Presentiamo la recensione di Enrico Macioci al nuovo libro di Marco Guzzi: “Non vedi che già sorge il nuovo Giorno? Rivoluzione e Iniziazione”, Collana Crocevia, Edizioni Paoline.
Enrico, praticante dei Gruppi Darsi Pace, è uno scrittore di talento, grande conoscitore e estimatore di Stephen King, che riconosce come uno dei suoi principali maestri narrativi.
E’ uno dei rari autori italiani che nei suoi romanzi coniuga una ricerca linguistica raffinata a tematiche estreme, in una leggerezza narrativa stringente e appassionata.
Nato a L’Aquila nel 1975, si è laureato in Giurisprudenza e poi in Lettere moderne, con una tesi su Cuore di tenebra di Conrad.
Ha pubblicato Terremoto (Terre di mezzo, 2010), La dissoluzione familiare (Indiana, 2012), Breve storia del talento (Mondadori, 2015), Lettera d’amore allo Yeti (Mondadori, 2017) e la silloge poetica L’abete nel cerchio (Saya). Ha inoltre curato la raccolta di saggi su It di Stephen King Dentro al nero (Effigie). Collabora con Repubblica e O’Magazine.
Consigliamo a tutti gli amici di Darsi Pace la visione di una bella intervista a Enrico e in particolare la lettura del suo quarto romanzo, pubblicato nel 2020, “Tommaso e l’algebra del destino” (edizioni Sem): un libro di straordinaria intensità, commovente e potentissimo, che parla della resilienza dell’infanzia e della misteriosa forza interiore capace di sovvertire i rovesci del destino.
L’opera di Marco Guzzi diventa nel tempo più vasta e più frattale. Oltre trenta volumi, diverse centinaia di video, l’attività feconda dei gruppi di trasformazione interiore Darsi pace: ogni parte riproduce il tutto e il tutto si cela in ogni parte, libro, conferenza o riflessione che sia.
La singolarità della figura di Guzzi – poeta e filosofo, comunicatore e maestro del silenzio meditativo, mistico e “assolutamente moderno”, cioè piantato nella carne storico/politica – si conferma grazie al volume appena uscito per le edizioni Paoline, Non vedi che già sorge il nuovo Giorno?
Guzzi riparte sempre più dal fondo via via che dal fondo si allontana, secondo quel movimento a spirale che caratterizza il percorso iniziatico; anzi, per usare un verbo a lui caro, Guzzi ripete ciò che dice da quand’era ragazzo – nel senso antico di ri-petere, ossia chiedere di nuovo, con maggior forza, con maggior sete, con maggior fame.
La battaglia è sempre la stessa: fra una vecchia modalità di essere umani (che Guzzi denomina Ordine dell’Ego) e una nuova, più relazionale e più intima, più istintiva e più sapiente, più capace di ascoltare e prim’ancora più capace di ascoltarsi, e di ascoltarsi dal Principio: ecco l’Ordine del Giorno (il titolo di uno dei libri più vertiginosi dell’autore). Questa battaglia negli ultimi due secoli, e in special modo negli ultimi decenni, è divenuta più chiara e spietata; tuttavia per uno di quei paradossi che solo le crisi epocali offrono, il coma irrimediabile del mondo tecno/mercantile e finanziario viene occultato con ferocia e potenza inaudite, trovando terreno fertile nelle menti rese inermi da almeno trent’anni di neoliberismo sfrenato.
Facendosi accompagnare da una poesia che scrisse nel 1984, Guzzi ci scorta attraverso tre stazioni iniziatiche, sollevandoci dalle tenebre del pozzo in cui annaspiamo alla luce di un cielo che c’è già e che l’avvento del Cristo rende perennemente limpido.
Le tappe del cammino sono semplici e ardue, come semplice e arduo è il pensiero di Guzzi.
La prima tappa consiste nel riconoscere il nostro bisogno straziante di un altrove, e dunque nel riconoscere l’insostenibilità estrema della nostra esistenza, da qualsiasi angolo la si osservi: economico, ecologico, culturale, psicologico e spirituale.
La seconda tappa consiste in un atto di fede libero e volontario, in un credito assegnato all’infondatezza del mistero dell’umana coscienza – una dinamica antitetica rispetto al nichilismo materialista del realismo capitalista ben descritto da Mark Fisher, il cui slogan è il famoso TINA (there is non alternative). Siamo viceversa creature enigmatiche, in contatto con una Fonte primigenia che va attinta e ancora attinta per non dimenticarla – e per non dimenticarci di noi. Tentando di spiegare questo passaggio difficile Guzzi si appoggia a una tradizione poetica abbastanza laterale ma ben precisa: quella dei grandi e folli veggenti che da Holderlin e passando per Rimbaud giunge a Trakl, Campana, Dylan Thomas, Celan o Ungaretti – una linea cui lo stesso Guzzi, che ha pubblicato sette raccolte poetiche, partecipa appieno. Il punto, secondo Guzzi, è proseguire lungo la strada tracciata dai suddetti profeti. Essi non seppero, non vollero o non poterono conciliare le loro visioni incandescenti con la “rugosa realtà”, e in mancanza di un equilibrio (Guzzi parla di “equidistanza”) tra spiritualità e vita ordinaria finirono per trovare la quotidianità insostenibile, autodistruggendosi tra follia, suicidio e fughe esotiche.
Qui giunto Guzzi designa la terza tappa del cammino: inventare un nuovo linguaggio – come già Rimbaud auspicava – che incarni le istanze di cui sopra e penetri le cellule dell’individuo e della società, sorta di virus benigno in grado di bonificare e rigenerare la palude tardomoderna e le sue putrescenti categorie.
Fedele alla sua natura assai pratica, Guzzi illustra l’avventura con uno stile ardito, ricco di metafore e immagini spiazzanti; spesso la prosa si avvicina alla lirica o addirittura al canto; è ritmata; accelera o decelera a seconda delle emozioni che suscita e del respiro che scandisce.
Il libro esprime un’intelligenza sia poetica sia teorica che rammenta – sebbene con intenti diversi – il dettato incatalogabile di opere quali Una stagione all’inferno, o Così parlò Zarathustra.
Non vedi che già sorge il nuovo Giorno? somiglia a un’officina dove baluginano, fra stridori e colpi di martello, le scintille lievi, le fiamme e la forgia di un’umanità nuova: quella che l’autore con inesausta tenacia evoca e accudisce da sempre.
Personalmente ho trovato questo libro straordinario. Nel libro c’è tutto: dalle motivazioni del mettersi in cammino, che nascono da un desiderio profondo la cui Fonte ogni tanto si fa sentire in echi di gioia e di unità con il tutto, al cammino necessario per rendere consapevole e incarnata la Fonte della Gioia e infine alla realizzazione concreta del nostro nuovo Io. Il tutto accompagnato dalla consapevolezza che il Cristo è il motore che alimenta la modernità e che spinge per far ritornare la creazione al suo Creatore. Conosco Marco dal 2010 e da allora tante sono state le mie cadute durante il percorso, e per me questo libro rappresenta una mano forte di cui proprio in questo momento avevo bisogno per rialzarmi. Approfitto per esprimere la mia stima per Enrico Macioci, autore del quale ho letto due bellissimi libri e del quale seguo suoi interessantissimi e profondi interventi sui social.
Un abbraccio a tutti.
Riccardo
Ho appena acquistato il libro (dopo aver aspettato un poco una eventuale uscita ebook), che dire, a questo punto ho ancor più voglia di leggerlo! Ma non solo, ho voglia di leggere qualcosa di Enrico, persona che Guzzi mi aveva più volte (mi par proprio) segnalato ed io, per quella distrazione stupida che a volte ci fa perdere di vista le cose migliori, non sono poi mai andato ad approfondire.
Ma va bene così. Tutto si compone. Bello che una cosa chiami l’altra, in un percorso dove meraviglia chiama meraviglia (e il cuore si sente un po’ meno solo, anzi capisce che sentirsi solo è una illusione cattiva che si può sgretolare, non è più così inevitabile, in una strada dove la compagnia di tanti amici si sente e non rimane in superficie, come spesso, ma arriva fino a lambire come un’onda buona, i terreni interni di questo cuore in attesa, cuore in allarme per dirla con Lucio Dalla).
Grazie.
Ho cominciato la lettura del nuovo libro di Marco Guzzi con molto entusiasmo e tanta gioia, come sempre mi succede con i suoi libri. Come sempre i libri di Marco richiedono anche fatica, sempre gratificante.
Lo stesso autore, nell’introduzione ad un altro suo scritto, ci fa notare che “Se vogliamo per davvero avviare un’avventura conoscitiva dobbiamo incominciare a sederci bene, come suggeriva Goethe, dobbiamo darci lo spazio e il tempo necessari, dobbiamo possibilmente prendere appunti, pensare con la pagina che leggiamo, e cioè dobbiamo lavorare. La lettura è una pratica interiore seria, e quindi un lavoro, e proprio per questo una delle più grandi gioie dello spirito”.
Ecco, è con questo spirito e con queste intenzioni che sto leggendo quest’ultimo lavoro di Marco, immergendomi e coinvolgendomi appieno in questo viaggio dell’anima, che contribuirà sicuramente ad ulteriori mutamenti della mia essenza.
Grazie Marco per tutto ciò che fai e per l’esempio, la tenacia e la forza che ci trasmetti a tantissimi di noi.
Buona lettura ai numerosi lettori.