Per riuscire a comprendere la biforcazione che si sta delineando sempre più nitidamente, ma anche spaventosamente, di fronte ai nostri occhi, bisogna ricorrere ad un’accurata analisi storica che tenga conto di ciò che è successo nel mondo, per lo meno a partire da qualche secolo fa a questa parte. Senza una tale apertura mentale, qualsiasi analisi, geopolitica o ideologica che sia, non farà altro che aumentare il livello di confusione e di devasto delle anime e dei corpi della maggior parte delle persone.
È proprio in questa chiave storico-esistenziale che si apre la nuova intervista a Marco Guzzi, a cura di Crescere Informandosi. Un’intervista molto efficace perché incentrata soprattutto sulle grandi questioni che stanno sconvolgendo la nostra società, e non solo. Dalla gestione totalitaria dell’emergenza sanitaria per Covid-19 al conflitto in Ucraina, passando per le varie crisi economiche e identitarie che si susseguono ormai una dopo l’altra, tutto questo, ci costringe a compiere delle scelte radicali di vita o di morte.
L’umanità si trova a un bivio: o deciderà (seriamente) di intraprendere la via della Pace, e quindi di con-vertire il proprio sguardo bellico e nichilista, o proseguirà lungo la strada della Guerra, che non potrà che concludersi con un tragico fallimento. La minaccia atomica, in questo senso, è solo uno dei tanti finali catastrofici. “Io pongo OGGI davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” dice la Bibbia, nella lettura del giorno. È tempo di accogliere nuovamente queste parole e di accettare la sfida in atto.
Caro Marco,ti seguo ormai da qualche anno attraverso i tuoi libri e video, come cristiano sempre più convinto della propria fede non posso che approvare quasi sempre tutto ciò che pensi e comunichi.
Spesso però, come nel caso di questa intervista,pur parlando di problemi che coinvolgono profondamente il corpo e l’anima di oguno di noi e dei quali sarebbe compito primario della Chiesa di Cristo dover guarire e salvare, ho l’impressione che tu voglia evitare di usare il linguaggio più esplicito di Gesù…esempio: se oggi ci troviamo a un bivio è chiaro che occorre far risuonare con maggior forza il richiamo “convertitevi e credete al vangelo” anzichè fare discorsi tanto lunghi da rischiare di far pensare che basti la buona volontà (importantissima,per carità!) dell’uomo-umanità per essere salvati. Ecco, in questo video, tu non nomini mai il nome di Gesà Salvatore anche se io lo so che la sua figura è sempre presente in te e in tutto il tuo pensiero. Non lo fai perchè sei consapevole di quanta difficoltà si prova a parlare oggi di Dio, della Chiesa, del Cielo… a un pubblico che solo a sentire queste cose si gira da un’altra parte oppure perchè la prudenza consiglia, come fai tu, di usare un linguaggio più moderno e adatto alla gente del nostro tempo?
Ti ringrazio, un caro saluto da Domenico della prov. di Torino
Caro Domenico, effettivamente io uso registri linguistici diversi a seconda delle persone alle quali mi rivolgo. A volte nominare Gesù può essere un modo per creare distanza e sospetto, altre volte è invece necessario esplicitare le scelte di fede. Nei nostri Gruppi infatti affrontiamo questa scelta solo a metà del secondo anno, dopo una adeguata preparazione. E’ sempre difficile decidere dove e quando parlare esplicitamente di Cristo, ma io credo in definitiva di non parlare d’altro, d’altronde non è chi dice: Signore! Signore! che è un vero discepolo, ti ricordi? Un saluto affettuoso. Marco
Grazie Marco,sì lo trovo molto giusto e saggio quello che dici,anche perchè il più delle volte conta il modo di essere presenti alle persone le quali sempre meno si lasciano convincere soltanto da ciò che diciamo. E poi se non ci abbandoniamo allo Spirito di Dio diventa proprio impossibile sapere come e quando usare la Sacra Parola.
Ancora grazie. Ciao. Domenico