Darsi Scuola è nata lentamente, dalla fede salda della nostra formatrice Lula e di altri insegnanti che hanno conservato l’intuizione profonda sulla possibilità di trasformare la nostra realtà scolastica a partire dalla trasformazione personale, anche nei momenti in cui sembrava che nulla potesse prendere forma. E invece, nella scorsa primavera, proprio quella spinta a credere in ciò che non si vede, ha generato quanto ancora stentiamo a credere possibile pur vedendolo.
Dopo tre anni dalla partenza e dopo un anno di condivisioni, di incontri mensili on line, di prime sperimentazioni a scuola, di frequente dialogo intessuto tra noi a distanza, di esercizio del pensiero attraverso la scrittura, il tutto vissuto dentro la pratica e il linguaggio comune che condividiamo in Darsi Pace, sentivamo il bisogno, oseremmo dire fisiologico, di incontrarci in presenza.
Così, con spontaneità, è nata la proposta di un incontro fisico e con altrettanta spontaneità è stato suggerito il luogo: la Pieve di Romena.
Romena non ci corrispondeva solo per la relativa centralità geografica, che avrebbe consentito a quasi tutti di essere raggiunta in breve tempo, ma costituiva per noi il luogo simbolo dell’accoglienza, dello stare insieme a partire dalla nostra umanità più vera, pur con le sue fragilità e il suo doversi esprimere in un ambiente spesso ingabbiato e sclerotizzato in strutture percepite come disumanizzanti.
Preparare l’incontro ha mobilitato i nostri carismi personali: ciascuno di noi si è speso nel modo che gli era possibile e in cui si sentiva più propenso, per preparare con cura e bellezza ogni dettaglio dell’organizzazione.
A Romena abbiamo conosciuto Sara Costanzo, insegnante e pedagogista, anch’essa praticante dei gruppi Darsi Pace, che ci ha introdotti al nuovo approccio della Pedagogia immaginale, fornendoci non soltanto dei contenuti teorici, ma facendoci fare esperienza degli stessi attraverso il coinvolgimento congiunto della mente, del cuore, del corpo e anche dell’ambiente meraviglioso in cui ci trovavamo.
Abbiamo sperimentato una nuova postura di fronte alla realtà; abbiamo preso contatto con l’intimità e la distanza; ci siamo svegliati dal torpore del “già visto, già sentito, già provato” e abbiamo iniziato ad allenare il nostro “sguardo che ascolta” per lasciarci sorprendere a immaginare una nuova scuola e un modo nuovo di relazionarsi a scuola.
Abbiamo vissuto l’incontro di quattro generazioni di studenti, insegnanti ed educatori che si sono abbracciate in un caldo dialogo, unite da solidi valori condivisi, tese verso il futuro, per guardare insieme un po’ più avanti: sia per la scuola che per noi stessi.
Un’identità che si è fatta carne, questo è stato Romena: Darsi Scuola appariva un corpo unico, vivo, pulsante. È stato come nascere nuovamente dall’alto dopo un anno, come ricevere un battesimo che ha reso visibile e più forte il nostro essere un corpo nuovo.
Siamo tornati a casa con un immenso senso di gratitudine per l’intimità e la vicinanza di cuori che si è creata, per la commozione che non abbiamo soffocato pensando a chi non poteva essere presente insieme a noi, per l’amicizia e la leggerezza che hanno consentito al nostro cuore di palpitare nel respiro divino, per i semi di nuova umanità che sono stati gettati, per essere riusciti a stare in “equilibrio sulla parola insieme”.
L’esperienza di Romena è stata un inno alla gratitudine e alla speranza, un momento propulsivo della nostra storia. Non possiamo considerarla solo un ricordo ma, come dice il nostro caro Amedeo, è “una memoria programmatica da cui ripartire per andare avanti nella costruzione della nuova umanità nascente” perché, ne siamo certi, c’è ancora vita abbondante e voglia di rinascere sempre e di nuovo!
Grazie per questo appassionato resoconto, e grazie per il lavoro che fate nel campo educativo, che è importantissimo in questo frangente di “cambiamento d’epoca”. Nella mia modestissima attività di relatore (sono reduce da una conferenza svolta nel weekend a Mondovì su una “Introduzione all’astrofisica”, tentativamente svolta secondo i paradigmi a noi familiari) vedo in ogni occasione che c’è veramente sete di una parola “diversa”, che provi ad essere “vera” e a non trascurare che dove c’è un cervello, nei pressi si può trovare anche un cuore, e che bisogna parlare a lui, principalmente, altrimenti ogni proposito di cambiamento sarà vano.
Nella cupezza dei tempi odierni, la ricettività che è presente nelle persone, che aspetta solo di essere attivata, è un grande conforto e un incitamento ad andare avanti. Grazie dunque e auguri!
Marco
Grazie Marco, speriamo veramente che questo fermento che si sente nel mondo possa convogliare in un obiettivo unico ed evolutivo della nostra umanità ormai a un bivio, come da anni Marco ci preannuncia.
Noi di Darsi scuola per ora stiamo come dici tu cercando di “non trascurare che dove c’è un cervello, nei pressi si può trovare anche un cuore, e che bisogna parlare a lui” a tutti i livelli, con il nostro cuore di insegnanti prima di tutto, con i cuori dei ragazzi che ci vengono affidati e non da ultimo con il cuore della nostra istituzione educativa, la scuola, che non è un’azienda come hanno provato a farci credere, ma è molto molto molto di più.
Un abbraccio
Stefania
Bravi.Bello sapere che anche la scuola ha agenti di nuova umanità al suo interno!!!!!
Un bel seme di speranza, una testimonianza che quello che conta è invisibile agli occhi, uno stimolo a ricercare occasioni future, fisiche, a cui partecipare, la sensazione di non essere soli…grazie