Nello “Studio del mese” del numero 8 della rivista il Regno del 15 Aprile 2024 (pp. 258-269), viene riportato uno scritto di p. Francesco Rossi de Gasperis SJ (1926-2024). Con questo padre gesuita ho avuto la fortuna di condividere nel lontano 1997 un mese a Gerusalemme a studiare le radici ebraiche del cristianesimo, di cui p. de Gasperis era un profondo esperto e ricercatore.
In questo articolo, che cercherò di sintetizzare, parla del rapporto fra sacerdozio e ministero, a partire dai testi del Nuovo Testamento. Mi sono sembrate ottime riflessioni anche per noi che oggi parliamo di come “smaschilizzare la chiesa”, espressione infelice a mio parere ma comunque efficace.
Il problema è appunto quello della esclusione delle donne dal sacerdozio: p. de Gasperis ricorda che fu papa san Giovanni Paolo II a sancire l’impossibilità per la chiesa di autorizzare l’ordinazione sacerdotale delle donne (Ordinatio sacerdotalis del 22/5/1994), posizione ribadita da papa Benedetto XVI e papa Francesco. Questa posizione “che suona pesantemente maschilista e poco giustificabile” va meditata profondamente. L’autore si chiede ancora: “rendere presente e «simboleggiare» la persona di Cristo risorto, capo e sposo della chiesa, comporta necessariamente che i suoi ministri terreni siano sempre di sesso maschile?”. Questo, aggiunge l’autore, sembra un “letteralismo fondamentalista”, laddove tutte la situazione del Nuovo Testamento, nella loro dirompente novità riguardano uomini e donne di tutti i popoli, nessuno escluso.
Allora si tratta di partire dal dato vero dei testi del Nuovo Testamento: ebbene, fa notare l’autore, per il Nuovo Testamento non solo il vecchio sacerdozio aronnico e levitico di Israele è stato cancellato per sempre da Cristo Risorto, ma anche nessun individuo all’interno delle chiese cristiane viene designato come “sacerdote”. Questo dato adesso va spiegato nelle sue articolazioni.
Rifacendosi al dettaglio della lettera agli Ebrei, che è il documento sull’argomento più accurato del Nuovo Testamento, l’autore sottolinea che “la grande innovazione neotestamentaria è che Gesù Cristo risorto è ormai l’unico sacerdote, e il suo è l’unico sacerdozio portato a compimento nella chiesa della nuova alleanza”. La vecchia istituzione sacerdotale dell’Antico Testamento che presiedeva al culto del Tempio (classe sacerdotale tutta maschile!) “è ormai abolita, consumata per sempre dalla resurrezione di Gesù”.
Ora, secondo il nostro autore, il problema è anche quello che nella chiesa non si è accolto questo dato scritturistico nemmeno da un punto di vista linguistico e ancora oggi si parla di “sacerdoti” e di “ordinazione sacerdotale” la quale costituisce un “clero”, cioè una casta tutta maschile e chiusa in un celibato obbligatorio. Ma se invece volessimo essere fedeli alla Parola della Scrittura (lettera agli Ebrei) il termine “sacerdote” dovrebbe essere riservato, per la comunità della nuova alleanza, soltanto al Cristo risorto, che è “sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek” (e non quello di Aronne e di Levi, cfr. Eb 7,11-28).
Da qui il nostro autore giunge a due conclusioni che lui definisce “umoristiche”: la prima è che è proprio vero che per il Nuovo Testamento l’ordinazione sacerdotale non può essere conferita alle donne per la semplice ragione che non può essere conferita nemmeno agli uomini. Infatti solo Gesù risorto e glorioso, salvatore e giudice della storia, è il nuovo e eterno e unico sacerdote. La seconda conclusione umoristica è che le donne, in realtà, nella chiesa sono già sacerdoti: cioè, tutti i battezzati e le battezzate nella chiesa partecipano all’unico sacerdozio regale di Cristo (prima lettera di Pietro 2,4-10): “il sacerdozio personale e unico di Gesù, irripetibile e insostituibile, proprio del solo Cristo risorto, capo della chiesa,…, viene da lui partecipato all’insieme del suo corpo …, per cui tutti i battezzati in Cristo sono tutti insieme resi stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa…”. Dunque, il sacramento che rende il credente parte del regno sacerdotale costituito da Cristo per il Padre non è l’ordinazione ma è il battesimo! Sia gli uomini che le donne, in virtù del battesimo, sono chiamati a vivere un sacerdozio missionario rivolto a Dio e al mondo.
E allora i ministri ordinati? L’autore, anche qui tornando al dato biblico, fa notare che nel Nuovo Testamento attraverso il gesto dell’imposizione delle mani, alcune persone vengono scelte dagli apostoli e dalle comunità per il ministero di vescovi, presbiteri e diaconi. Questa ordinazione non è una iniziazione a uno «stato di vita consacrata», separata dagli altri fedeli, ma è il conferimento di un dono dello Spirito Santo che abilita queste persone a guidare una comunità, spezzando per essa il pane della Parola e della Eucarestia (Rm 12,6-13; 1Cor 12,4-11.27-30; Ef 4,7-16).
Questo rito di ordinazione ministeriale non aggiungeva nessuna significazione sacerdotale oltre quella battesimale, ma designava e conferiva un mandato pastorale e missionario, per un certo luogo e una certa comunità e un certo tempo: si tratta dunque di ministeri, cioè servizi, affidati a persone designate e chiamate per questo in vista di uno specifico bisogno della chiesa (il bisogno di una comunità di essere guidata e di celebrare i sacramenti della grazia). Trascrivo qui un paragrafo che mi sembra molto importante: “nel Nuovo Testamento l’unica qualifica sacerdotale di questi ministeri appare quella conseguente il loro battesimo, e si nota una cura molto attenta di non chiamare mai «sacerdoti» questi ministri. Non si parla di vocazioni episcopali o presbiterali provenienti da Dio su qualche persona. Non è questione, infatti, di «stati permanenti di vita», ma di funzioni, uffici, munera, ruoli, incarichi, compiti contingenti da assolvere… che cesseranno col cessare dell’incarico ricevuto. Tale è stato persino il ministero petrino esercitato da Benedetto XVI, quale vescovo della chiesa pellegrina in Roma, dal 19 Aprile 2005 al 28 Febbraio 2013”.
Penso che le cose riferite fino a ora dicano molto. Dicono che:
- non bisogna identificare sacerdote (titolo che spetta solo all’umanità di Cristo risorto e a tutto il suo corpo che è la chiesa) e presbitero (o vescovo). E’ necessaria nella chiesa una grande revisione linguistica (per esempio nei testi dei riti di ordinazione!) e anche giuridica (nel Codice di Diritto Canonico) nonché spirituale (i preti e i vescovi non hanno una “specifica” spiritualità, diversa da quella di tutti i battezzati) e amministrativa (la chiesa del III millennio deve ancora organizzarsi in diocesi e parrocchie, organizzazione che risale all’impero romano e che mette al centro il “potere di governo” di vescovi e parroci? oppure dovrà organizzarsi in comunità attorno a centri spirituali in cui tutti concorrano a vivere il proprio sacerdozio comune, curati dalla grazia sacramentale celebrata da ministri ordinati per questo?);
- il sacramento dell’ordine non conferisce alcun sacerdozio, che invece viene conferito col battesimo. L’ordine designa coloro ai quali la chiesa affida un carisma pastorale di cura del popolo di Dio;
- preti e vescovi non sono più santi o più “sacri” degli altri battezzati in virtù solo del sacramento dell’ordine (anche se la santità personale di preti e vescovi fa molto, come quella di tutti i battezzati: siamo comunque tutti peccatori pentiti e perdonati, come sottolinea ancora una volta l’autore);
- infine, forse è venuta l’ora di far cadere la norma storica e canonica del celibato obbligatorio per i ministri della chiesa (cfr. 1Tm 3,4s) e anche quella dell’esclusione delle donne dai ministeri ordinati.
Il nostro autore, p. Francesco Rossi de Gasperis, nella nota 1 dell’articolo scrive: “Riflessioni personali su alcune riforme di dottrina e di linguaggio che mi sembrano scaturire da un’ingenua, ma attenta, lettura del Nuovo Testamento, che rimetto tuttavia interamente al giudizio e all’insegnamento autoritativo della Chiesa, mia madre”. C’è da sperare che davvero la Chiesa, nostra madre, faccia tesoro di queste riflessioni ingenue e avvii con coraggio e con i tempi che crederà più opportuni un cammino di grande rinnovamento.
Grazie
Grazie don Massimiliano!
Non conoscevo padre Francesco De Gasperis e adesso mi incuriosisce conoscerlo meglio. Grazie per questo post così preciso, scientifico e coinvolgente dove hai sintetizzato molto bene il suo pensiero che “sfata” linguaggi e interpretazioni obsolete.
È appassionante la ricerca quando c’è onestà intellettuale e presenza cardiaca!
Che lo Spirito possa fluire continuando a ri-crearci!
Un abbraccio grato. Chiara
Bravo Massimiliano e grazie per il tuo prezioso contributo. Gli elementi da te trattati toccano proprio alcune mie profonde perplessità nei confronti della chiesa che sento come questioni obsolete e, proprio perché non prese in considerazione realmente, attualissime! Il dramma sta proprio nel fatto che la Grazia pare eclissata dai cuori di quei pochi fedeli, pastori inclusi! (Anche se mi chiedo in chi mai si sia vista, irradiata, eccetto rari casi e i santi). Imperversa ancora molto oscurantismo e mancanza di pensiero, cioè di consapevolezza, di Spirito! La voce di Cristo è la voce di una denuncia, perché la Sua Luce è la sola capace di Dire, e quindi di fare nuove, tutte le cose che tocca. Perciò un pensiero incapace di riconoscere le invisibili, seppur molto visibili, dinamiche costituenti la storia della chiesa, non può strutturalmente creare cose nuove, revisionare il vecchio, produrre frutti partendo dalle proprie radici, perché Cristo è il frutto e il compimento di ogni cosa, principio e fine. Chissà che cosa immaginano i cattolici quando lo chiamano “Signore della storia”… Forse Hegel ne sapeva di più, almeno in questo.
Grazie ancora, a maggior ragione in virtù del tuo servizio nella chiesa stessa.
Un abbraccio
Grazie per questa riflessione così innovativa. Non sono mai stata una sostenitrice del “sacerdozio femminile” inteso come fotocopia dei sacerdoti uomini. Anni fa ho letto il libro di Jo Croissant (moglie del fondatore della Comunità delle Beatitudini) sul “Sacerdozio del cuore” come vocazione specifica della donna. Ora la lettura di questo articolo mi ha aperto una visione ancora più ampia della questione che desidero approfondire meglio.
Grazie caro Massimiliano. La gran parte degli argomenti qui riportati, per nulla nuovi nel dibattito ecclesiologico, li ho attentamente meditati un paio d’anni fa, durante il mio confronto col protestantesimo. È evidente che qui si tratta di mettere in questione le modalità essenziali della Chiesa romana nei confronti delle altre dimensioni ecclesiali, a partire da quella protestante. Tutto questo discorso infatti non può non sfociare in una revisione seria del mistero petrino e del significato del primato del vescovo di Roma. Ma il primato romano-petrino è un problema che riguarda la mediazione essenziale tra l’archetipo imperiale di Roma stessa e la croce di Cristo che vi si è storicamente innestata.
Insomma, ogni questione ecclesiologica è anche una questione teologica e politica. La Riforma protestante è stata una reazione alla Riforma gregoriana, la quale a sua volta – a mio parere – è stata un fraintendimento e una profonda deviazione del significato misterico del primato romano stesso. Qui occorre battere il martello pneumatico del pensiero. E considerare tutto insieme, ripensando anche e sempre l’essenza mistica – necessariamente mistica – dello Stato e della politica in relazione alla missione dell’istituzione ecclesiale.
Un grande e urgente lavoro!
Un caro saluto,
Luca. –
La teologia è la scienza che discute in modo aperto di queste interessanti questioni. Le posizioni sono le più diverse.
La Chiesa su alcune questioni sembra sorda e muta.
Grazie del tuo contributo.
Ciao, riporto una parte di una conferenza di padre Alberto Maggi in cui si fa riferimento ad una “vulgata” che secondo me ha fatto molto male spiritualmente ed è quella della “puerile” storia dell’ Angelo ribelle Lucifero, quando in realtà sappiamo che il Satana è un Malach che prende ordini da Yaweh e verso cui il Cristo si ribella cacciandolo!
La storia di Lucifero appare nel libro di Enoc, un testo apocrifo dei primi secoli del cristianesimo. Il Terzo giorno della creazione un angelo pecca, che poi prende il nome di Satana. Qui appare il peccato di orgoglio di un angelo nel terzo giorno della creazione. Nella Vita Latina di Adamo ed Eva (altro testo apocrifo) questo angelo prende il nome di Stana. Il nome Lucifero nasce dalla fusione di due testi dell’AT di Isaia ed Ezechiele. Gli autori compongono una satira contro i potenti del tempo. Satire rivolte a uomini reali. Ezechiele si rivolge al re di Tiro, mentre Isaia si rivolge a Nabucodonosor, parla di astro del mattino. All’epoca di Isaia si pensava che tutti coloro che detenevano il potere si ritenevano investiti di un dono divino, al di sopra degli altri. Lo chiama astro del mattino, che viene tradotto in latino con Lucifero. Per quattro secoli nel cristianesimo è stato un nome molto bello e usato. Lucifero: portatore di luce. C’è anche un santo vescovo di Cagliari chiamato Lucifero.
https://regiron.blogspot.com/2020/08/demoni-e-angeli-conferenza-di-alberto.html
Grazie caro Massimiliano. È coraggioso, luminoso ed insieme, pieno di ragioni, quanto scrivi.
Il rinnovamento che auspichi nella Chiesa mi sembra sempre più necessario: da una parte vi sono molte correnti teologiche che “osano” oltre (come, ad esempio, il post teismo) una visione forse un po’ statica e certo non evolutiva che ad alcuni può apparire fuori dai tempi (anche “cosmologici”, dove l’espansione ora è il dettato fondamentale, mentre i Padri vivevano un universo “statico”).
Certo la Chiesa deve muoversi con i suoi tempi, ma la situazione mi pare urgente. L’abbandono delle giovani generazioni alla pratica della messa è qualcosa che non ha precedenti, per la prima volta nella storia si sta interrompendo una catena generazionale di trasmissione di un certo modello di mondo (vogliamo dire, della fede). Non c’è molto tempo: almeno per i parametri umani.
C’è una grande voglia di rinnovamento, anche Darsi Pace in fondo è espressione di questo desiderio: chiarissimo e non sindacabile, pur nella fedeltà al Magistero. Venga donato dall’alto il coraggio a chi decide nella Chiesa, per la sua grande indilazionabile rivoluzione.
Finalmente qualcosa di chiaro e ben documentato su un tema centrale e scottante anche per le sue implicazioni simboliche. A me pare che alla radice ci sia “semplicemente” il maschilismo e la misoginia delle gerarchie succedutesi dalle origini fino ad oggi. Penso che ci sia un’urgenza estrema di cambiamento, e che la necessità di tempi lunghi per ottenerlo sia un pretesto per procrastinare. A proposito di post teismo, trovo illuminanti degli interventi di Paolo Scquizzato su questo argomento e su altri riguardanti i vangeli e la persona di Cristo.