Si è chiuso per tutti noi un anno non facile, un anno ancora vessato e venato da questa orribile emergenza che non cessa di procurarci incertezze, ansia e spaesamento nei confronti del futuro più immediato. La cosa che personalmente mi ha dato più difficoltà fin dall’inizio dell’epidemia non è stata tanto la prova in sé, ma il non avere alcuna idea della sua durata complessiva, il non poterne intravedere una fine in qualche modo circoscritta. E nonostante di sviluppi ve ne siano stati numerosi, la situazione sembra essere ancora profondamente incerta (a dispetto delle chiacchiere dei ciarlatani che festeggiano la crescita del PIL come l’inizio di una nuova età dell’oro).
Di fatto ci sembra sempre di essere daccapo, di essere dunque in gabbia, prigionieri di un carcere dalle mutevoli forme e dimensioni, ma con un medesimo retrogusto di fondo, stantio, acre e soffocante, un incrocio tra il gelo di una cantina senza luce e la camera d’ospedale disinfettata con l’alcol. Proprio così, siamo entrati nel 2022 e il nostro Io, più che di festeggiare e sperare, avrebbe voglia di rinchiudersi ancora di più nella propria cella mortuaria, priva d’aria, essenzialmente suicidaria. Qualunque messaggio onesto per il nuovo anno non può a mio parere che cominciare da un fatto: che la nostra anima vaga oggi nel deserto.
La domanda quantomai urgente è però un’altra: è tutto qui? Siamo convinti che l’essere coscienti di questo deserto (che viviamo in tutti i momenti difficili della vita e della storia) sia di per sé inutile, senza sbocco, o addirittura una maledizione? Non sarebbe meglio essere ignari del male, come le bestie, gli animali da allevamento, completamente in balia degli altri e privi di pesi spirituali? – Questo è ciò che il sistema di potere sta oggi tentando in tutti i modi di farci credere. Vogliono veramente che rimettiamo le nostre vite, le nostre stesse anime, nelle loro mani. Stanno scientificamente coltivando il disprezzo e il disinteresse assoluto dei cittadini nei confronti della Cosa pubblica, così da non dover più dipendere da un qualcosa di serio e potenzialmente per loro pericoloso come la volontà popolare (demonizzata e ridotta nel frattempo a “populismo”). Dicono che vogliono vaccinarci contro il Covid, mentre in realtà ci stanno già da un pezzo vaccinando ad ogni pratica di pensiero critico. Dicono che hanno a cuore la salute pubblica, ma dall’inizio dell’emergenza non hanno fatto altro che togliercela, la salute mentale, attraverso parole e atti privi di anima, aggressivi, terroristici, tipici (a detta di loro stessi) di un clima di guerra.
A questa pressione spaventosa, sempre più spaventosa, occorre di NO con molta fermezza. Si tratta di un gesto di disidentificazione fondamentale per evitare la definitiva devastazione della nostra anima. Di fronte alle voci numerosissime che ci dicono che “è tutto qui”, che l’unica soluzione è quella che ci viene preconfezionata dall’alto, noi possiamo e dobbiamo rispondere raccogliendo il nostro senso di pudore, di autoconservazione spirituale, e fare un deciso passo indietro. Il passo indietro è essenziale per cominciare a osservare il deserto in quanto deserto. Senza questo distacco quotidiano, questo salutare gesto di pulizia interiore, non c’è modo di sfuggire alla presa delle tenebre. Il nostro tempo è – in questo senso – realmente abitato dal deserto (lo stesso cantato da Zarathustra e da Thomas Eliot).
Carl Gustav Jung, nel suoi viaggi interiori alla ricerca del proprio Sé, scrisse un giorno: «E ben presto mi sono accorto che il mio Sé era diventato un deserto in cui ardeva soltanto il sole del desiderio non placato. Ero sopraffatto dalla sterilità infinita di questo deserto» (dal Libro rosso, pp. 29-30). Soffermiamoci un momento su queste parole, e proviamo poi – con molta umiltà e dolcezza – a confessare a noi stessi quante volte ci sentiamo esattamente così nella nostra vita. Per paradosso il nostro desiderio inesausto è proprio quello di avere un po’ di pace, di ristoro e restaurazione interiore. Il nostro Io ordinario infatti è messo talmente male che tutto il suo movimento disperato è – che lo si sappia o meno – fin dall’inizio volto a trovare un punto di quiete, ossia: un punto di morte. Questa è appunto il senso autentico, spirituale, del deserto: sondare a fondo il nostro terribile desiderio di morire, la nostra nostalgia per il non-essere.
Vissuto in questa direzione, il nostro momento storico appare già come un che di straordinariamente propizio per approfondire in noi stessi e tra di noi il mistero del deserto, che da sempre abita il cuore dell’uomo. Ascoltiamo ancora una volta la voce maestra di Jung, in un passo subito successivo a quello citato: «Gli antichi vivevano i loro simboli, perché per loro il mondo non era ancora diventato reale. Per questo si recarono nella solitudine del deserto, per insegnarci che il luogo dell’anima è un deserto solitario. Lì ebbero visioni in abbondanza, i frutti del deserto, i fiori strabilianti dell’anima. Medita assolutamente sulle immagini che gli antichi ci hanno lasciato. Esse indicano la via di quel che ha da venire. (…) Se dici che non esiste il luogo dell’anima, allora esso non esiste davvero. Se invece affermi che esiste, allora esiste davvero. Nota ciò che gli antichi dicevano in senso figurato: la parola è un atto creativo. Che gli antichi dicevano: in principio era la Parola. Considera questo insegnamento e meditalo. Le parole che oscillano tra nonsenso e senso superiore sono le più antiche e le più vere».
Per quanto possa suonarci strano o complesso, Jung sta tentando di dirci qualcosa di molto semplice, forse troppo semplice. Ci sta invitando a porci una domanda ben precisa, una volta che abbiamo preso contatto (reale) con il deserto annidato sul fondo della nostra anima: che cosa mi parla davvero in questo tempo? Quali parole, quali sentieri, quali luoghi donano Senso e direzione al mio essere un essere-umano? – Non rispondiamo subito. Continuiamo a sostare, a non attaccarci a nulla di ciò che ci scorre davanti. Dopodiché, riproviamo ancora ad attendere alla domanda. Quest’ultima, se seguita fino in fondo nella sua durezza, contiene già la risposta, anzi ci ha già da sempre offerto una risposta.
Da questo punto di vista, ciò che ci dona davvero quello che siamo, la nostra vera e misteriosissima identità, non va cercato in nessun altro luogo che non sia questo stesso deserto. Gli antichi infatti, dice Jung, proprio nel deserto «ebbero visioni in abbondanza». Il vuoto cioè, l’apparente nullità di tutte le cose, cela in sé una pienezza nascosta, insperata, che ci prende come di soprassalto. È una sorpresa, un Evento inatteso, che però è il solo in grado di dirci chi siamo noi davvero.
Ebbene, il 2022 è un anno che si spalanca innanzi a noi come una voragine a partire da questo stesso vuoto incredibilmente procreativo e fecondo, ma anche provocatorio e oscuro, a seconda di come scegliamo di ascoltarlo. Basti pensare che in greco la voragine che si spalanca, come la bocca quando sbadiglia, si dice chàos. L’autentico caos, l’Abisso apparentemente oscuro e informe che sovrasta le nostre vite, è un che di molto vasto, per nulla univoco, tanto che udendone la risonanza primaria con un altro orecchio, un orecchio rinnovato, accade che non veniamo affatto annientati, ma scopriamo anzi che proprio lì sta la vera Fonte creatrice dell’essere, del nostro esserci incarnato e vivente, che ci fa dire “io” in ogni istante.
Chi ha orecchie nuove, sufficientemente abissali, temprate nel deserto dei tempi apocalittici che corrono, sa benissimo che l’unica cosa sensata da fare in questo nuovo anno è accogliere in sé la Parola nascente che – nei modi e delle forme specifiche proprie di ognuno – ricrea letteralmente il mondo a partire dalle sue ceneri. Sta scritto infatti: «E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16, 17-18).
Ecco che il mio più sentito augurio a tutti i praticanti di Darsi Pace, e più in generale a tutti gli uomini e le donne che come noi vivono un grande travaglio fisico-spirituale, è quello di lasciarci pervadere fin nelle viscere da queste parole sante e divine, che tuonano nei nostri cuori con aria e potenza inaudite, soprattutto quando il baccano di questo mondo sembra essere insormontabile.
In questa Fede, buona nascita e buon 2022 a tutti! –
Grazie Luca per questo testo, per me così confortante ed evocativo. Come uomo, figlio, marito, padre, docente e artista sono in costante ricerca di questo “luogo dell’anima” anche se in questo mercato che è il mondo non è facile fare spazio al deserto. Non demordiamo. Grazie ancora. Buon anno. Guido seconda annualità DP.
Vengo in Pace. Sono un neofita di DARSI PACE, gruppo di cui ho moltissima stima e a cui non vedo l’ora di partecipare in modo fattivo. Devo però, data l’onestà intellettuale che credo mi abbia sempre contraddistinto, dire subito che condivido il 99,99 % delle idee di Marco Guzzi e in generale degli altri carissimi Amici, come Colui che scrive questo articolo che mi accingo a commentare. Condivido TUTTO, non solo tutte le parole e i vari segni d’interpunzione, ma financo gli spazi fra una parola e l’altra. Però al 99,99%. Quello 0,01 %, però, risiede proprio sulla questione dei vaccini. Non sono d’accordo, e mi piacerebbe discuterne con calma. Verissimo che il nostro “governo” abbia gestito malissimo la pandemia, come peggio non poteva, verissimo che sia sbagliatissimo parlarne ogni santo giorno, verissimo tutto. Ma vaccinarsi è assolutamente necessario, proprio per provare a rinascere e superare questo maledetto virus. Come per altro ho detto in un augurio di buon 2022, riservato ai follower del mio canale MATEMATICA FISICA E BELLEZZA, che io gestisco, essendo un professore di Matematica e Fisica. Mi piacerebbe discuterne in modo appassionato e sincero con tutti, Vi invito, magari, a guardare il mio appello sul mio canale, ma veramente non riesco a capire questa avversione al vaccino che, anzi, a mio avviso sarebbe dovuto esser reso obbligatorio, ma da almeno una anno. Ora, probabilmente, è troppo tardi. Pace e bene.
Il luogo dell’anima se “io” penso e credo e dico che esiste, allora esiste davvero: la mia parola crea il luogo dell’anima, mi mette in condizione di realizzarlo, con il mio cieco atto di fede libero e potente.
Nei nostri disastri personali e sociali, nel nostro vortice al quale possiamo abbandonarci fiduciosi, ci ritroviamo nel deserto in cui non muori di sete ma che al contrario ti offre vita e “visioni in abbondanza”, ti aiuta a conoscere te stesso.
Questo è l’essenziale del percorso iniziatico, mentre dico con amicizia a Tonino che sono necessari ma non essenziali i dibattiti sui più vari temi come vaccinazioni, politica, economia, sui quali si possono avere opinioni diverse.
https://www.youtube.com/watch?v=DkB_hwv_9pk&t=0s
Caro Tonino,
forse questa intervista può aprire un altro punto di vista sui vaccini e sull’origine della pandemenza.
Copio anche un pensiero di Steiner:
“Vediamo cosa vaticinò Rudolf Steiner, in un poderoso compendio del 1917, e che oggi sembra realizzarsi contro il genere umano: «Useranno i vaccini per abrogare l’anima dei popoli. Essi saranno la causa di un notevole indebolimento della struttura fisico-vitale”. E nello specifico, è ancora più incalzante ed esaustivo: “Nel futuro si eliminerà l’anima per mezzo dei farmaci. Col pretesto di un “punto di vista scientifico”, ci sarà un vaccino mediante il quale l’organismo umano verrà trattato immediatamente alla nascita, in modo che l’essere umano non potrà sviluppare il pensiero dell’esistenza, dell’anima e dello spirito. Verrà affidato ai medici materialisti il compito di eliminare l’anima dall’umanità.”
Un caro saluto
Sabrina
Condivido quanto scritto da Giancarlo, e ammiro la sua quieta saggezza. Pare anche a me che “sono necessari ma non essenziali i dibattiti sui più vari temi come vaccinazioni, politica, economia, sui quali si possono avere opinioni diverse”.
Per tale motivo la parte più interessante di questo post per me è senz’altro la seconda, dove Luca sapientemente ci prende per mano esponendoci al pensiero di Jung, che da queste parti – grazie al cielo – è sempre stato di casa, ed è sempre stato valorizzato (e non guardato con sospetto come purtroppo accade ancora in ambiti “cattolici”).
Questa coniugazione inesausta e sempre ripresa del pensiero più significativo del Novecento con la tradizione cattolica – senza tentazioni “fondamentaliste” né “moderniste” – è a mio avviso una delle cifre più importanti di questo percorso. Che non cessa così di rivelare bellezza, come Tonino ha già intuito.
Grazie Luca. Buon anno a tutti
Cari, vi ringrazio davvero per le vostre generose considerazioni e condivisioni.
Vorrei però dire affettuosamente a Tonino che nel mio scritto non vi è una sola frase che contesti i vaccini in quanto tali, bensì la politica governativa e info-mediatica che concerne i vaccini stessi. Io infatti non reputo affatto che il vero problema siano i vaccini, e nemmeno il Covid inteso come minaccia per il nostro corpo. Il vero problema, vaccini o non vaccini, è sempre il medesimo, e risale dalla politica (tema, mi spiace dirlo, essenziale in questa fase storica) su fino a Jung e alle rivelazioni spirituali più vitali della nostra storia.
Darsi Pace significa che questi due poli si scoprono come l’uno e il medesimo.
Non è possibile parlare di Spirito e di nuovi orizzonti culturali per l’umanità senza denunciare con la massima risolutezza, senza guardare in faccia a niente e a nessuno, la condizione disumana nella quale versa la nostra politica e la nostra cultura, e da ben prima del Covid. Sarebbe un’ipocrisia che nel 2022 non possiamo più permetterci. Non esiste l’uomo di cultura “fuori” dalla condizione storico-esistenziale dei popoli. O altrimenti non è un uomo di cultura né tantomeno di spirito.
La prima parte del mio testo, in questo senso, ha la funzione di mostrare come i problemi dell’Invisibile siano oggi più che mai correlati a quelli del mondo visibile, e correlati nel modo della priorità, della supremazia e dell’urgenza. La rifondazione storica di un pensiero degno delle nostre sfide e dei nostri compiti epocali richiede una versatilità, una prontezza e un’ampiezza di vedute alle quali – purtroppo – nessuno ci abitua davvero, almeno fuori dal nostro cammino. Quindi rallegriamoci davvero di poterne essere parte, e portiamo avanti la nostra battaglia nella libertà, nella dolcezza, ma anche con decisione e nell’onestà intellettuale.
Tanti auguri di nuovo a tutti,
Luca. –
Grazie Luca per averci donato parole di conforto. Per averci indicato un luogo, quello interiore come unico mondo dove non prevale l’apparenza.
Un luogo dove alimentare lo spirito che crea, a dispetto delle apparenti ed appaganti attrattive esteriori. Per far questo dovremo rinnovare la nostra mente, allenare la nostra psiche, come del resto ci stanno insegnando in questo potente percorso di crescita in DP.
Ogni autentico approccio per la risoluzione di una patologia che minaccia la società umana deve prevedere in primis una sua comprensione attraverso lo smascheramento di alcuni atteggiamenti ad essa collegati.
Dovremo essere capaci di riconoscere,tra questi, quelli presi come eredità di una modalità antropocentrista, androcentrista o patriarcale. Questi possono condizionare e influenzare la nostra percezione e arrivare a bloccare il nostro vero cammino di “guarigione”.
Potremo sentirci impotenti di fronte ad una struttura, quella di un sistema, potente e oltremodo dominante ed avvertire come un blocco paralizzante.
La nostra “impotenza” è un qualcosa che ci impedisce di realizzare con pienezza sia il “potere dall’interno” ( potenzialità creativa della nostra visione) sia il “potere-con” (capacità di agire di concerto con gli altri).
Lo psicologo Michael Lerner ha studiato a fondo il fenomeno dell’impotenza notando come le persone siano portate tendenzialmente a strutturare la propria incapacità di fronte ai propri obiettivi e a considerarla come un dato incontrovertibile, arrivando a compiere gesti che confermano tali convinzioni.
Lerner non nega la presenza di fonti esterne o oggettive di impotenza, ossia gli strumenti con cui le strutture politiche, economiche e sociali impediscono agli esseri umani di mettere in pratica le loro potenzialità e di realizzare il cambiamento.
Indubbiamente esistono, ma sono acuite dall’impotenza interiorizzata (in eccesso).
Tutto questo può impedire oggi un’ autentica trasformazione a livello globale.
La nostra impotenza è come una prigione costruita nella psiche che l’epoca moderna, attraverso il meccanismo del consenso, ha costruito facendoci accettare passivamente un “ordine stabilito”.
L’ ordine patriarcale incarnato nel capitalismo globale corporativo si fa forte di questa incapacità, di questa impotenza interiorizza.
Ma quale sono le dinamiche di questa impotenza ?
Secondo Roger Walsh il buddhismo classico fornisce un’analisi della patologia individuale e sociale che può aiutare a comprendere le sue dinamiche.
Tutte le forme patologiche sono divise dal buddhismo in tre categorie di veleni :
avversione- dipendenza-illusione.
La prima, l’avversione, può manifestarsi in diversi modi: elusività compulsiva, rabbia, paura, atteggiamento difensivo, aggressività.
Quando assune la forma della paura, l’avversione si concretizza in due modalità tipiche dell’impotenza interiorizzata: la “negazione” e l’oppressione interiorizzata.
La negazione prevale tra quei soggetti che stanno al potere.
Una delle “letture” del film “Don’t look up” in circolazione oggi sulla piattaforma Netflix è proprio questa. Negare il pericolo suggerendo di non guardarlo in faccia.
Solo così potremo escluderne l’esistenza. Non guardare in alto. Non guardare il Cielo, e abbassare lo sguardo in segno di sottomissione.
L’ oppressione interiorizzata, al contrario, si riscontra soprattutto in chi subisce gli effetti diretti dell’impotenza strutturale.
Guardate la situazione odierna e traete le vostre conclusioni.
La “dipendenza”, come un qualcosa di ampia accezione, comprendendo qualsiasi forma di avidità e di attaccamento, si ricollega all’avversione essendo un altro modo per nascondersi o sfuggire alle proprie paure o per riempire un vuoto di una vita vissuta nell’illusione con qualcosa che allevi il dolore della mancata speranza.
La forma forse più dura di impotenza interiorizzata è l’ illusione della disperazione.
Si comincia a percepire il mondo com’è privo di speranza e quindi il cambiamento come una cosa impossibile
Comprendere ed analizzare in noi questi aspetti della psiche ci può aiutare, in un percorso di autoconoscimento, a fare un primo passo capace di proiettarci, con la consapevolezza delle proprie capacità, in uno scenario più ampio per poter uscire finalmente dalla gabbia imposta dal sistema.
A proposito dell 0,01% volevo dire che sono ben venute tutte le varie sfumature di un pensiero relative alle diverse tematiche.
Fa bene al dialogo questa pluralità di idee quando però non costituiscano pretesto di di-visione.
e rendere difficile il compito di mediare posizioni esasperate prese a seguito di informazioni condivise ma delle quali non abbiamo la certezza della loro veridicità.
Per questo non vorrei mai smettere di guardare il Cielo (vero Marco Castellani) , per poter ogni volta rimanere estasiato della sua variegata punteggiatura.
Un augurio a tutti per un sereno 2022 di consapevolezza e di pensiero e coscienza incondizionata. Auguri
caro Luca è un post molto bello il tuo e mi è venuta voglia di ringraziarti per ciò che proponi e per il dibattito e le riflessioni che hai aperto.presenti una discussione è un confronto davvero profondo ampio e coinvolgente. Grazie dello stimolo e delle idee che stuzzicano il pensiero di ciascuno e che uniscono l’umanità di chi sente il desiderio di stare insieme in questo percorso. Ti auguro buona festa dell’Epifania. E grazie ancora. Ciao ciao a presto un caro saluto. ho sentito oggi alla TV un riferimento di questa festa della luce con la canzone di Claudio Baglioni che mi fa piacere di seguito indicare: Avrai! https://youtu.be/7M6yMRGdCgQ
“Il vero problema risale dalla politica su fino a Jung e alle rivelazioni spirituali più vitali della nostra storia”. E’ così.
Ho parlato della non essenzialità della politica perchè oggi vedo e temo un ritornare furioso di ubriacatura politica nelle aree dei sì vax e nei no vax che tendono a cadere tutti nell’io bellico.
“Darsi Pace significa che i due poli si scoprono come l’uno e il medesimo”.
Cioè le rivelazioni spirituali si incarnano nella politica, per cui giustamente i due poli vanno visti come coessenziali.