Queste riflessioni sono nate dall’incontro con la figura di un politico di alcuni decenni fa, scomparso prematuramente e in modo tragico nel 1995: Alexander Langer. Ambientalista, pacifista e promotore del dialogo tra popoli e culture, Langer è stato scelto dal Centro per la Pace di Forlì per un seminario nell’ambito del progetto europeo Total Peace, che si terrà on line il 20 e 21 settembre 2021.
Marco Guzzi parteciperà in video alla conclusione dei lavori del primo giorno con una breve riflessione, per aiutare a ritrovare una direzione di speranza nella complessità dei temi che Langer ha toccato durante la sua attività politica.
La partecipazione all’evento è aperta a tutti, prenotandosi a questo link.
Uomo frenetico e gentile, di formazione cattolica ma profondamente laico, Alexander Langer è stato un anticipatore di tanti temi, che a distanza di trent’anni devono ancora essere compresi a fondo.
Tra questi vorrei provare a riflettere sulla questione ambientale, di cui Langer è stato un grande attivista in Italia e in Europa, e vorrei farlo alla luce della mia esperienza di Darsi Pace.
AMBIENTE E COMPLESSITA’
Parlare di ambiente oggi ha un sapore un po’ diverso rispetto ad alcuni decenni fa: allora era il tentativo di uno stile di vita differente, era una denuncia e un’esigenza di cambiamento che però non avevano ancora il carattere apocalittico a cui noi oggi assistiamo.
Nel 1986 un avvenimento segnò una svolta nell’opinione pubblica e nella politica occidentale: l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl. Da quel momento tutti gli europei fecero l’esperienza che le paure legate all’inquinamento e a un certo tipo di sviluppo potevano diventare una minaccia improvvisa e reale.
In questi 35 anni, ripensando alla questione ambientale, la prima evidenza è che tutto quello che allora si temeva, si è velocizzato e aggravato. Il mondo naturale che conosciamo è vicinissimo a grandi cambiamenti, che mettono in pericolo la sopravvivenza umana su questo pianeta. I documenti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici) descrivono in modo lucido e, a dir poco, preoccupante gli effetti del riscaldamento globale sulla possibilità di vita sulla Terra: non si tratta solo di uno scenario futuro, ma di un presente già in atto. Mancanza d’acqua, migrazioni di massa, malnutrizione crescente, estinzione di specie animali e vegetali, eventi meteorologici estremi, malattie sempre più minacciose.
Inoltre questi decenni hanno reso molto più chiaro che la questione ambientale è legata in modo profondo e complesso alle questioni fondamentali che riguardano il nostro abitare insieme sulla Terra: lo sviluppo e la ricchezza, la giustizia e i diritti fondamentali della persona, la pace e la guerra. Nessuno di questi ambiti è isolato, ma tutti fanno parte di una globalità sistemica di cause ed effetti a vastissimo raggio. Il clima che cambia ha effetti devastanti sulle società umane, a partire da quelle più fragili: sconvolge i cicli dell’agricoltura e così alimenta povertà, destabilizzazione, migrazioni, violenze e guerre. Non a caso le zone dove è maggiore questa instabilità climatica e ambientale sono anche quelle in cui gli assetti geopolitici sono più minacciosi, come per esempio in tutta l’area sub sahariana del Sahel. Effetti ancora più catastrofici potrebbero avvenire nella zona asiatica dell’Himalaya a seguito dello scioglimento dei ghiacciai, sconvolgendo la vita di centinaia di milioni di persone, con conseguenze globali che possiamo a stento immaginare.[i]
Questa stretta relazione tra questione ecologica, giustizia sociale e pace è anche il cardine di tutta l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’:
L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. (48)
Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri. (49)
Anche l’Agenda 2030 dell’ONU e i suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, da raggiungere appunto entro il 2030 (tra meno di 9 anni!) sono una presa di coscienza politica e internazionale di come le dimensioni ambientali, economiche e sociali non possono più essere separate. Risorse naturali, clima, povertà, salute, istruzione, giustizia, lavoro sono aspetti così profondamente connessi che intervenire su ognuno di essi ha riflessi sistemici su tutti gli altri.
Eppure in tutto questo scenario il mio sentire di oggi mi dice che manca qualcosa.
Questi anni di pratica di Darsi Pace mi fanno vedere una zona d’ombra in queste analisi, pur così preziose, e il punto cieco che io avverto, è il problema del soggetto, cioè della coscienza umana che produce queste azioni e questa conoscenza. Nulla di astratto: il punto cieco sono proprio io che adesso sto scrivendo, ognuno di voi che adesso legge e comprende queste parole.
La scienza, in tutte le sue forme, compresa l’economia e la politica, si focalizza su un oggetto di studio, lo analizza in modo mirabile, ma dà per scontato il soggetto che conosce e agisce. E’ vero che noi siamo abituati a studiare anche i comportamenti umani, le relative motivazioni e conseguenze, ma lo facciamo sempre, per così dire, dall’esterno, senza entrare noi stessi dentro il processo delle nostre azioni – relazionali, politiche o di consumo che siano. E’ come se lo stato interiore della persona fosse qualcosa di non rilevante, e su questa dimenticanza abbiamo costruito un mondo che sembra efficiente, ma che in realtà è al punto di collasso.
Se proviamo invece a ribaltare il punto di osservazione in questo modo, ci accorgiamo prima di tutto che questo soggetto umano (cioè io e ognuno di voi) sta vivendo nel suo intimo la stessa crisi, cioè si sta avvicinando anche lui a quel punto di rottura che studia sul piano ambientale e sul piano sociale, anche se difficilmente questo livello interiore di disagio viene messo in relazione diretta con gli altri due.
Cresce il malessere psichico delle popolazioni occidentali, cioè il nostro malessere personale. Depressioni, dipendenze, stati d’insoddisfazione cronica, attivismo frenetico e competitività esasperata, sostanziale infelicità: se ci fermiamo ad ascoltarci, ci accorgiamo che stiamo tutti piuttosto male.
La prima cosa che ho capito in questi anni è proprio questo: la questione ambientale, le ingiustizie sociali e la trasformazione esistenziale delle singole persone sono ambiti di azione che non possono più essere separati.
ECOLOGIA DELLA MENTE E DEL CUORE
In un’intervista di quest’anno, Grazia Francescato, leader ambientalista, giornalista, scrittrice, ha affermato:
“ Se lei mi chiedesse quale ecosistema sia oggi più a rischio di estinzione, non risponderei la barriera corallina, la foresta amazzonica o magari i ghiacciai, con la bomba ecologica del permafrost che sottendono. Il più compromesso, il più vulnerabile di tutti è l’ecosistema mente, o meglio il rapporto mente-cuore: è qui il teatro della più grande catastrofe. ”[ii]
Il grado di relativa libertà e benessere delle nostre vite di popolazioni occidentali non ci fa vedere subito in modo chiaro questo livello di devastazione, ma se ci fermiamo un attimo a riflettere risulta abbastanza evidente.
Le nostre menti sono un territorio di conquista quotidiano da parte di un mondo mediatico sempre più pervasivo e anche violento. Gli stimoli visivi, uditivi, sensoriali degli strumenti tecnologici che maneggiamo ogni giorno, ci plasmano e cambiano la forma della nostra mente: colonizzano i nostri pensieri abituali, la capacità di fare silenzio, di concentrarci e di pensare in modo creativo. Tutte queste attività profondamente umane stanno diventando qualcosa in via di estinzione.
A livello emotivo non va molto meglio: è sempre più difficile ascoltare come stiamo veramente. Anche solo farci la domanda è pericoloso e destabilizzante. Come sto? Che cosa sto provando in questo momento? Ho paura? E di che cosa? Cosa mi fa arrabbiare così tanto? Siamo sempre proiettati verso l’esterno, verso l’azione o la distrazione, avvolti dentro automatismi di cui siamo ben poco consapevoli. Iniziare ad ascoltare le nostre emozioni con calma e sincerità è qualcosa cui non siamo abituati, perché poi quello che queste emozioni ci stanno dicendo non sappiamo come affrontarlo.
La nostra mente e le nostre emozioni sono territori molti ambìti e preziosi: influenzare i pensieri e i desideri delle persone ha un vantaggio economico molto importante, perché rende prevedibili le loro azioni, specialmente quelle di consumo, che così possono essere pilotate in modo più efficace. Tutto questo non è nulla di nascosto: si parla da anni di neuroeconomia, neuromarketing e ora anche di psicopolitica.
Anche noi siamo ecosistemi devastati al pari delle foreste amazzoniche e usati come discariche al pari dei nostri oceani.
Tutti questi effetti distruttivi che vediamo nel pianeta, nella società e anche dentro di noi vengono però da lontano. Sono il punto di arrivo di una storia complessa, che dalla modernità in poi ha portato a uno sviluppo evolutivo senza pari per l’umanità, ma contemporaneamente, soprattutto negli ultimi due secoli, ha mostrato anche tutta l’ambiguità di questa forma unilaterale di progresso. Quello che noi oggi viviamo, questa forma di neocapitalismo avanzato, tecnocratico, oligarchico e nichilista ne è la forma più compiuta e chiara, l’esito storico di una problematicità che non può più essere rimossa o evitata, perché il punto di rottura collettivo e personale è vicinissimo.
Non solo il pianeta ma tutto il nostro complesso somato-psico-spirituale è seriamente in pericolo. Solo che noi non siamo un ecosistema tra i tanti, noi siamo il luogo misterioso in cui tutto è procreato, un luogo non riducibile a materia organica e chimica, né a qualsiasi tentativo di comprensione puramente razionale. L’essenza umana è così tanto altro, che forse possiamo definirci solo come esseri spirituali, intendendo con la parola “Spirito” quel mistero di Vita che noi non possediamo, ma di cui siamo beneficiari e custodi e che ci rende, in una certa misura, anche co-creatori.
Solo dentro quel fenomeno irriducibile e spirituale che è la nostra coscienza, prende vita quello che noi chiamiamo mondo, natura, società, prendono vita queste parole, i pensieri e le emozioni, ogni forma di conoscenza e di azione.
Allora partendo dalla crisi ecologica e ambientale – ma anche dalla crisi della politica e della democrazia, o dalle crisi di tutte le forme storiche della modernità (famiglia, scuola, religioni) – andando a fondo, tutte le volte ritorna al centro della scena il soggetto, cioè il mio io, il modo di abitare il mistero della mia vita, che è intessuta a livelli inimmaginabili di profondità con la vita di tutto il cosmo, come le grandi tradizioni spirituali della Terra, molto prima della scienza, ben sapevano.
La figura umana che sta collassando in questa fase postmoderna, insieme al mondo fisico e sociale che ha costruito, è profondamente ego-centrica, bellica, rapace, colma di paure e di ostilità non riconosciute. Il mio ecosistema interiore è così, predatorio in definitiva, sempre pronto a difendersi e attaccare, incapace di sostenere relazioni profonde e vere, aldilà di tanti bei discorsi e ragionamenti.
Bisogna allora entrare in cura. Entrare seriamente e serenamente in cura a tutti questi livelli: personale, culturale e politico.
Questa possibilità di cambiamento è la grande occasione di svolta in questo momento della storia (ancora una volta: del pianeta e nostra personale, insieme).
Nessun tipo di conoscenza scientifica, analisi politica o economica da sola è sufficiente: per arrivare a lavorare sul soggetto (cioè su di me, sulla mia mente e sul mio cuore) occorrono pratiche e scuole iniziatiche, che aiutino le persone a fare esperienza del mistero della propria soggettività, della propria inesauribile sorgente spirituale interiore e a fare di essa il centro del proprio lavoro, il proprio laboratorio permanente di vita personale, ma anche di progettualità culturale e politica. Questi laboratori politico-spirituali dobbiamo imparare a costruirli e ad abitarli insieme, e fare questo potrebbe veramente trasformare questi anni di crisi ecologica, a tutti i livelli, in una grande e nuova avventura comune.
“La nostra umanità cristiano-occidentale è cioè chiamata a una rivoluzione/conversione spirituale che dilati innanzi tutto la nostra coscienza, rendendola più flessibile, più umile, più mite, e più ariosa, e quindi anche più idonea a pensare e sentire davvero globalmente, e cioè per il bene di tutti e nell’interesse del tutto. La rivoluzione del XXI secolo si alimenterà alle fonti inesauribili di questo reiterato capovolgimento della mente (egoico-bellica). Sarà politica cioè proprio in quanto spirituale.” [iii]
“Oggi il rinnovamento della civiltà cristiano-occidentale richiede che ogni persona intenzionata a costruire un mondo diverso e migliore si impegni innanzi tutto a diventare dentro di sé più libera, e cioè meno ego-centrata, meno fissata nel sistema di pensiero disperato e aggressivo del nostro io chiuso in sé stesso, e più consapevole del Tutto vivente di cui fa parte. Una persona trans-egoica, che accetti con gioia crescente di passare di figura di umanità, di collaborare a inaugurare una nuova era, e per la quale perciò la ricchezza e il potere mondano – ovvero l’intero piano economico dell’utile – non possono che tornare a occupare il posto che gli spetta, un ruolo secondario, al servizio della propria e dell’altrui crescita globale, ossia dell’ampliamento di quelle sfere di gratuità e di amore in cui si realizza in definitiva la nostra umanità: le relazioni autentiche e affettive, l’arte, il sapere, la spiritualità.” [iv]
Di queste connessioni tra ecologia, giustizia, pace, ma anche della necessità di un cambiamento personale e di un sentire politico che integri la dimensione spirituale, Alexander Langer è stato per molti aspetti un anticipatore.
Vi invito quindi a partecipare il 20 e 21 settembre 2021 al convegno on line organizzato dal Centro per la Pace di Forlì, prenotandovi a questo link.
[i] G. Mastrojeni, A. Pasini, Effetto serra Effetto guerra, Chiarelettere, 2017.
[ii] Marco Bevilacqua, conversazione con Grazia Francescato “Cura interconnessione sostenibilità le tre chiavi per un futuro possibile”, in Rocca, n. 7 – 1 aprile 2021, Ed. Pro Civitate Christiana.
[iii] M. Guzzi, La nuova umanità. Un progetto politico e spirituale, Paoline Ed., 2005, pag. 40
[iv] Idem, pag. 47
Grazie Antonietta, condivido quello che scrivi, soprattutto l’ultima parte, sulla centralità di una ecologia della mente e del cuore.
Mi ha colpito questa tua riflessione:
“La nostra mente e le nostre emozioni sono territori molti ambiti e preziosi: influenzare i pensieri e i desideri delle persone ha un vantaggio economico molto importante, perché rende prevedibili le loro azioni, specialmente quelle di consumo, che così possono essere pilotate in modo più efficace. Tutto questo non è nulla di nascosto: si parla da anni di neuroeconomia, neuromarketing e ora anche di psicopolitica.”
Sulla base di questa tua riflessione, mi preoccupa che gli impegni dell’Agenda 2030 dell’ONU e i suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile siano continuamente diffusi dai grandi media e sostenuti dal World Economic Forum di Davos che è finanziato da circa mille imprese associate, in genere multinazionali con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro.
Al di là delle buone intenzioni.
Che finalità hanno? Quale forma di società vogliono plasmare?
Un caro saluto
Domande circa il processo sinodale avviato.
https://gpcentofanti.altervista.org/progetto-condiviso-segno-o-ostacolo-alla-sinodalita/
Grazie Antonietta, anche da parte mia, per questo… ricordare “interdisciplinare”…
Comincio a pensare che l’animo umano, depurato da ogni forma di usurpazione, sia il luogo di ricapitolazione di ogni accadimento nel cosmo.
Luogo di comprensione ed ascolto, e quindi a livelli di profondità per ora inimmaginabili, di ogni creazione anche di quella che ancora non riusciamo a vedere.
Per ora siamo ancora luoghi di conoscenza feriti che immaginiamo e creiamo immagini ed esperienze di mondo ferito.
La cura della ferita dell’anima, aprirà l’udito ad ascolti sorprendenti e lo sguardo a visioni più profonde, più gioiose.
Grazie
Cari Aldo e Stefano, grazie per le vostre risonanze.
Riguardo all’Agenda 2030 dell’Onu, a me sembra un’importante dichiarazione di intenti ma, come accade di solito a questi livelli, ancora molto astratta e ideologica. Ai suoi fondamentali 17 Obiettivi sarebbe bello aggiungerne un altro, una specie di metaobiettivo, che sostiene tutti gli altri, una sorta di “salute dell’ecosistema mente-cuore” – obiettivo che però appartiene ad un altro livello di conoscenza e di coscienza. Portare al livello politico anche solo la comprensione di queste parole sarebbe un passo epocale.
Curare questo nostro ecosistema interiore, che in fondo è la nostra anima, potrebbe aprire a scenari nuovi. Nel nostro piccolo, noi in fondo questo lo stiamo già sperimentando, almeno un po’…
Un abbraccio
Antonietta