Questa volta DarsiSalute incontra il teologo Duilio Albarello, docente di teologia fondamentale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e Torino, nonché direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Fossano (CN).
Vorremmo infatti entrare dentro la prospettiva che Gesù di Nazareth imprime sulla corporeità umana.
Il tema non ci è nuovo, perché ci è molto caro. Per un Gruppo che si occupa di salute, il corpo e la corporeità sono la materia prima da cui partire.
Avevamo dato avvio a questo approfondimento con Francesco Massobrio (potete ritrovare la prima e la seconda intervista su questo blog) con uno sguardo dal versante antropologico, soffermandoci su ciò che rende unico l’essere umano.
In questa prima intervista con Albarello, invece, iniziamo ad affrontare l’aspetto cristologico, appunto ciò che la vicenda di Gesù di Nazareth ha da dirci sulla nostra corporeità.
La conversazione con Albarello parte dal confronto tra salute e salvezza: in un contesto credente in Gesù Cristo, la salvezza ha un’eccedenza rispetto alla salute perché la salvezza rimanda al bene, cioè al giusto senso della vita, mentre la salute ha a che fare con il benessere. La salvezza certamente implica la salute, ma la salute da sola non è sufficiente a dire il compimento della vita.
Passiamo poi ad affrontare il tema dei miracoli, dove Gesù si fa vicino alle donne e agli uomini che incontra, nella maggior parte dei casi, restituendo l’integrità ad un corpo malato.
La guarigione del corpo quindi pare fondamentale gesto di intima vicinanza di Dio alla sua creatura.
Albarello sottolinea come i miracoli non siano segni per lo sbigottimento degli astanti, ma “gesti di potenza, nel senso però di una potenza benefica, la potenza di una dedizione che si mostra alla lettera s-misurata, ma che nondimeno è sempre a misura dell’interlocutore, senza mai umiliarlo o schiacciarlo.
[…] Attraverso quei gesti simbolici diventa evidente che cosa succede quando la volontà di Dio è fatta «come in cielo così in terra».”
Se abbiamo suscitato la vostra curiosità, godetevi l’intervista!
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Hai sintetizzato con espressione efficace, Iside, il senso dell’intervista nel titolo “La cura: volto di Dio”.
Non avevo mai pensato in questi termini quel volto che, attraverso Gesù, si manifesta nel suo amore a coloro che sono disposti ad aprirsi a Lui, ad affidarsi, a fare un atto di fede che è la condizione della guarigione.
Grazie, aspetto la prossima intervista.
L’immagine più semplice e più parlante, in cui per me è dipinto il gesto della cura, è quella della donna che asciuga il volto di Gesù, (VI stazione della Via Crucis).
Qualcosa di misterioso accade nel gesto di cura, che coinvolge curato e curante, e trasforma entrambi. Nella misura in cui vedo nel curato il volto di Dio, esso si imprime in me, mi cura, e mi salva.