Siamo partiti dall’incarnazione che, in una prospettiva cristologica, è la prossimità massima di Dio alle sue creature. Tanto prossimo da diventare Egli stesso creatura e così “comunicare all’uomo la sua identità e la sua intenzione coinvolgendo la grammatica delle esperienze comuni del vivere”, per dirla con le parole di Duilio Albarello*.
Infatti, il prof. è stato ancora ospite di DarsiSalute per la quinta conversazione della nostra serie dedicata alla corporeità. Le quattro interviste precedenti (due con Francesco Massobrio e due con Duilio Albarello) sono ascoltabili sul canale Youtube di Darsi Pace alla playlist DarsiSalute o attraverso la categoria DarsiSalute in questo blog.
Il riferimento iniziale scelto da Albarello è stato il passaggio di Paolo al capitolo 6 della prima lettera ai Corinti, dove l’apostolo parla del corpo come tempio dello Spirito ed esorta i Corinti a glorificare Dio nel corpo, perché il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo.
Questo nostro corpo di carne dunque, sottolinea Albarello, è originariamente abitato dallo Spirito di Dio che “lo plasma nel cammino che va dal concepimento alla risurrezione, o meglio dalla generazione alla ri-generazione”.
Ciò significa che “tutti i livelli dell’essere umano sono interessati dall’iniziativa salvifica di Dio”: l’uomo è un’unità complessa, da prendere tutto intero, comprese le sue ambiguità, le sue fatiche. Dio, come agape “è l’amore che «prende corpo» nelle situazioni sempre diverse della storia personale di ciascuno. Se l’agape è l’amore che «prende corpo», allora l’esperienza della fede salvifica, ossia la scelta di dare al senso dell’esistenza la forma della dedizione, non può avere altra modalità se non quella del corpo donato.”
Ora, la condizione ineludibile per disporre di sé nella modalità del corpo donato è la cura della propria umanità concreta. Una cura che si esprime attraverso alcune attenzioni di fondo: l’ascolto intelligente della verità racchiusa nelle nostre emozioni; la ricerca di un sano rapporto con se stessi, anche attraverso la coltivazione della propria vita psichica; la crescita nella propria capacità di relazione, vigilando sui blocchi irrisolti che impediscono un approccio equilibrato all’altro, una comunicazione trasparente, una prossimità affettuosa.
Non sarebbe un’autentica spiritualità cristiana, non sarebbe una spiritualità coerente con la logica della incarnazione, quella che ignorasse o addirittura svalutasse questa cura per la concretezza corporea dell’esistenza personale.”
Senza ulteriori spoiler, vi invitiamo ad ascoltare l’intervista!
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* Duilio Albarello è docente di teologia fondamentale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e Torino, e direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Fossano (CN).
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