Eccoci arrivati all’ultima puntata della serie che DarsiSalute ha voluto dedicare alla corporeità.
Per noi che, come Gruppo di Creatività Culturale, riflettiamo sul significato di salute in questo tempo di grandi trasformazioni antropologiche, il tema della corporeità risulta centrale. Abbiamo scelto di affrontarlo a partire dalla prospettiva cristologica, perché siamo persuasi che lo sguardo che emerge dai vangeli abbia molto da dire ad ogni essere umano, che scelga o meno di affidarsi a quella Parola e a quell’evento in modo credente.
Ecco perché ci siamo fatti accompagnare da due teologi, Francesco Massobrio con cui abbiamo aperto la serie e Duilio Albarello con cui l’abbiamo sviluppata e conclusa. Tutte le sei conversazioni sono disponibili sul canale Youtube di Darsi Pace alla playlist DarsiSalute o in questo blog alla categoria DarsiSalute.
Finiamo dunque in modo glorioso, con la risurrezione.
Albarello* però ci ricorda subito che qui, più che mai, è vietato ogni tentativo di descrizione. Storicamente, nel cristianesimo si sono avvicendati molti tentativi di questo tipo, dall’affascinante narrazione dantesca alla minuziosità dei dettagli di Tommaso, giusto per fare un esempio.
I Vangeli però ci fermano sulla soglia della tentazione e ci tengono nella sobrietà.
Senza descrizioni, possiamo soltanto appoggiarci al linguaggio metaforico per cercare di cogliere “la realtà di una condizione, che noi qui e ora possiamo soltanto intuire: ovvero il compimento di un’esistenza storica totalmente coerente con il suo giusto senso e definitivamente affrancata dal male” (Albarello).
La risurrezione di Cristo, pur non potendo essere modello per la nostra risurrezione proprio per l’unicità della sua persona, tuttavia “ci mostra che comunque non può esserci compimento per l’esistenza umana, che non integri la dimensione costitutiva della corporeità, perché senza corporeità non c’è alcuna identità concreta per la persona umana” (Albarello).
E anche quando Paolo, nella prima lettera ai Corinti, al capitolo 15 versetti 44-46, parla di corpo animale e di corpo spirituale, Albarello fa notare come il corpo sia la costante, mentre “animale” e “spirituale” connotano la dinamicità della vita: corpo spirituale significa “ri-creato dallo Spirito di Cristo”, ma appunto ciò che viene ri-creato è il corpo, non altro.
Infatti, “la salvezza di Dio – dice Albarello – nella visione cristiana non è mai in contrapposizione alla corporeità dell’essere umano”: se anche siamo limitati e deboli, c’è tuttavia tanta ricchezza nei nostri vissuti relazionali che poi vuol dire c’è tanta preziosità nelle nostre vite, degna di salvezza.
La speranza cristiana perciò è la ri-generazione, che solo un Dio può compiere, proprio nel momento più serio della nostra vita, cioè nella morte, dove finalmente la nostra corporeità potrà essere condizione liberata per l’espressione creativa del desiderio di vita che ci abita e che ci accompagnerà come sorgente inesauribile di pienezza.
Buon ascolto!
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* Duilio Albarello è docente di teologia fondamentale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e Torino, e direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Fossano (CN).
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