa tornare a cantare e suonare in teatro dinanzi ad un pubblico
‘ respirante’ , che possa interagire con gli artisti in quel meraviglioso
scambio energetico che connota come unica ogni rappresentazione dal vivo … e in questo modo , almeno in parte minima , si potrà scongiurare una desertificazione altrimenti galoppante ..
Cara Rossana, e chi meglio di te potrebbe capirlo!Grazie
Che bello Claudia! Grazie ?
Anche l’omaggio è emozionante e hai una bellissima voce!
Cara Lula, dopo tanti anni passati a respirare con controllo e volontà, iniziando la meditazione di Darsi Pace mi ha folgorato di libertà e…….a libertà si aggiungono altre libertà,come questa di poter cantare come mi pare e cosa mi pare!
Grazie
Grazie carissima Claudia ,
la tua voce regala emozioni e vibrazioni intense ….
..in particolare ti ricordo nel ritiro che abbiamo fatto con don Alessandro Dehò a Bocca di Magra .Irenilde
Grazie a te Irinilde,come dimenticare Bocca di Magra ed il Credo di Lidia Maggi che rivelò a me stessa emozioni fortissime!
…da pelle d’oca!!!
Quello struggente e ripetuto “lontano da casa” poi, esprime tutto lo strazio di un’ anima che ha rischiato di perdersi…grazie Claudia e auguri insieme a noi?
mcarla
Si,cara Maria Carla, questa melodia mi dà un senso di buio ed abbandono,ma anche di intravedere,pur lontanissima, una casa accogliente, con una luce calda, che infine al mio arrivo mi abbraccerà e consolerà.
Grazie