Passando nei corridoi sotterranei, con la coscienza più lucida e attenta a osservare
ciò che accade intorno, ho intravisto in una stanza qualcuno di sospetto.
Seduto su di uno scranno, impettito in un buffo vestito simile al serio costume che indossa
un bambino a Carnevale, stava un personaggio strano.
Sono entrata senza chiedere permesso, mentre lanciava parole come sentenze senz’appello:
Tu hai sbagliato! Tu non sei giusto! Tu non capisci niente! Tu mi hai deluso! Tu devi sparire!
Guardandolo meglio, aveva un qualcosa di familiare.
Forse, il tono della voce … quella voce che ogni tanto mi sono sentita parlare … arrabbiandomi
con qualcuno in diretta o risuonando, nel silenzio della mente.
Ah, eccoti – ho pensato – sei quella parte di me che fa giustizia da sé.
E sedendomi di fronte, sono stata un po’ di tempo a contemplare il suo atteggiamento.
Non solo il costume aveva un po’ le fattezze di un bambino, ma anche il resto:
un aspetto tra l’infanzia e l’l adolescenza, tutto concentrato su se stesso, nella crudeltà
presunzione e indifferenza di quell’età; dove tutto è solo bianco o nero, dovuto e subito.
Chi ti ha dato questo ufficio? – ho chiesto ad un tratto
Nessuno – mi ha risposto senza neanche guardarmi – me lo sono preso – Non vedi chi sono?
No – ho detto – Chi sei?
Sono il Giudice: colui che giudica chi sbaglia nei tuoi confronti: sono io che presiedo ai processi
che si svolgono dentro di te: sono io che ti difendo e assolvo, condannando chi ti fa del male!
Non mi riconosci? Io sono il Giustiziere. Colui che decide cosa è giusto e cosa è sbagliato, chi può rimanere tuo amico e chi no. Chi può essere perdonato e chi no. Non ti ricordi?
Si, mi ricordo – ho sussurrato, sentendomi pesare il cuore.
Molte immagini sono affiorate dalla penombra, dove quel tipo strano parlava parlava, parlava.
La stanza si è riempita, all’improvviso: persone, situazioni vissute, fatti accaduti, errori commessi.
Guarda – ha gridato – lo vedi che ho ragione? Vedi che ho fatto un buon lavoro?
Meglio della Polizia! Se fosse stato per loro, tutte queste realtà sarebbero ancora libere
di farti del male. Sarebbero sfuggite alla giusta condanna e giusta pena!
Invece, grazie a me, sono state allontanate. Alcune, morte e sepolte. Non sei contenta?
Non lo so – ho risposto – guardando quelle persone e le ricordanze che suscitavano.
Certo, qualcosa mi rattrista ancora, pensavo, ma molto dolore è passato. Non lo sento più!
Ma, come? – dice, mentre mi guarda indignato – Avresti voluto lasciarli andare senza punirli?
Non so – ho detto piangendo – Però adesso, vieni via, scendi da questo tuo trono.
Togliti questo ridicolo abito e usciamo da questo posto soffocante. Andiamo fuori.
Nel sole e nel vento. Vedi, come si sta bene qui? E senti, come profumano i gelsomini!
come risuonano queste parole…..ho le lascrime agli occhi….ma sorrido!!!
“Togliti questo ridicolo abito e usciamo…………” Fare pace anche col giuduce spietato, soprattutto col giuduce spietato.
Così il mio cuore si sentirà sollevato di un peso enorme. C’è Dio al posto mio. E io vivo. Grazie Brunella.
Si, è vero Paolo! Grazie
cara Brunella
è molto toccante questo testo soprattutto nella parte finale in cui c’è l’azione di liberazione, in cui si comprende che quello che ci imprigiona, appunto, è un posto soffocante e uscendo da quel posto poi si può “sentire” ciò che di bello ci avvolge come il sole, il vento…. e il profumo di gelsomini …che anche a me piace tanto!|
un abbraccio
Cara Brunella, usi le parole con grande maestria…evocano immagini…un grande dono che arriva al cuore.
Grazie!
Un discernimento che tiene conto di tutti e di tutto:
https://gpcentofanti.altervista.org/transizione-elettrica-come-transizione-spirituale/
Che commozione…
Bellissima messa in scena liberatoria dell’ ombra! Teatro dell’ anima ! Integrazione e pacificazione! Complimeni!
Ciao Brunella,grazie per avere dato corpo a quella parte oscura e spietata che ognuno di noi si porta dentro e con la quale convive.
Molto bella questa rappresentazione, dobbiamo metterla in scena molto spesso per realizzarla nelle nostre vite.