Insegno da quasi 40 anni e ogni giorno è una nuova esperienza che mi interroga, talvolta mi commuove o mi spaventa, ma sempre mi arricchisce.
Raccontare come il mondo è entrato in classe, vuol dire ripercorrere storie, volti, sguardi, emozioni di tanti bambini e bambine che negli ultimi 20 anni sono arrivati nelle classi in cui ho insegnato. Come il bel volto di Dino, in fuga dalla guerra di Sarajevo e arrivato in classe vestito a festa: camicia bianca e scarpe di cuoio lucidate ad arte. A fine anno scolastico, ricordando il suo primo giorno di scuola racconta: “..avevo paura, mi sentivo perso, ma poi ho visto il sorriso della maestra e mi sono tranquillizzato”. Oppure i vispi occhi di Abeel, arrivato dal Pakistan con la sua numerosa famiglia, talmente piccolo da non riuscire ad appendere la sua giacca all’appendiabiti della scuola, con determinazione ha subito imparato a leggere e a scrivere senza conoscere una sola parola di italiano. Oppure il sorriso di Julian, arrivato su un barcone dall’Albania, con un’espressione stampata in faccia di chi sapeva che ce l’aveva fatta.
Poi i volti e le storie sono divenuti sempre più numerosi e dopo 10 anni la classe contava ben 13 nazionalità rappresentate tutte orgogliosamente su un cartellone al cui centro c’era il mondo. Realtà precarie da un punto di vista esistenziale, storie straordinarie condensate in piccoli corpi di bambini con la valigia pronta in mano. Ricordo Gursharan, arrivata dall’India e rimasta con noi per due anni, quando la famiglia decise di emigrare in Inghilterra venne a casa mia, aveva scoperto dove abitavo, per portarmi il suo ultimo personale saluto: un mazzo di margherite, un abbraccio e la promessa che non mi avrebbe mai dimenticato.
Oggi insegno in classi con circa il 90% di alunni non italofoni, diversi di loro sono nati in Italia, costituiscono le seconde generazioni, altri sono appena arrivati poiché frutto di ricongiungimenti famigliari. Tutti con profonde e diverse radici culturali e religiose. La minoranza è costituita dagli italiani residenti nel quartiere ormai multietnico e invecchiato che sta cambiando la propria identità.
In questi anni mi hanno guidato un atteggiamento e una visione che posso riassumere in alcune parole.
Accogliere ha voluto dire guardare la diversità di ogni bambino e renderla patrimonio di tutti, terreno di reciproca conoscenza e di fattiva integrazione tra pari. Ha voluto dire non nascondere le difficoltà, proporre attività finalizzate alla conoscenza e al cambiamento, rielaborare esperienze all’interno e all’esterno della scuola, come quando collaborai con degli educatori in ambito teatrale per dare luce a “I colori delle emozioni” dove testi e drammatizzazioni erano cuciti sulle classi. Nessuna rappresentazione, ma diverse presenze coinvolte in un gioco comune, tanti io soli e spaventati che sperimentavano la gioia di essere gruppo, l’io che diventa noi.
Accompagnare le famiglie stando loro vicina, entrando dentro le loro vite e le loro case, accettando di bere un tè alla menta o un dolce tipico perché ci si accoglie reciprocamente. Offrendo aiuto nei compiti a casa, anche durante l’estate, andandoli a prendere e riportandoli nelle loro famiglie, felici di sentirsi sostenuti e considerati.
Aiutare fornendo il materiale scolastico con armadi della solidarietà, senza puntare il dito sulla mancanza delle cose, facendo invece dalla mancanza dei materiali una opportunità per scoprire la gioia del dare e del ricevere
Ascoltarei racconti e le storie di tanti Amici che attraverso le loro narrazioni hanno ampliato le nostre conoscenze. Con Baifal abbiamo suonato gli strumenti e la musica del Ghana, Jamine ci ha portato le tradizioni dell’India con il suo smagliante abito da sposa, le danze e le musiche della sua terra.
Ascoltare non solo con l’orecchio, ma posando lo sguardo come fa Africa, il ragazzo africano che nello zoo in cui lavora incontra Lupo Blu, un lupo d’Alaska cieco ad un occhio. Il lupo, chiuso in gabbia, è agitato; ogni giorno il ragazzo cerca di calmarlo e di parlargli, attende con pazienza che il lupo capisca il suo desiderio di incontrarlo. Meravigliosamente il contatto avviene quando il ragazzo guarda Lupo Blu chiudendo un occhio. A quel punto il lupo si calma e tra i due si crea una tale empatia che consente ad Africa e a Lupo Blu di raccontare l’uno le storie della vita dell’altro. (D.Pennac, L’occhio del Lupo)
Così è successo che posando il mio sguardo sugli occhi di Yacine, bambina con un forte disturbo oppositivo, ho compreso la sua storia e ho visto anche la mia e quella di tutta la classe, una storia che ci unificava anche se diverse erano le nostre provenienze. Tutte le parti che vedevo in lei erano anche parti mie. E più la conoscenza si approfondiva, più l’empatia ci faceva sentire “noi” consentendo alle nostre individualità di essere sé stesse, tutte le parti si integravano in me, in Yacine e nella classe.
Accogliere, accompagnare, aiutare, ascoltare, azioni di un cammino trasformativo che coinvolge insegnante e alunni, un cammino da percorrere insieme per diventare più umani.
Insegnare oggi è continuare a trasformarmi, è ri-educarmi mentre educo i bambini che mi vengono affidati, imparando a stare dentro la classe, dentro il mondo che è in classe, un mondo fuori e dentro di me.
È alleggerire l’insegnamento di rigidità e doverismi pesanti, renderlo spazio abitabile di eventi sempre e trasmettere ai bambini la gioia di esplorare e la bellezza di imparare, di conoscere.
È stare dentro la trasformazione senza “fare finta di essere sani o di possedere tutte le risposte, ma cercando qualche segreto pratico e concreto per vivere in mare aperto senza troppa paura e per continuare a fidarsi della rotta che di notte ci offre soltanto la stella polare” (M.Guzzi, Ri-educarsi, alcune riflessioni della nostra umanità nascente).
Cara Rosanna, hai ben colto le difficoltà in cui tutti noi docenti ci troviamo nelle nostre classi: mondi nuovi, diverse culture, bambini a volte spaesati… Tutto questo, a volte, spaventa ed immobilizza l’ insegnante che vede invece un rallentamento del cosiddetto ‘ Programma’ oppure un dover attuare strategie extra di recupero.
Ma tu hai dato anche una chiave di lettura per affrontare questo nuovo mondo che, non neghiamolo, si sta ampliando sempre più nelle Scuole.
Accoglienza, apertura, ascolto.
Ci vuole pazienza ma sono certa e sicura che gli stessi bambini, come appunto descrivi anche tu, SENTONO bene se l’ insegnante dona a loro in autenticità e verità.
Anche se parliamo lingue diverse sono sicura che il modo, il sentire da dove provengono le nostre parole ( se dal nistro cuore pacificato oppure arrabbiato ) i bambini lo comprendono benissimo.
Anche se non comprendono subito la lingua italiana, la lingua del Cuore si.
Grazie della tua testimonianza, e continuiamo ad insegnare con sempre la passione per questo meraviglioso lavoro.
Grazie Rosanna per questa tua testimonianza che mi ha commosso.
La tua esperienza suggerisce un modo di fare scuola che è al tempo stesso un modo di stare al mondo. Il mondo in classe, appunto. Non gli uni contro gli altri ma sempre “per”, moltiplicatore di possibilità, un “noi” che si disfa dell'”io”.
Ti mando un forte abbraccio,
Dario
Bellissima esperienza,Rosanna,hai realizzato un mondo a colori ,fatto di tanta diversa umanità , che è bellezza e ricchezza. Basta saperla vedere e coniugarla con il verbo amare, coome hai fatto tu con splendidi risultati !
Grazie Rosanna per averci fatto vedere uno scorcio della tua variegata realtà scolastica. E’ rasserenante sapere che ci sono insegnanti che seminano in classe un modo di stare al mondo in maniera autentica, di ascolto, di aiuto, di accoglienza ed di empatia. I tuoi alunni sono fortunato a vivere questo tempo scuola in questa atmosfera e sono sicura che rimarrà loro dentro, non solo come un bel ricordo dell’infanzia ma come un’alternativa da proporre anche fuori dalla classe. Tutta la mia stima e il mio affetto.
Stefania
Complimenti Rosanna per le attività che hai realizzato e le relazioni che hai costruito con i tuoi alunni, non ti sei fermata a considerare il freddo dato del “90% di alunni non italofoni”come uno svantaggioso ostacolo, ma con l’accoglienza e l’ascolto empatico lo hai letto per ciò che era e così li hai visti quali essi sono: bambini con le loro storie faticose sulle spalle, altri sono i luoghi in cui porsi interrogativi sui perché di queste percentuali sempre crescenti, qui ascoltiamo la tua testimonianza che ci dimostra che mantenendoti in questa apertura hai saputo trasformare la difficoltà in opportunità di crescita e ricchezza per tutti. Brava anche per averne scritto dando voce alle esperienze positive che si realizzano nelle scuole.
Un caro saluto.
Stefania M.F.
Grazie Rosanna, intorno ad alcune parole ben calibrate (-ACCOGLIERE -ACCOMPAGNARE -ASCOLTARE – EMPATIA) hai realizzato un metodo d’insegnamento e… la “sostanza” di un programma scolastico che si è rivelato anche un programma di vita vissuta e vivibile ancora.
L’amore per la ricerca di soluzioni adeguate, si è alimentato alla sorgente dell’ “amore per l’umano” ricco, vario e non privo della profonda empatia che sa moltiplicare sia la conoscenza che i legami reciproci.
Mi sembra che tu abbia provato a realizzare con risultati positivi, l’impegnativo obiettivo lanciato coraggiosamente negli anni ’90:”EDUCARE INSEGNANDO”. Anzi hai aggiunto un elemento nuovo che è un grande collante: l’ EMPATIA. Questa, infatti, sostiene e stabilizza efficacemente ogni insegnamento che voglia anche educare alle sane e produttive relazioni umane.
Questa tua esperienza, unita a tante altre, arricchisce notevolmente il lavoro di una Scuola che voglia veramente volare alto, senza smarrire la concretezza della realtà umana, sempre da promuovere e potenziare nella quotidiana attività.
Arricchito ulteriormente da questo valido contributo, tutto il Gruppo DS potrebbe accogliere e far proprio il pressante invito di Seneca: “Ricordati di osare sempre, anche con i venti contrari”.
Che ve ne pare?
Carissimi Paola, Dario, Carmela, Stefania , Stefania M.F e Amedeo, vi ringrazio delle vostre profonde risonanze che hanno toccato molte delle mie corde . Che bello sentirci assonati rivoluzionari o semplicemente traslocatori capaci di spostarci, adesso e sempre, in quel punto di emissione che ci rende un unico suono.
Vi mando un forte abbraccio.