Quando partecipo alle manifestazioni per la Pace, devo vincere lo scetticismo che in me, come in molti vorrebbe frenarmi con poche, lapidarie parole: Ma, a cosa serve?
Subito si presentano alla mente, le immagini che vediamo tutti giorni dai telegiornali, e alle quali ci siamo abituati, pur nel loro orrore di distruzione e morte regnante sul mondo.
Devo respirare a fondo, più volte… come quando ti manca l’aria e cerchi disperatamente l’ossigeno e rischi di soffocare…prima di poter aprire la finestra della stanza dove funerei pensieri mi vogliono rinchiudere, per farmi credere che non c’è niente da fare; e così lasciarmi cadere nell’impotenza e nella sua tristezza.
Si, in effetti, non serve più a molto, radunarsi nelle piazze e sfilare nelle vie costeggiate dalle forze dell’Ordine per gridare slogan di pace, tra una chiacchera e l’altra, un selfie e una ripresa del gruppo di amici presenti. Anzi, a ben vedere, può sembrare ridicolo se non patetico!
Eppure, ancora non si pensa ad alternative più incisive, per scalfire la crosta di gelida indifferenza che ricopre i nostri cuori, come il catrame la terra sulle strade dove camminiamo.
Certo, è una difesa…a volte necessaria alla sopravvivenza…dagli attacchi di panico per l’ansia che tutte quelle notizie e immagini di violenza disumana, tra sangue e rovine, di continuo ci vengono propinate mescolate ai sensi di colpa, inutili e anche fuori luogo: noi, in fondo, che colpa ne abbiamo?
Chi orchestra tutto ciò? Sono forse io, o altri comuni cittadini a progettare e realizzare le guerre?
Siamo noi a guadagnarci, in termini economici o di confini territoriali o di prestigi politici nazionali e internazionali? Evidentemente no! Eppure, anche noi, facciamo parte…seppure inconsapevolmente…del possibile generare materiale bellico…altamente infiammante corrosivo, destruente…prima dell’effettiva costruzione di armi d’ogni tipo, finanziato dal Ministero della Difesa; a cui pur involontariamente, dobbiamo offrire il nostro obolo!
Io, per esempio, nel mio piccolo circuito esistenziale, quanta polvere da sparo produco nelle mie reazioni difensive, quando mi sento attaccata da qualcuno …nelle varie manifestazioni possibili, vere o presunte…che credo mirino a distruggere qualcosa di me: immagine, volontà, libertà, tranquillità, possesso-potere, stima e altro sui generis? E quando io stessa attacco qualcuno, sempre per difendere qualcosa di queste aree in pericolo, quante frecce e bombe a mano posso scagliare, anche solo attraverso parole e modi offensivi?
Oh, se si potessero vedere nell’aria, materializzate in forma di nubi tossiche… come quelle che lasciano le esplosioni tra le macerie… sui nostri quotidiani campi di battaglia
Qualcosa, quindi, posso farlo di sicuro e innanzitutto: disarmarmi.
Senza innescare questo processo, si resta nella zona militare, con i suoi fili spinati e caserme dove si studia come annientare il nemico di turno, tra le varie strategie che nascono dall’invincibile convinzione di essere nel giusto punto di vista, di avere ragione, e di doversi fare rispettare o comunque di non farsi sottomettere.
Ma come posso uscire da questo campo minato, dove sono io stessa per prima a mutilarmi?
Sembra impossibile, ma non lo è.
Basta un semplice STOP.
Un segnale che ti ferma.
E inverte la rotta.
Allora, tutta l’energia mossa per caricare il nostro sistema allertato…proprio come un tempo si caricavano le locomotive con il carbone…va orientata verso la diminuzione (anche nel senso di de-munizione: smantellare
l’arsenale interiore) della pressione calorica, sbollentando le ire funeste con refrigeranti respiri profondi mentre si scende in apnea negli abissi che ci abitano. Qui, come palombari in avanscoperta, contattare le emozioni spesso sconosciute, che ci tengono prigionieri di meccanismi reattivi disperati che sfociano nella violenza, in tutte le sue forme silenziose e reboanti.
Nelle profondità del mare, vivono molti pesci che sono di continuo alla ricerca di un rifugio per sfuggire ai predatori. Anche noi, similmente, dobbiamo cercare un luogo sicuro dentro di noi, dove possiamo essere noi stessi senza paura e quindi senza difesa: vulnerabili ma sicuri, calmi.
Solo qui, possiamo sviluppare una vera fiducia nella vita; uscire dal circuito dove ognuno è necessaria preda di qualcuno, e incamminarci verso la risalita e l’orizzonte della libertà. Solo qui possiamo essere raggiunti
da altre parole capaci di generare pensieri sguardi scelte di vita alternativa, allo schema difensivo.
Non basta infatti, solo un training autogeno per uscire dal consolidato sistema bellico in noi; così come non basta, appunto, uscire dal sistema di guerra che domina da sempre l’uomo e la cultura che produce, con il mantra che scandisce il nome della Pace…manifestazioni, proteste, ma forse anche la chiusura delle fabbriche di armi…bisogna uscire da se stessi: dal proprio condizionato e condizionante circuito di morte!
E questo non è nelle nostre capacità semplicemente umane. Così come non lo è il darsi la vita.
Noi, infatti, possiamo darci e dare la morte, ma non il principio di vita. Non lo possediamo, anche se tentiamo di riprodurlo in laboratorio, o almeno di mantenere quello presente in noi con artifici tecnologici.
Noi, umani di ogni tempo, abbiamo bisogno di trovare la nostra origine, la fonte del nostro essere, per poter essere veramente umani e vivi; senza questo siamo un agglomerato di cellule che possono impazzire da un momento all’altro, come ben ci dimostra il nostro corpo, purtroppo in modo sempre più evidente.
Se da me dipende la scelta del possibile comportamento, per evitare il conflitto distruttivo, da me dipende anche il conoscere e accettare la mia giusta postura rispetto alle forze che mi abitano e che si muovono nell’Universo. Non è indifferente la differenza che posso essere, sia nel sistema delle orbite e sia in quello più vicino a me: se io, in qualche modo, rompo l’ordine armonico, il suo eco si diffonderà in tutte le sfere.
E avrà le sue conseguenze, anche se ignoro del tutto come e quando!
Quindi, perché meravigliarsi di tutto ciò che di terribile accade?
Ora, tutte queste mie parole, utili a chiarirmi perché sento insufficienti i mezzi a disposizione per contrastare le scelte dei signori della guerra…nel tentativo di non cedere all’indifferenza o alla passività… e anche a rendermi meglio conto che pure io, in parte, alimento il suo infernale sistema, mi portano davanti ad una porta chiusa. Qui, posso solo bussare e attendere, in silenzio, che si apra.
Qui, posso ascoltare quelle parole di cui ho bisogno per uscire dal campo di morte verso i prati della vita
infinita, e unirmi al suo dispiegarsi tra fili d’erba e galassie luminose, con un semplice e lieve respiro
intessuto in una incessante relazione d’amore. L’unica, a restare per sempre.
7 risposte
Leggere queste riflessioni è come respirare aria pura. Anzi riprendere un ritmo di respiro risanato. Grazie per la condivisione .
Grazie per queste tue parole.
Una riflessione profondamente attuale, che ci tocca nell’intimo delle nostre paure. Grazie Brunella
Grazie, una riflessione molto profonda, da
rileggere più volte per la ricchezza di
spunti e la potenza di immagini .
Bellissima sintesi, molto intima e
personale, del percorso che ci accomuna.
C’è tutto in questa riflessione e tanto da
meditare. Grazie infinite
Cara Brunella, grazie di cuore per questo scritto, corroborante e pieno di “universo”, dalle orbite degli oggetti stellari fino alle galassie. Che bello, che conforto anche per me, che il cosmo ormai non possa non entrare in queste considerazioni. Quando sono vere, quando sono autentiche, come ora. Un abbraccio!
Cara Brunella è molto profondo il tuo pensiero. Certo tutti ci chiediamo in che modo possiamo evitare di essere collaborazionisti accettando supinamente questo mondo dominato dalla violenza. La conclusione è che soprattutto dobbiamo cambiare noi abbandonando questo ego violento. Se ognuno di noi cambierà riusciremo a realizzare la rivoluzione non violenta che abolira’ la guerrabtabuizzandola. Grazie ammiro il tuo pensiero limpido e sincero. Grazie.