Le motivazioni, per me, sono diverse. Intanto, un voler restituire qualcosa per tutto ciò che di buono si è assorbito, si è vissuto. Anche, accogliere l’invito ad essere più creativi, che mi pare così organico al percorso stesso. A mettersi in gioco secondo le proprie capacità, le personali competenze. Il percorso in Darsi Pace costituisce per me, fin dall’inizio, uno stimolo straordinario a guardare il mio lavoro di astrofisico, fuori dalle brume dell’abitudine. Da questa prospettiva, posso farmi toccare ed interrogare in modo inedito da ciò a cui dedico tanta attenzione, nella mia giornata. Sì, posso (anzi, devo) vedere anche le stelle, in modo nuovo. E così, raccontarle.
Cos’è studiare l’universo, cosa c’entra con la nostra umanità? Ed ancora, è davvero importante in quest’epoca travagliata? O è una cosa da prendere così, come un divertimento intellettuale, per chi ha la fortuna di potervisi dedicare? Prima ancora che formulare frettolose risposte, stare in queste domande è per me un primo, necessario passo.
In Darsi Pace – a testimonianza della serietà della proposta – la scienza viene continuamente chiamata in causa. Ho imparato da Marco Guzzi e da importanti letture (non poche delle quali, amichevolmente suggeritemi da lui), come la scienza sia irresistibilmente umana: non consista cioè una mera questione di numeri ed equazioni, ma riveli tantissimo della donna e dell’uomo che percorre ogni epoca. La scienza non ha verità in sé, lo sappiamo: è piuttosto un metodo, una attitudine, che può e deve muoversi in accordo con tutto il resto. In questo la straordinaria grandezza, la imprescindibile rilevanza della vera scienza per la riflessione contemporanea: perché, come sempre, il vero potenziale si sblocca solo nel riconoscimento del limite.
Con Gabriele Broglia (manager sanitario e personal trainer, esperto di filosofie orientali, da tempo impegnato – in Darsi Pace e fuori – in molteplici attività), ci troviamo in esatta sincronia: avvertiamo la medesima esigenza di esplorare il territorio di frontiera, dove gli universi si toccano, si confrontano, si amalgamano. L’entusiasmo per la materia e le specifiche competenze di Emanuele Giampà (da anni, insostituibile il suo appassionato apporto tecnico in Darsi Pace) forniscono poi gli enzimi necessari perché questa idea possa lievitare, diventare finalmente concreta. Trovare la strada.
Una strada – si sarà ben compreso – che non è mia in alcun modo, che non faccio io, ma che posso esplorare in una relazione. Perché la cosa bella di un progetto come questo, è che avviene come frutto di qualcosa di comune, da cui tutti noi attingiamo e che proviamo a restituire lasciandolo fluire attraverso le nostre sensibilità, arricchito dai nostri colori.
Abbiamo iniziato a sperimentare già lo scorso anno, con il progetto Da cosmo nasce cosmo, volutamente minimalista: brevi dirette Facebook, conversazioni tra me e Gabriele su temi astronomici di attualità, visti esplorando le possibili connessioni con la filosofia e la spiritualità. Deliberatamente informali, perché ogni ascoltatore si potesse sentire coinvolto, non intimorito: amichevoli conversazioni, piuttosto che dotte dissertazioni.
Giunto poi il torrido periodo estivo ci siamo fermati per riflettere, per capire se continuare e come modificare l’idea iniziale. In questi mesi, credo di poter dire che abbiamo tutti e tre (Gabriele, Emanuele ed io) sperimentato come la voglia di misurarci in questo tentativo non passava, anzi ci bruciava sempre più addosso! Ne parlavano ad ogni occasione di incontro, esploravamo scenari, immaginavamo sentieri da percorrere. Mettevamo a fuoco i particolari. Sì, davvero: qualcosa premeva per nascere, nel campo di eventi di Darsi Pace.
La modalità operativa che alla fine è sembrata più idonea, a noi e al movimento, è questa: una serie di dialoghi abbastanza brevi (intorno ai trenta minuti) tra me e Gabriele – ripresi in video sotto l’accorta e cordiale regia di Emanuele – con una frequenza di una puntata al mese. Dialoghi dove si sceglie, volta per volta, un tema relativo al cosmo e alla scienza, e si ragiona cercando di allargare lo sguardo ai significati spirituali e comunque metafisici. L’intento che ci motiva – e credo ci differenzia alla radice da tante analoghe iniziative – è quello di rimanere più possibile organici ai corsi Darsi Pace, scegliendo ed espandendo in primo luogo temi che Marco Guzzi e i formatori possono trattare, nel tempo. Così configurata, ci piace pensarla come una offerta ai praticanti e a tutti quelli potenzialmente interessati al cammino Darsi Pace.
In tutto questo, innegabilmente ci conforta e rallegra il giudizio dello stesso Marco Guzzi, che ha definito il nostro progetto, per come glielo abbiamo esposto, “giustamente entusiasmante”.
Insomma, ci siamo: è con una certa emozione che vogliamo finalmente annunciare l’apertura del progetto Darsi Spazio. Laddove il Darsi nel nome del progetto, vuole proprio sottolineare, come si diceva, la nostra volontà di procedere in stretta simbiosi e in accurata aderenza al percorso che questo movimento propone. Non si tratta di un allineamento di comodo ma di una precisa scelta di campo, un volersi definire con un sapore preciso e riconoscibile.
Noi cioè decidiamo liberamente di muoverci dentro il contesto del messaggio e della forma di insegnamento di Darsi Pace, nella certezza che la nostra azione sarà così più efficacie, nella confidenza di dare il nostro piccolissimo contributo all’unico pensiero rivoluzionario oggi realmente possibile, nell’aderenza puntuale al progetto sociale e politico di cui, in tempi recenti, la Carta della Nuova Umanità si è fatta esplicito manifesto.
Se è vero, come recita la Carta, che è tempo di inaugurare una fase inedita della storia, ciò non potrà avvenire senza un ripensamento profondo dell’idea di scienza che ci portiamo addosso. Questa risulta oggi gravata da tanti retaggi di un riduzionismo spicciolo che, se pur superato dalla stessa riflessione epistemologica più avanzata, nondimeno continua a gravare – come una sorta di carico irriflesso – su tutti noi, sul nostro modo di guardare a noi stessi ed al cosmo.
Abbiamo la possibilità e forse il compito di non sottrarci a quanto anche di piccolissimo possiamo fare, per contribuire a quest’opera fondamentale. L’incastro spaziotemporale, si sarà capito, è quello giusto. Nei quasi dieci anni dal mio ingresso in Darsi Pace, ho già avuto mille occasioni di verificare come questo sia un ambiente estremamente fecondo per la maturazione di una nuova idea di scienza, di quella AltraScienza che infatti si è costituita da tempo come gruppo culturale all’interno dell’associazione.
Dunque, solo un passetto ulteriore che si affianca cordialmente ad altri canali espressivi (penso anche a Darsi Salute, nel suo ambito) che puntano tutti ad un medesimo obiettivo: riscoprire una scienza (dalla fisica alla medicina, appunto) più umana, ovvero tornare alla vera e feconda idea di scienza. Un’opera di progressiva ricomprensione, che può farci davvero compagnia nel faticoso e luminoso tragitto verso quella nuova umanità, che sta premendo per nascere in tutti noi. Ora, più che mai.
Grazie Marco e grazie Gabriele, con il vostro impegno ci state offrendo un nutrimento necessario al sano sviluppo di una Nuova Umanità capace di integrare in modo fecondo ciò che di buono è stato fatto da chi ci ha preceduto.
Grazie di cuore.
Grazie!! Splendido, come le stelle.
Bel progetto caro Marco, vi seguirò con grande interesse.
Grazie mille, caro Marco e caro Gabriele.
Anch’io vi seguirò con slancio. Ho già ascoltato ieri il vostro dialogo. L’ho trovato affascinante. Amo assai l’astronomia e amo contemplare il cielo stellato e da un po’ a questa parte lo faccio più spesso di prima.
In qualche modo.. la mia anima vibra di Vita sotto di esso – forse.. persino di più che in altre situazioni.
Grazie ancora.
Grazie!
La Chiesa ed il mondo hanno tanta necessità di questa riflessione e di persone competenti che trattino queste tematiche,
Silvia
“Mi piacerebbe insegnare all’intelligenza artificiale l’importanza dell’ambiguità. Vorrei sensibilizzarla, cioè, al fatto che esistono domande alle quali dare una risposta definitiva e unica sarebbe riduttivo e impoverente. E questa umiltà è necessaria per comprendere l’umanità”
Grazie
Silvia
Ciao Marco!
Ti ho sentito più volte esprimere il fatto che ogni epoca ha il suo universo, nel senso che ogni epoca è in grado di interpretare l’universo in base alla propria sensibilità.
Secondo te si può dire che un tentativo di approssimazione, sia pure senpre asintotica, ad una conoscenza più completa, o almeno più allargata, derivi dall’aggiunta delle varie interpretazioni invece che da una sostituzione di interpretazioni? Cioè alla verità ci si approssima per sintesi delle varie interpretazioni, invece che per sostituzione di un’interpretazione nel passaggio da un’epoca all’altra?
Questo per tenere insieme l’eredità del lavoro conoscitivo del passato, integrandolo e purificandolo ogni volta che si aggiunge qualche altro livello di consapevolezza conoscitiva.
Se così fosse, un universo statico e uno in espansione eccelerata forse ci richiederebbero uno sforzo di pensiero per tenere insieme un’immensità che sempre ci sfugge.
Dite nel video che la datazione dell’universo fa entrare potentemente la storia.
Mi veniva in mente come nell’ambito delle scienze della vita, Charles Darwin sia stato il primo ad aver introdotto la rilevanza della storia nell’evoluzione della vita che egli interpretava nel senso della selezione naturale. E questo qualche decennio prima di Einstein.
Anche qui, forse ricercatori di diverse discipline, a breve distanza gli uni dagli altri, stavano scoprendo la storia nella sua abissalità…
iside
Grazie infinite a entrambe. Vi faccio i migliori auguri ben sapendo già che farete bene, molto bene. C’è un immenso bisogno di sentire persone parlare umilmente e pacatamente di queste “cose”, perciò attendo fiducioso il prossimo video, musica per le mie orecchie e balsamo per la mia anima.
Benigno
Un dialogo ricco di stimoli e di prospettive, grazie a entrambi!
Antonietta
Grazie a tutti, carissime amiche ed amici.
Proprio per la natura di “servizio” con cui pensiamo a questa nuova avventura, questi riscontri sono estremamente incoraggianti e corroboranti! Anche i numeri di YouTube ci confortano e ci incoraggiano senz’altro a proseguire, affinando e temprando i nostri strumenti, per essere quanto più possibile focalizzati e precisi.
Per Iside, scrive Marco Guzzi (Imparare ad amare, pag. 51) che “in un certo senso, il mondo cambia con il mutare del nostro pensarlo”. Credo anche io sempre di più che il modo che noi abbiamo di pensare il mondo, “informa” il mondo, in qualche maniera che sfugge alla piana descrizione analitica: forse affonda nel mistero stesso del nostro esistere, dello scopo per il quale rappresentiamo (da soli o no, non cambia) la “autocoscienza del cosmo”.
In questo senso, nel mondo antico il cosmo era “real-mente” fatto di stelle fisse perché ogni riscontro e ogni possibile analisi restituivano questa “evidenza”, del resto l’unica compatibile con il tipo di cultura e percezione che era terreno comune di quel periodo. Noi forse sbagliamo applicando frettolosamente all’indietro la nostra coscienza contemporanea, dicendo “non sapevano che il cosmo è in accelerazione”… proiettando all’indietro i nostri modelli, a loro volta congeniali al nostro specifico modo di comprendere e alla nostra situazione attuale. Chissà cosa potrebbe dire di noi un uomo del 2500 per esempio. Quanto “primitiva” o “errata” potrebbe giudicare la nostra cosmologia? Ma è poi “errata” o è il mondo che “creiamo” (virgolette obbligate, per la faccenda di prima) con le nostre percezioni? Il mondo che si rivela a noi per come noi siamo, assumendo la nostra configurazione, come un liquido che si riversa in un recipiente rispettando le sue forme.
Anche per questo, per il fatto che abbiamo in fondo “una” specifica forma mentis in ogni epoca, non mi convince l’idea della compresenza temporale di diversi modelli. Per come capisco, la scienza procede così, sostituisce un modello ad un altro (modelli e non realtà, si badi bene), aumentando di sofisticazione, secondo quanto la nostra capacità di osservare e ragionare permette. I modelli vecchi vengono abbandonati e messi in un museo della scienza (anche se ricircolano per molto tempo nei nostri cervelli, come il modello di universo statico): sono gli stessi dati scientifici, che altro non sono che uno specchio della nostra raggiunta capacità di “domandare” al cosmo, che ci spingono in tal senso. Nessuno scienziato (o quasi) può abbracciare realmente il modello statico di universo, oggi: semplicemente, non riuscirebbe a spiegare i dati che, di questo universo, noi possediamo.
Ci sono eccezioni interessanti, come il fatto che la luce è onda e corpuscolo “insieme”, a seconda di come la si guardi. Ma è una compresenza di modelli che rivela l’inadeguatezza di un modello unico (e che testimonia il mistero ultimo della realtà stessa, non facilmente oggettivabile). Non mi pare tanto una compresenza di teorie di epoche differenti.
Questa la mia sensazione, poi probabilmente uno storico della scienza potrebbe dire molto meglio e molto di più, su questa interessantissima osservazione.