Mi sono chiesta: Ma cosa significa separazione?
Leggo nel Vocabolario: Disposizione indipendente delle parti costitutive di un insieme.
Ecco, una disposizione inclinazione collocazione…e quindi non una realtà congenita…della natura umana!
Questo basterebbe a dire che sia qualcosa che viene a turbare un ordine costituito: un insieme, di realtà create in relazione le une con le altre, interdipendenti pur restando uniche.
Perché questo è un dato evidente: ogni creatura è unica!
Del mio essere in tutte le sue componenti e funzioni, non c’è una copia.
Il mio corpo è staccato dagli altri, per quanto ci possano essere legami familiari; e questo avviene fin dalla nascita: potrebbe un bimbo vivere e crescere attaccato al cordone della mamma?
Il mio sentire pensare reagire è staccato da quello di altri che magari condividono la stessa esperienza in uno specifico spazio e tempo. È quindi indipendente, sotto diversi fattori. E quindi, separato!
Ma questa separazione oggettiva, determinata dai confini di ognuno, come le case e gli alberi e le auto
lo sono tra loro, non significa che non ci sia relazione tra tutto ciò! Anche le parole che sto scrivendo necessitano di uno spazio per poterne leggere il senso, ma non sono separate le une dalle altre: seguono un filo comune del discorso che cerca di esprimere un pensiero, un sentimento, delle domande!
Relazione è proprio quel filo che unisce i corpi diversi, in un comune tessuto che ne manifesta l’insieme.
Questo filo, invisibile come il respiro, tesse la vita di tutto il creato.
Quello che vediamo e quello che non vediamo.
Quello che possiamo contribuire a filare.
Ma la separazione che noi vediamo, quella che rende indipendenti … corpi, atti, scelte e altro… gli uni dagli altri (del resto necessaria all’unicità di ogni essere vivente) è la stessa separazione che ci rende indifferenti, ostili, nemici gli uni degli altri? Ossia, quella modalità che ci fa credere, e in modo molto concreto e sensibile, oltre che mentale e immaginativo, in opposizione con gli altri e così dividendoci?
Se dico Io c’è anche un Tu, un Noi opposto a un Voi e a un Loro!
Ma tutte queste persone sono separate da me, da noi?
I bambini piccoli devono imparare la propria identità; un modo per farlo è guardando allo specchio il proprio volto e poi quello dell’amichetto accanto: un volto diverso ma sempre un volto, e bisognoso di un nome per riconoscersi, per distinguersi tra gli altri nomi e volti. Così imparano a dire io, mio e tu, tuo.
E così anche le conseguenze degli aggettivi possessivi che cominciano a gridare, litigando fra loro.
Identità e Alterità sono i poli intrinseci in ogni relazione viva. Come può essere altrimenti?
È la corrente che passa fra loro a determinarne le qualità e quindi le modalità di relazione.
Più il polo del mio io è in tensione …alimentato da paure, difese, rabbia, desiderio di dominio e affini…e più la corrente che corre verso l’altro brucia le possibili comunicazioni inclusive, amichevoli, costruttive.
Ma, come faccio a non accumulare tensione nella cabina di regia del mio io?
Oppure, a scaricare quella che arriva dal polo altro?
Qui bisogna sottolineare come noi siamo educati a difenderci fin da bambini, e siamo incoraggiati a usare la nostra forza bruta…soprattutto i maschietti che devono cominciare a mostrarsi buoni lottatori, per essere riconosciuti nel loro status di veri uomini… a schierarci da una parte o dall’altra nei giochi quasi sempre competitivi e poco aggregativi. E poiche dire delle competizioni scolastiche?
E non cresciamo in ambienti che ci ripetono di continuo quanto dobbiamo essere migliori degli altri, per avere il meglio, anche a discapito degli altri? Non dobbiamo, per essere felici, vincere e dominare gli altri?
E distinguerci per razza, cultura, fedi d’ogni genere? Quante teorie si sono elaborate per separarci, e anche giustificandoci, ossia sentendoci nel giusto! Facendo magari squadra con altri, ma sempre contro qualcuno.
Non è solo la storia di popoli, paesi e nazioni; prima di tutto è la storia dei nostri cuori corpi anime menti.
Delle nostre vite, sempre caricate con miscele esplosive, su fronti che necessitano issare bandiere?
Ma, allora come faccio a vivere concretamente la vita nella mia unicità fatta di carne e spirito, in mezzo a tutte le altre, senza separarmene e senza omologare – omogeneizzare le diversità?
Come faccio a realizzare la mia umanità senza diminuire negare opprimere la tua?
E come faccio a farlo, nonostante il fallimento delle leggi terrestri e celesti imposte o consigliate finora?
Tornando al significato iniziale della parola: Cambiando disposizione! Cambiando ordine mentale!
Re-imparando una lingua, un costume, una cultura per stare insieme in modo nuovo, libero.
Riscoprendo sotto i cumuli di cenere, le vene dove scorre il sangue che forma lo stesso corpo.
Nel mio sguardo ci sei tu come orizzonte. Ti respiro e mi lascio respirare da te.
Offrendoti la mia vita mi nutro della tua. Oltre le mie dita posso incontrare le tue.
Per disegnare nuove strade dove camminare, uno accanto all’altro, vicini non solo con il corpo.
Lasciare passare le mie idee tra le tue come ali di farfalle tra colorate corolle.
Non insegna forse il polline, l’inutilità delle frontiere per la fioritura primaverile?
In questi giorni che ricordano la tua dolorosa passione, mio caro Amico e Signore
come non ricordare che tutta la tua vita ci ha mostrato un Dio che ha voluto prendere
la nostra carne destinata alla morte, e non invece chiedere di disincarnarci per raggiungerti
nell’inaccessibile imponderabile impronunciabile sfera del tuo Essere? E perché?
Siamo tutti connessi ma anche individui separati.
La fatica delle relazioni e della conoscenza dell’altro è merce molto rara.
Le facili alleanze merce molto diffusa.
La paura della solitudine si compra al supermercato a chili.
Il polpettone lo mangiano tutti con gusto!
La massa non sempre ha ragione, come hanno dimostrato secoli di totalitarismi.
Come hai visto, nell’uccidere Cristo sono tutti concordi e tutti in una perfetta armonia celeste trascendente
Ti abbraccio
Silvia
Mi viene spontaneo chiedermi.
Senza questa separazione, in cui mi scopro fin dalla più tenera età, e di cui poi prendo consapevolezza potrei mai mettermi in cammino per le strade che
mi riconducono alla verità ?Alla mia unicità ? A ciò che ero prima di nascere ?E se la vita che per grazia mi è stata donata non sia altro che questo ritorno all’origine? E sé tutto è predisposto in modo che la sofferenza dovuta alla mancanza della verità sia per me un richiamo a non dimenticare mai che cosa sono venuto a fare? Ritrovarmi per Ritornare? Dove? Negli altri ? Nelle cose del mondo? Bhé se così fosse direi che il mondo è un posto meravigliosamente perfetto pieno di opportunità per
ri-cordare di ri-cordarmi di ri-trovarmi.
Un caloroso saluto
Cristiano
Ne’ dipendenti né indipendenti ma…interdipendenti! Nel senso che ognuno porta un beneficio per il benessere dell’altro. L’armonia delle relazioni umane…che tutti dovremmo realizzare.
Ciao Brunella, grazie per questa (anche poetica) riflessione sulla separazione che ogni giorno di nuovo, e continuamente, ci troviamo faticosamente a vivere. Porsi domande come hai fatto tu credo sia un modo efficace per “scavare”.
Dici: “Questa separazione oggettiva determinata dai confini di ognuno…non significa che non ci sia relazione tra tutto ciò”, e trovi la risposta all’apparente oggettiva separazione, nella realtà della relazione, nel filo che unisce tutto in un comune tessuto.
La separazione “che ci rende indifferenti, ostili, nemici” certo è altra cosa, come osservi.
Così come Io e Ego non sono la stessa cosa, e se nell’Io siamo comunque uniti, nell’Ego siamo separati.
Ma allora “come faccio a realizzare la mia umanità (Io) senza diminuire, negare, opprimere la tua” (Ego)? Come faccio a non essere separato come Ego ostile, indifferente, nemico?
Bella la tua risposta! “Cambiando ordine mentale”.
Si, lasciando andare ogni volta di nuovo la separazione dell’Ego, nell’ordine di un nuovo giorno, con tutto il lavoro che significa.
Grazie ancora Brunella, un abbraccio.