Dove nasce la guerra? Davvero una strana domanda, magari sarebbe più consono chiedersi “Perché si fa la guerra?” “Cosa causa una guerra?” “Quando inizia una guerra?” Perciò suona strano chiedersi “Dove”. Le guerre sono dappertutto e, a memoria umana, ci sono sempre state. Egizi, Babilonesi, Persiani, Greci, Romani, Germanici, Indiani, Africani, insomma tutti i popoli della terra hanno sempre fatto guerra contro qualcuno per difendersi, per attaccare, per rivalersi di torti (veri o presunti) subiti, per qualsiasi ragione insomma. Bene, anzi male, perché a questo punto parrebbe banale la rispondere alla mia domanda.
“Dove?” ma dappertutto nel mondo, che diamine, e’ ovvio. Invece non lo è affatto e questa domanda è il centro, il fulcro, il cuore del problema che è: “Dove nasce la guerra?” Questa è una domanda scomoda, irrituale perché se è davvero scontato che la guerra ci sia sempre stata e dappertutto e per qualsiasi motivo, vero o costruito ad arte a seconda dei casi, vuol dire che questo “Dove” si trova altrove e se questo “altrove” non è un luogo geografico dove si troverà e, quindi dove, appunto, andare a cercarlo?
A questo punto, escludendo che sia un luogo geografico originario e non essendo allora riconducibile ad una precisa area geografica e, per estensione, non trovandosi al di fuori del nostro pianeta, resta solo un’altra possibilità, c’è solo un altro luogo in cui andare a cercare. È un luogo che noi tutti conosciamo e frequentiamo, praticamente da sempre ma che, troppo spesso, preferiamo non vedere, perché sarebbe talmente doloroso e orribile a farsi, al punto da indurci a guardare sempre e altrove, da un’altra parte.
Questo “Dove?” è dunque dentro ognuno di noi. Si, è proprio così! Pensiamoci e chiediamoci se ci sentiamo in pace, con noi stessi, se sentiamo di vivere in un costante stato di serena tranquillità interiore. Ognuno di noi, infatti, sente profondamente di avere subito un qualche torto, una offesa, da parte dei genitori, o di un fratello, una sorella, da parte di una amicizia non rivelatasi tale, di un collega di lavoro o di un superiore. Ognuno di noi allora sente di avere una buona ragione per risentirsi, per rivalersi, per ripagare con la stessa moneta, per farsi in qualche modo giustizia.
Non sono forse anche queste le cause che, in maniera più estesa, giustificano la guerra? Ecco allora che scopriamo di vivere noi stessi, quotidianamente, in uno stato di guerra permanente, siamo insomma sempre belligeranti e, di conseguenza, dobbiamo sempre essere pronti ad attaccare o a difenderci, sempre in uno stato di allerta.
Basti dire, a mo’ di esempio, che siccome la nostra società è fondata sul valore primario della “competizione” dobbiamo per forza e costantemente vivere in allarme e quindi essere pronti alla guerra, per non soccombere ovviamente.
Questo stato interiore permanente basta proiettarlo all’esterno, al condominio, al quartiere, al paese, alla nazione, al mondo ed ecco che il nostro universo armato interiore diviene il mondo in guerra perenne nel quale, dopo millenni, continuiamo a vivere e a fare la guerra.
Non è facile, né semplice e addirittura innaturale cercare di uscire da questo che appare essere un vicolo cieco o un labirinto nel quale ci sentiamo perduti. Eppure, il primo passo, per quanto incredibile o inverosimile possa apparire, consiste proprio nel rendersi consapevoli ed accettare che non solo siamo in guerra con i genitori, i parenti e via dicendo ma che, e questo è ancora più ostico da accettare, siamo in guerra con noi stessi.
Lo siamo perché non riusciamo a risolvere una situazione, a cambiare una condizione, ad affermare un nostro principio e quindi guerreggiamo contro questa nostra “mancanza”, facciamo la guerra a quella parte di noi che non è all’altezza. Questo ci fa molto arrabbiare, ci irrita e ci rende violenti, pronti ad andare in guerra, per combattere, eliminare il problema e, finalmente, vivere in pace. Una pace che presto si rivela essere solo una tregua, finta e illusoria purtroppo.
Ecco che quel “Dove nasce la guerra?” quello strano luogo, che non vogliamo vedere, perché troppo doloroso, diventa reale, un non luogo che è ogni luogo, perché ci accompagna in ogni singolo passo. Riconoscere questa realtà sarebbe il primo passo, appunto, fare la pace con noi stessi, con i nostri limiti, le nostre inadeguatezze, le nostre colpe e con il nostro risentimento, per trovare un luogo interiore dove poter provare un piccolo, bellissimo, sollievo, dove potersi fermare senza temere che qualcuno ci sopravanzi, escludendoci.
Potremmo allora cercare la pace con gli altri (mariti, mogli, genitori, figli, amici, e via via estendendo) se riuscissimo a trovare innanzitutto la pace dentro di noi. Certo, non sarebbe ancora sufficiente ma costituirebbe il primo passo e, lasciatemi concludere con una ovvietà: se non facciamo il primo passo, come possiamo pensare di poter giungere da qualche parte?