Pubblichiamo la conferenza tenuta da Marco Guzzi a Fiume Veneto, il 23 settembre 2022, presso l’Aula Magna della Casa dello Studente, intitolata “Parlare di Cristo come se fosse la prima volta”.
È innegabile infatti che vi sia una certa difficoltà a parlare oggi del cristianesimo e della figura di Cristo. Ad un primo livello la mentalità comune, soprattutto nelle fasce più giovani, associa immediatamente il cristianesimo ad un ad un certo bigottismo e oscurantismo religioso, ai “preti e alle suore”, e ad una certa rigidità mentale e vitale.
Per molte delle persone che frequento nella mia quotidianità infatti, il cristianesimo è “quella roba là”, ripeto, le messe, la comunione, il battesimo, la chiesa, il Papa; esso è totalmente distante dalle loro vite e anzi, ogni qual volta vi entrano in contatto la reazione è connotata da una certa stizza, da una critica rabbiosa e da una certa ironia verso la realtà cristiana.
“Ma come si fa a credere ancora a certe cose?”- ecco il pensiero recondito di una certa mentalità contemporanea.
Allo stesso tempo, tuttavia, se andiamo più a fondo, quella che René Girard indicava come la vera cifra distintiva del messaggio evangelico, ovvero “la preoccupazione per le vittime”, è in realtà l’unica e incontestabile verità valoriale in cui tutti crediamo.
Siamo cioè tutti, in misura maggiore o minore, sostanziati da questa visione antropologica, politica e culturale per cui la solidarietà viene prima dell’individualismo, e i diritti delle minoranze vanno tutelati, difesi e riconosciuti.
Alla minima parvenza di una violazione “dei diritti umani” ci indigniamo, ci scandalizziamo, e siamo unanimi nel condannare appunto la violenza in questione. Il nostro mondo secolarizzato vive perciò in una schizofrenia, essendo cioè una civiltà atea e al contempo imbevuta di contenuti cristiani. L’egoità tardo-moderna, che si crede ormai liberata dalle pastoie della religione, è in realtà totalmente plasmata da duemila anni di assimilazione del messaggio evangelico: amore del prossimo, superamento della legge morale in favore della verità e unicità dell’umano, guarigione e liberazione nel miracolo della fede messianica, che secolarizzandosi diventa il miracolo scientifico-industriale, o economico o politico/rivoluzionario.
Questa civiltà-egoità tardo-moderna che siamo tutti noi, che si è andata sganciando dalla sorgente ebraico-messianica, dalla quale tuttavia proviene, si ritrova oggi cioè, sia sul piano personale, che su quello collettivo, ad un bivio fra auto-distruzione e ricominciamento.
Senza una radicale conversione personale e comunitaria, senza cioè una ricomprensione della novità del messaggio di Cristo, tutti noi oggi rischiamo di cadere sempre di più nella gabbia di un individualismo disperato, di una lenta ma inesorabile caduta verso conflitti sociali e bellici sempre più estremi, e infine nella prosecuzione di una logica di asservimento e distruzione dell’ecosistema.
Parlare di Cristo come se fosse la prima volta vuol dire comprendere come il passaggio da una forma di umanità egoica, disperata e malata ad una che si scopre come intimamente relazionale e irrorata dall’Amore Divino come sostanza del tutto, sia la rivoluzione antropologica in atto.
Tutti noi stiamo cioè vivendo questa crisi come passaggio ad una modalità di essere umani cristo-divino-centrica, e non più ego-geo-centrica.
Il Cristianesimo cioè mi riguarda nella trasformazione esistenziale che sto attraversando, e mi chiama ad una libertà, ad un gioia, ad una creatività ispirata dall’Amore che guarisce, salva e redime il mondo, trasfigurandolo e rianimandolo da dentro.
Solamente cioè nella misura in cui il messaggio di Cristo, la buona notizia, diventa un’esperienza personale di rigenerazione, di trasformazione e guarigione, allora il cristianesimo può tornare a parlare oggi con una inaudita potenza evangelizzatrice. È solo nella misura in cui ci apriamo al mistero della rinascita in Dio, in cui noi stessi diventiamo canali della Grazia, che la fede si fa comunione e la resurrezione, attraverso la passione della croce, diventa il motore delle nostre esistenze.
“Se l’annunciazione non è ora, se in una certa misura io non faccio esperienza di essere Maria, anima orante in ascolto, che riceve, in questo momento, lo Spirito Creatore, e che continua a parlare, e che incarnandosi nella mia psiche, come ha fatto in Gesù, parla adesso qui, per annunciare la salvezza e trasmetterla; se questo non accade, noi non stiamo annunciando il Vangelo, perché il Vangelo è un Evento.
La storia serve all’Evento, e l’Evento è un evento di parola. E quando accade, la parola ha delle qualità specifiche, inconfondibili”.
Grazie, Marco…ora tocca noi, a me meditare e dare lode a “Quello là”, ma che chiamo come te Padre, Spirito, Luce, Via, Verità e Vita… Sì ho capito che del suo “Spirito è piena la terra”, tutto e tutti penetra basta nella libertà scegliere il Bene. Prego per te per la tua missione…
Grazie di cuore, cara Francesca, sì, preghiamo sempre gli uni per le altre. Un abbraccio. Marco
Penso che, purtroppo, la maggioranza delle persone, proprio per la semplicità, la mancanza di cultura e l’incapacità a capire che le caratterizza, non riesca ad arrivare a pensare di poter incarnare il Verbo di Dio. A meno che, non vi siano delle rivelazioni private, dirette, che spiegano distintamente e dettagliatamente a chi deve ricevere, come e cosa trasmettere. Parlo di molti mistici che, senza nessuna preparazione, hanno ricevuto istruzioni precise, perfino momento per momento, man mano che scrivevano, per esempio, o che si relazionavano agli altri, per esempio. Al di fuori di questi rari casi, pervasi dallo Spirito Santo quasi a loro insaputa, pochi possono arrivare a certi livelli senza aiuti, eppure con tutta la buona volontà. Le parole di Marco Guzzi sono come sempre molto interessanti, ma frutto di un lavoro molto lungo. Freud diceva che la parte migliore del suo lavoro non avrebbe potuto trasmetterla ai suoi allievi. Direi che vale lo stesso per i sacerdoti e la Chiesa: la parte migliore di ciò che sanno, non ce lo hanno trasmesso. Tutta la meditazione cristiana, per esempio, è rimasta appannaggio loro. Altre pratiche che adottano in casi particolari (a me è successo) e che mi hanno stupita, non sapevo nemmeno che esistessero. Penso che alcune siano derivate dalla religione ebraica. Faccio un’ultima osservazione: inizialmente il popolo eletto erano gli ebrei e penso che per Dio, questa sia un’alleanza mai cambiata. Gli ebrei hanno subito grandi e terribili persecuzioni, ma il Signore non li ha abbandonati anche per quella loro specifica capacità di essere uniti e aiutarsi sempre a vicenda nella realtà concreta della vita quotidiana. Quando entro in una chiesa cattolica, mi chiedo sempre cosa significhi scambiarsi ipocritamente il segno della pace, se fuori di lì nessuno più si degna di uno sguardo. La comunità cristiana infatti, non esiste. Come potrebbe? se mancano perfino li regole minime della convivenza civile… Se è tutto questo ciò che deve andare perduto, ben venga!
Dopo essere passato dall’ego adamitico all’io, Marco Guzzi si chiede chi sono io? cosa dico io? e dice che non lo sa.
Vive un’esperienza frutto di lunga preparazione di ricerca, di studio e di abbandono nella fede, coniugando “fede e ragione come le ali con cui l’essere umano può volare”( Benedetto XVI).
La conferenza di Marco e la presentazione che ne fa Marabotti sono l’espressione di una dinamica efficace di trasmissione della fede tanto nei contenuti quanto nel metodo che è esperienza ed incarnazione dei contenuti.
Lo spirito ha usato Marco come un canale con cui ha saputo non “rappresentare” ma “realizzare” la Buona novella coinvolgendo in tal modo la nuova generazione de “L’Indispensabile”.
Il “mondo” rifiuta una Chiesa della rappresentazione e piena di distorsioni incapacità ed infedeltà, ed è logico.
Ma il mondo del consumismo, del non senso mortifero, della società alveare sorvegliata, da un lato non vuole né parlare né sentir parlare di spiritualità e conversione che lo confuterebbero nel suo fallimento di cui sperimenta gli esiti disperanti, ma dall’altro vede che quelle del Vangelo sono vie di salvezza reali, e ne è attratto.
Attraverso Marco e tutti noi praticanti di “Darsi Pace”, lo spirito offre una via di Nuova evangelizzazione e di salvezza.
Abbiamo la Speranza fondata, concreta e sperimentabile, che l’Essere umano non è un nulla gettato nel nulla,
ma è la coscienza di un universo caldo in cui si può cercare, liberamente, senso e vita.