Sono sempre stato un mancante. Ricordo nella mia vita, fin dai primi anni di scuola superiore, la percezione costante di una mancanza di fondo, come una fame per qualcosa che neanche sapevo spiegarmi, una tensione verso qualcosa di altro, di diverso da quello che mi offriva la realtà che frequentavo – qualcosa che però non sapevo definire.
Pensavo di essere nato nell’epoca sbagliata; gli anni ’60 invece erano il tempo giusto, gli anni della poesia, di libertà e vitalità, di Jim Morrison…Niente a che vedere con la mia grigia quotidianità.
Io, però, non ho mai pensato tutto questo, che soltanto adesso riesco a dirmi, a raccontarmi consapevolmente; io sentivo, certo, confusamente, tutto ciò come un impulso, un sottofondo vago e indeterminato, perché non avevo la parola per parlarne – questo è il punto.
Ci fu un incontro però che cambiò tutto: mi accorsi che questo poeta, Marco Guzzi, parlava di me meglio di quanto sarei riuscito a fare io stesso. Spiegava la mia condizione esistenziale con un’ esattezza paurosa, dava voce a quel desiderio profondo, non placato che io mi limitavo a balbettare con frasi smozzicate, dava forma, figura, espressione – con la parola – a ciò che, a mia insaputa, mi abitava in quegli anni. Mentre parlava di Rimbaud o di Nietzsche mi stava interpretando, mi svelava a me stesso.
La parola infatti è luce e quando nasciamo si dice che veniamo alla luce; ma io a 15 anni ancora non avevo pronunciato la mia prima parola, ancora non ero nato.
Darsi Pace è stato così l’approdo più naturale del mio percorso di vita e della mia ricerca. Non posso immaginare esito più felice e armonioso. Forse sarò estremo ma ritengo l’incontro con la realtà dei gruppi una Provvidenza; qui tutti i miei sforzi, spesso caotici, trovano forma, misura e ordine oltre che una struttura di relazioni capace di accogliermi che per me sono stati i gruppi di creatività culturale “Darsi Scuola”.
Voglio però dire un’ ultima cosa prima di raccontarvi come e perché i miei sforzi si concentrino sopratutto nella dimensione scolastica.
Il mio risveglio spirituale, la mia “conversione”, è coincisa con l’inabissamento del mondo nella notte della pandemia, in una notte che da quel fatidico 2020 ha cominciato – come sappiamo – a farsi sempre più oscura e oscura e oscura… Ebbene io ho registrato in questi anni un processo inverso, un moto personale contrario a quello collettivo. Nonostante la notte si fa via via più oscura, io mi sento sempre più inspiegabilmente luminoso.
Spesso mi sento invaso da una Gioia, da una Forza, da una Lode verso la vita ingiustificata e ingiustificabile rispetto a tutte le catastrofi che in questi anni si stanno susseguendo; i miei stati interiori stonano sempre più palesemente con la realtà delle cose fuori di me. Si è creata perciò questa curiosa scissione: più nel mondo si fa buio più mi sento stranamente luminoso, in evidente contraddizione con la tendenza dei tempi. Questo mistero venne a parola in un verso di una poesia che scrissi durante la pandemia e che diceva così: “Nella vostra caduta/ Io mi sono alzato”.
Non so se questa sia l’interpretazione giusta, ma io sento sia questa; ma di solito chi sta in piedi rialza chi è caduto, o sbaglio?
Comunque sia, uno dei primi durissimi confronti con questa caduta a precipizio del mondo la ebbi il primo giorno di scuola, settembre 2020. Quel rientro fu traumatico, fu una ferita che dura ancora oggi: le mascherine, il distanziamento, l’irrigidimento complessivo di ogni rapporto, la paura spesso soffocante dei professori, la loro assenza non dico come punti di riferimento, educatori, o “adulti”, ma anche solo come esseri umani, il loro pedissequo e insopportabile ossequio a certe regole che aveva – e ha! – quell’inconfondibile sapore farisaico ( tanto solerti nel far rispettare il distanziamento e nel pagare la decima sulla menta ma così poco attenti alle catastrofi morali e psicologiche scritte a chiare lettere sui volti dei propri alunni)… e così via…
Da allora mi vado convincendo sempre di più che quella Luce, quell’Energia che contatto nella pratica meditativa e nella preghiera deve essere “scaricata a terra”, nella realtà quotidiana di tutti I giorni che coincide per me con la vita scolastica e con le relazioni. E’ per questo che sono entrato nel gruppo “Darsi Scuola” e ho scritto un piccolo manifesto sull’urgenza di una rigenerazione radicale della vita scolastica. In questo manifesto ho lasciato emergere alla luce della parola tutto ciò che, a livello emotivo, sentivo e subivo mentre stavo a scuola: insofferenza, rabbia, insoddisfazione, ribellione cieca…Mettere per iscritto tutto questo non è stato solo utile al gruppo – come spero- per fissare un nucleo teorico di idee condivise da cui magari partire e ampliare con future riflessioni ma, sopratutto, è stato utile a me. Scrivere quel testo ha avuto un effetto terapeutico su di me, nel senso che mi ha effettivamente placato e ammorbidito, oltre ad avermi aperto uno sguardo più misericordioso sui professori.
Caro Andrea, quando è arrivato in “redazione” il tuo post l’ho letto con vera commozione. Perché quello smarrimento di cui parli, quella sete d’altro, è esattamente ciò che sperimentavo anch’io tra i banchi di scuola. E sentivo qella stessa frustrazione per la cecità e l’ipocrisia di tanti professori ormai rassegnati ad adattarsi alle logiche e alle regole disumane di questo mondo, avendo completamente perso il contatto con il proprio fuoco interiore. Questo era ciò che sentivo subito prima di incontrare Darsi Pace (pochi mesi dopo la maturità), e trovare anch’io un posto dove mi veniva finalmente detto “questa tua fame è GIUSTA, questo mondo è veramente morente ma in queste macerie sta già nascendo un germoglio”. Questo semplice annuncio mi ha cambiato la vita. Grazie per le tue parole, e proviamo a portare insieme nelle scuole questo risveglio!
Andrea Bellaroto
Sono convinto che proprio queste nuove generazioni così vulnerabili, così ferite, abbiano in loro le potenzialità per esprimere grandi figure, in tutti i campi del sapere, dell’arte, della politica, della scienza, della cultura.
Figure che non NONOSTANTE, ma proprio GRAZIE a un’adolescenza così sofferta e così difficile, trascorsa nel clima allucinato e allucinante di questi ultimi anni,
potranno, sapranno, saranno costrette ad attingere a risorse interiori sconosciute alle generazioni precedenti.
La sofferenza dei ragazzi è il seme da cui potrà germogliare una nuova cultura, un nuovo inizio, che spazzerà via con umiltà e con gioia il piattume e l’insensatezza che oggi sono, ancora per poco, dominanti.
Ho in mente i giovani stilnovisti del tempo di Dante, ho in mente i giovani di Jena, ragazzi timidi, sensibili, umili, pieni di fede, di sogni, di studi e di bontà, che ancora oggi, a secoli di distanza dalla loro morte, non cessano di essere per tutti noi un sole che sorge.
Questa è la mia speranza se penso ai giovani di queste nuove generazioni, che accompagno con l’intenzione di lavorare ogni giorno per cercare di contribuire concretamente allo sviluppo di questo Nuovo che vuole nascere.
Ti devo molto, caro Andrea, perché una buona parte di questa mia speranza l’ha alimentata in me il nostro incontro, le nostre condivisioni, la tua testimonianza.
Ti abbraccio con l’augurio di far fiorire e fruttare sempre di più i talenti che ti porti dentro,
e che in te nutrono, proteggono e preparano una grande storia tutta da godere e da vivere.
Bellissimo questo post! Bellissima l’esperienza che racconti, che contagia perchè sfida e invita nello stesso tempo. Sì, la Scuola soffre di disumanità come ogni altra situazione, ma è con-solante verificare che un’energia di vita spinge e accomuna tutti coloro che si pongono in ascolto. La Speranza è la prima a vivere e a far vivere! Grazie!
Grazie di cuore Andrea per questa tua testimonianza che arriva al cuore. Grazie per questa tua parola nascente.
Ciao Andrea, grazie!
Capisco benissimo quello che dici riguardo alla mancanza della parola, poiché l ho sofferta per buona metà della mia vita! Ma poi, incontrando la Parola, l annuncio del Vangelo, qualcosa ha cominciato a cambiare!
Un lungo cammino che mi ha portato all’ incontro con Marco e Darsi Pace; anche io lo considero provvidenziale!
E condivido anche l’ esperienza di luce nella notte di questi tempi! Ho vissuto tutto il tempo delle chiusure, immersa nel lavoro di Darsi Pace, accompagnato dalla preghiera! Condivido anche l’ insofferenza per ” il sapore farisaico” che penetra in ogni dove, rendendo disumana ogni possibilità di essere veri uomini e donne. E i giovani di certo ne soffrono più di tutti, in ostaggio tra
l’ indifferenza o l’ incapacitá di relazionarsi veramente con loro, e lo sfruttamento di chi li seduce con idoli effimeri e distruttivi!
Ma oggi, festeggiamo l’ Annunciazione!
Il Verbo eterno fatto uomo!
Rallegriamoci: anche oggi e sempre è possibile diventare Nuova Umanitá.
Con il suo aiuto. Buon proseguimento!
Molto efficace questo raccontarsi, di cui io stessa ho sperimentato gran parte in modo molto simile, tanto che uno degli ultimi scritti del mio personale diario si chiama “il bello della gastrite erosiva”, perché si il corpo ci condiziona molto, ma succede anche che riesca ad insegnarci quel che la mente non è mai riuscita a capire veramente,perdendosi in troppe parole contraddittorie.
Nella scuola ho passato vari anni e credo sia uno dei migliori luoghi e contesti che offre grosse opportunità di essere strumenti di Grazia!
Caro Andrea, grazie per il tuo ascolto. A me rassicura sempre molto sapere che c’è qualcuno che sente quello che sento io e che esiste effettivamente una con-sonanza, uno risuonare insieme, che prima di essere concettuale-riflessivo è emotivo, grezzo, immediato. E’ questo sentire comune che ci accomuna che mi legittima nella mia follia!
Caro Giacomo, a me fa un po’ paura quello che dici perchè di questi germogli oggi non se ne vede neanche l’ombra. D’altra parte bisogna avere degli occhi ben allenati per vedere altro dal buio pesto di questa notte.
Paul Celan iniziava un poesia così: Dove sono io oggi?
Il nocciolo del problema sta tutto lì. Non è la prova in sè; potranno venire altre mille pandemie, terremoti e devastazioni. L’inferno non è nella prova ma nell’assenza di parole che rispondano a questa domanda di Celan.
Nel momento in cui un gruppo di persone ha la risposta, sente la risposta a quella domanda potrà anche passare attraverso mille inferni.
Grazie Maria Luisa del tuo commento. D’altronde Eraclito diceva di sperare nell’Insperabile…Quindi speranza, speranza e ancora speranza!
Sì, Brunetta. Se vai a vedere in fondo in fondo tutto il dramma della nostra epoca si può riassumere in un problema di parole. Mancano le parole, e mancano le parole giuste! Forse è semplicistico però a me piace pensarla anche in questa chiave
Andrea sei un diciottenne che dona speranza, sei un ragazzo straodinario e noi siamo felicissimi che tu faccia parte della nostra squadra, so che non è stato facile per te raccontarti, ma come vedi hai fatto un ottimo lavoro, complimenti!
Ciao Andrea. Grazie per aver già trovato alcune parole da darci. Sono di una semplicità molto aderente al quotidiano, ma dentro vibrano di fuoco e di vita. Due aspetti che, nella storia umana, ancora faticano terribilmente e drammaticamente a riconoscersi l’un l’altro e ad incontrarsi… Finalmente, seppur attraverso la notte oscura, entrambi i mondi chiedono di realizzarsi in una forma di vita più piena e completa. L’alternativa è sempre più evidente! Disumanizzazione e distruzione totale. Perciò ti ringrazio davvero per la tua voce! Avanti! Attraversiamo insieme ogni inferno allora, sostenuti dalla Luce intramontabile che ci chiama e ci guida. Un grande abbraccio e un augurio di cuore.