Il 31 dicembre 2024 si è tenuta la 57esima Marcia Nazionale per la Pace.
Questa importante manifestazione è organizzata ogni anno dalla Cei, dalla Caritas, da Pax Christi, da Agesci, da Azione Cattolica, dal Movimento dei Focolari e dalle Acli. Quest’anno si è tenuta a Pesaro, in occasione della 58esima Giornata Mondiale della Pace che è stata festeggiata il 1° gennaio 2025. Il titolo del messaggio dato da Papa Francesco per quest’anno era “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”.
Sono venute più di 1500 persone da tutta Italia per marciare e dimostrare che in Italia un popolo della pace esiste, un popolo che non si rassegna al dominio della guerra e dell’egoismo, che sa che il conflitto non è l’esito necessario dei rapporti tra i popoli, e che la comunicazione ufficiale è purtroppo distorta proprio per farci credere il contrario.
Ho avuto l’onore di tenere un intervento nella seconda tappa della Marcia, che affrontava il tema del debito e si è tenuta nella Chiesa di Santa Maria del Porto.
Esiste, infatti, un’evidente connessione tra il sistema di guerra e questa economia. L’attuale capitalismo occidentale è infatti fondato sulla guerra e sulla competizione, su una scarsità indotta e sul predominio dei pochi. È una guerra dell’alto contro il basso, e poi una guerra tra poveri, aizzati uno contro l’altro per accaparrarsi ciò che rimane dopo che una piccola oligarchia si è mangiata il 99% della ricchezza finanziaria.
La nostra economia è un’economia di guerra. Le istituzioni economiche internazionali sono istituzioni di guerra. La classe dirigente è una classe militare in borghese.
Bisogna poi capire che a fondamento di questa economia c’è una particolare teologia. Potremmo dire una teologia anti-cristiana. Questo non significa che i grandi possessori di ricchezza siano esplicitamente anti-cristiani. Non parliamo di scelte esplicite. Si tratta del fatto che l’orizzonte spirituale di questo sistema economico è anti-cristiano. È il fondamento implicito di questa economia: un sistema dove siamo tutti nemici, c’è scarsità di vita, e domina un dio punitivo che impone sacrifici di sangue al suo popolo. Questa è la fede implicita a cui tutti crediamo quando agiamo nel sistema economico.
Per cambiare economia dovremo perciò cambiare questa fede. Come fare?
Non basta più marciare esteriormente per la pace. Non basta fare manifestazioni per la città. Questi sono gesti importanti. Ma non sono più sufficienti. Serve marciare per le strade della nostra anima. Serve fare una manifestazione per la pace nella nostra mente. Serve disarmare il nostro cuore, come diceva Giovanni XXIII. È nel mio cuore, infatti, che si annida l’origine della guerra, il principio della guerra, lo stesso che animava Hitler, Stalin o i bellicisti di oggi.
Se non capiremo che la stessa radice bellica dei peggiori sanguinari della storia è presente anche in me, e che quindi sono chiamato io per primo a disarmarmi, ad abbandonare questo sistema di guerra, allora non sposteremo di un millimetro questo mondo. Nessuna manifestazione pubblica sarà mai sufficiente.
Questo è ciò che ho provato, umilmente, a esprimere dinanzi a tantissime persone, uomini e donne comuni, e poi vescovi e cardinali. Ero, d’altronde, un po’ emozionato in quanto era la prima volta che parlavo dinanzi a così tante persone (circa 500 persone in Chiesa e il resto nel campetto di calcio della Parrocchia). Per me, però, è stata davvero una bellissima esperienza: poter concludere l’anno con mia moglie e tanti nuovi amici ed esprimere pubblicamente il nostro desiderio di novità, di rinnovamento, proprio alla fine dell’anno, come segno profetico per tutti noi, per il tempo nuovo che verrà.
Estirpare da noi questa radice bellicista è allora una beata notizia: non siamo condannati. E il più piccolo dei gesti di pace, come quello di scavare dentro di noi, e nelle nostre relazioni famigliari, uno spazio di vera pace, ha in verità valenza universale. È un atto storico fondativo. Vuol dire porre le precondizioni, magari piccolissime, magari essenziali, ma molto più solide e vere di qualunque sistema di guerra, per un’altra società. Una società della pace che è il futuro del mondo.
Realizzare questo è già rivoluzione.