Il senso della vita in tempo di guerra

Commenti

  1. Quando ero ragazzo, proprio il liceo era l’ambito della contestazione, del fermento.
    Collettivi, dibattiti, proteste, scioperi (sì, a volte velleitari, però l’anelito c’era).
    Il mondo com’era non andava bene, andava cambiato.
    Si pensava che fosse possibile, che fosse addirittura imminente.

    In poche rivoluzioni della Terra intorno al Sole, è tutto cambiato.
    Il sistema ha assorbito e sedato la contestazione, senza clamore.
    I vecchi rivoluzionari siedono ora nei consigli di amministrazione.

    Riascolto musica di quegli anni, “Storia di un Impiegato” di Fabrizio De André, e mi sembrano segnali da un altro mondo. Qualcuno veramente contestava l’assetto dominante. Proponeva altre vie.

    Ascoltando i primi minuti del video, capisco che ora la vera contestazione, adesso è qui.
    Ogni epoca produce una occasione di uscita, di recupero della luce stellare.
    Marco Guzzi è adesso tra i pochi, veri rivoluzionari.
    Gente che ha voglia di esser felice.

    C’è sempre l’occasione, ora è questa.
    A questa rivoluzione vera, occorre dare il cuore.

  2. Marco Guzzi dice

    Grazie, caro Marco, della tua affettuosa vicinanza, e profonda consonanza spirituale. Marco

  3. Caro Marco,
    il grande algoritmo a cui tutti si sottomettono, non conosce pietà e non conosce gioia.
    E’ un sistema molto violento, ispido ed insidioso.
    C’è un sistema criminale e di guerra ed il rischio è sentirsi totalmente impotenti riflessivi e rinunciatari.
    Ti danno poi una pillolina che risolverà tutto, senza possibilità di confronto nè alternativa.
    Invece noi siamo qui per essere felici, come tu stesso dici e ricordarcelo è molto importante per spezzare l’abitudine e vincere l’inerzia.
    Riprendiamoci il gusto di vivere!
    Grazie!
    Silvia

  4. Siamo in guerra, anche io sono convinta di questo e la guerra è una guerra di resistenza per non essere governati da un algoritmo senza cuore e senza anima, ma la potenza dell’algoritmo è inaudita e capillare.
    L’algoritmo fa comodo ai colossi economici ed informatici-aspetti che spesso coincidono-che non vedono il singolo ma solo i numeri e le statistiche di ogni genere. Tutti burattini nelle mani di pochissimi che pensano solo al profitto.
    Occorre, forse, come diceva Borghesi, seguire Soren Kierkegaard e la sua etica del singolo.
    Può sembrare un testo delirante il mio, ma credetemi non lo è.
    Il singolo inceppa l’algoritmo, come l’amore.
    Forse.
    Speriamo che qualcuno riesca a far inceppare questo algoritmo.
    O forse no, questo è allora il migliore dei mondi possibili?
    Grazie

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