Quando il mondo sembra dire che nulla ha senso, seguire una religione è un atto sovversivo.
Per questo un pomeriggio d’autunno varcai la soglia di una chiesa di campagna, a pochi chilometri dalla mia città. Ho sempre amato gli uliveti che circondano quel pugno di case dai tetti di pietra e le terrazze di terra affacciate sul mare.
Ad attendermi c’era un parroco anziano, sembrava avere gli stessi anni della grande quercia nel cortile. Prima della confessione ci fu un dialogo fecondo quanto inaspettato. Non avevo mai incontrato quell’uomo, eppure la fiducia reciproca fu istintiva.
A casa, ritornai mentalmente sui passaggi della conversazione e li segnai su un quaderno dalla copertina rossa. Quei pensieri, nel rileggerli su carta, asciugati dalla scrittura, indicavano inequivocabilmente un percorso interiore. Erano le tappe per una sovversione dell’Io. La stessa notte le collegai in forma letteraria.
Quanto segue è il risultato di tale elaborazione.
«Padre, vorrei avere fede ma non ci riesco.
Ho smesso di andare a messa dalla morte di mia madre.
Quando mi avvertirono della crisi respiratoria
un oceano mi separava dal suo letto d’ospedale.
Pregai tutta la mattina,
immoto sul mio letto nell’afa di luglio,
vigile sentinella sulla rocca dei ricordi.
Ma il telefono squarciò ugualmente il silenzio
per annunciarmi la sua morte.
Lo so.
La volontà del Tutto è un mistero inafferrabile.
Non fatico ad accettarlo.
Mi chiedo solo come edificare la speranza.
Su quali fondamenta.
Lei lo sa, padre?
Ogni sera, quando la luce è obliqua, sento una voce chiamarmi nello Spirito.
Ma un radicale scetticismo mi ancora al suolo.
Vivo come una boa: mobile in apparenza sul moto delle onde,
ma sempre inchiodata allo stesso pezzo di terra.
«Sicuro di aver visto la salvezza? Sicuro di avere l’autorità per creare senso?»
Dice la voce nichilista.
Come convertire la direzione di questa massa neoplasica?
Come togliere potere a questa gravità che mi impedisce di decollare?
“Cedere alla caduta fino a bucare l’abisso”.
Lo lessi in un testo di mistica medievale.
Devo raggiungere il fondale della ferita originaria.
Ma così non rischio di affogare?
L’acqua è profonda, impenetrabile allo sguardo.
E non tocco.
Quali parole male-dette vivono nelle viscere dell’Io?
Parassiti della giustizia.
Non so se sono disposto ad ascoltarle.»
«Fratello, sei alle soglie dell’iniziazione.
Ora, se vuoi, puoi cambiare muta.
Riesci a vedere i vestiti del vecchio Io?
Sono parole false, intrecciate come tessuto.
Ma il sarto è solo la tua paura.
Se tu la ascolti, lei evapora.
E la maglia si scuce.
Il Novecento ha ucciso Dio.
Al suo posto:
un imperativo al godimento senza fine.
Madre senza padre.
Dove tutto convive e perde i contorni,
nella vorace sfocatura.
Fa che sia questa la Madre che muore.»
Una piccola nota
Il testo nasce dall’esigenza di dare corpo e voce ad alcune emozioni e domande abissali che ho incontrato lungo il cammino spirituale, ma i personaggi e gli eventi biografici dell’Io narrante sono frutto dell’invenzione.
Lo scrissi quest’estate, in un momento di ritrovata connessione con me stesso. Mi affidai a quel silenzio che più volte mi è capitato di ostruire con aridi intellettualismi, e le parole giunsero con naturalezza, senza bisogno di cercarle. Fu il loro sapore a farmi capire che erano vere e che facevano bene.
Sono nato venticinque anni fa nella città di San Giorgio che uccide il drago. Ho sempre avuto il mare a portata di sguardo ma ora, attratto dalle montagne, vivo a Torino, dove studio narrazione alla Scuola Holden.
Dopo due anni di percorso in Darsi Pace avverto con gratitudine un lento e inarrestabile scongelarsi delle mie acque vitali. Con pazienza, sto imparando ad accordare gli organi di fonazione, a scrostare le tubature del “cuore”, perchè le sue parole eufoniche possano risuonare leggere e con vigore.
RICORDIAMO CHE TUTTE LE PERSONE INTERESSATE A SCOPRIRE IL METODO POSSONO PARTECIPARE AI PRIMI DUE INCONTRI DEL PRIMO ANNO, DOMENICA 9 E DOMENICA 30 OTTOBRE ALLE ORE 10.00 ALL’UNIVERSITÀ SALESIANA DI ROMA.
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Grazie Giacomo
Grazie Giacomo Di Scala . Hai un nome e un cognome predittivi! Penso che saremo compagni di cordata. Anch’io inizierò il 3.0 anno in D.P ( ripetente). Sono nata 50 anni prima di te e ho sempre gioito degli incontri- intrecci intergenerazionali che considero preziosi!
Buon cammino di …Santiago, Giacomo e buon percorso iniziatico sui gradini della ardua e bellissima scala del percorso di D.P.
Un abbraccio di cuore
Giuseppina
Grazie, parole che nutrono…
Grazie è bellissima.
Grazie Salvatore, nel leggerti sono stata scossa da una improvvisa commozione che mi ha in parte “scrostato le tubature del cuore”!
Meno male che a questo mondo ci sei anche tu e con tanta Grazia!
Un abbraccio grande
Giovanna
GRAZIE GIACOMO
Sposa una donna perché la ami, fai un figlio e crescilo nell’amore di una famiglia, difendi ciò in cui credi. E ti diranno “Guarda un pazzo! Ma divertiti sei giovane! Credi di fare la rivoluzione?” Grazie Giacomo.
Grazie Giacomo, la tua “discesa agli inferi” è come un esercizio benefico: come dice spesso Marco Guzzi, lasciarsi andare senza fare resistenza, fino a trovare che nel fondo non c’è la morte ma un passaggio… ma il dolore del transito rimane tutto, l’angoscia e lo smarrimento sono concreti e terribili a volte – e io plaudo a chi come te, non lo nasconde, cioè a chi in questo mondo tormentato e alienato, ancora dice la Verità. Quindi ci dà speranza.
Grazie.
La tua sete potrà essere appagata dall’acqua di Vita che hai incontrato nella fede che buca l’abisso.
Grazie e buon percorso
Giacomo, che gioia sento, è anche fisica, ti abbraccio nel mio cuore, partecipo del tuo fiorire, nel dismettere gli abiti sempre e di nuovo degli aridi intellettualismi della gabbia pesante del vecchio io… Bello lo spunto letterario, bello, potente, bella la tua scrittura, lo Spirito in poppa… Avanti tutta
Caro Giacomo grazie del tuo racconto e della tua esposizione.
Mi fa piacere suggerirti questa poesia di Marco Guzzi prova a memorizzarla e ad alimentarti di queste parole. Forse come per me potrebbe essere un grande aiuto, stimolo, incoraggiamento per ritrovare costantemente una sorgente fresca di giovinezza che in questo momento di vita non ti manca e, anzi, è presente al massimo!
Personalmente le poesie di Marco sono state un grande aiuto, un incoraggiamento ad avanzare, e non mollare mai la lotta per la vita, perché sia sempre più ricca e piena!
Ho espresso questo testo nell’ultimo incontro di Sacrofano, tutti ci alimentiamo di parole a cui diamo credito, e per me le poesie di Marco sono state un toccasana. Forse anche tu puoi trovare aiuto nel mantenere la giovinezza e costantemente rinvigorire.
Fabio
TEATRO DELL’OPERA
A volte ganci, a volte forconi.
A volte eruzioni o diluizioni
Per polverizzarmi.
Niente da dire.
Lavorano per bene.
Ma a che pro?
“ Tutto il teatro è il corpo dell’attore.
L’operazione è in corso:
Condenso, diluisco, perfeziono,
Assimilo, trasformo, rimuovo
Gli elementi. Ogni pensiero
Muta la materia.
Ne predispongo
La rivelazione.
Tu lasciali fare. Sta zitto.
La dolce scavatrice dissotterra
In te la vena più salata, quest’acqua
Minerale che ti parla
E battezzandoti rinnova il repertorio”.
Grazie infinite Giacomo,
che anima bella ci hai svelato ! Che ricerca, che scavi…nella tua giovinezza che mostra una prospettiva di grande maturità.
Un abbraccio
Bello e denso quello che scrivi.Grazie