“Tutte le guerre finiscono con un negoziato”. Inizia con questa lucida premessa, il dialogo con il Direttore del quotidiano cattolico Avvenire, Marco Tarquinio. Se siamo coscienti del fatto che nell’attuale conflitto fra Russia, Ucraina, Europa, Stati Uniti e Nato una vera “vittoria” di una delle parti in campo è qualcosa di praticamente impossibile da immaginare (pena il genocidio nucleare), allora diventa indispensabile raggiungere al più presto un tavolo negoziale. Questo anche al fine di evitare altri morti, profughi e distruzioni umanamente insostenibili.
Il termine “pacifista” è diventato un insulto, un dileggio, un’ennesima etichetta con la quale si cerca di squalificare l’ipotesi di una posizione “terza” di lotta non-violenta. Si parla di codardia, di facile irenismo o — peggio — di filoputinismo qualora qualcuno, come lo stesso Papa Francesco sta facendo dall’inizio di questo “secondo tempo” della guerra, invece di inviare le armi, tenti la strada del dialogo e del compromesso. Innanzitutto andando a interloquire con l’aggressore, e solo successivamente, come ci ha ricordato Marco Tarquinio, anche con l’aggredito.
La guerra al tempo delle armi nucleari “potenzialmente guidate da intelligenze artificiali”, ci dovrebbe costringere alla soluzione diplomatica, se non altro per una questione di mera sopravvivenza biologica. Sentire parlare di questa situazione limite con gli stessi linguaggi utilizzati nelle guerre antecedenti al 1945 (l’anno dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, da parte degli Stati Uniti d’America) fa veramente pensare alla ingenuità, per non dire incompetenza, della maggior parte degli opinionisti politici mainstream.
Questo conflitto è sia una resa dei conti nei confronti della globalizzazione a trazione occidentale statunitense, sia una rifioritura di quei caratteri “esistenziali”, come ha dichiarato Putin nel suo ultimo discorso al popolo Russo, che evidentemente hanno a che vedere anche con la sfera spirituale dei popoli. C’è un “tentativo — da parte di tutti gli schieramenti — di riportare la croce nelle bandiere di quelli che vanno a battaglia”, dice il Direttore Tarquinio. Infatti, se avessimo maggiore coscienza dell’importanza del piano “spirituale” che governa gran parte delle decisioni dell’uno e dell’altro fronte (consciamente o inconsciamente), forse, saremmo già giunti a un accordo. O, addirittura, la guerra non sarebbe nemmeno cominciata.
Ma la storia non si fa con i “se”. L’orrore c’è e va, per quanto possibile, contenuto, governato e denunciato. Promuovere una sana “Cultura della Pace”, come la chiamava Ernesto Balducci, non è affatto qualcosa di semplice. Più facile, semmai, è ricorrere alla guerra, alla legge del taglione, magari facendo affari e presentandosi al mondo nelle vesti di paladini (o paladine) della giustizia! Durante il nostro breve ma intenso dialogo abbiamo ribadito che le cose non sono sempre così lineari come sembrano. La propaganda può inquinare il discorso pubblico ovunque, a Oriente come a Occidente a Est come a Ovest, ed è di questo che dobbiamo essere coscienti fino in fondo, se vogliamo davvero porre fine alla retorica della guerra inevitabile.
Vorrei dire grazie a Davide Sabatino, per la sua instancabile e intelligente opera di “ricognizione” dei momenti e delle persone interessanti, oltre tutto il magma mediatico sostanzialmente scialbo e senza sapore, insipido proprio perché ripete con minime variazioni la narrazione dominante sulla guerra, ovvero quella funzionale al pilotare il consenso verso i combattimenti ad oltranza (ovviamente, spacciandosi tutti per grandi cercatori di pace – no, per carità, “pacifisti” non si può più dire, ormai, è quasi diventata una brutta parola).
Ho già apprezzato in altre occasioni, il coraggio e la lucidità di Marco Tarquinio, uno dei non molti cattolici “esposti” sui media, che prende decisamente le parti della pace (gli altri sono occupati a fare distinguo e bilanciare e “depotenziare” perfino le parole del Papa, mi sembra).
Grazie anche a Marco Guzzi e Darsi Pace, per questo ambito prezioso di pensiero coraggioso e libero.
La nuova cultura, anche la nuova scienza preme alle porte della nostra coscienza: il fatto di nuovi risultati astronomici “poderosi” (come le immagini del James Webb) ma anche di riassestamenti incredibili del quadro teorico (galassie trovate che si formano “troppo presto” per il quadro consolidato, e da pochissimo, addirittura una possibile spiegazione dell’energia oscura), ebbene tutto questo non è indifferente ed impermeabile al quadro politico sociale. Sentiamo dunque il nuovo che spinge e che vuole far piazza pulita – in modo non bellico – di tutto un sistema di mondo che è morto da tempo e per non morire del tutto, propaga distruzione.
“Sono disperati, sono disperati…” dice lucidamente Marco nella parte finale dell’estratto sulla scienza che abbiamo ripubblicato anche sul nostro blog (http://www.altrascienza.it/2023/02/la-scienza-e-un-metodo/) ed è proprio così!
Per noi, per me, si stratta forse di lavorare per uscire dalla “loro” contagiosa e pericolosissima disperazione (perché vediamo i danni che fa), altrimenti non saremo d’aiuto a nessuno e nemmeno potremo mai sperare che “loro” prendano coscienza. Un passetto alla volta, con tutte le nostre fragilità e le nostre paure, certo: ma come dice Marco, però, “lavorabili”.
Grazie!
Marco
Quando sono state le prime grandi manifestazioni a Roma e a Milano per la pace in Ucraina? Un mese dopo l’invasione? no, un anno dopo, ma un mese dopo la vittoria del centrodestra. Questo non ha senso logico ma ideologico.
La maggior parte, non tutti, dei favorevoli e dei contrari all’invio delle armi agli Ucraini resta negli schemi del solco novecentesco quando per la pace scendevamo in strada a milioni e quando una parte era sempre buona e l’altra cattiva.
Grazie a Dio abbiamo capito che la preghiera è importantissima ma non basta, come non basta invocare all’infinito l’art. 11 della Costituzione, e non basta opporsi alle fabbriche delle armi perchè ci si può uccidere anche con le pietre.
Nel secolo scorso credevamo che bastassero leggi buone ( e quella contro il traffico delle armi è stata fatta), che bastasse distruggere la Democrazia Cristiana ( anche quello è stato fatto pur col golpe di Mani pulite ), che bastasse eliminare la leva obbligatoria ( fatto! anche quello ).
E dopo? solo in Europa sono arrivate le guerre dei Balcani, quelle del Caucaso, e quella tra fratelli Russi ed Ucraini.
Non per questo siamo disperati, anzi!
e io non voglio più essere pacifista come allora perchè ho la possibilità di essere praticante DarsiPace.
Perchè il livello che bisogna aggiungere ai precedenti, e praticare come antidoto alla logica della guerra, è quello spirituale della conversione dei cuori da cui discende una cultura di impegno personale-politico che deve diventare pedagogia di pace.
Abbiamo davanti una via buona, efficace e promettente, in cui possiamo riporre la nostra speranza.
Grazie a Davide per aver dato voce ad uno dei pochi giornalisti ancora degni di questa qualifica.
A volte mi chiedo dove fossi finito prima di incontrare Darsi Pace. Ho dei ricordi deboli e confusi come si ha a volte dei sogni quando ci si risveglia….
Da un Uomo si irradia sempre più, come un’onda circolare, la speranza che una nuova forma d’uomo possa nascere, per un tempo a venire, dove, anche sulla Terra, il bene e il male del singolo semplicemente ed automaticamente non saranno più possibili senza quelli di tutti gli altri.
Siamo sul fondo degli inferi? Dove tutto si ribalta e possiamo cominciare a risalire? C’è da sperarlo perché il tempo “stringe”, come si usa dire.
Allora cominciamo, personalmente, ogni giorno, ogni istante, a lasciare spazio al nuovo per uscire dal gorgo della nostra attuale condizione deietta.
Bellissima intervista,chiarisce,approfondisce ed amplia.
Conoscevo Marco Tarquinio quando entrambi eravamo bambini e ragazzini, poi,come succede spesso, ci si perse di vista dedicandosi alle proprie specializzazioni e vite personali relative.
Ora sentire che persona è diventato da adulto sinceramente mi dà molta felicità ed ottimismo.
Grazie particolarmente caro Davide per questo “incontro”!
@MarcoCastellani grazie a te Marco, “ricognizione” mi piace come parola sintesi del progetto Dialoghi Inattuali. Progetto che, come dici, si inserisce esattamente nel binario di Darsi Pace e della ricerca comune di una nuova cultura trasversale. Saluti!
@GiancarloSalvoldi certo, a volte le manifestazioni e le piazze possono essere “retoriche”, ma è sempre bene tenere insieme il piano di approfondimento interiore, di pacificazione interna (indispensabile), con quello esteriore, di denuncia e di apertura al mondo politico. Nè solo uno né solo l’altro. Grazie del commento!
@LucaBiagini sì Luca, è vero, il tempo “stringe”. Infatti, di catastrofe in catastrofe ci stiamo sempre più rendendo conto della “velocità”, e dell’urgenza, dei tempi finali. Ma, al contempo, riuscire a meditare dentro l’occhio del ciclone ci permette di sperimentare anche una quiete che non conosce fretta. Da quel che scrivi, so che ci capiamo… a presto!
@ClaudiaVignati grazie a te Claudia, che sorpresa sapere quanto ci racconti. Nonostante tante differenze di vedute, diciamo così, con il quotidiano Avvenire, devo ammettere che comunque c’è stata molto sintonia con il Direttore Tarquinio in questa fase. Speriamo in un futuro di possibili collaborazioni. Un caro Saluto!