“Poeticamente abita l’uomo”. Fermiamoci ad ascoltare.
Le parole di Hoelderlin riverberano dentro di noi e ci commuovono come ricordi di un’infanzia perduta. Questo perché noi esseri umani abbiamo accesso, più o meno consciamente, con maggiore o minore intensità, a una dimensione poetica dell’essere al mondo, a un senso di grazia che tocca la nostra natura profonda e la incrementa di vita.
La lettura che Heidegger fa di Hoelderlin è che “abitare poeticamente” significa essere alla presenza del divino ed essere toccati dalla vicinanza dell’essenza delle cose.
La poesia, sia pure semplicemente quella degli occhi o degli altri sensi, è un dono che ci è dato darci e dare. Ci è dato, come la vita; salutiamolo. Accogliamo lo sguardo poetico. La vista poetica trasforma l’osservatore e l’osservato e colora di anima il mondo sottraendolo a quel pericoloso riduzionismo secondo cui, per esempio, un albero non è che legna da ardere e una montagna minerali da estrarre.
Tutti i viventi della terra, dell’acqua, dell’aria vogliono essere osservati poeticamente e poeticamente uditi. Riscoprendo questo linguaggio-che-ci-unisce, silenzioso e invisibile, forse allora udiremmo ciò che ci chiedono a gran voce: “Uomo, abita poeticamente uomo! Risvegliati e torna all’altezza della tua natura!”. Affinando ulteriormente l’ascolto potremmo riconoscere che il grido più forte non viene da fuori ma dalle profondità del nostro essere; è la nobile essenza umana, la dignità divina, che rammenta la propria esistenza.
L’essere umano, in lungo e in largo nel tempo e nello spazio che ci è dato conoscere, ha di volta in volta percepito una provenienza altra, o perlomeno una misteriosa collaborazione, all’origine dell’atto poetico. La Diva che invoca Omero è la stessa Musa etimologicamente contenuta in Musica, sorella omozigote di Poesia. Se dunque facciamo un piccolo gesto di umiltà e accettiamo armoniosa-mente il manifestarsi della vita, senza combatterlo o sminuirlo, senza relegarlo a presuntuose certezze analitiche o al materialismo assiderante della mente speculativa, possiamo riscoprire l’ispirazione e la meraviglia dell’esserci. Cantami o diva, mostrami. Respiriamo. Prendiamo aria in abbondanza e poeticamente soffiamo via almeno qualche drappo dell’ingannevole velo che si è adagiato sul mondo, giacché, come aveva intuito sapientemente Eraclito, l’intima natura delle cose ama nascondersi.
Il proverbiale Maestro Zen che vede nel “filosofo postulante” una tazza in-capace di ricevere perché già colma, rende una suggestiva immagine di come non possiamo comprendere e neppure indagare genuinamente la vita se non facciamo un po’ di spazio dentro di noi. Tale svuotamento è un lasciare-che-sia in cui ci possiamo finalmente arrendere, affidare, porre in ascolto confidando che qualcosa di reale accadrà. Se abitato poeticamente, e quindi accettato fino in fondo, il vuoto, spesso fonte di smarrimento quando non di vero e proprio orrore, potrebbe rivelarsi “vuoto fertile” e sorgente feconda.
Ed è qui che occorre andare ad attingere per portare nel mondo la parola poetica, la parola che non esclude ma accoglie, la parola balsamica, la parola dolce che anima e ispira, che orienta, che ossigena, la parola che dà vita alla vita. Di fronte al vuoto siamo tutti uguali. Non c’è nessuno indietro, nessuno avanti, nessuno sopra, nessuno sotto. Ricordiamocelo poeticamente e salviamoci dalla retorica. Crediamo nel potere armonioso della parola che non si asservisce ma connette. Condividiamo visioni e idee, sogni, esperienze, emozioni e sentimenti, preoccupazioni e dubbi. Non giudichiamo, non incolpiamo e non cerchiamo colpevoli, non attacchiamo e non difendiamo, solamente lasciamo che la parola fluisca attraverso i nostri cuori.
Così, poeticamente abita l’uomo.
Che meraviglia! Grazie, grazie davvero.
Bellissimo! Grazie.
Bellissimo Marco, questo invito a fare spazio fra tutte le nostre ingombranti preoccupazioni ed attaccamenti per accogliere quel vuoto rivelatore di un soffio poetico rigenerante.
È proprio questo l’ impegno che ci tocca: fare il vuoto dentro di noi da pensieri, convinzioni errate, automatismi limitanti e tutto ciò che nel corso del tempo si è ‘appiccicato’ in noi…percepire e vivere la Vita che ci ha messo al mondo e che ci trasforma attimo dopo attimo perché vuole che fiorisca l’ unicità che ognuno di noi è!
Ciao a tutti, mcarla
Svuotarci per poter ascoltare e accogliere.
Grazie Marco