Parto da una domanda: le storie dei vaccini possono darci qualche suggerimento, per semplice confronto, nell’aiutarci ad interpretare il presente? Di lì proveremo a trarre qualche intuizione esistenziale.
Il vaccino antivaiolo fu messo a punto alla fine del 1700, la vaccinazione quindi iniziò ad essere somministrata nel XIX secolo e divenne campagna vaccinale massiccia tra il 1958 e il 1977. Nel 1979 il vaiolo venne dichiarato dall’OMS eradicato.
Contiamo: si hanno notizie di malattia da vaiolo fin nelle mummie del II millennio a.C.. Sono occorsi circa 200 anni di vaccinazione prima di aver raggiunto il ragguardevole risultato dell’eradicazione. Per ora unico agente patogeno su cui possiamo vantare questa supremazia.
Il primo tipo di vaccino antipolio è arrivato nel 1950, il secondo nel 1955 e quello a somministrazione orale ad opera di Sabin nel 1962.
Contiamo: in base a rappresentazioni pittoriche e scultoree, pare che già gli antichi egizi conoscessero la malattia. Dopo 70 anni di vaccini disponibili il virus della poliomielite è ancora in circolazione. Pakistan ad Afghanistan erano considerati gli ultimi baluardi da espugnare, ma a febbraio 2022 un caso in Malawi ha fatto dichiarare un nuovo focolaio di infezione in Africa: non sembra che il virus si faccia facilmente intrappolare.
Sono solo due esempi, ma per tutti gli agenti patogeni verso cui si sono finora sviluppati dei vaccini, possiamo notare un andamento simile. Virus e batteri in circolazioni da lunghissimo tempo, vaccini disponibili almeno da vari decenni, focolai o vere e proprie epidemie sempre possibili, eradicazione estremamente difficile, anzi per ora un unico caso.
Che cosa possiamo dire per il virus Sars-Cov-2 ?
Contiamo: il virus dà segni di sé a partire da fine 2019, i primi vaccini sono stati disponibili a partire da dicembre 2020, la pandemia è in corso.
La perplessità, a partire dalla quale vorrei riflettere, non riguarda tanto le questioni economiche e politiche di cui mi intendo davvero poco.
I conti che non mi tornano sono sulle nostre umane aspettative.
Virus e batteri sono nostri compagni di viaggio da quando abbiamo fatto la nostra comparsa sulla Terra. Di quelli patogeni ne faremmo volentieri a meno e infatti contro di loro cerchiamo rimedi che, nel tempo, sono diventati sempre più raffinati con l’avanzamento dei metodi terapeutici. Con farmaci e vaccini cerchiamo di contenere la diffusione di questi microrganismi e di alleggerire il più possibile le manifestazioni delle patologie cui essi danno origine.
Disegnare un farmaco o approntare un vaccino, però, non è la fine della storia. Occorre poi produrlo, potersi permettere di comprarlo, distribuirlo, cosa non da poco quando la richiesta avviene a livello mondiale.
Se abbiamo impiegato 200 anni dal primo vaccino antivaiolo all’eradicazione del virus,
se il virus del vaiolo è l’unico virus finora eradicato,
se gli agenti patogeni conosciuti sono tantissimi,
mi domando:
è ragionevole credere di poter, se non eradicare, comunque contenere fino all’insignificanza nel giro di una o poche stagioni, un’infezione virale di recentissima origine per la quale abbiamo una campagna vaccinale da un anno e mezzo? Peraltro, con vaccini che finora, seppure in grado di limitare i casi più gravi, agiscono pochissimo sulla trasmissibilità del virus e nel complesso hanno un effetto immunizzante che si affievolisce dopo pochi mesi? È ragionevole pensare di poter erogare vaccinazioni ripetute ogni pochi mesi, su scala planetaria, con tutte le debolezze infrastrutturali in un mondo ad alto tasso di iniquità ed ingiustizia?
Puntare tutto sulla vaccinazione anti-Covid19, come se fosse possibile debellare una malattia infettiva impiegando un solo approccio e dimenticando che la biologia è decisamente più complessa di così.
Inseguire le varianti come se fossimo in una gara di Formula 1, dove il vaccino è sempre troppo lento al cambio gomme degli aggiustamenti dei siti antigenici in continua modifica evolutiva.
Appostarsi come un felino pronti a lanciarsi sul virus che è bersaglio mobilissimo e quando gli atterriamo sopra è già fuggito altrove.
Concentrare sul Covid la stragrande maggioranza delle energie del sistema sanitario, del resto già estenuato da decenni di erosione.
Ideare codici colorati per le Regioni come se i territori fossero compartimenti stagni.
Escogitare il Green Pass per i vaccinati come se fosse certezza di germ-free.
Richiedere compilazioni di autocertificazioni dove la persona dichiara di non avere sintomi sospetti, che sono però condivisi con moltissime altre condizioni o patologie, ignorando l’asintomaticità del Covid19 pur nella trasmissibilità, come se la firma su un foglio fosse il miglior antivirale ad efficacia istantanea.
Mi sembra che anche solo proporre prospettive di questo tipo sia come dire: finora ho vissuto su Marte e non ho idea di come giri il globo terrestre.
L’impressione è che siamo giunti alle soglie della pandemia con un bagaglio di attese equivocate, convinti che la vita fosse un’App in cui, con un touch, cambi schermata, basta l’aggiornamento del software e il problema è risolto.
Un codice genetico e una manciata di proteine ben arrangiate hanno fatto scoppiare la nostra bolla di sapone e improvvisamente abbiamo dovuto ammettere di essere nudi.
Ci ammaliamo e moriamo da sempre, queste sono le regole della vita cui non ci possiamo sottrarre, che ci piaccia o no.
Eppure contiamo attoniti i numeri dei contagiati e dei morti, da dietro a uno schermo, mentre teniamo i morenti isolati e i cadaveri espulsi nei sacchi. La paura regna sovrana. Siamo sorpresi, stupiti, increduli di esserci scoperti mortali.
Abbiamo bisogno di riprendere fiato.
Uscire dall’App ed entrare nella vita, quella imprevedibile per principio, che ci precede sempre di un passo, quella che non potremo mai assoggettare al nostro volere.
Abitare la biologia nella sua interezza, con le dinamiche evolutive che non si arrestano, tanto meno davanti all’hybris di Homo sapiens.
Da dentro la materia, dedicarsi al lavoro certosino della limatura fine, un passaggio alla volta, nell’ascolto di ciò che accade nelle profondità delle vie metaboliche, nella consapevolezza che ci muoviamo in territori in cui modificare la concentrazione di una sola molecola in un corpo umano può avere conseguenze pesantissime.
Allora abbandoniamo il linguaggio e le modalità della guerra – il nemico da annientare, la lotta contro la malattia, le linee di difesa.
Recuperiamo il linguaggio e le modalità del prendersi cura, dove la vita è tanto più grande dell’interazione con un virus.
Perché il riduzionismo sul biologico è del tutto insufficiente, ma la pienezza dell’umano la scopriamo soltanto se in quel biologico ne stiamo impregnati fino in fondo. Da lì possiamo rinascere, ogni giorno, nel rimodellamento di un io che esiste davvero solo se in relazione.
La carezza di un figlio ad un genitore, l’atmosfera vivace della classe per un bambino, le connessioni create sul lavoro sono medicamento della stessa dignità di un antivirale.
Un armadietto delle medicine ben fornito non ci garantisce la salute, perché la vita palpiti non basta il calore della termodinamica: è necessario quello impalpabile di un altro essere come me disposto ad amarmi, per cui sono disposta a dare la vita, fino a deporla.
Bellissimo scritto che mi trova in sintonia
Veramente bello, dottoressa, complimenti! Fa molto riflettere, specialmente sulla fragilità e la forza che si compenetrano nella biologia e su quanto sia importante ed efficace l’aspetto umano del ‘tecnico mistico’, già terapeutici e mai da sottovalutare o dare per scontati, visto che alcuni sguardi specialistici talvolta inceneriscono.
Più vivo e più mi rendo conto che c’è tanto da conoscere : è dunque più interessante quando parte di questa conoscenza ci viene donata da una persona, anziché andarsela a cercare via web…assume una dimensione anche più ‘affettuosa’, aperta.
Grazie e congratulazioni,
Un caro saluto,
Giorgia
Cara Iside,
cara persona ancora veramente Umana, ho letto e riletto le tue considerazioni, mi ha molto interessato la storia del virus del vaiolo e quella della polio con i riferimenti ai relativi vaccini, interessante anche perché si tratta di una conferma ulteriore di come la comprensione della storia passata sia indispensabile aiuto per decifrare il presente.
Di fronte al Covid19 ci siamo scoperti mortali e la paura ha iniziato a “…regnare sovrana”!
Ho avvertito nel tuo scritto un invito garbato, come è nel tuo stile, ma risoluto, ad approfondire la realtà della vita,
“…quella imprevedibile per principio, che ci precede sempre di un passo…” e ad “…abitare la biologia nella sua interezza…”
Come fronteggiare, dunque, il nostro essere fragili, precari, mortali?
E tu offri una possibilità, credo l’unica che ci sia concessa e che ci sia dato di raggiungere: chiedere la grazia di essere aperti alla relazione, spesso faticosa, con l’ umanità che è in noi e con quella che è fuori di noi, un’umanità umile, semplice, quotidiana.
Allora si può trovare “…il calore impalpabile di un altro essere come me disposto ad amarmi , per cui sono disposta a dare la vita, fino a deporla”.
Come non accogliere, come non entrare in risonanza con le parole nelle quali offri l’unica vera cura possibile per noi umani?
Grazie, Iside
Francesca Mannozzi
Grazie Iside, hai descritto bene l’assurdità delle decisioni prese per controllare l’epidemia.
Mi viene in mente quella frase: “Se non capisci quale è la merce in vendita, significa che la merce sei tu”.
Modificandola, si potrebbe dire: “ Se non capisci come queste misure possano controllare il virus, significa che quello che viene in realtà controllato sei tu”.
Un caro saluto
“Allora abbandoniamo il linguaggio e le modalità della guerra – il nemico da annientare, la lotta contro la malattia, le linee di difesa. Recuperiamo il linguaggio e le modalità del prendersi cura, dove la vita è tanto più grande dell’interazione con un virus. Perché il riduzionismo sul biologico è del tutto insufficiente, ma la pienezza dell’umano la scopriamo soltanto se in quel biologico ne stiamo impregnati fino in fondo. Da lì possiamo rinascere, ogni giorno, nel rimodellamento di un io che esiste davvero solo se in relazione.”
In effetti abbiamo cercato di motivare le persone a vaccinarsi (che per me rimane una buona cosa) in modo superficiale e semplicistico, mettendo in campo le solite categorie belliche, “vinceremo il virus”, se non proprio “questa è una guerra” e tante sciocchezze del genere.
Ci sono state anche molte polemiche che hanno tenuto banco, qui e altrove. Green Pass sì o no, misura liberticida oppure presidio sanitario indispensabile, e via di questo passo, investendo tempo e neuroni che – ad umile parer mio – potevano trovare migliore occupazione: non mi pare che il Green Pass ci abbia catapultato dentro una dittatura di stampo nazista, ma magari non vedo abbastanza in là per accorgermi? Comunque, dicevo, basta con le polemiche, personalmente mi hanno sfiancato. Possiamo finalmente abbandonare linguaggio e modalità della guerra anche tra di noi?
Io lancerei una sfida (pacifica). Possiamo riunirci intorno al tema davvero importante, che è quello della cura e dell’attenzione all’umano, come ben dici tu Iside? Adottare o rifiutare il Green Pass non ci esime dal tentare di diventare più umani, non lasciando a questi provvedimenti – o alla contestazione degli stessi – tutto il nostro impegno e la nostra fatica. Posso partecipare a dieci manifestazioni no Green Pass (o non partecipare, ovvio) e non dare un briciolo di attenzione al poveraccio che chiede l’elemosina sotto casa mia, nemmeno guardarlo in faccia. Vogliamo diventare umani davvero? E’ una bella fatica, per me è una fatica spaventosa, ma qui possiamo impararlo assieme, pian piano.
Grazie!
Guzzi lo ricorda spesso: per essere luogo di nascita di una nuova umanità, nell’umiltà di quel poco che siamo, occorre avere visioni, che per i parametri dell’ego conforme e per bene risulteranno senz’altro eccessive ed azzardate.
Umiltà, perché è piccolo il germoglio che sta emergendo dal seme ancora sotto terra.
Visioni, perché è la potenza della pianta per una maestosa foresta che spinge quel minuscolo seme.
Ci muoviamo per piccoli passi, incerti e traballanti, eppure la luce che ci attira ha il sapore di una libertà che fa sentire l’inganno di ogni disposizione, di ogni legge, di ogni coercizione che siano ideazione del nostro ego contratto.
Inizieremo ad avere qualche tratto di nuova umanità quando inizieremo ad avere il coraggio di disegnare istituzioni leggere, capaci di orientare invece che di imporre, di fare appello alla libertà invece che all’obbedienza. Lo sappiamo, questo vale per ciascuno di noi, nella propria storia personale, iniziare da sé, riconoscendosi libertà responsabile che si sa prendere cura, di sé e dell’altro accanto, allo stesso modo.
iside
Cara Iside,
questo è per me la visione più bella, più santa (non separata) che hai descritto col
linguaggio del Risorto.
Grazie infinite. Anch’io sono fra quelli che riportano la ferita di essersi trovati dentro a questo
vortice con una persona cara. Ancora mi sogno di notte di essere potuta essere un angelo che
proteggeva l’anziano papà in un giardino pieno di rose e di sorrisi. Non ho potuto farlo, era
consegnato nelle loro mani….
Mi sembra di sentire ancora la sua voce che dice: mi avete lasciato solo, ma mi consola credere che
oggi lui vede tutto con gli occhi della verità e sa quanto gli sono stata vicino col cuore, con la preghiera,
con le mie lacrime salate che spero abbiamo raggiunto e alleviato le ferite dell’anima di quel cruciale
momento dove la paura sembra annientati completamente eppure se solo per un attimo hai potuto sentirmi
sono certa che si è aperto per te lo spiraglio della grande Luce di Cristo Gesù.
Cito dal testo del post:
“Peraltro, con vaccini (anti covid 19) che finora, seppure in grado di limitare i casi più gravi, agiscono pochissimo sulla trasmissibilità del virus e nel complesso hanno un effetto immunizzante che si affievolisce dopo pochi mesi?”
Limitare la critica di questi sieri genici sperimentali, impropriamente definiti vaccini, alla scarsa efficacia mi pare insufficiente. Come mai nessun accenno alle reazioni avverse? Le persone vittime di reazioni avverse gravi, gravissime, anche irreversibili e perfino mortali sono milioni. I numeri sono sottostimati in quanto non esiste farmacoviliganza attiva. E solo Dio sa gli effetti a lungo termine di una terapia genica sperimentale imposta da un potere demoniaco col pretesto di un virus creato in laboratorio.
Tanto per puntualizzare.
Cordiali saluti
Sabrina Trotter
Cara Sabrina,
il punto che sottolinei è certamente di grande rilevanza.
Tuttavia, il mio intento nello scrivere questo post non era una trattazione precisa sul valore clinico dei vaccini. Questo è stato solltanto lo spunto di partenza.
A me premeva mettere in luce un aspetto più di fondo, il retroterra antropologico da cui si muove ogni declinazione pratica del vivere.
Alla meticolosa scuola della distrazione, da decenni siamo allenati a compensare con l’oggettistica del consumo compulsivo l’abissalità della condizione umana. Lo sappiamo, negata ritorna sotto mentite spoglie, beviamo per dimenticare. Ma non c’è illusione, non c’è arroganza che tenga. Prima di ogni spiritualità, è la biologia a bloccare il passo all’umanità che ha creduto di poter vivere sulla buccia ignorando la polpa al di sotto (per parafrasare Adriana Zarri).
È tempo di riprendere le fila, scendere nei misteri profondi della vita, recuperare l’essenziale per risalire in superficie e vivere davvero, connessi con le radici della messa a terra, perché la pienezza ha altri connotati.
iside
Grazie Iside di questo cambio di prospettiva. In modo apparentemente semplice spieghi tutto con naturalezza, come pare effettivamente sia. Ma nel frattempo questo ragionamento smonta non solo tutta la politica di lotta al covid degli ultimi 2 anni, ma molto di più. D’altra parte è tutto scritto nel titolo