Costruiamo nuovi ponti!

Commenti

  1. Grazie caro Elia. Questa freddezza di cui parli nel post, vorrei tanto non saperla, non sperimentarla, ma la sperimento e la so. Realistica la descrizione, precisa. Bello e necessario ricordarci ogni giorno che c’è un lavoro, c’è una strada da percorrere.

    Mi viene in mente il bellissimo commento di Marco Guzzi agli scritti di Victor Frankl, al fatto che non dobbiamo aspettare che ci piova “il senso” dall’alto (o da altre direzioni), ma dobbiamo crearlo, procrearlo ogni giorno. Ecco il lavoro! E se era possibile in un campo di sterminio, come non potrebbe essere possibile qui ed ora?

    Istintivamente non mi va, sento tutte le mie resistenze, le conto una ad una: ma non c’è altro, non ci sono scorciatoie. Capirlo è già ritornare a respirare, non ti pare?

    Bello, molto bello anche il dipinto, faccio i complimenti a Giorgia!

    Un caro abbraccio.

  2. Claudia Vignati dice

    Caro Elia, queste tue riflessioni ci riconnettono tutti a livello intellettuale, sfiorando gli altri.
    (Bello questo dipinto “vangogghiano” con tanto di cascata-e per dipingere una cascata tocca proprio esser bravi!- e acqua che scorre generosa!)
    Certo che il ghiaccio nel sociale, anche fra “amici” e in famiglia oggi c’è, spesso camuffato da contatti virtuali, e sembra in aumento.
    Siamo già fortunati a vivere in Italia,che sembra essere ancora memore di ricchezza umanistica, ma anche qui le varianti geografiche influiscono molto, ci sono luoghi (tipo Roma,per me) dove si percepisce chiaramente l’incontro con un’altra persona ed altri dove invece si viene percepiti alla stregua di un arredo urbano (Firenze, per me).
    Personalmente sono cresciuta(ad Assisi) in una casa molto aperta ed ospitale e sento in me forte questa tradizione familiare, che ovviamente da bambina credevo fosse “la norma”.
    Accoglienza calorosa per amici e forestieri ,condivisioni varie, senza purtuttavia discorsi che richiamassero la propria interiorità, ma questo dipendeva anche dal momento, dalla cultura e dalla situazione(per mio padre aver vissuto la guerra non era stato un mero condizionamento, ma un vero e proprio marchio che nei risvolti positivi lo portava ad apprezzare profondamente le bellezze della natura e in parte anche delle arti, ma aveva anche forti risvolti negativi).
    Io ho lavorato principalmente in due ambienti,entrambi forse i più comunicativi ed aperti che esistano,proprio per le estrinseche funzioni:
    la scuola ed il teatro.
    EPPURE in entrambi c’era una grossa apertura esteriore (specialmente in teatro, dove abbondano subpersonalità istrioniche e narcisistiche) ma al contempo ho sempre riscontrato grosse carenze a livello di calore umano e di momenti veri di comunicazione profonda e quindi sanante.
    Ho molto patito queste situazioni e certo non per caso sono approdata a Darsi Pace!
    Per non essere fraintesa specifico che ovviamente non auspico una estroversione invadente che non comtempli il fatto che in ognuno di noi c’è comunque un tesoro in continuo “workprogress” che riserva la comunicazione alle sfere energetiche più alte ed evolutive.
    Infine:ancora oggi non mi pongo problemi nell’offrire, mi sento fuori da logiche “meccaniche” e per me dare è gioia, …..ciononostante scandagliandomi scovo pezzi di ghiaccio dentro di me!
    Credo che non basti proprio una singola vita per smussare tutto quello che abbiamo ereditato e poi formato!
    Però si procede, l’importante è avere trovato buoni e affidabili binari.
    “L’uomo di oggi” in realtà è una generalizzazione semplificativa, mi riesce meglio pensare a me-donna/uomo di oggi e questo mi dona molto ottimismo constatando quanti progressi si compiono da una generazione ad un’altra, ovviamente rinunciando a rimuovere e distrarsi ad oltranza!
    Imparare a confidare in una energia più grande della mia personale e ad affidarmi come mai in passato avrei pensato di poter fare , già questo migliora la vita!
    Buon percorso a tutti, più gente starà veramente ” bene” e meglio staremo tutti, augurare/donare il bene ad un altro è donarlo anche a se stessi.

  3. Fiorella Magi dice

    Voglio solo dirvi a tutti. Grazie. Grazie di condividere con me questa esperienza di vita. Ogni parola che leggo risuona in me è non sono più sola.

  4. Mi ritrovo dentro il sentire e le atmosfere descritte. Probabilmente non è un azzardo dire che difficilmente qualcuno potrebbe dissentire da quanto scritto. Io però non sento che siamo stati pensati mancanti di qualcosa da parte dell’Universo. Credo che la nostra infinita ignoranza rispetto agli accadimenti non ci permetta oggi di stabilire quali siano state le cause certe della frattura che sembra divorarci, rispetto all’armonia che il resto della Natura, di cui facciamo parte, rappresenta. Dove abbiamo perso questa armonia? Quale l’istante? Certamente resta il dato inconfutabile di una frattura che diventa lotta, guerra, distruzione e mancanza di amore. Certamente la riconquista di questa pace del cuore è il senso di quell’armonia perduta. Iain McGilchrist sostiene per esempio che il lobo sinistro del nostro cervello stia antropologicamente prendendo il sopravvento su quello destro, cancellando di fatto la soggettività dell’essere umano. Ma se leggiamo il testo di Thomas Fuchs Ecologia del cervello, scopriamo che niente potrà mai azzerarla completamente a costo della pazzia, dell’annientamento dell’essere umano stesso, in quanto il cervello è il nostro organo di relazione con noi stessi e con il mondo. A sentire, pensare e agire non è il cervello ma l’essere umano nella sua interezza. Quindi è nell’interezza del corpo, che è spirito, che è avvenuta la frattura che ci ha slegato dal mondo e da noi stessi. Le tecnologie, negli ultimi 50 anni, hanno straordinariamente contribuito, annullando l’empatia emozionale del rispecchiamento nel volto dell’Altro, ma la questione viene da molto lontano. Riflettevo in questi giorni rispetto al “cosa si può fare”. E la risposta mi è sembrata semplice, come tutte le cose che davvero contano. Dobbiamo ri-abiatare il mondo. Essere nel mondo, quindi ri-abitare il corpo che è lo strumento con il quale ci relazioniamo e percepiamo l’intorno. Riattivare la pelle, gli occhi, le orecchie e ogni parte di noi che ci mette in relazione. Essere “nella mente” non è essere nel mondo. Molti di noi probabilmente non se ne sono resi conto, ma l’atto di piegare la testa per ore sullo schermo di un telefono ha disconnesso ogni processo di vita percepita. Lo strumento si è frapposto mediando l’esperienza e sterilizzandola da ogni possibile “rischio” non calcolato. Ha semplificato i gesti e ridotto le interazioni, aumentando la “risoluzione” del processo, ma cosa abbiamo perso dentro questo processo? Se togliamo al cervello la sua possibilità relazionale di mediazione fra le parti, togliamo a tutto il corpo questa capacità, in quanto sistema frattale. Credo anche io che dobbiamo assolutamente tornare ad essere “sale” della Terra e per farlo dobbiamo trovare un nuovo equilibrio con la tecnologia e di nuovo e sempre trovare il coraggio di ri-abitare noi stessi, il nostro corpo, quindi il mondo.
    Buona vita, sempre.

  5. Grazioli Roberta dice

    Ciao Elia. Bellissime le parole che hai scritto. È molto vera l’immagine del castello, che rappresenta l’io egocentrato di cui tanto parla Marco Guzzi. Sai… Una volta l’ho persino sognato: ho sognato un grande e freddo castello. Io ero chiusa dentro e c’era un altra me che era fuori e mi chiamava e diceva : “Dai, vieni fuori!!!”. È difficile uscire da questo castello, ma sono sempre più convinta che è l’unica via di salvezza. Grazie, Roberta

  6. Caro elia,
    Leggendo il tuo profondissimo articolo mi sono specchiata non poco nelle tue riflessioni ed ammetto di essere tra quelli, talvolta, che se andrebbe in ‘un bel posto riparato dal mondo’. Mi pare che sia evidente in questo passaggio epocale o quel che è, una sorta di mal di vivere giunto all’esasperazione, che prima veniva tinteggiato e mascherato da questo e quello e per cui si sono esauriti quasi tutti i colori. È vero: questa notte pare senza fine… Sarà “la coda del drago” che essendo naturalmente più lunga della testa assesta un colpo la cui vibrazione pare propagarsi senza sosta? Sinceramente, non lo so, non so più neppure quel poco che sapevo prima e mi sento perciò totalmente ‘ignorante’… Ciò che scrivo e dico sono solo riflessioni e domande, che rivolgo talvolta a qualcuno e a me stessa. Un piccolo aneddoto che mi ha dato da pensare. L’altra volta guardando il film “il giardino dei fizi contini’, sicuramente tra tante cose che saltano all’occhio e che non sempre si colgono, una scena mi ha colpita, forse la più irrilevante di tutto il film: quella del giovane malato, che sarebbe uscito volentieri se avesse incontrato altri tipi di persone, più come garbavano a lui. Bè, è una grossa presunzione lo so, ma non ho potuto dargli torto vista pure l’epoca e la paura viscerale che hanno sentito in tutto il loro essere gli ebrei e tutte quelle persone giudicate da quella aberrante follia sacrificabili. Per dirti, cosa c’è di nuovo sotto questo cielo che seppur con tinteggiature differenti, paia riaccadere ancora e ancora? Intendo con ciò la capacità di un popolo di dire no a tali abomini, allora ed in cui inserire oggi forse di più problemi come la povertà, la precarietà e tutto ciò che non dovrebbe più essere nel tanto conclamato nuovo millennio, intendendoli non soltanto nella materia ma pure nello spirito, nelle forme mentali… (Penso a tutto ciò di cui parliamo come a quel treno d’altri tempi che una volta sognai in un contesto ben preciso, che diventava sempre più moderno…) E certo, in quei tempi purtroppo il cerchio non era chiuso, vi era un che di misteriosamente difficile da cogliere al di la delle ‘rappresentazioni in atto’… Qualcosa di oscuro che in questi tempi non può più nascondersi… Ed ora pare che questo cerchio si stia ultimando, si può percepire se si ascolta con una razionalità che non viene scissa dal cuore, con umanità insomma. Nel cerchio di cui scrivo sono compresi tutti quegli ego ‘dispettosi’, che fan capricci come i bimbi che non vogliono andare a scuola ad imparare per davvero; dico ciò prendendo spunto da osservazioni di me stessa e di altri con cui ho relazioni più prossime. Spero al mio solito di non essere andata troppo in la, di non aver divagato troppo ma è questo, molto in sintesi, ciò che le tue parole mi hanno suscitato. Per me come un po’ per tutti ed ognuno a suo modo, Darsi Pace rappresenta anche un po’ ‘una cura’ per l’egoicità che ancora affligge uno ‘io’ tutto da comprendere : qui mi sento libera di esprimermi e questo so che implica talvolta anche della confusione di cui mi scuso.
    Grazie di cuore, Elia, caspita più ci penso e più rimango colpita di come talvolta la risonanza sia forte, come un tubicino energetico che attraversa i cuori!
    Buon proseguimento, un caro saluto a tutti ed un ringraziamento sempre con il cuore
    Giorgia

  7. Simone Compagnucci dice

    Caro Elia, quanto risuonano anche in me le parole del tuo post scritto con una lucidità e una lettura della realtà quanto mai azzeccata! Il mondo ormai pullula di relazioni che non sono tali, neanch’io le considero tali, tanto che tendo ad allontanarmene, salvo poi rendermi conto che muoio senza di esse. Sono trincerato io per primo in quella freddezza di cui parli, in quel ghiaccio che con fatica proviamo ad erodere e che ci provoca un dolore intenso. Quando sono in quello stato, a volte abbasso la visiera della corazza dietro a cui mi nascondo e vedo solo eserciti di pinguini che mangiano tutti lo stesso identico gelato, fatto di sorrisi fittizi, grida euforiche di falsa gioia, nessuno che cerchi un gusto diverso, nuovo da assaporare. Poi mi rendo conto che anch’io appartengo a loro e me ne vergogno; tiro nuovamente su la mia visiera e vado nel mondo. Altre volte, quando riesco a sgretolare anche solo un briciolo di quel blocco di cemento armato in me, vedo intorno a me persone che soffrono, come me, e che desiderano nel profondo anche loro pacificazione e serenità. È e sarà lavoro di una vita far sì che gli iceberg mutino in torrenti zampillanti e che questi si incontrino con gli altri rivi! Già..è molto confortante sapere che esistono persone in ricerca..ad ogni modo.

    Un abbraccio e..andiamo avanti, con tutti i dolori (ma anche le gioie) del nostro lavoro!
    Simone

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