Quando avevo 15, 16 anni credevo di essere nato nell’epoca sbagliata. Guardavo allora gli anni ’50, e ’60, studiavo la Beat Generation, e mi sembrava che quella generazione lì fosse più colorata della nostra, più vitale e rivoluzionaria di quella che avevo modo di vivere e incontrare tutti i giorni, a scuola, fra i banchi, nei locali o alle feste. Non si trattava però – l’ho capito col tempo – di una mia idiosincrasia, ma di una situazione archetipica, presente già in Esiodo (VIII sec. a.C.) e che potremmo riassumere così: L’ETA’ DELL’ORO È “INDIETRO”, ED È – come ogni cosa passata – anche TRAPASSATA: PERDUTA. L’intonazione emotiva fondamentale era quella della nostalgia, del ripiego in un “Oriente”, avrebbe detto Rimbaud, che però, più crescevo, meno mi sembrava collocabile cronologicamente, geograficamente: “la purezza delle razze antiche non è ancora nulla rispetto a quella che io sogno!”, mi diceva Rimbaud. Il senso dell’ETA’ DELL’ORO, di questo video come dell’intero laboratorio Darsi Pace, è appunto in questo rovesciamento dell’asse del nostro domandare “dove?” e “quando?”. Cosa annunciamo allora? Che l’unica Terra, il solo Tempo ancora abitabile ci sta davanti. Non abbiamo detto nient’altro che questo, dal 9 novembre, a Verona, e lo continueremo a dire, risalendo la primavera, fino al 5 giugno a Milano, fino a perdere la voce, se serve. Non rodiamo che questo osso: non c’è ormai nulla dietro di noi, se non la steppa riarsa, o gelata, climi, in ogni caso, sempre e ancora, inospitali. Per entrare nel ciclo, nell’eone nuovo di cui Marco parla a Sabaudia, e che cerchiamo di annunciare, bisogna quindi prima entrare nello Stato di coscienza che sa che NON C’E’ NULLA DIETRO (E SOPRA) DI NOI. Vinti in questo punto morto ci rialziamo però convinti che L’OR-O DELL’OR-IENTE, DELLA NOSTRA OR-IGINE, È TUTTA ANCORA AVVENIRE. RISOLTA IN QUESTI TEMPI OSCURISSIMI, come Marco non si stanca di dire, osando – contro ogni evidenza – la follia di questa nominazione: gli anni di piombo sono già latenti anni d’oro. E com’è possibile questo capovolgimento? Qui non c’è più, della nostalgia, neanche l’ombra ma solo la misteriosissima svolta dal Passato all’Avveniente, il Rintocco dell’orologio che grida: ORA!, spaccandola. Ecco che, correttamente intonati al mistero dei tempi, emerge il coraggio, l’audacia, la forza e la suprema responsabilità dei fondatori che vediamo venire, e che proprio vedendoli li diventiamo.
Scrive perciò Marco in quel vademecum in tribulatione che è il libro d’accompagnamento di questa nostra sensatissima follia: “Si ripresenta la paradossalità di questi tempi: la Festa e il Lutto, la Gioia e la Catastrofe non sono più eventi disgiunti, né disgiungibili, ma coincidenti!”
CIO’ SIGNIFICA:
Che solo Qui – non in una nostalgia per qualcosa che non c’è mai stato – possiamo vivere.
Qui e ORA è tutto l’Oro che ci manca, nonostante tutto.
Ciao Andrea! Sono d’ accordo su ció che dici riguardo al mood nostalgico che ci fa credere di aver perso qualcosa…come se ieri sia stato meglio di oggi…tipico vezzo degli anziani: forse dimenticano che è la loro giovinezza, la piú grande nostalgia? Tuttavia è anche vero che…semmai esiste una bilancia del Tempo…qualcosa si perde, lungo la strada del vivere, e qualcosa si trova di nuovo! Non è cosí anche per la vita di ognuno?
Ma, il cardine, su cui gira la porta dell’ essere vivi è il presente! Da qui, si puó anche tornare a visitare il passato: ogni epoca ha fili d’ oro nella sua trama, per quanto scura sia stata! E l’oro che possiamo filare oggi, brilla come quello che ha illuminato chi l’ ha filato ieri! Perchè no?
Certo, oggi per noi conta questo oro corrente: siamo noi chiamati a produrlo! Senza nostalgie mitiche. Siamo qui, ora, in questo preziosissimo attimo donato, a portare il nostro granello dorato, per un domani. Almeno, cosí crediamo. Come probabilmente, hanno creduto ieri. Forse, usando una metafora diversa! Buon cammino dorato. Brunella