Pretendere di sapere cosa davvero stia accadendo nella storia è impossibile. Ci sono però degli elementi che si impongono con l’urgenza di un appello e di un tuono. L’appello a praticare la pace è l’appello ad essere ora quello che per millenni abbiamo rinviato ad un futuro (terreno o ultraterreno) sempre più irreale. “Darsi Pace”, come dice spesso Marco Guzzi, è davvero il motto rivoluzionario del XXI secolo, perché è diventato semplicemente l’unica via di sopravvivenza dell’uomo sulla terra.
Molti di noi, probabilmente, fino a pochissimi anni fa non si sarebbero mai immaginati uno scenario geopolitico simile a quello che vediamo adesso in Europa. E ciononostante l’inerzia dei popoli è inaudita, al pari della menzogna strutturale delle classi dirigenti e del loro “pacifismo” armato. Questo vuol dire che la pace oggi la si può solo praticare, altrimenti è guerra. Ma significa al contempo che solo una conoscenza profonda, onesta e instancabile del mistero della separazione – all’origine della guerra – può aiutarci a convertire l’intera storia dei popoli ad un nuovo orizzonte d’esistenza.
Questo è il nucleo attorno a cui è ruotato l’incontro che io e Carmen Iacopino abbiamo tenuto all’Università di Siena, invitati da un gruppo di studenti della Facoltà di Storia e Beni culturali particolarmente attivi in campo politico e sociale. Il dialogo con i nostri interlocutori, tra professori e studenti, è stato basato (pur nelle divergenze) su una sincera volontà di ricerca e confronto creativo.
Che un lavoro come questo possa diventare sempre più il servizio più alto all’uomo e alla donna di oggi, nel tentativo inesausto di raccontare il mondo e la storia del mondo nella Benedizione occulta che il nostro tempo porta con sé.
Buon ascolto!