Sono iscritta alla seconda annualità di Darsi Pace, ho 30 anni, lavoro e studio filosofia e custodisco molti pensieri e aspirazioni che sembrano non trovare un luogo ospitale nel mondo che mi circonda. Per questo desidero condividere con voi alcune riflessioni, sperando di fare cosa a voi gradita. Prima di dire alcunché, in generale, sento di dover fare i conti con il mistero che sono: innanzitutto sono un corpo e parlo. Inoltre sono inserita in una storia di pensiero, filosofico, religioso e politicoeconomico, che, volente o nolente, è il mio patrimonio. Fortunatamente sono nata in un periodo che può anche godere delle scoperte della fisica quantistica del secolo scorso, quindi cerco di non dimenticare che la scienza ha dimostrato la consistenza sostanzialmente vuota della materia. Posso godere anche delle scoperte nel campo della psicologia: da Freud in poi il sogno moderno dell’io come certezza adamantina, per dirla con Giordano Bruno, viene infranto, perché in realtà l’io che siamo si rivela abitato da potenze molto più grandi di lui. Tutto questo per dire che quando dico che sono un corpo e parlo, in realtà, meditandoci un po’ su, non so proprio di cosa sto parlando. Eppure nella maggior parte del tempo della mia giornata do tutto per scontato, perché l’immediatezza sensoriale e i pensieri, che vengono alla mia mente, costituiscono, come dice Kant, il mio senso di identità e addirittura il mondo stesso di cui faccio esperienza. Premessa breve, vertiginosa, ma doverosa, affinché queste righe possano essere arieggiate dalla brezza ignota che è la vita.
Mi si può obiettare, come è stato fatto, che nonostante l’umana immersione nel mistero “le cose però funzionano”. A quanto pare però direi che funzionano molto male! E quando le cose non funzionano, spesso tendiamo ad attribuirne a qualcuno la responsabilità. Guarda caso quel qualcuno di solito non siamo noi: “È colpa del governo Conte; è colpa del governo Draghi; è colpa dei no vax o dei pro vax; è colpa delle politiche scellerate degli ultimi decenni, del denaro e quindi del sistema economico, oppure è anche colpa di mia madre o di mio padre;” e così via. Senza giustificare o colpevolizzare nessuno, a me interessa sapere come spezzare nel mio piccolo questa catena infinita e circolare nella speranza di trovare un’alternativa che sia convincente e realistica e molto concreta che possa rigenerarmi, nel corpo e nella mente, da tanta spazzatura ideologica e nichilistica. Esiste intanto un’alternativa? Io credo che questa svolta, al di là di tutto, sia proprio indispensabile e non può basarsi su giustificazioni razionali, benché la ragione debba comunque assolvere al suo compito di esplicitare la ragionevolezza di una tale svolta. Se la ragione fosse stata capace di dimostrare l’esistenza di Dio o della materia, oggi la nostra scelta di fede nell’uno o nell’altra sarebbe frutto di una scelta consequenziale ad una causa e non sarebbe un atto volontario e libero, come è in realtà. Questo è molto importante, perché quì si gioca tutta la nostra storia, l’idea di libertà e la concezione delle possibilità e dei limiti dell’uomo stesso.
“Dio è morto” annunciava Nietzsche prima della caduta di tutti i dogmi scientifici e religiosi degli ultimi nostri millenni umani. Eppure noi oggi crediamo nell’evidente solidità della materia… Sento che qualcosa di grosso ci sfugge e ciò mi da sollievo, perché ciò che abbiamo capito, e quindi afferrato (non a caso si dice “hai afferrato il concetto?”) e che abbiamo usato fino ad oggi, a livello di politiche sociali non è stato molto ben sfruttato. L’uomo infatti sembra avvicinarsi sempre più a quell’homo homini lupus decantato da Hobbes, in un contesto di persone sempre più sole che bruciano il loro tempo in competizioni economiche sfrenate e apparenze estetiche, artistiche e non, deprimenti e prive di senso. Vedo che siamo inzuppati di tensioni e intenzioni violente, le cui conseguenze sono il nostro pane quotidiano. “Non di solo pane vive l’uomo”, disse qualcuno, un pazzo che parlava in un modo misterioso che ancora oggi, dopo 2000 anni, ci tocca nella sua assurdità. Gli idealismi e i partiti oggi sono falliti. Un gruppo di persone riunite e legate tra loro da sole idee la storia insegna che ha vita breve. Non mi sorprende, dato che anche loro erano figli della concezione moderna dell’io, superata, inteso come atomo individuale. Gli individui non durano a lungo. Come è possibile allora oggi elaborare forme di associazione senza ripetere la storia? Non vedo altro modo se non quello di cambiare la forma dell’io. Come fare se siamo esseri pensanti i cui pensieri arrivano alla nostra mente senza nemmeno accorgercene? Dopo un anno decisivo in Darsi Pace, preceduto da anni di ricerca personale, direi che dobbiamo partire da zero imparando innanzitutto ad ascoltare, a farci da parte. Ad esempio, tendiamo a vivere il silenzio come un momento di interruzione di parole e suoni, una pausa che è tensione verso ciò che ancora non è detto ma che già vogliamo anticipare. Insomma non sappiamo stare nel silenzio. Questo è un dato di fatto. Riempiamo i social di like e di fiumi di parole morte, i cellulari squillano in continuazione con notifiche di messaggi e e-mail, tutto è in fermento caotico e nulla di nuovo accade sotto il sole. I giorni si accavallano e sono tutti uguali. Gli argomenti dei nostri discorsi erano già pochi prima del covid, ora sono due o tre.
La buona notizia è che Darsi Pace offre dei metodi per far sì che ora, nel tempo di questa nostra vita, così monotona e zombificante, è possibile l’irruzione di una novità assoluta, di una svolta addirittura antropologica. Esistono pratiche per imparare ad ascoltarsi e ascoltare, a stare insieme partecipando coscientemente all’abisso che siamo, ognuno rimesso alle proprie responsabilità e libere scelte, nel rispetto più assoluto dei tempi di ciascuno. In noi possiamo scoprire una nuova forma di silenzio, che non è una pausa, un break, ma uno stato rigenerante e vigile di tutto il mio essere misterioso, dove il silenzio può rivelarsi fonte di nutrimento estremamente vitale e fecondo. Io credo che oggi solo da quel luogo, ancora tutto da esplorare, possiamo diventare ponti di parole nuove e creative, capaci di rigenerare il mondo in un senso inaudito e allegro, poetico, ma anche ragionevole. Dare un nuovo inizio al mondo e quindi al mio io significa credere, e quindi conoscere, che le forme del mio vecchio io sono soltanto una delle possibili configurazioni del mio essere. Davanti a noi il campo è totalmente aperto, ma senza un metodo rigoroso è molto difficile per noi diventare veramente e nuovamente incisivi nella storia. Il rischio altissimo, e ovvio, in cui si incorre è quello di perdersi in vagheggiamenti e fughe dalla realtà, in forme di isolamento in gruppi separati dal mondo e, soprattutto, di irrigidimento della forma dell’io vecchio egoico in idealismi astratti. Conoscere invece la nostra storia, soprattutto i meccanismi che hanno forgiato l’individualità di ciascuno di noi, ci permette, appunto con metodo, di entrarvi dentro a livello esistenziale ed emotivo, per disciogliere i ghiacci che ci bloccano attraverso la reiterazione di esperienze iniziatiche. Morire a questi meccanismi calcolabili, a poco a poco, significa imparare a fare strada e dare inizio all’inaspettato, all’irruzione di una vita più vera e autentica di cui siamo così mancanti e assetati. È sempre stato questo il nostro problema in fondo e quei pochi che hanno inciso nella storia spesso non hanno fatto una bella fine. L’esposizione al pericolo è esposizione all’ignoto. Quanto ancora vogliamo fare finta di sapere e di conoscerci ripetendo sempre le stesse re-azioni e lo stesso mondo meccanico? Il mondo di una fisica superata per certi aspetti… Perché è di reazioni che noi siamo più che altro capaci, non di azioni. Un recente libro di Mauro Scardovelli s’intitola “L’amore è un’azione”, quindi non è un valore ideale! Io credo che più che avere paura della morte, abbiamo paura della libertà. La morte fisica è una certezza e per qualcuno è certa anche l’inesistenza della libertà. Come dare torto a chi vuole ridurre l’uomo a dati biometrici se l’uomo stesso nei suoi atteggiamenti non si svincola dalla catena di causa ed effetto che domina ogni moto di questo mondo naturale? Hanno proprio ragione e hanno anche molto interesse costoro nel convincerci che non esista nessuna alternativa, nessuna finestra, nessuna apertura ignota, perché tutto quel che c’era da dire è stato già detto. Peccato che questa credenza sia in contrasto con la scienza e la filosofia! Libertà significa allora che qualcosa, il nuovo io, irrompe nella sequenza del tempo lineare da un tempo che non passa, dall’eterno, dando inizio ad un altra esperienza del mondo. Non vi sembra assurdo? Non vi fa tremare? La configurazione del nostro io non può affatto capire con la sua struttura limitata nulla di tutto ciò. Potrà solo continuare a fraintendere l’avvento dell’evento come cieca follia,, magari da far tacere e sopprimere quando inizia a disturbare un tantino la “quiete” di questo nostro mondo. Io questa quiete non la vedo troppo… Se questo è il mondo in cui volete credere, tenetevelo. Io sento piuttosto un’attrazione sempre maggiore di queste altre parole: “Io ho vinto il mondo”. Cosa voleva dire il Cristo con ciò? Ecco, credo che il tempo sia sempre più propizio per affacciarci ad un cristianesimo risanato dai pregiudizi ideologici. Credo che questo, in senso laico, significhi anche avvicinarsi all’ignoto che noi tutti siamo a noi stessi, corpi di materia vuota che credono nelle parole che pensano. Sento che il tempo ha in un certo senso i tempi corti e sempre più siamo chiamati a colmare quelle abissali lacune esperienziali di noi stessi in quanto esseri misteriosi.
Ci manca l’esperienza delle parole. Credo cioè che dobbiamo proprio iniziare a fare qualcosa che non abbiamo mai fatto prima, se non qualcuno in rare eccezioni, ovvero dobbiamo imparare ad essere onesti nell’ascolto intimo e privato di come stiamo adesso, in questo preciso momento. Perché sono teso o tesa? Di cosa ho paura? Il mio respiro è profondo o il diaframma è contratto? Prendere familiarità col corpo ci permette di calarci già in dimensioni di noi che non siamo abituati ad ascoltare. È un percorso estremamente reale e concreto che di idealistico non ha più nulla. Siamo corpi e non sappiamo di esserlo, siamo sempre emotivamente collocati, per dirla con Heidegger, e senza esserne coscienti, pensiamo pensieri già pensati da altri, pertanto in noi, come nel mondo, non può nascere nulla di nuovo. Prima di prospettare futuri più solidali ed equi, prima di parlare di libertà, prima addirittura di salvare il pianeta e prima ancora di qualsiasi politica “green”, siamo proprio sicuri che sotto alla verniciatura verde, così tanto di moda oggi, non si celi ancora quell’io tinto del colore della morte? Quell’io già morto, appunto, incapace di generare nuova vita? La verità è figlia del tempo, si dice. L’io nuovo però non aspetta tempo, perché nasce sempre ora fuori dal tempo, e la sua verità fa tremare i troni di tutti i potenti. Questa dimenisione non fa parte della sua essenza, e quando arriva, in noi, è un principio di contraddizione e confutazione delle finzioni della vecchia realtà attuale. La rivelazione essenzialmente smaschera il principio di menzogna che domina questo mondo e la forma del nostro io. Ci vuole molta gradualità e pazienza per avventurarsi metodicamente in una simile missione. La speranza però che offre, dati i risultati concretissimi che dona, mi fa credere fisicamente, psichicamente e spiritualmente che questa strada valga la pena di essere percorsa
Certo, “sono un corpo e parlo”, e dai voce, adesso, a quell’Universo che ti si rivela attraverso la ricerca filosofica e la cardiacità accompagnate da insopprimibile anelito alla libertà. Non ti lasci intrappolare dalle gabbie del razionalismo arido e non ti fai travolgere da tormenti esistenziali perchè vedi la luce e la “senti” in te: così diventi a tua volta un faro.
Hai avuto la grazia di avviare un cammino iniziatico che pacatamente ti riempie di speranza e di forza.
La nostra speranza è confermata dal fatto che un infinito numero di persone giovani non sopportano più l’inganno e l’apparenza del mondo e appena trovano proposte di Via, Verità, Vita, corrono ad abbeverarsi a quell’acqua che disseta e che diventerà sorgente di vita eterna, e cioè di salvezza.
Chi va in quella direzione verrà contrastato, ma riceverà anche la forza continuare. Grazie e buon lavoro.
Cara Ida, giustamente scrivi “Fortunatamente sono nata in un periodo che può anche godere delle scoperte della fisica quantistica del secolo scorso, quindi cerco di non dimenticare che la scienza ha dimostrato la consistenza sostanzialmente vuota della materia” e poi più avanti “Quanto ancora vogliamo fare finta di sapere e di conoscerci ripetendo sempre le stesse re-azioni e lo stesso mondo meccanico? Il mondo di una fisica superata per certi aspetti…”
Perdonami se leggo con “attenzione professionale” il tuo scritto che, peraltro, ha agganci consistenti in molte altre direzioni. Ma questo mi riporta a pensare che una vera riformulazione dell’io, il lavoro che proviamo a fare qui (e in tanti altri posti), una “riscrittura in bella” (per dirla con Guzzi) delle nostre storie, secondo un’angolatura più ariosa e meno autopunitiva, è un’opera “tosta” che non può prescindere da come vediamo il mondo “fisico” e l’universo attorno a noi.
Sì, cara Ida, la fisica già ormai da quasi un secolo ha fatto esplodere una “bomba” che rivoluziona tutto il nostro modo di pensare. La quantistica, con la mente vecchia, “non si capisce” assolutamente. C’è bisogno di fare un salto, stiamo correndo a fiato corto dietro i risultati della scienza che stavolta ci precedono in saggezza, e noi facciamo ancora fatica a cambiare mente. In verità la nostra mente è ancora quella della fisica tardo-ottocentesca: tutto azione e reazione e roba solida, come dici tu, da “afferrare”, da conquistare, da predare. Particelle come mattoni che costruiscono pian piano tutto quel che c’è, quel che si “tocca”.
La nuova fisica invece dice che il “quanto” fondamentale della realtà è relazione. Dice che un ente che non si relaziona con altro non può avere alcuna proprietà – ogni caratteristica, colore temperatura, massa e via di questo passo – viene da una connessione con altri enti. In AltraScienza proviamo a ragionare su questi temi, con pazienza ed umiltà.
Tornare al passo con quanto la fisica ci sta mostrando, è un lavoro arduo.
Però anche, bellissimo ed esaltante.
Grazie per il tuo bel contributo, auguri di buon cammino.
Si, il mondo di oggi è proprio in crisi. Basta parlare e fare qualche domanda a qualche conoscente molto ottimista, per trovare un silenzio senza replica. Ascoltando commenti sui social di persone autorevoli, si può leggere una visione attuale della società estremamente negativa e buia.
Anche in ambito religioso, in particolare questa domenica, con il personaggio di Giovanni Battista, vestito di stracci, abitante nel deserto, non certo allineato alla società di allora.
Certo, un cammino di uscita da questo tunnel è apparentemente impensabile, come impensabili sono alcune esperienze fatte nel corso degli esercizi nei gruppi Darsi Pace
Anch’io praticante del 2 anno
Grazie a voi Giancarlo, Marco e Francesco. In effetti l’alternativa oggi non può più prescindere dal piano spirituale, fisico e politico, come molto brevemente posso riassumere dai vostri commenti. Siamo chiamati ad una nuova modalità relazionale, sì. Il vecchio io è scaduto e marcio e ne stiamo subendo quotidianamente gli effetti e i contraccolpi. Una nuova sovranità erediterà questo mondo. Esistere-per-occupare il tempo e lo spazio ha fallito. Questo io omicida e suicida ci ha mentito “fin dal principio”… Oggi credo che sia un tempo sempre più propizio per ricevere la Grazia e il coraggio di smascherare, gradualmente e irreversibilmente, questo fallace teatro decadente. È estremamente difficile, ma il gioco facile è durato anche troppo secondo me. Possa una nuova speranza fondata accompagnarci pazientemente in questo cammino.
Un caro saluto, Ida.
Grazie di cuore cara Ida e “collega” di secondo anno.
È bello sapersi sodali di questo faticoso cammino verso quel teatro “rinascente” che già si anima in noi.
Un abbraccio,
Dario
Ciao Ida! Complimenti. Volevo chiederti se ho veramente capito ciò che stai cercando di dire. Dalle tue parole, per quello che ho potuto cogliere da esterna al tuo (e vostro) percorso, emerge una nostra dimensione interiore che è, al momento, una sorta di io di qualcun altro, ovvero è come se noi stessimo vivendo la vita di un grande essere che è, detta semplicisticamente, il meccanismo sociale (in tutte le sue sfaccettature, dalla politica alla famiglia). È per questo che, detta ancor più semplicisticamente, “tutto fa schifo”, perché tutto devia da ciò che si è naturalmente, essenzialmente. Questo percorso che stai (e state) facendo ti sta aiutando a capire che l’io non è solo uno, appunto, ma sono tanti e che per cambiare un mondo che ci sta lentamente uccidendo dobbiamo scegliere un io diverso, un io direi… “spirituale”? Noi dobbiamo cercare una connessione con le cose che non sia gestuale, ma spirituale: sentire non con le orecchie o il tatto, ma con l’anima. Educarci a questo renderebbe ogni cosa più primitiva, realmente vissuta. E in questo senso vivere il silenzio, e in questo senso percepire una materia vuota: vivere il silenzio esattamente per quello che è, vivere la materia esattamente per quello che è: non vuota, forse questo termine è un po’ fuorviante, ma relazione, connessione, inter-connessione. Credo che il senso sia spostare il nostro baricentro dall’esteriorità all’interiorità per connetterci con l’essenza di un mondo che così, spogliato di ogni sovrastruttura (dove Dio è morto, ovvero dove è crollata ogni nostra certezza), ci restituisca consapevolezza del nostro corpo, del nostro pensiero, di tutte quelle cose di cui la società ci ha completamente privato, di cui, aggiungerei io, noi ci siamo privati. Nietzsche diceva una cosa come “danzare sul mondo”, Wittgenstein parlava di una scala da abbandonare una volta raggiunto “il Mistico”. Dobbiamo tornare a noi stessi, noi come esseri umani, non come lupi tra gli altri lupi, ma come umani che, appunto perché tali, vivono l’irrazionale quanto il razionale, e una muta unione con il Tutto.
Sì Ida, dalle tue “righe” si percepisce benissimo l’ aria che proviene dalla “brezza ignota che è la vita”…un desiderio forte di novità rigenerante, di nuova nascita, appunto, che si apre al rischio ma anche alla speranza…grazie di cuore e buon Natale !
mcarla
Cara Ludmilla, c’è molta carne al fuoco nel tuo commento e non posso risponderti quì in modo esaustivo, ma almeno vorrei sottolineare alcuni aspetti che poni perché appunto ambigui e meritano di essere messi un po’ più a fuoco.
Innanzitutto tu dici “tutto devia da ciò che si è naturalmente, essenzialmente”. Ecco, io intanto direi che siamo costitutivamente il frutto di ciò che ci è dato naturalmente, in modo molto semplice ed evidente, vedi il corpo. Parlare di essenze già ci fa un po’ sconfinare dall’ambito naturale immanente. Quale è la mia essenza più propria? Io nel rispondere mi limiterei a prendere atto di ciò di cui ora sto facendo esperienza, perché credo che un sapere veramente fecondo parta solo da lì, dalla terra. Per conoscere il mio stato partirei da un semplice ascolto interiore molto concreto. Ad esempio potrei chiedermi: sto pensando i miei pensieri o quelli di qualcun’altro? Inoltre posso ascoltare, per esempio, come ogni pensiero agisca inevitabilmente nel mio corpo, mi contrae le spalle o mi distende i muscoli addominali. Posso quindi mirabilmente scoprire che le parole vissute e calate nel corpo, incarnate, plasmano la realtà fisica. Le parole hanno un grande potere reale! Una volta familiarizzato un pochino con ciò che mi blocca fisicamente ed energeticamente, posso imparare a riconoscerlo e solo dopo, ognuno a suo tempo, possiamo “scegliere” di sottrarci a questo io sofferente. Un io diverso, che rimane comunque misterioso, potrà emerge per sottrazione dal surplus dei nostri pesi, personali e collettivi. Io posso scegliere solo di non essere quell’io tanto indolenzito e disperato e imparare ad accoglierlo molto gradualmente e delicatamente. Per natura quindi ci troviamo in uno stato compresso e fondamentalmente violento, ma per il mistero della libertà possiamo a un certo punto decidere, reiteratamente, di abbandonarlo per farci abitare da un altro io, figlio di uno spirito donatore di vita e forza, di protezione e di salvezza direi. In quello stato l’io è un altro, come diceva Rimbaud: “Je est un autre”.
La connessione col mondo di cui parli sarà conseguenza, sul piano naturale, di questa scelta. Ma non può essere causa di questo stato, perché non posso oggettivizzarla e afferrarla. In verità posso solo viverla ricevendola passivamente nella sua incondizionatezza quando mi abbandono sul fondo abissale del mio essere.
Dici che “noi ci siamo privati” di ciò che il mondo ci ha tolto. Beh, intanto anche quì, cerchiamo di vedere di cosa la natura ci priva già di suo. Se ne fossimo un po’ più consapevoli di certo ce ne priveremmo in minor misura. Ci troviamo così dalla nascita, la colpa misteriosa di questo stato nel cristianesimo prende il nome di “peccato”. Già ascoltare un minimo questa ferita in noi è un dono che sorpassa di gran lunga l’infinita concatenazione di cause e di sofferenze. Nell’ascolto possiamo proprio bucare il tempo-dolore e rigenerarci in questo stato di grazia.
Questa passività è ciò che il cristianesimo ha sviluppato particolarmente ad esempio rispetto all’oriente. “Una volta raggiunto il mistico” possiamo scendere a terra più fortificati e comunicare al mondo uno stato concreto dell’essere capace di trasformarlo per davvero. Non solo parole astratte, ma parole che si fanno carne!
Scusa se mi sono dilungata un po’, ma molto si potrebbe dire ancora per spiegare meglio. Spero di essere stata abbastanza comorensibile. Ad ogni modo concludo riprendendo il tema duale di ragione Vs sragione o irrazionale che citi alla fine del tuo commento. Onestamente, e questo è il mio pensiero, credo che anche ciò che è apparentemente irrazionale abbia le sue ragioni in fondo. Le ragioni del cuore, di cui parlava Pascal, sono complesse da sviscerare, lo lascio fare agli psicologi, ma ci sono e già questo mi basta. In Darsi Pace infatti impariamo proprio ad accoglierle così per come sono e a liberarcene un po’ alla volta, goccia a goccia, trovando momenti di profondo sollievo e prendendo finalmente boccate d’aria nuova e di vita!
Un abbraccio
Grazie Dario e Maria. Un abbraccio ricambiato e buon proseguimento!
GRAZIE Ida, Giancarlo, Marco, nomi che corrispondono a dei volti di compagni di viaggio che conosco e mi sono ben presenti per gli incontri più o meno recenti che ci uniscono al percorso che faccio da tempo in DP (anch’io sono al 2. anno, ma ripetente di lungo corso.)
La tua testimonianza ,cara Ida, mi ha colpito soprattutto per la tua attenzione all’ascolto del corpo e del Silenzio da cui possono nascere parole ed esperienze vere, profonde e inedite che provengono da un coraggioso e fidente “corpo a corpo” con un io che sente sempre più di non essere Dio.
Grazie perchè la nostra speranza brilla nella convinzione che sempre più tanti giovani come te, iniziano a scegliere di uscire dalla trappola dell’auto inganno, convinti che vale la pena tornare ad abbeverarsi alla Sorgente della Luce per essere fari di Luce.
Buon Cammino di Libertà nel Nascente che è già venuto e che continua a venire per trovare dimora in ognuno di noi per DARCI PACE.
Giuseppina Nieddu
Ciao! Ho letto il tuo articolo tutto d’ un fiato, e trovo che giá al secondo anno hai colto chiaramente l’ importanza di questo percorso, e la preziositá di un possibile altro! Condivido il tuo punto di vista, e non aggiungerei nulla.
Solo, forse ti potrebbe interessare un libro che sto leggendo ( citato da Marco) che affronta in modo particolare, soprattutto, la cristianitá.
E quel che ne consegue. Di: Dominique Collin – il cristianesimo non esiste ancora – Buon Cammino!