Sono un’insegnante di scuola primaria e fin dai primi anni di supplenza, che ahimè ormai risalgono a una ventina di anni fa, ho avuto sempre una speciale attenzione nel creare nelle classi in cui entravo un clima positivo e di condivisione, in cui il bambino si sentisse accolto e guidato nella sua avventura nel mondo della scuola.
Sorvolando con la memoria questo ventennio nella scuola, mi rendo conto che il mio ‘stile’ educativo si è modificato lentamente e gradualmente: faccio fatica a mettermi in cattedra a svolgere la classica lezione frontale. Forse grazie all’esperienza acquisita, al mio percorso personale e alle richieste dei bambini che cambiano nel tempo, sto scendendo sempre più dalla cattedra per mettermi al livello dei miei alunni e lasciare loro più spazio e ascolto, guidandoli, stando loro accanto e magari stimolandoli a trovare in prima persona la strada che prima tracciavo io. La mia tendenza è di ricorrere sempre meno alle lezioni calate dall’alto e di cercare modi sempre nuovi di rendere il percorso in classe più cooperativo, mettendo i miei alunni e le loro potenzialità al centro, per aiutarli a far fiorire ognuno con i suoi tempi e le sue peculiarità.
E’ sempre stato importante per me far stare bene in classe i miei alunni e farli sentire una piccola comunità speciale e coesa, in cui ogni singolo bambino sia unico e importante. Anche grazie al percorso che ho intrapreso da anni in Darsi Pace e che sto approfondendo nel gruppo formatori sta crescendo sempre più dentro di me l’interesse a cercare di far conoscere ai miei alunni le emozioni che li abitano, per cominciare a prenderne coscienza e a non farsi sovrastare da ciò che sentono di volta in volta, ma provare gradualmente a capire, a riconoscere e magari gestire un po’ di più anche le dinamiche che li muovono.
Sulla scia di questa ricerca cinque anni fa ho accolto con entusiasmo la proposta di portare avanti con la mia classe di allora, una quarta, un percorso di Intelligenza Emotiva con degli esperti qualificati che ci hanno seguito per due anni con laboratori creativi e coinvolgenti. Proponendo contenuti che io poi riprendevo, approfondivo e consolidavo in classe con i ragazzi.
Seguire questo laboratorio per due anni è stata una bellissima esperienza sia per me, sia per i miei alunni, sia per i genitori che hanno cominciato ad accostarsi a questo mondo con apertura e fiducia.
Sono convinta che nella scuola si senta sempre più la necessità di accostarsi a queste tematiche emotive a vari livelli sia tra noi docenti, che tra i ragazzi e anche nelle famiglie, se si riesce a creare un rapporto di fiducia e collaborazione reciproca.
Al termine del percorso me lo hanno confermato anche i miei alunni e alcuni loro genitori scrivendomi varie riflessioni, ne riporto solo alcune qui sotto.
L’Intelligenza Emotiva serve molto ai bambini ma anche agli adulti. A me è servita molto per riconoscere le mie emozioni, sapere come si chiamano e come si usano; ho imparato anche a gestirle, cosa che per me è molto difficile, ma ce la posso fare.
Quando i nostri insegnanti entrano nella nostra classe noi siamo felicissimi perché a noi piace sapere le emozioni che proviamo. Ci divertiamo e ci ascoltiamo tutti.
Delle volte capisco anche le emozioni degli altri. Io le mie emozioni non le riconosco sempre, delle volte me lo dicono i miei compagni quello che provo.
Ora che andiamo alle medie siamo molto tristi perché dobbiamo lasciare questi laboratori.
Vorremmo tanto continuare. Mi mancheranno tantissimo. (Testimonianze di un’alunna)
Come mamma mi sento di esprimere un parere assolutamente positivo su questo progetto: essere consapevoli delle proprie emozioni e imparare a gestirle è una risorsa di cui anche noi adulti abbiamo poca consapevolezza, ma in questi due anni osservando i miei bambini ho notato che spesso loro si soffermano a guardarsi dentro e ad ascoltarsi, cosa che prima non facevano, per capire cosa succede nel loro cervello.
Mio figlio più grande, che è sempre stato un bambino molto impulsivo e facilmente irascibile, è diventato più calmo e riflessivo ed ha appreso a gestire con più controllo i momenti di rabbia, inoltre ha fatto grandi progressi nel relazionarsi con gli altri, è meno concentrato su se stesso e più empatico. Mi parla spesso di empatia. Ha acquistato fiducia in se stesso e ha messo a fuoco meglio i suoi punti di forza e di debolezza e anche con l’aiuto di noi genitori ci sta lavorando su per migliorarsi.
Ritengo questo progetto utilissimo per la consapevolezza e lo sviluppo della sfera emotiva dei nostri bambini, spesso totalmente trascurata o addirittura ignorata e mi auguro vivamente che la scuola possa offrire ai miei figli l’opportunità di proseguire in questo importante percorso e di estenderlo anche ad altri.
Rileggere queste testimonianze mi sprona a non abbandonare questa strada ma a cercare di approfondirla e svilupparla in maniera più strutturata e continuativa.
Sogno una scuola dove la crescita del bambino venga curata non solo dal punto di vista dell’apprendimento dei saperi ma anche della crescita emotiva della persona, dove il corpo docente sia ben preparato per un compito così impegnativo e importante, sia anche previsto e valorizzato uno spazio curricolare dedicato alla cura dell’interiorità e delle emozioni degli studenti in tutti i gradi di insegnamento. Anche le neuroscienze oggi ci dimostrano che le emozioni influenzano molto il processo di apprendimento, possono potenziarlo o inibirlo a seconda dello stato mentale che viene associato all’apprendimento stesso.
La mia speranza nasce dal constatare che, oltre ad aver vissuto un percorso come quello sopra accennato, vedo nel mondo della scuola vari insegnanti motivati da questo punto di vista, che mettono in gioco la propria creatività e le proprie competenze per sviluppare attività, metodologie e approcci nuovi. C’è anche al di fuori della scuola un certo fermento in tal senso che purtroppo fatica ad entrare nelle nostre aule, ma speriamo che la strada sia stata intrapresa.
E’ anche con questo intento che ci stiamo mettendo in gioco in un nostro progetto Darsi Scuola, gruppo di creatività culturale interno a Darsi Pace: portare un rinnovamento e una nuova fioritura della scuola dall’interno.
Essendo praticante in Darsi Pace da vari anni e apprezzandone il percorso formativo e di crescita su di me, penso che alle varie proposte esterne a cui possiamo attingere sarebbe auspicabile integrare, adattandolo e plasmandolo sul mondo dei più giovani, il percorso che Darsi Pace propone, con la profondità e la forza trasformatrice che porta con sé. Aiutare così i giovani a volgere lo sguardo dentro di sé, per poi proiettarlo sul mondo. I ragazzi, lo sappiamo, sono pronti ad accogliere e a farsi coinvolgere e assorbono come spugne ciò che li conquista, il nostro difficile compito di educatori sta nello scegliere il nutrimento più sano e benefico per loro, per la loro crescita e per la Nuova Umanità che speriamo venga alla luce.
Cara Stefania,
ringrazio te e il gruppo Darsi Scuola per il vostro impegno nella ricerca di una offerta educativa di qualità, non separata dalla realizzazione di umanità.
All’inizio del mio cammino professionale sognavo una scuola radicata nel territorio, scuola come centro di ricerca – azione da compiere insieme alle componenti che in essa operano pur con ruoli diversi, e credevo anche di poterla realizzare in breve tempo.
Nel corso degli anni ho visto sfumare questo sogno soffrendo la solitudine e l’isolamento nel rimettere i piedi a terra.
L’evidenza di questo mondo e i poteri dell’illusione sono fortissimi!
Non rinuncio a sognare, ma ora comprendo che scendere dalla cattedra significa smascherare la follia di un Io che vuole esistere separandosi da sé e l’illusione della ragione che pensando in proprio si chiude ad un pensiero di più ampio respiro.
Lavorare sulle emozioni, come impariamo a fare nel laboratorio Darsi pace, diventa apertura ad una conoscenza che senza rinunciare alla ragione si apre ad un pensiero capace di farsi preghiera.
In questi anni per me imparare a pensare diventa imparare a pregare, è un continuo scendere dalla cattedra del piccolo Io, rinunciare alle cattedre illusorie di questo mondo per spostarmi nello stato del mondo nascente dove i messaggi, pur senza codice, sono chiari, puliti, si imprimono nell’essere.
Significa rinunciare ad essere me stessa come entità separata; è lavoro di pensiero e di fede che smaschera la menzogna, dentro e fuori di me.
La vera rivoluzione.
Spero che, tra le vostre attività, possiate pensare a modalità di aggiornamento per i docenti nella direzione della nuova umanità cui aneliamo.
Ti abbraccio, Giuliana
“Noi insieme stiamo bene”. Per anni sono vissuta a contatto diretto con bambini e giovani ed ora leggere, sentire, seguire il lavoro dei Gruppi Darsi pace, alla guida di Marco Guzzi mi riempie di gioia e mi commuove. Sono felice nel sentire questa bellissima esperienza a livello di scuola elementare perché sono convintissima che si deve partire dalla base e coinvolgere gli adulti (genitori, nonni…) per far nascere e crescere “una nuova umanità”. La strada è lunga e in salita ma non arrendetevi, vi auguro di aver pazienza, di vedere il seme germogliare e di lasciare pure ad altri di vedere la pianta crescere e raccogliere i frutti. Lo Spirito Creatore, Eterno, sempre Presente e Luminoso vi accompagni e vi assista.
Buon cammino, buona semina e buona crescita individuale e collettiva. La certezza della rinascita in una Nuova Umanità vi riempia di gioia. GRAZIE Francesca
Grazie Giuliana della tua risonanza che mi ha molto colpito.
“Scendere dalla cattedra del piccolo io”… non l’avevo focalizzato questo passaggio, invece è proprio così, rinunciare a guidare sempre per abbandonarsi al flusso e farsi guidare ogni tanto, cedere un po’ il controllo con la fiducia che non è il nostro piccolo io che deve imporre la strada ma a volte possiamo fare un passo indietro e lasciare il cuore aperto per sentire dove lo Spirito e i nostri alunni vogliono andare.
Ti abbraccio
Stefania
Grazie Francesca,
leggendoti ho visualizzato questa pianta che prende vita. Mi sono venuti in mente i semi di lenticchie e fagioli che ogni ciclo osserviamo germogliare in classe. Ogni volta che un germoglio prende vita è un piccolo miracolo che non torna più indietro ed è un spettacolo vederli crescere e fiorire. Speriamo di riuscire ad alimentare e nutrire questo germoglio con i vari contributi di tutti i partecipanti di Darsi Scuola …
Un abbraccio
Stefania
Grazie Francesca,
leggendoti ho visualizzato questa pianta che prende vita. Mi sono venuti in mente i semi di lenticchie e fagioli che ogni ciclo osserviamo germogliare in classe. Ogni volta che un germoglio prende vita è un piccolo miracolo che non torna più indietro ed è un spettacolo vederli crescere e fiorire. Speriamo di riuscire ad alimentare e nutrire questo germoglio con i vari contributi di tutti i partecipanti di Darsi Scuola …
Un abbraccio
Stefania