“Der Tod und das Madchen” (La morte e la fanciulla) di Franz Schubert è un capolavoro artistico composto nel 1817 e si sviluppa in un Lied di una sola paginetta.
Il testo è del 1774, il poeta è Matthias Claudius e così recita:
(la fanciulla)
“Vattene, sparisci!
Va via selvatico scheletro!
Io sono ancora giovane: va’ caro!
E non mi toccare.
(la morte)
“Dammi la tua mano,
bella e delicata creatura!
Ti sono amica, non vengo per punirti.
Su, coraggio! Non sono cattiva,
dolcemente dormirai fra le mie braccia!”
Io ho sempre adorato cantare questo Lied, proprio per una specie di percorso interiore di “scioglimento” che esso mi fa vivere, lo trovo veramente pacificante.
In questo particolare frangente della nostra associazione “Darsi Pace”, in cui è scomparsa fra noi la presenza fisica della compagna Lula, il mio pensiero va ad approfondire come vivo e vedo vivere il pensiero della morte.
La morte personale, quella delle tante persone care che ho perso e delle morti di “sconosciuti” con cui ci tartassano quotidianamente i massmedia e filmografia varia.
Da bambina mi succedeva di pensare alla morte come liberazione dalle sofferenze e da problematiche e relazioni opprimenti, quindi ci vedevo in qualche modo un “miglioramento”, se pur di fuga!
Poi a 11 anni morì mio nonno paterno ed io rimasi attonita nell’osservare il comportamento degli adulti, non mi tornavano i conti: ma perché sono tutti tristi se nonno Alfredo ora sta di sicuro in Paradiso???
Non avevo possibilità di confrontarmi, quindi rielaboravo tutto fra me e me, cosa non sempre gioiosa!
Di certo la mia morte personale la sentivo possibile solo se per mia scelta, mi sentivo abbastanza incolume dal rischio di subirla e mi comportavo spesso proprio come se fossi immortale, esponendomi anche a vari rischi ed autolesionismi inconsapevoli.
All’epoca del liceo morirono vari miei coetanei ed altre persone a cui ero legata, da questo “dedussi” che se non vuoi morire devi stare attento a non diventare troppo perfetto, perché una volta raggiunto il massimo possibile della propria perfezione personale, semplicemente muori!
Siccome mi piaceva esplorare, imparare e scoprire, a questo punto mi interessava pure vivere…..facendo attenzione a non diventare “perfetta”!
Pensavo che chi muore ha finito di fare quel che realmente doveva fare su questa terra.
Divenendo adulta le morti e malattie dei miei cari mi hanno invece fatto toccare con mano che la vita è una successione di emergenze e cambiamenti e mi hanno convinto che il significato da dare alla morte di una persona cara sia proprio un apprendimento specifico da elaborare.
Pensando alle persone che ho visto morire in mia presenza e a certe mie esperienze personali passate, credo che sia realmente impossibile capire il momento in cui la morte avviene, dipende se si guarda “dentro” o “fuori”, avanti o indietro, dipende da come si affrontano dolore e paura.
Nel caso di Lula la conosciamo come persona generosa, solidale, solare, coraggiosa e con una vita inserita in una vasta rete di relazioni ricche e solide, donna capace di destreggiarsi nella malattia e preparata ad affrontare il passaggio ad altra vita.
Lula era praticante e tutor dell’associazione “Darsi Pace”, ci mancherà molto la sua presenza fisica, sempre positiva, ma certamente la continueremo a sentire fra noi, specialmente quando meditando raggiungiamo il nostro “momento meraviglioso”.
La sua testimonianza rinforza in me la sicurezza dell’importanza fondamentale dello stare in una rete di relazioni sane e coltivare la relazione personale con le più alte energie della Vita tramite meditazione, preghiera e vita nel mondo.
Rinforzare quotidianamente il nostro contatto con la nostra identità spirituale, libera ed eterna, certamente ci prepara anche nel migliore dei modi possibili al momento in cui lasceremo il nostro corpo entrando trionfalmente nel mondo dello Spirito.
Non è facile guardare in faccia la morte e sentirla amica mentre ti prende tra le sue braccia.
Da bambina vidi un uomo accasciarsi davanti a me e poi morire mentre io giocavo con altri bambini; quella vista mi turbò, ancora oggi ricordo i suoi occhi sbarrati. Alcuni anni dopo morì un compagno di giochi, poco più grande di me, e fu immenso dolore, lacerazione, strappo. Solo nella preghiera, fatta insieme a chi soffriva come me, riuscivo a trovare un po’ di sollievo.
E poi, da adulta, la morte dei miei genitori e di mio fratello maggiore, di amici e il suicidio di una cara amica.
Ho visto Lula attraversare la malattia e guardare in faccia la morte sorretta dalla fede nel Dio Vivente, circondata da persone che le hanno voluto bene alle quali ha voluto bene. Quando la sentivo mi diceva di pregare ed io sapevo dirle solo che continuavo a farlo.
Pregare per me è oggi guardare con minore paura lo strappo lacerante del lutto che affiora anche dentro eventi banali, riconoscere i pensieri mescolati a queste forti emozioni e lasciare che scorrano via, è lasciare andare a pezzi il piccolo io che si pensa mortale per spostarmi nel presente, nello stato della coscienza non condizionata che per me è lo spirito del Vivente.
Lì il mio grido di aiuto è ascoltato, il dolore lacerante dello strappo viene curato e sanato perché da Lì, dal Principio sgorga la vita senza più morte, né lutto, né lamento.
Da Lì posso ricominciare a vivere e ritornare nel mondo nuova-mente perché le cose di prima sono passate.
Lì non sono più sola, sono finalmente a casa, finalmente libera.
La Rivoluzione degli immortali ci chiama a vivere la morte e a raccontarla come soglia da varcare per sapere chi siamo veramente. Allora riusciremo a costruire una cultura e una politica più umane.
Grazie cara Claudia per questo post.
Ti abbraccio, Giuliana
Grazie per la risonanza,cara Giuliana.
Verissimo che c’è enorme differenza fra la morte vista de visu o appresa.
In comune hanno in genere la mancanza che si sente della persona passata a” miglior vita”, ma vedere la morte davanti agli occhi senza dubbio può essere scioccante e spesso (sempre?) è difficile dimenticarne immagini ed emozioni.
La PROPRIA morte fisica è il MISTERO più grande della nostra vita, con la enorme curiosità di saper come sarà “dopo” e possibilmente la consapevolezza di avere ben speso il nostro periodo su questa terra, migliorandoci, apprezzando ogni dono ricevuto, godendo delle bellezze intorno a noi, creandone altre e spargendo semi buoni intorno a noi condividendo la nostra gioia di vivere!
Intanto qui continuiamo a scoprire chi siamo, sempre picconando nella nostra miniera interiore, il “dopo” arriverà a tempo e debito ed ogni parola in merito ora mi sembra impossibile.
Buon cammino a te e a tutti quelli che ci leggeranno.
Claudia
Nei giorni scorsi sulla Grigna sono morti due giovani uomini in cordata scivolati sul ghiaccio in un burrone.
Al funerale la chiesa era strapiena e neppure il sagrato conteneva i partecipanti alle esequie durate tre ore.
Non è la stessa cosa portare i corpi dall’ospedale al crematorio senza passare nemmeno per casa, per illudersi di far scomparire la morte, o celebrare un rito collettivo di consapevolezza e catartico.
Ma oggi le tematiche escatologiche sono tanto fondamentali quanto rimosse dalla cultura dominante, nichilista o new age, senza che questo risolva il problema perchè anzi aggrava la condizione di chi rimuove.
Dopo il Nirvana in Oriente e l’Ade della cultura greca antica, la lettera ai Corinti dice:” Ma dov’è o Morte la tua vittoria?”
Poi san Francesco ci insegna a fraternizzare con “Sorella Morte”, e noi possiamo allenarci con la morte dell’ego.
Non ci viene tolto l’acuto e lacerante dolore, ma ci vien tolto l’orrore, perchè:
“Vita mutatur, non tollitur”, la vita cambia forma ma non viene tolta.
Questo lo sperimentiamo nella fede cieca, nell’accoglimento, nell’abbandono al Dio di Amore rivelatoci da Gesù.
Grazie Claudia e grazie Giuliana per le belle parole.
Grazie Giancarlo per il “rinforzo”!
Verifichiamo sempre meglio che dono sia aver incontrato la fede e continuare a rinforzarla ogni giorno di più!
Carissima Claudia, grazie per la riflessione coraggiosa, sincera, lucida e …..vivificante. Sì, vivificante! Potrebbe apparire paradossale accostare le ombre mortifere alla Luce della Vita, ma sappiamo che non è così!
Ripercorrendo biograficamente le tue “scoperte” sulla morte, mi sono sentita da te condotta nelle profondità più intime del sentire, dove si agitano ancora sentimenti di dolore e disperazione per la recente perdita di mio padre. Seguendo il “percorso” delineato dalle tue parole – a cui si è sommato il ricordo dei funerali “gioiosi” di Lula – ho avvertito l’inizio di un’ennesima trans-formazione. E hai ragione quando dici che non possiamo capire la morte!!
Perché è solo a partire dai nostri abissi, dalle più intime profondità – dove la mente non ha più ragioni – che possiamo iniziare a sentire….ascoltare il “Senso” della Vita, intuire quel Mistero che – pur inafferrabile ed incomprensibile – può indicarci direzioni di vita. Da queste profondità-abissi possono emergere parole neo-nate e “sensate”.
Piano piano, sciogliendo come te i diversi blocchi interiori, sto imparando tutto questo e mi piace sognare (come Lula ci ha invitato a fare) che quando rivedrò la morte, potrò dirle – non come la tua fanciulla di M. Claudius- “Se sei venuta, puoi anche toccarmi. Non ho paura a darti la mia mano perché ORA “so” che, dal tuo sonno, ci risveglieremo”.
Grazie Claudia per il tuo post, grazie Giuliana per il tuo commento, grazie LULA per la tua VITA
Grazie Tina .
Grazie Claudia per queste tue parole.
Grazie a voi tutti per le vostre riflessioni che risuonano in me come parole bene-dette che rinfrancano l’anima.
Cara Claudia, cari amici,
il tema della morte mi appassiona da diversi anni, interrogandomi sul suo mistero. Tanti scrittori l’hanno affrontata e descritta, vi segnalo in particolare due libri che mi hanno particolarmente colpito; “Cinque inviti “-Come la morte può insegnarci a vivere pienamente, di Frank Ostaseski e “Fissando il sole” di Irvin D. Yalom. Nostri contemporanei, in modi diversi, hanno potuto vedere la morte negli occhi delle persone con mali incurabili. Yalom inizia il suo libro con questa frase di Francois de La Roche Foucauld ” Né il sole né la morte si possono guardare fisso”. In effetti è arduo vivere ogni istante consapevoli di dover morire. Tuttavia più cerco di penetrarne il senso, di guardarla negli occhi attraverso le esperienze di altri, più si attenua l’angoscia che mi procurava negli anni passati. Pensando alle lacrime di Gesù difronte al sepolcro di Lazzaro, anch’io come Claudia da bambina mi faccio delle domande. Ma non trovando delle risposte valide, continuo a confrontarmi con la morte guardandola nei volti di persone come Lula. Lei ha lasciato in ognuno di noi il ricordo del suo sorriso accogliente, del suo ottimismo, della sua luce che ce la fanno ancora sentire viva nei nostri cuori. Forse la morte non esiste, è solo un sipario che si chiude mentre gli attori tornano soddisfatti alla loro Casa.