Cari amici e care amiche, vorrei inaugurare questo viaggio non facile – ma spero anche illuminante e utile – con una premessa spirituale.
Quando parliamo sul serio della storia del mondo non abbiamo a che fare con qualcosa di astratto, ma piuttosto – se ascoltiamo bene – con un’avventura iniziatica che coinvolge la nostra coscienza personale e incarnata. Ogni evento storico è più o meno decisivo per me ed ora a seconda di quale significato assume in relazione al Senso ultimo della mia esistenza e di quella del mondo. In altri termini, un fatto storico coincide con una precisa condizione spirituale, avente per me – adesso, mentre ne parlo – la forza di plasmare in una certa direzione l’esistenza umana in generale. Quest’ultima è appunto storica, cioè sempre dialettica, relazionale, donata e determinata dal racconto poetico-creativo che di volta in volta ne facciamo. Detto altrimenti, la storia – nella sua radice – non è affatto storiografia, ma sempre e solo una rivelazione spirituale, cioè un discorso pensante che trascende la mera fattualità dell’accadere empirico.
Ciò vuol dire che per comprendere a fondo la suggestione quasi ossessiva che tutt’oggi – a un secolo dalla Marcia su Roma – il tema del Fascismo riscuote in noi, dobbiamo tentare di pensare questo evento a partire dal rapporto che esso stesso instaura storicamente con le questioni ultime della vita umana sulla terra.
Lanciamoci allora, con animo equanime e lucido, in questa esperienza contemplativa del Fascismo, volendolo per una volta interrogare veramente nell’anima, cioè nella nostra anima, a sua volta in transito nel corpo inconscio-collettivo di questo tempo storico
PRIMO PASSAGGIO. – Per prima cosa occorre uno sguardo sintetico e veramente poetico su ciò che contraddistingue il Fascismo da tutti gli altri movimenti sociali-rivoluzionari del Novecento. Per comprendere il suo inizio partiremo dalla fine. Chiediamoci: qual è quell’elemento occulto (occulto talora al Fascismo stesso) che ha fatto sì che questa esperienza storica di enorme portata terminasse nella catastrofe del 1945, unita peraltro in uno stesso destino col regime hitleriano? Detto ancora altrimenti: com’è possibile che l’ultimo Fascismo, ridotto a fantoccio della guerra totale tedesca e completamente svuotato di futuro, credesse davvero di ritrovare nella Repubblica sociale italiana la sua più antica essenza rivoluzionaria?
Evidentemente – al di là delle innumerevoli differenze sul piano ideologico, politico, identitario – vi era davvero qualcosa che fin dall’inizio accomunava i due movimenti. Questo qualcosa però non risiede in una concezione economico-sociale né tantomeno in un orizzonte culturale o filosofico.
La vera radice comune di Fascismo e Nazionalsocialismo, che ne ha determinato la stessa fatale tragedia, sta nel culto della guerra intesa come veicolo iniziatico-collettivo di rinnovamento totale della civiltà umana. La Prima guerra mondiale si è configurata, nella mentalità di coloro che fondarono i due regimi, come la vera e propria rivoluzione politico-spirituale attraverso la quale l’uomo moderno – scisso sia sul piano psichico che sociale – potesse ritrovare la sua integrità perduta. Non solo quindi un’unità sociale nei termini della sintesi corporativa tra proletariato e borghesia, ma anche un’unità religiosa data dalla fede eroico-guerriera nella Patria e nel sacrificio incondizionato dell’individuo per il proprio popolo e per la propria stirpe.
Al discorso di apertura della fondazione milanese dei Fasci di combattimento, il 23 marzo 1919, Benito Mussolini dichiarava: «Noi interventisti siamo i soli che in Italia hanno il diritto di parlare di rivoluzione. Forse per questo ne parliamo assai poco. (…) Noi abbiamo già fatto la rivoluzione. Nel maggio 1915… Quello fu il primo episodio della rivoluzione. Fu l’inizio. La rivoluzione è continuata sotto il nome di guerra, per quaranta mesi. Non è finita, ma continua».
Proprio in quel «…ma continua», rivolto a futuristi e reduci delle trincee, dobbiamo scorgere la filosofia, o anzi l’essenza più profonda del progetto antropologico-politico fascista.
D’altra parte, come ci ricorda Ernst Nolte, questa religione della guerra era stata sin da subito il volto più esplicito del movimento nazista in Germania: «Le guerre sono per Hitler le rivoluzioni dei popoli sani, e per questo egli definisce la guerra “la manifestazione più forte e più classica della vita”. Egli ritiene tipico proprio della sua epoca il fatto che “l’oroscopo del tempo non indica la pace, ma la guerra”. Approvare la guerra fu per Hitler ovvio fin dall’inizio, ed egli non fu portato a ciò, come Mussolini, dall’esperienza. Fin da ragazzo – come racconta in Mein Kampf – aveva maledetto il destino che evidentemente lo aveva fatto nascere in un’epoca di pace» (I tre volti del Fascismo, pp. 571-72).
SECONDO PASSAGGIO. – Se dunque la guerra non è un mero fatto empirico di violenza, ma un vero e proprio atto di trasformazione iniziatica della natura umana, ne consegue – come in tutte le dottrine iniziatiche – una precisa esperienza di trascendimento della morte.
Bisogna dire che la simbologia e gran parte della ritualità fascista proveniva infatti dagli Arditi, uno speciale reparto d’assalto creato alla fine della Grande guerra per addestrare quei soldati che si lanciavano per primi all’attacco contro il nemico, incontrando quasi sempre la morte. Dopo la guerra questi reduci, per i quali la morte era ormai una incancellabile realtà quotidiana, si ritrovarono senza alcuna identità sociale e politica, letteralmente spaesati. Lo squadrismo fascista, in modo analogo alle SA naziste in Germania, seppe dare alla condizione estrema di questi ex-combattenti un volto organizzato, trasformandoli addirittura in quel nuovo soggetto rivoluzionario da opporre al proletariato marxista e alla vecchia classe liberale borghese.
L’elemento più propriamente rivoluzionario del guerriero sta nel fatto che la morte viene trascesa attraverso l’identificazione attiva con la morte stessa, cioè con quella potenza oscura e abissale che sembra immortale in quanto capace di infliggere e di subire la morte stessa fino a esorcizzarla, cioè a tramutarla in una forma nuova e potenziata di vita. Di qui capiamo perché l’ardito, al pari del fascista e dell’SS nazista, si vestiva letteralmente – in senso magico-sciamanico – coi simboli della morte (pensiamo alla camicia/bandiera nera, al teschio con le ossa incrociate, ecc.). Lo stesso grido dei falangisti spagnoli, viva la muerte!, ci parla paradossalmente di una morte sentita come “più viva”, più attraente, più potente e divina di tutto ciò che l’Io ordinario scambia per “vivo”, appunto.
Per comprendere meglio l’entità di questo vero e proprio culto pagano, risorto nel cuore dell’Europa cristiana dal vaso di Pandora della Prima guerra mondiale, ci facciamo aiutare da due autori. Il primo è Pio Filippani Ronconi, tra i più grandi orientalisti italiani del Novecento e volontario delle SS italiane durante la Seconda guerra mondiale. In un suo convegno del 1997, egli descrisse così l’esperienza mistica dei guerrieri arditi:
Questo oscuro terrore reptante, che segna la trasformazione del cittadino in guerriero – mentre in lui cresce a dismisura quella furia, quel Wut (per dirlo alla tedesca) – nell’animo dell’Ardito è anticipazione “ora e adesso” della Vittoria. In questa devozione totale all’azione si affaccia, perfino nelle scialbe culture del mondo moderno, un elemento magico ben conosciuto dalle phratríe guerriere dell’antichità, che è anticipazione dell’esperienza della Morte quale porta d’entrata agli stati sovrasensibili dello spirito. Si tratta, beninteso, di un’esperienza concreta della “soglia” che, per i più – passata l’avventura – viene dimenticata, ma che l’insondabile coscienza collettiva s’acquista quale lievito di future imprese della razza umana.
E ancora Julius Evola, tra i massimi teorici della guerra come mezzo di trasfigurazione eroica dell’uomo, scriveva in un articolo del 1939:
I valori si capovolgono: attraverso la morte si manifesta una vita superiore; la distruzione, per chi si porta di là da essa, è una liberazione – proprio nei suoi lati più paurosi l’impeto eroico appare come una specie di manifestazione del divino, secondo l’aspetto già accennato, di forza metafisica di distruzione del finito (…). Il guerriero che infrange “il molle vincolo dell’anima”, che affronta la vicenda “con la mente fissa nello stato supremo dell’Io”, raggiungendo un piano in cui sia l’“io” che il “tu”, quindi sia paura per sé sia pietà per gli altri, perdono ogni significato, in tale vicenda può dirsi che assuma attivamente la forza divina assoluta, in essa si trasfiguri e si liberi infrangendo le limitazioni relative al mero stato umano di esistenza.
TERZO PASSAGGIO. – Solo su questa scia, pensando cioè il rapporto profondo che l’anima fascista instaura con il mistero ultimo e universale della morte, possiamo comprendere perché il Fascismo stesso eserciti ancora oggi sulle nostre coscienze una così forte inquietudine. L’intero ciclo moderno infatti, a partire dall’umanesimo scientifico-illuminista fino al Marxismo ateo-materialista, si è rapportato al mistero di trascendenza della morte prevalentemente nella forma di una rimozione razionalistica. La scienza ad esempio, dicendoci che la morte è un fatto biologico comune a tutti i viventi, non ha ancora nemmeno posto la domanda sul senso ultimo, e quindi sul superamento effettivo, del limite della morte. Così pure la fede atea, che proietta sulla morte il mero nulla-della-coscienza, non fa altro tutt’ora – in noi post-moderni del XXI secolo – che annichilire il grido originario che sin dalla notte dei tempi anela al superamento della schiavitù della morte, e che proprio a partire da ciò ha elaborato tutte le grandi dottrine escatologiche della storia. Dice lo stesso San Paolo: «L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1Cr 15, 26).
Il Fascismo, e in misura ancora maggiore il Nazismo, irrompono nella coscienza contemporanea (passata attraverso l’emersione più orribile e disumana della morte, quella della trincea) pretendendo di rendere la morte il proprio volto esplicito e più vitale, il cuore iniziatico-spirituale della rigenerazione del mondo e dell’umanità stessa. Il Nazifascismo, in altri termini, sbatte addosso con violenza all’uomo ateo-nichilista del Novecento (capitalista da un lato e comunista dall’altro) la propria presuntuosa, devastante e inutile liquidazione della morte in quanto problema assoluto, ineludibile dell’esistenza umana.
Soltanto così, cari amici e care amiche, ci è possibile comprendere come nasca realmente l’orrore inaudito di Auschwitz. A differenza infatti del gulag staliniano, che nasconde ancora la morte sotto il concetto tutto sommato illuminista di “rieducazione”, il campo di annientamento nazista porta in primo piano nel suo stesso nome il Nulla, fraintendendolo però come potenza attiva del puro Non-essere, cioè come vero e proprio Dio-Morte in quanto verità ultima, assoluta, insuperabile dell’essere. In tal modo, diremmo con Heidegger, l’equivoco fondamentale di tutta la storia della metafisica – che scambia il nulla della morte col mero annientamento distruttore – ad Auschwitz viene apocalitticamente in luce una volta per sempre, in tutta la sua assurdità e disumanità.
Lo stesso si deve dire per un altro evento decisivo, che proprio dal 1945 continua a minacciare come una spada di Damocle la sussistenza stessa dell’uomo sul pianeta (e che proprio oggi torna pericolosamente a farsi sentire): la bomba atomica. Possiamo quindi dire, in sintesi, che Auschwitz e Hiroshima (insieme alla grande novità del riscaldamento globale) rappresentano oggi – nella loro tremenda attualità – la soglia iniziatico-planetaria, non ancora superata dal 1945, della coscienza storica occidentale.
RICHIESTA DI AIUTO E ASSOLUZIONE. – Se siamo arrivati a leggere fino a questo punto, possiamo pure concederci uno o due respiri di profondo rilassamento. Lo so, il percorso che abbiamo intrapreso può risultare molto pesante, soprattutto se siamo riusciti a viverlo non astratta-mente, ma come vero e proprio ascolto di un certo stato interiore del nostro Io-mondo storico.
Provando a sostare ancora un poco in questa condizione, per quanto penosa, tentiamo molto umilmente di chiederci:
Quante volte mi capita nella vita di sentire una vera e propria attrazione vitale per ciò che dà la morte, magari sottoforma di passione per il pericolo, piacere per la violenza e per la distruzione?
A volte si tratta anche solo semplicemente di un piacere sadico per la propria auto-distruzione, magari un desiderio di annullarci o di annullare un’altra persona, ma che ha sempre dei precisi effetti sulla realtà che ci circonda. Proviamo ad ascoltarci sincera-mente in questo stato.
Avendo ora appreso che il mio è anche uno stato dell’anima collettiva dell’Occidente, esplicitato in modo particolarmente eclatante dal Nazifascismo, de-cidiamo proprio qui di invocare – per noi stessi e per la storia del mondo – il Nome di Cristo, il quale – scendendo agli Inferi attraverso la terribile esperienza (subita e non inflitta) della Croce – ci e mi mostra adesso l’unica vera Via di Salvezza per tutta l’umanità. Cristo, in altre parole, compie ora – nel Corpo dell’Io-mondo – la Salvezza da ogni distorsione, da ogni fraintendimento satanico, assolvendoci una volta per sempre dalla tirannia della morte.
Ed è molto, molto importante capire che questa è l’unica reale, laica e divina Via di Assoluzione del nostro mondo, giunto ormai al capolinea definitivo. La vecchia umanità, che si illude ancora di poter rimuovere la morte o di fraintenderla, privandosi in fondo dell’unica vera Fonte della Vita, è giunta – almeno da tutto il XX secolo – al suo stadio finale.
In conclusione, cari amici e amiche, il mio augurio più sentito è quello di far nostre queste parole di Marco Guzzi, che ci parlano dal fondo del Mattino segretamente già sorto nei cuori disperati, dispersi e devastati dell’umanità contemporanea:
«L’uomo può in sé rinnovare l’universo,
purificarlo dalle distonie che lo viziano a morte,
e vivere già nel verso dell’alba
che poi la seconda venuta del Salvatore renderà universale
e perentoria per tutta la creazione. (…)
In tal senso il compito che Gesù si è assunto,
e che di conseguenza si ripercuote nei nostri tentativi di conversione,
è quello di ridare alla bellezza la sua benedizione,
alla bellezza fisica, a tutta la natura, agli animali, alle piante, agli elementi,
spezzando il diaframma mordente della morte e del peccato.
È l’integrità fisica del corpo cosmico che si purifica nel ripetuto rifinire
che ci è assegnato a partire dalla Croce»
(La Svolta, pp. 236-237).
PER APPROFONDIRE:
Chi volesse approfondire l’aspetto più strettamente filosofico-politico, rimando ai mie due saggi in forma di post intitolati Esiste una rivoluzione di destra? – Parte prima. Il caso del Fascismo italiano (https://www.facebook.com/luca.allozio.cimichella/posts/pfbid027uwvef36WCuoPF7jBYHYrjZRRTJWUiiV8mRfjaKTnuifusRx5C9cs3rGqCUkrXvNl) e Parte seconda. Nazionalsocialismo e Imperialismo aristocratico (https://www.facebook.com/luca.allozio.cimichella/posts/pfbid02i2WNvPa1mrTFAKzWJ6tjyVtmyL4KNzjzNMtYqGnt2mdG98FgJk8FbEKZX1dk43Knl).
Grazie di questa analisi così profonda e vitale, nel senso che tocca la vita e coinvolge ad assumere un nuovo sguardo e una nuova responsabilità verso la storia.
Se insegnassimo a studiarla in questo modo, i nostri ragazzi sarebbero felici!
Grazie!!!
Un’analisi straordinaria, sintetica, precisa e profonda. Grazie Luca, in questo momento così difficile della storia, hai illuminato il mio sentire, mi hai aiutato a comprendere un po’ di più e a decidermi di invocare con più forza il Nome di Cristo per chiedere la salvezza da ogni distorsione e la guarigione integrale, di me stessa e del mondo.
Silvia
Grazie Luca,
per questo scritto appassionato e appassionante, abbiamo tutti un grande bisogno di questa profondità di pensiero!
Un abbraccio
Daniela
Caro Luca,
Anch’io ti sono grata per questo scritto, che è sorprendente e illuminante. Hai affrontato un tema molto difficile e ci hai fatto capire ancora una volta quanto la coscienza individuale e quella storica siano vicine e simbiotiche.
Grazie!
Antonietta
Necessaria e chiarificante ricostruzione delle radici del fascismo tanto dentro alle persone quanto conseguentemente nella società: grazie, Luca.
Gli occhi accecati dell’essere umano, nel XX secolo, sono stati da un lato quelli del nazifascismo capitalista e dall’altro quelli del comunismo materialista. Sono occhi che soffrono la comune cecità derivante dalla scelta del non-essere, del nihilismo e della rimozione della morte. Entrambe le culture politiche hanno prodotto disperazione sempre maggiormente incrementata dalla inevitabile delusione che continuano a produrre.
Grazie a Dio l’alternativa c’è e risiede nella scelta dell’amore per la vita perchè l’essere umano non è un nulla di cellule casualmente aggregate e gettate nel nulla cosmico ma è “essere”.
L’essere umano è la capacità dell’Universo di avere coscienza di sè stesso e la capacità di amare che l’Universo è riuscito a costruire.
Da qui possiamo far discendere un’antropologia di speranza aperta alla vita e quindi ad una società e ad una possibile politica non bellica e non violenta, non di guerra ma di pace.
Grazie a tutti per le vostre preziose risonanze, che mi sono preziose per orientare ancor meglio la mia ricerca.
Diciamo che questo scritto è il frutto di anni e anni di attraversamento pensante e spirituale dei nodi più problematici della storia contemporanea. Sono grato anzitutto allo Spirito (e ovviamente al nostro cammino comune) per aver potuto mettere al servizio di voi tutti, proprio in corrispondenza di questo centenario, il distillato di un grande sforzo iniziatico al di là del XX secolo.
Un caro saluto a tutti, Luca. –